Capitolo XI
Il clima, in famiglia, sembrava essere tornato a raffreddarsi. Nonostante Amèlie fosse ben consapevole del bene delle persone che l'avevano adottata, non poteva fare a meno di notare che gran parte del suo rapporto con gli altri si reggeva sulla presenza di Warren.
Perché lei, si accorse, di essere quasi un'altra persona senza di lui: ne era completamente dipendente.
Le giornate, dopo aver finalmente dato l'esame, passavano lente. Si accorse di come in casa, chi per il lavoro, chi per lo studio per gli esami, nessuno poteva dedicarle il tempo necessario. Soltanto Warren si preoccupava davvero di ciò, consapevole del suo odio per la solitudine.
Ma il tempo trascorreva e lui passava il tempo fuori casa a lavoro oppure in camera ad ascoltare musica con la porta chiusa, chiaro segno che non la voleva tra i piedi.
Sono sola.
La consapevolezza di non avere nessuno – a parte Ren – la colpì nuovamente, come un macigno. Era per questo motivo che, se dapprima aveva ovviamente rifiutato in maniera gentile la proposta di Mike di vedersi, per non far incrinare il suo rapporto con Ren appena ricostruito, adesso si ritrovava a chiedergli lei stessa di incontrarsi. Tornati a casa, era convinta che il suo rifiuto avrebbe messo a tacere l'irritazione dell'altro, ma questo non accadde.
Quindi che motivo aveva di non scendere con Mike, se Warren nemmeno si degnava di rivolgerle uno sguardo?
Così, un primo pomeriggio, fu proprio lei a contattarlo.
Da: Amèlie
«Ehi, ti va se andiamo un po' al parco?»
Lesse e rilesse quel messaggio per almeno dieci volte prima di inviarlo. Dopodiché attese, in ansia, una risposta che fortunatamente arrivò presto.
Da: Mike
«Certo! Mezz'ora e sono lì».
Amèlie corse in camera, per prepararsi in fretta. Indossò un jeans nero e largo al volo, e una maglietta a mezze maniche lilla, un colore che lei amava particolarmente. Ai piedi delle banalissime Air Force 1, bianche. I capelli li lasciò sciolti, a ricoprirle il viso.
Quando si guardò allo specchio, non si vide né particolarmente carina, né brutta. Normale, come per qualsiasi altro giorno, ed era giusto così: per lei quella sarebbe stata una banalissima uscita da amici senza alcun secondo fine.
Ci mise meno tempo a prepararsi che per trovare il coraggio di telefonare a Nellie, a quell'orario del pomeriggio ancora a lavoro, per informarla che stava uscendo. In realtà non sapeva nemmeno se fosse il caso di dirglielo e basta, o chiederle il permesso. Optò semplicemente per il riferirle la notizia.
Andò in soggiorno e prese il telefono di casa. Compose il numero che ricordava perfettamente a memoria. Udì il classico e fastidioso tu tu... dell'attesa della risposta.
E quando finalmente Nellie si apprestò a rispondere, Amèlie sentii le chiavi trafficare nella serratura della porta e la figura di Warren, di ritorno dal lavoro, comparire alla sua vista.
«Pronto?»
«Ciao, Nellie, sono Amèlie».
Ren inizialmente non aveva fatto caso alla sua presenza. Come al solito era entrato in casa ed aveva poggiato le chiavi della macchina sempre nella solita posizione, accanto al vaso di fiori che lei stessa aveva acquistato una settimana prima per dare colore all'ingresso. Svuotò le tasche del cellulare e del portafogli che poggiò distrattamente sulla superficie, mentre il computer, racchiuso nello zaino, fu poggiato per terra, sorretto dalla parete.
Era vestito trasandato in quel periodo. Amèlie se ne accorse immediatamente. Non che di solito l'altro curasse molto l'abbigliamento, ma almeno di solito indossava un jeans per risultare un po' più decoroso. Quel periodo, invece, era perennemente in tuta.
