L'ALVEARE
Apis sbatté ripetutamente le palpebre, mentre a testa bassa avanzava lungo l'infinito corridoio dell'Alveare, il vanto della sua famiglia. La nave di forma ovoidale, con la sua miriade di porte e percorsi, era in grado di lasciare smarrito chiunque vi mettesse piede per la prima volta, ma per lui, che in quelle stanze vi era cresciuto, la storia era molto diversa.
Se esitava ad arrivare alla meta, la colpa era dovuta ad un'altra forma di smarrimento e quel suo disorientamento aveva un nome ed un volto.
Senza volerlo sbatté le ali in un sussulto involontario, causando l'eco di un leggero ronzio. Rizzò le antenne di scatto e cercò la schiena dell'insettoide che gli stava aprendo rispettosamente la strada. Per fortuna, pareva non essersi accorta di quel suo piccolo cedimento: continuava ad avanzare, senza mai voltarsi indietro, assolutamente ligia al compito assegnatole. Era un soldato dopotutto, come chiunque indossasse quelle uniformi nere e lucide, fatte appositamente perché i gradi e gli encomi conquistati potessero venire esibiti e risaltare di fronte ai fallimenti altrui.
Respirò profondamente. Da sempre la morsa dell'ansia gli rendeva difficile mantenere il contegno che al suo rango veniva richiesto. Aveva dovuto imparare qualche trucco per mascherare le emozioni e ritrovare la calma. Girò lo sguardo e andò in cerca di uno scorcio dell'esterno. Lo spettacolo dello spazio aperto e del lento orbitare di tutto ciò che si trovava a vagare fuori dalla nave, lo aiutò a rallentare il battito cardiaco. Ogni cosa appariva più insignificante davanti a tanta vastità ...
«Signorino, dobbiamo andare.»
La voce dell'apeiforme lo riportò con la mente all'interno dell'Alveare, al presente e all'imminenza di quell'incontro. Mai come in quell'istante Apis desiderò essere là fuori, libero di percorrere lo spazio profondo e inesplorato...
Un moto di gelosia lo attraversò al pensiero di 'Nelli e del suo successo durante il Rito. Era una Guardiana ora, un'esistenza plasmata per guidare e vigilare sull'intera Galassia, mentre lui...
D'un tratto, finalmente consapevole di essersi fermato in mezzo al corridoio, s'impettì per annuire composto verso la soldatessa, che di nuovo aveva provato a chiamarlo.
«Certo, lo so bene. Non ho bisogno mi venga ricordato.»
Rispose con tono sprezzante, celando la difficoltà mentale a muovere ulteriori passi verso la Sala di Controllo Centrale. Era così che gli era stato insegnato: pungi, se non vuoi essere punto.
Portò le zampe dietro l'addome e le sfregò, celando l'insicurezza di un pungiglione ancora acerbo. Sapeva di non essere pronto a sostenere dignitosamente il confronto che lo aspettava, ma non doveva far trapelare nessuno di quei suoi deboli pensieri.
Alla fine, si mosse verso l'inevitabile, rassegnato a non avere alternativa. Si aggirò per un'altra decina di minuti lungo i ponti, sempre a qualche metro dalla sua ammutolita scorta. Non vi era possibilità di una vera conversazione; lui per primo non si sentiva dell'umore per socializzare. Apis si limitò a far passare il tempo, contemplando le cromature color nero, bianco e miele delle pareti. Si sentiva sempre a disagio nell'attraversare quel particolare tratto, forse per il contrasto dato dalla fredda atmosfera ed il tepore della luce calda irradiata negli ambienti.
Quando scorse la pesante porta grigio cenere, sollevò il torace come se cuore e polmoni non trovassero più spazio nel petto. Qualche minuto e lo avrebbe avuto davanti...
«Grazie. Da qui in poi ci penso io.»
La voce familiare della Sottosegretario Atena lo richiamò all'attenzione ed in parte placò la sua ansia crescente. La sua scorta si congedò senza protestare e la splendida insettoide gli si avvicinò con un impeccabile portamento, sorridendogli con calore. Le varie stelle e pianeti appuntati sulla sua divisa dichiaravano la competenza che le veniva attribuita in quelle stanze.
«Bentornato Signorino Apis, il Generale vi stava aspettando.»
Gli disse con dolcezza, allungando una zampa in direzione della porta che lei stessa aveva lasciato socchiusa. Apis deglutì vistosamente, guardando Atena con espressione smarrita. L'apeiforme gli sorrise e gli toccò una spalla, cercando di spronarlo a non farsi travolgere dal timore reverenziale che quella stanza gli procurava ogni volta.
«Coraggio.»
Lo accompagnò dentro e poi si allontanò il necessario per annunciarlo come da protocollo. Quel senso di distacco lasciò Apis smarrito dinanzi a quella terribile sensazione di soggezione. Alzò istintivamente lo sguardo. Il soffitto completamente trasparente lasciava intravedere liberamente l'affaccendarsi di una miriade di abitanti dell'Alveare, ognuno alle prese con il proprio compito. Gli insettoidi ronzavano in alto e a lato, passando da un settore ad un altro, tra quelli distribuiti in altezza e larghezza lungo l'immenso soffitto, tra le luci e i bagliori giallo, viola e azzurri delle varie apparecchiature. Quello era il fulcro, il cuore della nave, e proprio sotto di esso si trovavano loro, nella stanza di chi reggeva le redini logistiche dell'intero Alveare.
