Capitolo IV
Appena avvertì il rumore della porta sul retro che dava al giardino aprirsi, Warren si spostò controvoglia da quella perfetta posizione per mettersi seduto sull'amaca. Margot li degnò finalmente, alle appena undici del mattino, della sua presenza.
Si avvicinò a loro, sbadigliando.
«Che stavate facendo qui fuori?» domandò, senza realmente essere interessata alla risposta. Infatti, continuò: «Mamma e papà hanno chiamato, hanno detto che tra mezz'ora dobbiamo essere pronti per andare dai Colton».
Amèlie si alzò a sua volta, senza poter fare a meno di scoccare un'occhiataccia al ragazzo prima steso accanto a lei. Ren si era alzato di colpo, all'improvviso, e per sbaglio le aveva persino tirato una ciocca di capelli, facendole male.
«Che c'è?» chiese Ren perplesso. Aveva perfettamente notato l'astio della ragazza.
«Mi hai fatto male» disse. «Non c'era tutta questa fretta di alzarti».
E come sempre, quando Amèlie era offesa da qualcosa, si alzava mettendo su un broncio che Ren definiva adorabile e si allontanava definitivamente da luogo del misfatto. Lui la seguì con lo sguardo, fin quando la sua figura scomparve in casa.
«Eravate stesi vicini?». Margot.
Ren distaccò gli occhi dal fulcro dei suoi pensieri per guardare sua sorella. Era rigida, rispetto a prima, e il tono di voce inquisitorio che aveva utilizzato non gli era piaciuto per niente. Che stesse insinuando qualcosa?
«Sì», rispose con neutralità. «e quindi?»
E quindi non andava bene.
Warren lo sapeva benissimo. Sapeva che nessuno sarebbe mai stato in grado di comprendere davvero come si sentiva e cosa provasse. Le persone inneggiavano all'amore, lo coltivavano, ma non accettavano che potesse coinvolgere altro oltre la convenzionalità. Amare Amèlie era sbagliato, in quell'ottica, per tantissimi motivi: la sua famiglia credeva sul serio loro potessero avere un qualche tipo di rapporto fraterno e che di certo Amie fosse fin troppo piccola per avere a che fare con un ragazzo di ventiquattro anni, ad appena diciassette. Inoltre, non volevano complicazioni.
«Beh, io e te non ci stendiamo così vicini da quando ho smesso di prendere il latte da mamma» spiegò. «È strano».
«A me sembrano più strane le idee che ti stai mettendo in testa, sul serio. Non affrontiamo mai più questo discorso surreale».
Bugiardo. Ma era necessario.
Margot gli credette, però. Del resto, Warren aveva nascosto il suo amore platonico per oltre dieci anni alla sua intera famiglia e alla persona interessata. Nascondeva anche il tradimento di suo padre perfettamente. La vita sembrava averlo costretto a diventare un ottimo bugiardo e manipolatore, e da una parte lui se ne compiaceva: mentire ti aiutava a sopravvivere, era un dato di fatto.
Era incredibilmente cinico.
Si alzò dall'amaca, non volendo più continuare alcun discorso e mentre rientrava in casa prese la tela del giorno prima, ormai perfettamente asciutta, e la riportò dentro: questa finì dentro al suo armadio a prendere polvere e termiti, così come tutte le altre precedenti tele. Qualcuna era persino nascosta sull'armadio, ma quello era un segreto che non avrebbe rilevato a nessuno. Erano quadri speciali e soltanto suoi.
In generale, Warren odiava doversi preparare per eventi che pretendevano un abbigliamento decoroso. Il suo tempo lo alternava tra lo stare con la tuta fuori a dipingere, e dei jeans larghi e scambiati a lavoro, abbinati ad una qualsiasi maglietta presa a caso. Invece, in quelle occasioni, era necessario indossare una camicia, rigorosamente a maniche lunghe, nonostante gli oltre trenta gradi di quella domenica.
Optò per una camicia bianca, banale. Al di sotto, un pantalone nero, banale. Ai piedi, delle Vans nere, banali. Al polso, un orologio firmato come accessorio, banale.
Si guardò allo specchio: perfetto.
E se lui per vestirsi ci aveva messo appena dieci minuti – probabilmente meno –, Amèlie ne avrebbe impiegati il triplo, nonostante il vestito lo avesse provato la sera prima. Così Ren si spostò in salotto e si accomodò sul divano. Poggiò i piedi sul tavolino di fronte, un'abitudine che sua madre odiava, e iniziò un qualsiasi stupido gioco al telefonino, pregando che il tempo di attesa non fosse infinito anche quella volta.
«Ti sei vestito così anche lo scorso mese, Ren».
Amèlie, seduta in macchina accanto a lui, quel giorno sembrava essere più insistente e acida del solito. Certo, Warren l'adorava comunque, ma dovette ammettere che la diciassettenne nell'ultimo periodo sembrava un po' più intrattabile: da angioletto che aveva paura della sua stessa ombra, si era trasformata in una persona molto più coraggiosa, pronta ad intervenire continuamente, anche se non espressamente richiesto.
Il problema restava da capire quale fosse la causa di questo cambiamento.
«E non ti piace?» domandò di rimando lui.
La ragazza aprì maggiormente gli occhi per poi riabbassarli e dedicare attenzione all'orlo del suo vestitino, segno che era in imbarazzo.
«Sì... Non è male».
Il viaggio fu strano, per Warren. E quel discostarsi dalla normalità era dovuto dagli atteggiamenti di Amèlie, che in quel periodo era fin troppo fuori il suo controllo. Lei non si era mai sentita a disagio in sua presenza e non riusciva a comprendere cosa potesse aver causato un simile atteggiamento.
Che si fosse accorta che...
«Siamo arrivati» annunciò il signor Taylor.
Dinanzi a loro si apriva la vista con la casa più grande che avessero mai visto. Warren sapeva che Amèlie adorava quell'abitazione, gliel'aveva detto più volte: era una villa con piscina, in stile prettamente moderno, con il bianco e il nero come colori predominanti, intermediati solo da un vetro talmente lucido che ci si poteva specchiare. Il sentiero dove si trovavano a passare era in pietra, circondato da arbusti e fiori di ogni genere, e l'immensa piscina poteva essere ammirata lungo l'intero percorso.
Lui, invece, la trovava pacchiana ed esosa. L'unica cosa che apprezzava di tutto quel lusso erano le due macchine parcheggiate poco più in là: una BMW meravigliosa e niente di meno che una porche nera ed opaca, un sogno di una vita.
Ad aspettarli, in piedi sul terrazzino accanto al marito, la signora Colton, in un sorriso smagliante che non prendeva minimamente gli occhi. Era alta e magra, con un punto vita perfettamente segnato nonostante l'età, messo in risalto da un abito nero e aderente lungo fin sotto al ginocchio. Due orecchini luminosi pendevano ai lobi delle orecchie.
«Oh, è un piacere avervi qui» disse la donna, accogliendoli. «Avete incontrato traffico?»
Warren non riusciva minimamente a prestare attenzione alla conversazione. Riusciva soltanto a provare disgusto a vedere quella donna salutare sua madre con cortesia e suo padre fingendo che non fosse successo nulla. E odiava persino l'uomo accanto a lei, che non si accorgeva dei ripetuti tradimenti della moglie, probabilmente perché lui le dava lo stesso trattamento.
Odiava i Colton. Tremendamente.
«Amèlie, ma quanto sei cresciuta, ormai sei proprio una splendida donna».
Ren si voltò immediatamente verso Dean Colton, colui che aveva appena pronunciato quelle parole. Le stava sorridendo, amabile, mentre fingeva un ridicolo baciamano stile 1700 alla sua Amèlie. E lei rideva, ammaliata da quelle ridicole parole di un uomo in crisi di mezza età.
Viscido.
«Se non sbaglio, tempo due settimane ed avrai finalmente completato gli studi» continuò l'uomo.
«Sì,» rispose lei «mi aspetta solo l'esame finale».
«Che sicuramente passerai, ne sono certo».
Il fastidio che Warren sentiva, all'altezza del petto, era così asfissiante da non lasciarlo pensare correttamente. Non che temesse il signor Colton come possibile rivale, ma di certo non approvava che Amèlie venisse apprezzata così da qualcun altro. Soprattutto se quel qualcun altro aveva trent'anni in più e la passione per le puttane minorenni.
Così si avvicinò ad Amèlie. Adesso erano di nuovo vicini, l'uno di fianco all'altra, e avvertiva la mano liscia di lei accanto alla propria, fin quasi a sfiorarsi.
I discorsi tra gli adulti continuarono. Discorsi di affari, discorsi di politica, discorsi noiosi, discorsi che ogni tanto presentavano frecciatine a cui nessuno sembrava far caso, per assicurare un pranzo apparentemente tranquillo. Persino sua sorella Margot, seduta di fronte a lui, non ne poteva più di quella superficialità e falsità. Ma quello era il Capo di loro padre e non avrebbero potuto mostrare alcun comportamento sconveniente per non rischiare quel posto di lavoro.
Amèlie, accanto a lui, aveva ancora tutto il cibo nel piatto. Con la forchetta tenuta nella mano sinistra, giocava col cibo, spostandolo e separandolo così da sembrare avesse mangiato qualcosa.
In realtà, non aveva praticamente toccato nulla a causa del peperoncino.
Lei odiava il piccante, ed era possibile notarlo perfettamente dallo sguardo amareggiato che fissava insistentemente il piatto, come se volesse lanciarlo dritto al muro. Ma Amèlie era troppo buona e mai avrebbe confessato ad alta voce quel suo piccolo vizio: sarebbe sembrata un'ospite scortese.
Ren la conosceva talmente tanto bene da comprendere il suo disagio. Amèlie non aveva il coraggio di mangiare il peperoncino, ma si vergognava anche terribilmente di lasciare un intero piatto perfettamente intatto, segno che non avesse apprezzato per nulla la cucina della signora Colton.
Così lui, in un momento in cui nessuno li stava guardando, avvicinò il suo piatto a quello di Amèlie, riversando metà di quella pietanza per lei immangiabile.
«Basterà dire che sei piena» spiegò.
Quella pietanza, a Warren, nemmeno piaceva. Mandare giù altre due cucchiaiate di risotto fu dura per lui, ma lo sforzo fu ben ricompensato quando avvertì la mano esile di Amèlie posarsi sulla sua gamba, al di sotto del tavolo. Fu solo una carezza, leggera ed innocente, che però gli fece battere forte il cuore, chiudendogli lo stomaco così tanto da rendergli il compito prefissatosi ancora più arduo.
«Grazie...» mormorò lei sottovoce, così che nessuno potesse sentirli.
Quando ebbero finalmente finito e l'odiosa conversazione sulla politica estera ebbe fine, la signora Colton si alzò in piedi, sempre con quel suo falso sorriso in volto, così da attirare l'attenzione si tutti i commensali.
«Penso proprio sia arrivato il momento migliore» commentò il marito, sorridendo. «Mia moglie ha fatto un dolce meraviglioso».
«Oh, non dire così, caro, se no si aspettano troppo» disse con falsa modestia.
Ren storse la bocca.
Disgustoso.
«Warren, perché non aiuti Bianca a portare il dolce a tavola?» domandò ancora Dean Colton.
Per piacere, fatemi sapete cosa ne pensate con un voto o un commento, sarebbe davvero importante per me.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro