Capitolo V
Amèlie vide il volto contrariato di Ren alzarsi e scomparire dalla sua vista insieme a quella donna, dopo aver trascinato con un suono fastidioso la sedia lontano dal tavolo, interrompendo per un momento quelle inutili discussioni prive di scambio costruttivo di opinioni.
Sapeva quanto fossero noiosi i pranzi dai Colton, ma quella volta si stava esagerando. Controllò sul cellulare l'orario, ben nascosto sotto al tavolo per non essere rimproverata da Nellie: erano le quindici e trena, ancora. Era seduta su quella sedia e costretta da un tavolo da almeno due ore, e il suo stomaco brontolava terribilmente a causa di quelle pietanze al peperoncino. Quella donna probabilmente aveva messo il piccante persino nell'acqua, visto che la ragazza sentiva la lingua pizzicare nonostante non avesse toccato cibo.
L'unica sua speranza per evitare il digiuno, era che almeno il dolce fosse decente.
Il discorso a tavola continuò, spostandosi su un argomento di economia interna. Inutile anche specificare che Amèlie non comprendesse nemmeno la metà delle cose dette. Margot, invece, sembrava passarsela meglio, essendo quello il suo campo di studi universitario.
Che noia.
L'unica cosa apprezzabile di quel pranzo era la presenza di Ren accanto a lei, che sembrava quasi più irritato di lei. Ma ormai l'aveva abbandonata, alzandosi per prendere quel dolce che il signor Colton aveva tanto osannato.
Ma erano passati quasi dieci minuti.
Insomma, quanto tempo potrà mai volerci per portare un vassoio? In due?
«Ehm... Vado un attimo al bagno» intervenne. In realtà nessuno parve sentirla, tanto meglio. La imbarazzava leggermente, e trovava molto più semplice cercarsi il bagno da sola.
La casa era veramente grande. Per Amèlie quella era la perfetta rappresentazione della propria casa dei sogni: meravigliosa, curata, sempre pulita e con ampi spazi. Tutto presentava un proprio ordine già prestabilito. Le porte, che conducevano ad altre fantastiche stanze, erano completamente bianche, così da confondersi col muro e creare un effetto quasi di mimetizzazione perfetta.
Peccato che dopo dieci passi in quel perfetto ordine, Amèlie iniziò a sentirsi oppressa da tale perfezione.
Se da un lato la casa era simmetrica e senza nulla lasciato al caso, dall'altra parte sentiva crescere in lei un senso d'ansia e non appartenenza mai provato prima. L'ambiente le sembrò vuoto e privo di emozioni, tetro, fatto a puntino per apparire e non per essere. Sembrava soltanto una delle tante case, non era la casa dei Colton. Era semplicemente una villa, una qualsiasi, senza personalità.
Da quel giorno, la casa dei sogni di Amèlie, prese tutt'altro aspetto.
Mentre avanzava, mentre il senso d'ansia si faceva largo dentro di lei, una porta socchiusa interrompeva quel magico gioco di invisibilità.
Qualcosa in quella stanza però attirò inevitabilmente la sua attenzione.
Amèlie si avvicinò cauta ed in punta di piedi. Non avrebbe dovuto sbirciare, lo sapeva, ma dentro quella stanza c'era Ren. Di conseguenza, non poté fare a meno di scoprire cosa lo avesse trattenuto tanto a lungo. Si accovacciò, per non destare sospetti, e quello spiraglio divenne la finestra che affacciava su qualcosa che lei mai avrebbe nemmeno potuto immaginare.
Non aveva mai avuto accesso alla cucina di quella casa e quel giorno poté ribadire quanto fosse anonima anche quella sala. Ma di certo non fu quello a sconvolgerla.
A stupirla e farla rabbrividire fu la scena che le si presentò davanti.
C'era la signora Colton e c'era Ren, poggiato vicino ad un banco di lavoro, le braccia erano tese dietro la schiena a sostenere la sua figura. Le vene sporgevano, segno che erano in tensione.
E poi c'era la mano della donna sul cavallo dei pantaloni scuri di Ren.
Il cuore prese a batterle a mille e un senso di angoscia e malessere si fece largo dentro al suo stomaco. La voglia di dolce le era decisamente passata.
«Non ti va di provare qualcosa di nuovo?»
La voce della donna era completamente diversa da come Amèlie aveva imparato a conoscere a pranzo. Non era squillante, ma bassa, tremendamente, quasi impercettibile persino a quella distanza ravvicinata. Aveva un leggero sorriso sul volto e le labbra rosee erano talmente vicine al collo di Ren da sfiorarlo.
Amèlie si rese conto che quello non era qualcosa che avrebbe dovuto vedere.
Sarebbe dovuta andare via. Avrebbe mantenuto il segreto per Warren – non Ren – solo per non scatenare un putiferio in famiglia e per non apparire una spiona. Si sarebbe alzata e avrebbe finalmente cercato il bagno, ci si sarebbe chiusa dentro ed avrebbe contato fino a sessanta, poi sarebbe uscita e ritornata ad accomodarsi a tavola come nulla fosse.
Questo sarebbe stato un comportamento normale e da persona matura. Ma Amèlie era ancora infantile e mostrava addirittura meno della sua età.
E poi voleva smettessero. Provava un fastidio troppo forte a quella vista.
«Non penso sia il caso» rispose Ren.
In che senso?
Non puoi o non vuoi?
Amèlie restò in attesa. Non comprendeva le vere intenzioni di Warren. D'altro canto, quelle della signora Colton erano fin troppo chiare. Lui apprezzava? Forse era un poco vecchia, no? E poi era sposata. Non andava assolutamente bene per Warren una come lei.
