Capitolo IX
Il primo a svegliarsi e districarsi da quella posizione perfetta fu Ren. Nonostante la luce fioca, data dallo schermo del televisione ancora acceso, con il film ormai finito da un pezzo, passò i successivi dieci minuti a guardare la sua Amèlie. Non che non lo facesse mai, anzi: conosceva ogni minimo dettaglio del suo viso e del suo corpo, ma ogni volta quella visione lo incantava e rasserenava, invitandolo a scoprirla ancora e ancora.
Presto però fu costretto ad alzarsi per andare in bagno, per poi dirigersi verso il soggiorno, dove Margot e suo padre discutevano di politica e relativi partiti, i quali a lui non interessavano minimamente. Nella sua mente e concezione ogni cosa a riguardo era solo ed unicamente feccia.
«Ben svegliato» lo derise sua sorella. «Sei proprio fresco come una rosa appassita».
«Non rompere il cazzo, Margot».
Mentre il suo sguardo si spostava per la stanza, notò i cellulari – suo e di Amèlie – poggiati sulla superficie del tavolino. Prese il suo e controllò l'orario: ormai si era fatta ora di cena e gli toccava svegliare Amie dal suo sonno profondo.
La sua Amèlie.
Avevano finalmente chiarito quell'assurdo malinteso e le sue preoccupazioni erano diminuite notevolmente. Finalmente sarebbe tornato tutto come prima e lui non sarebbe stato costretto a cenare allo stesso tavolo di suo padre pur di starle accanto.
Sembrava essere tornato tutto per il verso giusto quando stranamente il cellulare di Amèlie si illuminò, rilevando così l'arrivo di un messaggio. Lei non gli aveva ancora rilevato la misteriosa persona con cui ultimamente si scriveva, e Ren dovette ammettere a sé stesso che erano giorni che la curiosità e l'ansia lo divoravano.
Così, nonostante sapesse quando quell'azione fosse sbagliata e priva di rispetto, prese anche il cellulare di Amèlie tra le sue mani ed inserì rapidamente il codice per sbloccarlo. Del resto, tra lui ed Amèlie non c'erano mai stati segreti, e tra questi rientrava anche conoscere le password dell'uno e dell'altra.
Da: Mike
«Stai ancora studiando?»
E poi continuò.
«P.S. Sei veramente bella in questa foto».
La tentazione di sbattere il cellulare al muro e romperlo il mille pezzi per sfogare la sua irritazione fu tanta, ma si contenne per semplice decenza. La prima cosa che preferì fare fu aprire la foto del profilo di WhatsApp di Amèlie, per analizzarne i dettagli: conosceva benissimo quella foto, gliela aveva scattata lui stesso, nel suo giardino. Lei semplicemente sorrideva, i capelli lunghi erano raccolti in una coda alta tenuta ferma da un nastro verde. Era bellissima, ovviamente, ma di certo non tollerava che uno sconosciuto le facesse un complimento e soprattutto che lei se li tenesse anche.
«Guarda che non puoi sbirciare nel telefono di Amèlie!» lo rimproverò Margot, ma lui la ignorò senza alcuna remora.
Mike. Chi diamine era Mike? Come si erano sconosciuti?
Era mai possibile che in una settimana che si erano allontanati, lui avesse completamente perso il controllo su di lei?
«Chi è Mike?» chiese con tono calmo, fingendo un'indifferenza che gli stava incenerendo il petto.
«È il fratello di Anne, la mia amica. È un bravo ragazzo».
Ma a Warren non interessava minimamente il fatto che era dipinto come un bravo ragazzo. Non se ne importava minimamente, l'unica cosa che aveva valore era che Amèlie non gliene avesse parlato, che lui avesse dovuto scoprirlo da un dannato telefono.
Forse non ne ha avuto l'occasione. Non me lo nasconderebbe.
La tentazione di leggere tutta la conversazione si fece rapidamente largo nella sua mente. In quel momento non gli interessava di essere scoperto e non gli interessavano nemmeno gli sguardi di rimprovero e sospetto di sua sorella. Voleva semplicemente sapere che diamine avevano da dirsi continuamente due sconosciuti. E poi lui conosceva la mente maschile, sapeva che quel Mike era interessato ad Amèlie. Era evidente, altrimenti non avrebbe detto quella ridicola frase.
E comunque lui aveva sempre detto, più volte, ad Amèlie quanto fosse splendida. Quindi quel complimento non era nulla di nuovo e mai sentito.
Posò nuovamente il telefono sul tavolino, non volendo leggere altro. Le voleva concedere una possibilità per parlargliene, senza accusarla e litigarci nuovamente dopo poco tempo. Voleva fidarsi di lei come aveva sempre fatto. Inoltre, se Amèlie gli avesse parlato di questo ragazzo, avrebbe voluto dire che il loro rapporto si era risanato completamente.
Ritornò in camera. Vedere Amèlie nel proprio letto, distesa e perfettamente addormentata, gli faceva sempre uno strano effetto. Strano, ma bello. Era come se per pochi minuti potesse illudersi che in quella casa ci fossero solo loro, vicini, che nessuno si sarebbe mai permesso di giudicarli. Gli dava una parvenza di coppia, di relazione intima. Ma Warren era sempre stato un ragazzo coi piedi per terra e comprendeva quanto tutte quelle sensazioni fossero mere illusioni.
Si avvicinò al corpo addormentato. Si sedette sul letto, accanto a lei, girata sul lato e mostrandogli il suo bel viso. Le scostò ciocche di capelli biondi dagli occhi e prese ad accarezzarle piano la schiena, il suo punto debole.
«Tra poco si cena»
Continuò a toccarla e a parlare a bassa voce: nonostante il suo intento fosse svegliarla, non voleva, a causa della visione paradisiaca che gli stava donando.
Warren passò almeno un quarto d'ora in quel limbo, ma a lui sembrarono a malapena pochi minuti.
Il dopocena, solitamente in casa Taylor, era passato davanti ad una televisione del soggiorno perennemente accesa col volume al minimo, e Margot che raccontava la sua intera giornata, venendo ascoltata soltanto da Amèlie. Suo fratello, invece, preferiva addirittura concentrarsi al massimo sulle note basse del programma televisivo pur di non stare a sentire le continue frivolezze di lei.
Amèlie apprezzava molto quando Margot si metteva a parlare e non la finiva per le restanti due ore per diversi motivi: primo tra tutti, i programmi in televisione sui soliti documentari d'avventura che metteva Warren non le interessavano minimamente, e in secondo luogo era un'abile ascoltatrice e sapeva benissimo quando Margot avesse bisogno di parlare a fine giornata per chiarirsi le idee. Quella sera, però, si aggiunse un altro motivo, ovvero il mutismo di Ren, interrotto soltanto da domande del tipo: C'è stata qualche novità questa settimana? Amèlie negava, non aveva fatto granché tranne studiare. Ne sei sicura?
Di primo impatto Amèlie aveva sempre assentito. Quella settimana era davvero passata tra libri davanti agli occhi e pensieri rivolti all'assenza forzata dell'altro.
Ma poi le domande si erano fatte insistenti e Ren si era addirittura seduto sulla poltrona, lontana, quando lo spazio sul divano accanto a sé era in abbondanza.
Non capisco.
Tutto era confuso nella sua mente, fin quando il suo cellulare poco distante emise un suono, segno che era arrivato un messaggio. Lo prese, soprattutto perché il suo nuovo amico, Mike, non si era fatto sentire per tutto il pomeriggio. Si aspettava almeno un come stai, o un che stai facendo, considerando che il loro dialogo era ormai in continuo aumento e confidenziale, ma nessuna notifica le era mai arrivata.
Da: Mike
«Scusa, non volevo infastidirti con quella frase, spero sia tutto ok».
Amèlie restò perplessa. Non aveva ancora sbloccato il cellulare e non capiva di che messaggio stesse parlando. Per quanto ricordava, la loro ultima conversazione era terminata con lei stessa che lo salutava con un banalissimo "a dopo".
Sbloccò lo schermo e la conversazione integrale le apparve dinanzi agli occhi, che spalancò sorpresa non appena lesse quella frase. Quel post-scriptum. Ma sorrise, perché infondo era un complimento e non ne riceveva da tantissimi. E poi era stato un gesto carino, non capiva proprio perché doveva restarne infastidita.
Il problema però era un altro: lei, quel messaggio, non l'aveva mai letto.
Così capì.
«Dimmi che non hai spiato nel mio telefono mentre dormivo, Ren».
Il discorso di Margot, ormai inascoltato da chiunque in quella stanza, si interruppe a seguito di quella frase, detta in un tono talmente freddo da far rabbrividire l'altro. Sua sorella, d'altro canto e rendendosi conto della natura della successiva sfuriata, decise di alzarsi e andare in camera sua, probabilmente a vedersi un film in solitudine.
Warren spense la televisione.
«L'ho preso per sbaglio, pensavo fosse il mio» mentì.
Lui non era uno che mentiva. Non lo faceva mai, preferiva sempre essere schietto e beccarsi un rimprovero, delle urla e le successive conseguenze delle proprie azioni. Soprattutto con Amèlie, non mentiva mai. Ma quella volta si sentì in dovere di farlo: non contava quanto avesse sbagliato, contava semplicemente il fatto che non poteva permettersi un altro litigio con lei. Di conseguenza avrebbe fatto di tutto pur di calmare le acque, persino mentirle per il bene del loro rapporto. Poi, al massimo, un giorno le avrebbe rilevato la verità. Ma per quel momento andava bene così.
«E perché non me l'hai detto?». Amèlie sembrò credere a quella versione, visto che si calmò presto. A volte era troppo ingenua.
Ren si alzò dalla poltrona. Quella distanza non aveva più senso, e si sedette accanto a lei.
«Ciao, Amèlie, sai per sbaglio ho preso il tuo telefono e un tizio che si chiama Mike, di cui non mi hai mai parlato e di cui non so la minima esistenza, non soltanto ha il tuo numero ottenuto chissà come, ma ci sta anche palesemente provando con te, e a te sembra anche piacere» finse una conversazione mai avvenuta. «Andava meglio?»
Lei roteò gli occhi al cielo. Se non gli aveva parlato del suo nuovo amico, era perché semplicemente le era passato di mente e non di certo per non metterlo a conoscenza della sua esistenza. A volte Ren era incredibilmente catastrofico, come se ogni azione sbadata fosse semplicemente un pretesto per escluderlo dalla sua insignificante e monotona vita.
«Non volevo nasconderti niente, smettila di insinuare cose».
Ren non fiatò. Mantenne la calma, nonostante dentro stesse esplodendo e fosse pronto ad una sfuriata delle sue. Ma mantenne il controllo per un motivo molto semplice: la sua curiosità e gelosia premevano maggiormente per ricevere informazioni civili e dettagliate sul rapporto tra Amèlie e questo fantomatico ragazzo, piuttosto che sfogare i suoi istinti a parole, rovinando il loro rapporto.
«E quindi chi è questo Mike?»
Vediamo se mi dici la verità.
«Il fratello dell'amica di Margot. Ero a casa sua quando mi sei venuto a prendere, quella col vestitino rosso». Ren non ricordava nessun vestitino rosso, ma collegò immediatamente quella persona ad Anne, grazie anche alle informazioni che la sorella gli aveva dato poche ore prima. «Ha praticamente la mia età e vorrei diventassimo amici».
Ren immagazzinò quei dettagli, e li analizzò. Ogni singola parola di Amèlie si ripeté attentamente nella sua mente, ma c'era soltanto una domanda a cui lui desiderava una risposta: le interessa?
«Gli amici non ti fanno quei complimenti» ribatté. «Vuole altro, non semplice amicizia».
Appena pronunciò quella frase, Ren se ne pentì. Se Amèlie in quel momento avesse provato davvero qualcosa per questo Mike, avrebbe praticamente avuto il via libera di rispondere alle sue avance, senza timore di poter essere eventualmente rifiutata. Senza considerare il fatto che lei probabilmente era curiosa di uscire con un ragazzo per la prima volta, di avere un appuntamento, e quale migliore occasione di quella per sperimentare qualcosa di nuovo e così normale per le ragazze della sua età?
Warren provò quasi l'istinto di chiuderla in casa per sempre sotto le sue ali, ma sapeva bene quanto quel pensiero fosse assurdo e sbagliato, alimentato soltanto dalla gelosia.
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