Apis abbassò lo sguardo, pietrificato all'idea di incrociare l'espressione severa del Generale seduto al suo solito posto, ma stavolta la sua sedia era vuota. Dietro all' immensa scrivania scura, che troneggiava nella stanza con fare cupo e intimidatorio, un corpo massiccio si mosse, mentre era intento a contemplare l'esterno dall'imponente finestra. Mentre Apis si chiedeva quanto potessero essere diversi i loro pensieri, nel contemplare il medesimo scenario, Atena richiamò la loro attenzione.
«Signore, il signorino Apis è arrivato.»
Lentamente il massiccio apeiforme sciolse la stretta delle zampe dietro l'addome e si voltò con calma. Apis rimaneva sempre colpito dal profondo senso di comando che ogni suo singolo gesto trasmetteva: il mento alto, il torace in fuori, la schiena dritta, le spalle larghe e una ferma compostezza. La sua uniforme, nera come quella di qualunque soldato, era letteralmente tappezzata da encomi di qualsiasi forma e dimensione. I suoi occhi freddi si posarono su Apis e per un attimo le ginocchia del giovane vacillarono.
«Tutti. Lasciatemi solo con mio figlio.»
I pochi collabori presenti in sala uscirono senza battere ciglio o fiatare. Il Sottosegretario lanciò un'ultima incoraggiante occhiata ad Apis e seguì l'ordine, richiudendosi le porte alle spalle.
Il silenzio scese con eloquenza nella stanza.
«Sei tornato.»
Non vi era alcuna emozione in quella constatazione. Apis annuì, cercando di mantenere la compostezza che per suo padre era tanto fondamentale.
«Dunque ... Perché sei qui?»
La realtà celata dietro a quella domanda travolse Apis con la potenza di un asteroide. Strinse le labbra non riuscendo a dare una risposta, che non rivelasse il suo stato d'animo.
«Hai fallito. È così!?»
Non vi era alcuna forma di comprensione paterna nelle sue parole e Apis sapeva di non poter trovare alcuna scusante per l'arroganza di quel giorno.
«Non dici nulla... Eppure, mi hanno riferito che sei stato piuttosto eloquente alle Rovine, soprattutto nel dichiarare di non voler nemmeno tentare.»
Non era quello che voleva davvero. Nel suo cieco orgoglio credeva semplicemente di essere l'unico ad avere il diritto di superare quella prova. L'unico degno in mezzo agli inetti, ma si era sbagliato, e ora era lì a pagare il prezzo per la sua boria.
«Sai bene quale immensa rarità sia anche solo riuscire ad accedere al Rito del Passeggero. Sebbene la nostra famiglia sia stata benedetta dal successo nei lunghi eoni della nostra storia, mai nessuno era mai stato prescelto per dimostrarsi degno.»
Il Generale lo guardò con sufficienza, mentre Apis riusciva a stento a trattenere l'agitazione.
«Credevo che ci avresti portato l'onore di un Guardiano e invece qui vedo solo una tremolante delusione!»
Apis strinse l'estremità della sua divisa e si prese un attimo per ritrovare la calma.
«Pensavo di averti spiegato che non si tratta di un gioco Apis. In ballo c'è molto di più di un titolo. Si tratta di credibilità, si tratta di accrescere la nostra capacità di rispondere a ogni ostilità esterna! Si tratta di avere il potere necessario di proteggere chi e cosa abbiamo caro: l'Alveare stesso!»
Apis sollevò finalmente lo sguardo, reggendo la pressione di quello del padre. Sapeva che la dedizione dei suoi genitori verso l'Alveare e ciò che rappresentava era tutto. Avevano costruito legami, avevano conquistato incarichi e influenza, tutto seguendo l'ombra della minaccia che si nascondeva nel loro monito familiare. Apis lo recitò a memoria sotto l'ascolto attento del Generale.
«Lo so. Esistono due possibilità: o siamo soli nell'universo o non lo siamo. Entrambi sono ugualmente terrificanti.»
Finalmente, sul volto di suo padre fece capolino un sorriso.
«Per prosperare la collettività è indispensabile, ma essa attira il conflitto e per difendersi è indispensabile la forza...»
«Non vi deluderò più padre. Lo prometto...»
«Così sia.»
***
Note dell'autore:
Siamo giunti alla conclusione di un'altro capitolo per lo Smack Down Sci-Fi Contest.
Per questo round si richiedeva una storia sempre a tema fantascientifico di massimo 1500 parole. Bisognava inserire la seguente frase: Two possibilities exist: either we are alone in the universe or we are not. Both are equally terryfying.
Sebbene non ci fosse un vincolo in tal senso, ho scelto di ampliare il mondo immaginario che ho creato sfruttando ogni round. In questo ci si concentra su Apis e sulla sua famiglia, scoprendo anche le sue motivazioni dietro alla partecipazione al Rito del Passeggero del capitolo precedente.
Al prossimo capitolo!
Spero che questa raccolta possa piacervi, sempre più.
A presto,
La vostra affezionatissima scriVIsse.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro