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LA BOTTEGA (DI STERCO)

Quando giunse a destinazione Oryctes richiuse le ali e atterrò goffamente, cercando di non capitombolare. Saltellò su una zampa un paio di volte, preoccupato che il contenuto della sua borsa finisse danneggiato. Mentre con due zampe la teneva stretta, con le altre due si sbracciava, cercando di recuperare l'equilibrio perduto. Quando finalmente riuscì a piantare il baricentro al suolo, si ritrovò con il corno puntato davanti a sé, congelato in una posa da perfetta danzatrice.

Dentro di sé, ringraziò che non ci fosse nessuno nei paraggi. Si mosse adagio, cercando come sempre di fare i conti con il suo carapace ingombrante, e si sistemò con attenzione la tracolla sulla spalla, ancora acciaccato per i postumi della botta presa durante la prova del Rito. Alcune delle sue articolazioni scricchiolarono, mentre tentava di stiracchiare e rilassare i muscoli.

Alla fine, riuscì ad imboccare con tranquillità il sentiero sterrato che di lì a poco lo avrebbe condotto alla sua destinazione finale. All'ombra di una rigogliosa e variopinta vegetazione, in posizione piuttosto isolata rispetto al centro cittadino, si stagliava un'abitazione sferica, fatta di sterco e paglia. Lo scarabeiforme notò un rivolo di fumo fuoriuscire dal camino e sorrise soddisfatto.

Accelerò il passo e, arrivato all'anonima e bizzarra struttura, entrò dentro senza nemmeno bussare.
Oryctes si guardò attorno con aria trasognata. Ogni volta che metteva piede in quella bottega, i suoi occhi venivano catturati dalle stranezze esposte, dalle luci, dai fumi e persino dagli odori di candele ed incensi.

Quello era senza dubbio uno dei suoi posti speciali.

«Nonno, sei qui?» chiamò, cercando di capire se fosse rimasto sepolto sotto una pila di oggetti pesanti e ingombranti per l'ennesima volta.

Di colpo, sentì qualcosa muoversi al piano di sopra. Puntò gli occhi in alto e scorse una piccola montagnetta di libri aperti in maniera disordinata. D'un tratto la figura incurvata dell'anziano insettoide vi sbucò fuori come un petardo, sparpagliando i volumi un po' ovunque.

«Trovata!» esclamò, reggendo una pergamena tra le zampe come se fosse un trofeo.

Oryctes lo chiamò nuovamente, perplesso ma anche divertito. Ormai, era abituato a certe scene, tant'è che si limitò soltanto a schivare e poi a raccogliere i libri caduti di sotto.

«Tutto bene!?»

L'anziano si voltò con calma, come se improvvisamente avesse ricordato la sua età, e si sistemò il monocolo sul muso per mettere a fuoco.

«Oh! Nipote!» realizzò con entusiasmo, non appena i contorni del carapace di Oryctes gli furono chiari. «Guarda qui!» gli disse, prendendo la pergamena e srotolandola sotto al suo naso. Il lungo rotolo planò di sotto e cominciò a dispiegarsi per tutta la sua lunghezza, finendo addirittura oltre la soglia.

«Lo vedi!? Io lo sapevo!»

Il giovane insettoide prese la carta tra le mani e cercò di decifrare i simboli che riportava, ma senza successo. «Cosa?» chiese, alquanto confuso.

Il vecchio scarabeiforme aprì le ali ingiallite e stanche e svolazzò barcollando verso di lui. Mentre svelava apertamente il suo legame di parentela con Oryctes, a causa di un atterraggio saltellato sul posto, l'anziano afferrò la carta e puntò il dito su un simbolo in particolare.

«Vedi queste due linee che si intersecano?»

Oryctes annuì. Subito l'anziano gli fece motto di seguirlo dietro il bancone del negozio ed estrasse una boccia trasparente con dentro dell'acqua limpida. Sul fondo c'era un piccolo forziere, una clessidra e una roccia cava. Quando l'anziano picchiettò sul vetro, una creatura fluttuante e variopinta fece capolino dal suo nascondiglio. Oryctes sgranò gli occhi: non aveva mai visto nulla di simile.

«Che cos'è?»

«Questo è un pesce! Un pescerosso, figliolo!»

Il giovane strabuzzò gli occhi, mentre fissava l'immagine. La sua mente iniziava a fantasticare sulla miticità di una siffatta creatura. Di colpo, il nonno si appollaiò con le zampe sul bancone e indicò nuovamente la pergamena ancora aperta. «Il simbolo del pesce, vicino al simbolo della clessidra... Roba grossa nipote!»

L'anziano si guardò attorno, lisciandosi la barba bianca e gli fece motto di avvicinarsi perché potesse bisbigliargli all'orecchio.

«Ho motivo di credere che queste creature siano viaggiatori del tempo e dello spazio ... Da secoli!»

Oryctes lo guardò come se pendesse dalle sue labbra.

«No!?» esclamò, sorpreso.

«Credimi, figliolo! Su certe cose io non scherzo mai!»

«Wow!» rispose soltanto, mentre entrambi si chinavano sulla boccia, cominciando a fissare ogni piccolo comportamento della creatura rossiccia.

«Ho motivo di credere che fossero venerati e che questi affari non fossero altro che templi celebrativi per dar loro occasione di sostare nei lunghi viaggi.»

«Ecco perché il forziere!»

«Certo! Sono offerte di fedeli che dovevano aiutarli nei loro lunghi viaggi! Qui è pieno di simbolismo!»

«Incredibile!»

Oryctes fece un passo indietro e rimase a fissare la boccia a bocca aperta con un'espressione stralunata e con la pesante borsa a tracolla stretta al petto, preda di un qualche istinto di protezione.

Il nonno se ne accorse e di colpo il suo oggetto d'interesse cambiò radicalmente.

«Uh! Non mi dire! Hai qualcosa per il tuo vecchio, lì?» chiese raggiante.

Oryctes sorrise, portandosi una mano alla bocca per celare le labbra. «Direttamente dal sito del Rito!»

L'insettoide si portò le zampe in viso e gridò per l'eccitazione. Quando Oryctes gli porse la tracolla lui la prese fulmineo, in barba a qualsiasi forma d'artrite, e frugò al suo interno con gli occhi pieni di curiosità.

Quando tirò fuori la piccola statua, sbiadita e scheggiata, ma perfettamente riconoscibile come un pezzo raro, la sollevò alla luce e una lacrima gli scese.

«Sai cos'è questo!?» chiese più per retorica che altro. «Le teorie sono controverse al riguardo, ma sono abbastanza certo che possa essere l'antenato dei nostri Guardiani!»

Oryctes spalancò la bocca. «Addirittura!?»

«Sì, nipote mio! Costoro si facevano chiamare "Gnomo da giardino"

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