E, a dirla tutta, Amèlie pensava che a questo punto fosse meglio lei, che quella.
«Non lo sapranno».
Amèlie notò un certo tentennamento nello sguardo di Warren. Era indeciso. Che cosa aspettava a rifiutarla apertamente? Ammesso che non volesse farlo. Può passavano quei secondi interminabili di attesa, più Amèlie si convinceva che evidentemente a Warren quell'atteggiamento poco consono non sembrava dar fastidio. Probabilmente non avrebbe pronunciato quel no.
Amèlie quel giorno si sentì incredibilmente altruista. Così, con un gesto secco, spinse e fece cadere per terra, rompendosi in mille sgargianti pezzettini, un vaso di cristallo posto su una mensola lì accanto ad altezza uomo, contendente dei ridicoli tulipani finti – motivo in più per distruggerlo. I fiori finti erano veramente una caduta di stile, a suo parere.
La ragazza si alzò, di scatto, e in punta di piedi per non fare alcun rumore si nascose dietro una rientranza sufficientemente lontana da non destare sospetti, ma sufficientemente vicina da poterle permettere di tenere la situazione sotto controllo.
Immediatamente i due falsi amanti si staccarono. La signora Colton si allontanò e prese a guardare la fonte del rumore. Provò a capire cosa potesse essere andato storto, i suoi occhi ruotavano per comprendere cosa stesse accadendo. Le sopracciglia erano contratte e la bocca semiaperta per incamerare più aria, segno che fosse agitata e sorpresa.
Invece Warren non sembrava così agitato. Sembrava che tutto quel fracasso non lo avesse sorpreso. Niente era in grado di scalfirlo, le braccia non avevano minimamente cambiato la loro posa.
Come è possibile riesca ad essere sempre così serio?
Quando Amèlie spostò gli occhi dal suo corpo per puntarli dritti sul viso di Warren, comprese il motivo di quella calma inspiegabile: le iridi chiare di Ren erano direttamente puntate nelle sue nocciola. Lo sguardo era deciso e lei riuscì a comprendere che forse non era stata proprio così discreta.
Sarà. Intanto sono riuscita a staccarli.
Non abbassò lo sguardo.
E Ren, in quegli occhi malandrini, riuscì a leggere quanto Amèlie fosse incredibilmente arrabbiata con lui e che nemmeno un libro o un bel gesto avrebbe potuto calmarla davvero.
Amèlie non era mai stata più furiosa in vita sua. A quei tempi, però, ancora non comprendeva a pieno il reale motivo. Solo tempo dopo sarebbe riuscita a classificare quella sensazione all'altezza del petto: gelosia.
Se prima credeva che il dolce potesse essere la pietanza meno schifosa di quel pranzo, Amèlie aveva immediatamente cambiato idea dopo aver assistito a quella ridicola scena.
La signora Colton era tornata col dolce, seguita da Warren, pochi secondi dopo. La ragazza dovette incamerare e far fede a tutto il suo scarso autocontrollo pur di non dare un sonoro calcio alla sedia di lui posta al suo fianco. Maledisse la sua scelta di volersi sedere vicino a Ren. Ora che la irritava la sua sola presenza, l'idea di rivelò un completo fallimento che le si stava ritorcendo contro.
«Complimenti per questo dolce, Bianca» commentò Margot per provare ad essere gentile. «E' davvero buonissimo».
«Ti ringrazio, car-»
«In realtà è acido. E anche un po' salato» s'intromise Amèlie. Quelle furono le prime parole che aveva pronunciato dall'inizio del pasto e che inevitabilmente, portarono l'intera attenzione su di lei.
Il volto dei commensali, avvolto da un'espressione sbigottita, fu la cosa migliore della giornata: Margot aveva lo sguardo sorpreso, Nellie e James invece sembravano volerla mettere in punizione e rimproverarla come se avesse ancora otto anni. Vide il suo padre adottivo muoversi agitato sulla sedia e poteva notare il suo cervello cercare di pensare ed elaborare una frase gentile che giustificasse il suo comportamento maleducato. La signora Colton era palesemente offesa, cosa che fece gongolare maggiormente la ragazza.
«Forse i dolci non fanno per te, può capitare» continuò Amèlie, rincarando la dose.
Il dolore diradante da un pizzicotto sulla coscia nuda e piuttosto forte, però, la fermò dal dire altro. Riconobbe immediatamente quella mano su di lei.
Ma come si permette di farmi male? Dopo quello che voleva fare, poi.
Scacciò irritata quella mano da lei e se possibile si innervosì ancora di più. Si alzò leggermente dalla sedia per spostarla più vicina a James per porre maggiore distanza tra lei e Warren.
«Sono desolato, Bianca, ultimamente non so cosa prende a questa ragazza...» provò a dire James con un tono colmo di dispiacere e disagio. Fu un tentativo di salvataggio deludente.
«Non preoccuparti» lo scusò Dean Colton. «Forse non le piace l'aroma di lavanda, anche a me da giovane dava fastidio. In fondo è stata solo sincera».
Era riuscito a stemperare l'aria di tensione nella stanza. Amèlie avrebbe voluto ribattere ancora, ma lo sguardo della sua madre adottiva, che le diceva a casa facciamo i conti riuscì a metterla a tacere per un'altra oretta. I discorsi noiosi continuarono e questa volta i signori Colton fecero ben attenzione a non interpellare la più piccola fino al termine di quella tediosa giornata.
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