Carnale
Quella notte era rischiarata da un sottile spicchio di luna ed a causa dell'inquinamento luminoso le stelle si potevano ammirare appena. Le sue lunghe ciglia sbatterono più volte, quasi a voler eliminare il velo sottile e nostalgico calato sul celeste dei suoi occhi, ed abbassò il capo.
Strinse il tessuto scarlatto che aveva al collo, premendoselo contro la bocca ed il naso. L'aria pungente della sera continuava a imporporarle gli zigomi, riuscendo a percepire solo il lieve pizzicore dato dal calore del suo respiro, mentre questo s'infrangeva contro la sciarpa. Una fastidiosa pressione al petto, le rendeva difficile compiere quel semplice gesto.
Chiuse gli occhi e si soffermò sui suoni e sugli odori, che i suoi sensi captavano con fare assente, come se stesse andando alla ricerca di qualcosa. Probabilmente, si trattava di quella calma interiore che per tutto il giorno non le aveva fatto visita e che aveva lasciato spazio ad un irrequieto nervosismo. Conosceva bene quell'emozione, in particolare la sua causa, e la detestava.
Istintivamente si portò una mano al ventre, posando lo sguardo in ogni angolo scuro. Sentiva ancora la sensazione opprimente, che le aveva attanagliato lo stomaco per tutto il giorno e non le aveva permesso di godere della cena. Strinse i denti, mentre il suo viso nascosto assumeva un'espressione indecifrabile, inadatta ad un qualsivoglia appuntamento romantico. Pareva rabbiosa, quasi feroce. Era infastidita e quel sentimento cresceva passo dopo passo, mentre si avvicinava a casa.
«Stasera sei silenziosa, Rosy.»
Si ridestò dai suoi pensieri, voltandosi verso il caro Laurence con un lieve sussulto. Si era quasi dimenticata di chi le stesse camminando al fianco e, in parte, se ne vergognò.
«Mi dispiace, non credo di sentirmi troppo bene.»
Il giovane uomo spalancò gli occhi castani, come se avesse realizzato qualcosa d'importante. Si fermò, iniziando ad armeggiare con bottoni e cerniera. Si tolse il giubbotto e lo stese davanti a lui con un colpo secco. Poi, lo posò sulle spalle di lei con premura, mentre le orecchie gli venivano bruciate dalle basse temperature.
«Fa piuttosto freddo, in effetti.»
Rosy strinse il giubbino, sentendo il calore di quel piccolo ma attento gesto scioglierle il nodo al petto. Provò del sollievo per un istante, ma subito realizzò l'assurdità della situazione.
«Finirai per ammalarti, così! Riprendilo.»
Gli intimò, cercando di togliersi l'indumento di dosso. Laurence le posò una mano sulla spalla, dandole un lieve buffetto sul mento.
«Se ci sbrighiamo arriveremo in fretta a casa tua e sopravviveremo entrambi.»
Scherzò, facendo scivolare la mano nella sua e tirandola verso la loro destinazione. Rosy sorrise dolcemente, eppure, nel momento in cui i loro occhi smisero di incrociarsi, la tensione si ripresentò con più intensità. Si voltò, guardandosi alle spalle. Paranoica, ansiosa, colpevole... Furente!
Quando finalmente individuò il suo appartamento, lo sguardo le cadde sulle finestre che davano verso il loro marciapiede. Era buio e tranquillo all'interno del suo piccolo rifugio e lei sentiva l'urgenza di entrare.
«Nonostante tutto sono stato molto bene, stasera.»
Di nuovo, la presenza di Laurence era passata in secondo piano rispetto ai suoi pensieri. Rosy non poté che sentirsi in colpa, mentre aveva ancora il suo giubbotto sulle spalle e la mano le veniva carezzata con affetto. Il suo viso era paonazzo per il freddo e, forse, per i sentimenti che trapelavano dalla sua espressione, quando faceva vagare il suo sguardo su di lei. Dietro la dolcezza, ella riconobbe il desiderio di un uomo che sperava di riuscire a strapparle un invito ad accomodarsi in casa, per posare altro su di lei.
Rosy sorrise e ritirò la mano, per restituirgli l'indumento. Era meglio chiudere la serata e in fretta. Sentiva la pelle pizzicare e la necessità di correre dietro la sua porta. Da sola.
«Anche io.»
Rispose sbrigativa, dandogli un lieve bacio sulla guancia gelata e frapponendo tra il loro abbraccio il giubbotto, cercando di silenziare ogni accenno di protesta da parte sua.
«Ci vediamo presto.» aggiunse, iniziando a percorrere la poca distanza che la separava dall'ingresso del condominio.
Un breve saluto con la mano prima di estrarre le chiavi dalla tasca e pochi gesti, compiuti in assoluta concentrazione.
Richiusasi la porta alle spalle e accesa la luce, iniziò a inserire tutti i chiavistelli. Poi, venne il momento di togliersi la sciarpa ed il cappotto rosso.
Notò che ogni cosa era al suo posto, ma la sensazione di allarme che sentiva non voleva abbandonarla. Percepì uno spiffero e la sua reazione fu immediata.
Si strappò dalla vita una bizzarra cintura, che parve animarsi e comprimersi, assumendo l'aspetto di un'importante arma da tiro.
«Esci fuori!» ordinò, non ricevendo risposta. Infilò il caricatore e tirò il carrello per armarla, come se fosse un gesto a lei familiare.
«Ora. O giuro che ti sparo una pallottola d'argento nello stomaco!»
Passò qualche secondo, ma alla fine il silenzio si ruppe. Il roboante suono dello sciacquone del bagno si diffuse in casa, mentre la porta che dava sul corridoio si apriva e richiudeva con tutta calma. Ne uscì una testa dai folti e disordinati capelli neri, seguita da una stazza muscolosa e massiccia che mancava per poco il soffitto. Si voltò verso di lei, puntandole addosso due occhi tondi, ferini e gialli. Sorrise.
«Non si può nemmeno fare un goccio in santa pace, ormai.»
Allargò le braccia possenti, inclinando la testa con aria innocente. Il bel viso di Rosy si deformò al suono della sua voce. Quel tono graffiante aveva da sempre il potere di renderla rossa, rossa di rabbia. Per un attimo indugiò sulle sue zanne e sugli artigli, come promemoria per non abbassare la guardia e non esitò a puntargli la pistola contro.
«Sapevo che era puzza di bastardo quella che sentivo lungo la strada!» gli soffiò addosso, tremante di rabbia. «Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui!»
Con aria divertita e per nulla spaventato, in risposta s'infilò una mano nella tasca strappata dei jeans ed estrasse un pacchetto di sigarette. Se ne portò una alle labbra, aprendo l'accendino con uno scatto della mano e sfregandolo sul tessuto rovinato dei pantaloni per far partire la fiamma. Fece una lunga tirata ed espirò il fumo dal naso con un'espressione compiaciuta.
«Sicura di non confonderti con l'odore di maschio? Immagino tu te lo sia dimenticato date le persone che frequenti. Comunque, l'unico fetore che sento è quello su di te... Quell'inetto t'infila anche la lingua in gola, oltre a portarti fuori a cena?»
Rosy digrignò i denti furente, avanzando con fare minaccioso e colpendolo in viso con il calcio della pistola in un moto aggressivo e violento. Il livido sulla sua guancia durò solo qualche secondo prima di svanire, mentre lui contemplava la sigaretta finita a terra con aria dispiaciuta e si passava la lingua ferita sulle labbra, per riprendere sensibilità dopo essersela morsa.
«Non hai alcun cazzo di diritto di venire qui a criticare me, la mia vita o le persone a me vicine. Non più!»
Di colpo scoppiò a ridere, puntandole contro le sue due pupille, profonde come pozzi bui e antichi.
«Persone a te vicine!? Cazzate! Dimmi... Come ti fai chiamare, stavolta?»
Rosy lo guardò colpevole.
«Ginger? Rossella? Scarlett?»
Ad ogni nome lui avanzava, mentre lei arretrava.
«No, aspetta. Di nuovo Rose, forse?»
Rosy si ritrovò senza saperlo spalle al muro e con la canna della pistola ormai premuta contro il suo largo torace. Quella vicinanza non ci mise molto a riportare a galla antiche memorie. Aspirò il suo odore selvatico, il profumo delle montagne, della natura, del gelo e del sangue. L'odore selvaggio del lupo e della passione che per lungo tempo aveva divorato e unito entrambi in passato.
Rosy si morse le labbra. Sentiva il sangue ribollirle nelle vene, ora che la loro pelle era così vicina. Detestava quel lato di sé, sanguigno, carnale, bisognoso di un contatto che si era ripromessa di rinnegare con forza.
«Scommetto che lo stronzo non sa nulla della vera te, giusto Livia? Buon per te! Non è da tutti accettare una cacciatrice di mostri nel proprio letto, dopotutto.»
Il mannaro rimarcò l'ultima frase, premendosi ancor più contro di lei, incurante dell'arma a pochi centimetri da uno dei suoi punti vitali.
«Vaffanculo, Lucan!» gli sibilò contro, accaldata, stanca, disonesta con ogni cellula del suo corpo e ribelle verso ogni impulso, dato da un legame impresso a fuoco nelle rispettive esistenze.
«Oh, mia bella Cappa Rossa, mi sei mancata anche tu!» le sussurrò sulla bocca, prima di tirare fuori la lingua e passargliela con calma sulle labbra. Livia cedette per un attimo, come se la mente si fosse svuotata da qualsiasi razionalità, e lo accolse, lo avvolse, si prese il ricordo di un sapore che sapeva appartenerle, le memorie di una storia che nessuno sapeva com'era proseguita e si era tramutata in una fiaba.
D'un tratto, il rosso del sangue e della morte si frappose a quello della lussuria. Riprese coscienza del motivo per cui gli era sfuggita, del perché ancora lo teneva a distanza, ed istintivamente la pistola si mosse, finendo sotto il mento di lui e raffreddando inevitabilmente gli istinti di entrambi.
«Io ho smesso di cacciare. Non tornerò indietro, ma giuro che non esiterò ad ammazzati, se mi costringerai a farlo. Va via! Lasciami!»
Lucan respirò pesantemente, eccitato dalle sue parole e dalla pericolosità di quell'incastro di carni. Alla fine, rise e fece un passo indietro, contemplandone l'aspetto ansante e affaticato. Un bagliore di bramosia gli attraversò per un istante lo sguardo, ma rimase composto.
«Ti ho fatto una promessa, quando te ne sei andata. Non sono qui per riportarti indietro con la forza.»
Quelle parole la lasciarono di stucco, ma sembrarono preoccuparla enormemente.
«Allora, perché?»
«Hai presente il cacciatore bastardo che mi ha aperto la pancia da parte a parte?»
«Lucan... Cos'è successo a mio fratello?»
«Beh, è nella merda fino al collo.»
FINE
(O forse no?)*
Note di scriVIsse:
Questa storia ha partecipato al contest di San Valentino "Pasticceria Creativa" di ciambella198, arrivando prima nella categoria "Good4U".
Il prompt assegnato a tema amore/affetto era: "quando l'amore è passionale, quasi sanguigno".
Venivano assegnati la canzone "Good4U" di Olivia Rodriguez e le seguenti parole: accendino e promessa.
Per questa storia mi sono in parte ispirata alla classica fiaba di Cappuccetto Rosso, che devo dire esercita da sempre un certo fascino su di me. Potete, infatti, scovare anche una poesia tra i miei lavori che s'intitola "Cappuccetto Rosso e il lupo innamorato" (fandom Twilight).
*Lo volete un piccolo spoiler su cosa bolle nel mio calderone dei progetti?
Ho intenzione di trasformare questa One-shot in una storia lunga e tormentata dal titolo "Una Fiaba Rossa". Tenete d'occhio il mio profilo, perché questa copertina potrebbe comparire, quando meno ve lo aspettate! ♥️
Siete curiosi?
Un saluto e a presto,
La vostra sempre grata scriVIsse.
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