E quella tuta gli stava da dio.
Quando in macchina si era lasciata sfuggire quel complimento, lo pensava davvero. Lo aveva sempre pensato, fin dalla tenera età, quando ai ritrovi di famiglia la zia Polly le chiedeva il ragazzo ideale. Amèlie rispondeva sempre moro, occhi verdi, alto e con le lentiggini. E tutti si voltavano sorridenti verso Warren, la perfetta incarnazione di quella descrizione, guardandoli con mero affetto fraterno.
Nonostante fosse cresciuta però, avrebbe risposto probabilmente le stesse identiche cose a quella domanda, ma ancora non era in grado di dare un significato a quello.
«Dimmi, tesoro».
Warren entrò nel soggiorno e si accorse immediatamente della sua presenza. Non accennò ad un saluto, segno chiaro che voleva che lei capisse che i rapporti non erano per niente tornati alla normalità. Lui voleva che lei sapesse che lo aveva ferito, il problema era che Amèlie non capiva perché ce l'avesse tanto con Mike.
«Volevo chiederti una cosa».
Se c'era una cosa che odiava più del silenzio di Ren, era la sua invadenza. Ad esempio, lui al posto di ignorarla ed andarsene in un'altra stanza, si era semplicemente poggiato allo schienale del divano, al lato opposto della seduta, e aveva preso a guardarla dritto negli occhi. Era talmente palese che volesse sentire quella conversazione, che per poco Amèlie non gli urlò contro di andarsene a farsi i fatti suoi, in un'altra stanza.
Doveva smetterla di controllarla in continuazione, a partire dal vedere con la coda dell'occhio chi le scrivesse i messaggi, al volere insistere a conoscere ogni dettaglio della sua vita.
A volte, Warren era asfissiante con lei.
Amèlie non era una persona cattiva. Non lo era mai stata e raramente aveva fatto qualcosa per semplice ripicca. Ma quel giorno, fu diverso: Ren aveva voglia di scoprire ogni sua mossa? Bene, che stesse pure ad ascoltare ogni singolo dettaglio. Non le importava.
Così ingigantì la questione, pentendosene ben presto.
«Nellie, un ragazzo mi ha chiesto di uscire, ti dispiace se vado? È il fratello dell'amica di Margot, me l'ha presentato lei stessa».
Un ragazzo. Non un amico. E le aveva chiesto di uscire, non di vedersi per una semplice passeggiata al parco.
Si sentì ridicola.
Ma era incredibilmente riuscita nel proprio obiettivo. Warren le lanciò un'occhiata fredda e strinse i pugni sul tessuto del divano. Poi si spostò, dirigendosi nella sua camera pur di non udire il continuo della conversazione.
Amèlie udì a stento il «No, tesoro, non preoccuparti e divertiti!» pronunciato dalla donna, perché l'unica cosa a cui in quel momento stava realmente prestando attenzione era il rumore della porta della camera dell'altro, che si chiuse con un tonfo che riecheggiò nella casa.
Ben ti sta, pensò.
L'uscita con Mike si rilevò la cosa più bella che le era successa nell'ultima settimana. Si erano incontrati al parco in una meravigliosa giornata estiva caratterizzata dal sole cocente e da centinaia di persone che si incontravano e divertivano all'aria aperta.
«Adoro questo posto, ci vengo veramente spesso» disse Mike, sorridendole.
Erano seduti vicini su una delle panchine del parco che affacciava direttamente sul laghetto, con in mano una lattina di the alla pesca per entrambi. Amèlie era stata molto contenta nello scoprire che anche per Mike il thè più buono fosse effettivamente quello a pesca.
Warren preferiva quello a limone.
«Alla fine a te come è andato l'esame?» domandò lei. Non era brava a intrattenere una conversazione, ma l'altro sembrava apprezzare il suo interessamento.
«Poteva andare meglio, dai, mi sono bloccato su una domanda stupidissima».
«Ti capisco, io ho fatto scena muta quando mi hanno chiesto il nome».
La risata di Mike era esplosiva: se lui rideva, tu non potevi fare a meno di seguirlo. Era un tipo a posto, ci sapeva fare nelle conversazioni e non diceva assolutamente niente di invadente o che potesse darle fastidio.
Parlarono per ore, di tutto: delle passioni di lui, dell'amore per i libri di lei, delle amicizie. Lui sembrava disponibile ad integrarla, non aveva mai mostrato noia nei suoi discorsi.
«La prossima volta devo farti conoscere i miei amici, davvero» disse lui, d'un tratto, mentre spostava lo sguardo dalle rane accanto alle rive del lago, per posarlo su di lei. Amèlie si sentì leggermente in imbarazzo ad essere osservata, ma non ci vide niente di male.
«Io purtroppo non ho nessuno da presentarti» ribadì un po' mortificata.
«Nessuno nessuno?» chiese allora lui di rimando. Si era alzato in quel momento, ed era in piedi dinanzi a lei. Amèlie si ritrovò a ringraziarlo mentalmente, poiché la sua figura in tal modo la copriva dai raggi del sole di fine giugno.
Si ritrovò, irrimediabilmente, a guardarlo. Era carino, certo, ma non bello. O almeno, non come lei intendeva il concetto di bellezza.
Però era simpatico.
«In che senso?»
«Nemmeno un fidanzato?»
Amèlie arrossì, palesemente. Iniziò a balbettare invece che rispondere con una frase di senso compiuto e Mike notando la sua difficoltà iniziò a ridere, tenendosi la pancia con la mano destra.
«Tranquilla, volevo solo sapere se avessi via libera».
Via... Che?
Ma non pronunciò mai quella domanda. Il moro dinanzi a lei aveva già attaccato con un altro discorso coinvolgente, che ben presto la distrasse da quella frase. Parlarono di tutto, si conobbero in quel caldo pomeriggio estivo: lui le raccontò della sua passione per il Signore degli Anelli e i fumetti Marvel, mentre lei gli raccontò dei classici che leggeva. Mike aveva anche fatto un commento su quanto avesse passioni diverse dalle altre ragazze, che si occupavano soltanto di guardare vestiti carini e mettere lo smalto. In realtà quelle ultime cose piacevano anche a lei, ma non lo disse ad alta voce per paura di risultare banale ai suoi occhi.
Fu un'uscita tranquilla. Le piacque, il rapporto che stava andando a crearsi con Mike. Lui non la faceva sentire fuori posto, anzi, la metteva a suo agio col semplice curvare delle labbra.
Presto il sole iniziò a calare. Amèlie notò i capelli ricci e castani di Mike che, a causa dei colori del tramonto, si erano tramutati in un bel rosso rame.
«A breve a casa si cena, mi sa che è ora di andare» gli comunicò Amèlie e lui si offrì di accompagnarla a casa, nonostante allungasse di almeno dieci minuti il suo tragitto.
Fu gentile.
Amèlie non si aspettava quel trattamento da uno sconosciuto. Fu per questo motivo che quando arrivarono di fronte il cancelletto di casa, si voltò verso di lui, concedendogli uno dei suoi migliori sorrisi che Ren definitiva imprigionatori.
«Grazie mille per avermi accompagnata».
Lui ricambiò. «Grazie a te per essere uscita con me».
E ora come lo saluto? Gli stringo la mano? No. Agito la mia? No, non ho mica cinque anni.
Ma Mike le levò l'imbarazzo dell'indecisione. Le mise una mano sul fianco e le diede un dolce bacio sulla guancia morbida, ricoperta da un velo di blush.
Quando lui si allontanò, finalmente, Amèlie era completamente rossa.
Mi lasciate una stellina? Mi farebbe davvero piacere!
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