Aurora
Un passo e un'attesa, lenta e infinita, mentre precipitava negli abissi.
In fondo, veniva trascinato sempre più in basso tra i cristallini flutti, lontano dalla luce della superficie.
Tale ad un ventre materno, il cordone che gli portava respiro restava il suo solo legame con la vita, la sua unica speranza di rivedere il sole.
Dentro all'ingombrante scafandro, non gli era possibile guardarsi indietro e nemmeno scorgere cosa lo attendesse in basso. Doveva pazientare per conoscere il destino di quella costante discesa, potendo solo guardare le creature, incuriosite e spaventate, che gli nuotavano accanto.
D'un tratto, sentì come se sotto di lui il vuoto si consumasse e capì. Allargò le braccia e atterrò con un piccolo schianto. Rivoli di sabbia si levarono come fumo, dando l'illusione di tentacoli che bramavano afferrarlo e trascinarlo nella tana. Attorno alla pesante armatura, i colori dell'oceano parvero animarsi, ridestati da un quieto pisolino. Alcuni pesci sottili e scintillanti si sollevarono come uno stormo in volo e le alghe cominciarono a ondeggiare, proiettando le loro particolari fluorescenze sulla sua figura. L'ocra delle cromature del casco si tinsero d'oro, emanando bagliori ad ogni movimento della testa.
Qualche bolla si levò e un piccolo polpo cominciò a nuotarvi in mezzo. Era pacifico il fondale, ma lui non era disceso per godere di quella serenità e bellezza. Impacciato, afferrò un oggetto che penzolava dalla sua cintura e lo puntò davanti agli occhi per riuscire a vederlo.
La conchiglia, incastonata in un corallo rosso, sembrava appartenere più al mare che alla sua mano. Come se avesse sentito l'intensità del suo sguardo, il monile sembrò vibrare nel suo elemento. Un canto, simile a quello di un cetaceo, proruppe dall'oggetto e, simile ad un sonar, si espanse fra le acque, per scandagliare le distanze che l'occhio non poteva raggiungere.
Una delle punte scarlatte e ramificate del corallo, sembrò accendersi. L'uomo abbassò la mano, cominciando ad avanzare pesantemente verso il punto indicato da quella misteriosa bussola.
Nel frattempo, il canto non smetteva. Lo accompagnava come una preghiera benevola durante la sua spedizione, come una nostalgica e struggente melodia che ricordava al suo cuore il motivo della sua discesa. Si era ripromesso che non avrebbe mai più indossato la tuta, che non avrebbe più visto o toccato l'oceano che gliel'aveva così crudelmente portata via.
Respirò, cercando di calmare il battito del suo cuore impazzito. Non poteva agitarsi dentro quella gabbia infernale, altrimenti sapeva che fine avrebbe fatto.
Sorrise. Non era stato così che si erano incontrati, in fondo? Durante una spedizione da cui lui non sarebbe dovuto uscire vivo? Forse, era giusto così. Lasciare che l'oceano divenisse finalmente la sua tomba. Alla fine, per sempre insieme...
Eppure, continuava ad avanzare, mosso da una forza che il suo ginocchio malandato non avrebbe più dovuto avere. L'eco di quella voce, come un balsamo per il suo animo lo spronava, gli chiedeva di raggiungere quello che si celava dietro ai relitti, aldilà dell'oscurità inesplorata, e suggeriva al suo cuore di non esitare, perché per la sua ferita non c'era altro rimedio.
Strinse i denti, quando la pesante scarpa sembrò urtare una roccia particolarmente appuntita, rallentò quando un banco di meduse gli nuotò contro e trattenne il fiato allo scorgere la pinna di uno squalo, ormai già a qualche miglio di distanza da lui. La sua marcia, però, non si arrestò nemmeno per un momento.
Quando raggiunse le rovine di pietra, accolto dalle colonne di quello che un tempo doveva essere stato un tempio della superficie, finalmente si prese un attimo. Guardò i dintorni e controllò il filo che lo teneva in vita. Aveva ancora margine per procedere e la voce del monile si era fatta più insistente e intensa.
Era nel posto giusto.
La pesante camminata rimbombò sulla pietra e per un attimo il tempio parve fragile come un castello di sabbia. Incerto, ma senza voler tornare indietro, continuò, attraversando i lunghi e maestosi corridoi e arrivando all'imponente sala che pareva dominare sull'intera struttura.
Una colonna di luce scendeva da un foro sulla cupola e s'infrangeva su quello che pareva un altare, ormai ricoperto da molluschi e vegetazione marina.
Quando lo sguardò si posò su ciò che vi era adagiato sopra, lo stupore gli bloccò la gola. Quella che sembrava un'insolita perla dai colori cangianti e indescrivibili, fluttuava indisturbata. La sua mente sembrò suggerirgli che quel gioiello si stesse cibando dei raggi e del calore che la raggiungevano, ma subito accantonò quell'assurda fantasia.
Tuttavia, l'oggetto che teneva ancora stretto sembrava impazzito. Il richiamo si era fatto pressante, bisognoso e sembrò rivolgere parole struggenti e sconosciute a quel misterioso artefatto. Voleva disperatamente che si avvicinasse e lui non riuscì a disobbedire a una tale e mistica supplica. Come poteva sottrarsi alla speranza di ritrovarla?
Quando fu abbastanza vicino da poter scorgere la luce che si rifletteva sulla sua tuta, gli sembrò d'intravedere un'ombra dentro al piccolo globo aranciato. Non poté resistere alla tentazione di sfiorarlo e, in quel momento, fu come se qualcosa s'intrufolasse nella sua testa, dentro ai suoi ricordi, con lo scopo di frugare in un'intimità che lui non voleva condividere.
Fu così, che si trovò catapultato indietro, quando si trovava steso semicosciente su di un bagnasciuga con la sua tuta distrutta dall'esplosione di una mina e con lei al suo fianco...
***
Il suo sorriso perlaceo lo aspettava al risveglio. La pelle color ambra, luminosa come se fosse stata spolverata con pulviscolo di stelle, era in armonia con la folta cascata di capelli dorati che lo riparavano dal sole.
Il suo cuore si strinse a rivedere la sua Aurelia, il suo amore perduto.
In quel momento, lei lo stava rassicurando. Gli diceva che sarebbe sopravvissuto all'incidente negli abissi, se si fosse fidato di lei e della sua voce. L'odore della carne bruciata e il ricordo del dolore lancinante per le ferite aperte lo investì e lo rese quasi folle come allora.
Lei si era chinata su di lui e con un bacio aveva soffocato le sue urla.
Le sue labbra avevano un sapore salmastro, eppure dolce come un nettare pregiato.
Provò lo stesso sollievo che ricordava.
Era stato come se il suo corpo si fosse semplicemente rigenerato.
Solo allora, con più lucidità, si era reso conto che quella donna non era un angelo venuto a prenderlo. Quando le aveva sfiorato la guancia con meraviglia, si era reso conto che era calda e morbida, diversamente da come ci si sarebbe aspettati da un'allucinazione, e l'aveva vista. La sua coda si muoveva con calma, perfettamente a suo agio, nonostante fosse lì, con lui.
Una serie di scaglie brillanti dai riflessi giallo e arancio lo abbagliavano...
«Se dovessi essere di nuovo nei guai nell'oceano o se dovessi sentirti perduto, usalo.»
Era rimasto così incredulo ed emozionato, che a stento si era reso conto di cosa si fosse tolta dai capelli per posarglielo sul petto, prima di svanire tra i flutti.
***
Era lo stesso oggetto che stava stringendo in mano durante quell'ultima spedizione. Una voce, il canto di Aurelia, che ancora lo guidava nelle profondità...
La sua coscienza stava quasi per uscire da quello strano viaggio mnemonico, aggrappandosi a quella certezza: lei non c'era più. Se n'era andata di sua volontà, dopotutto.
Eppure, di nuovo quella volontà invasiva si era fatta largo con avidità nella sua testa, scandagliando ancora le ferite del suo animo.
***
Stavolta, erano entrambi in piedi sulla spiaggia. La notte e gli scogli permettevano loro di parlare senza paura di essere uditi. Il dolore e la rabbia si mescolavano sul suo volto, mentre la sirena che si era fatta umana si guardava i piedi nascosti sotto la sabbia. Le labbra serrate e gli occhi lucidi celavano appena le sue emozioni.
«Ti prego, non lasciarmi...»
Una supplica straziante, mentre accantonava ogni forma d'orgoglio pur di convincerla a stare al suo fianco. Ciò che gli stava dicendo non aveva alcun senso. Il mare era lì per lei, lui era lì per lei. Perché dover rinunciare a una delle cose che sapeva il suo cuore tanto anelava.
«Devo. E se davvero mi ami, mi lascerai andare.»
Si era spogliata sotto i raggi della luna e senza guardarsi indietro era svanita. Di nuovo sirena. Sempre bellissima.
***
Il suo cuore sembrò fermarsi per un istante, come se stesse per scoppiare. Quella sensazione orribile gli permise di ritornare con lo sguardo al tempio, sull'altare e di allontanare la mano da quel globo che aveva frugato irrispettosamente in lui.
Respirò pesantemente nella corazza. Una goccia di sudore gli scivolò dal naso, mentre la paura di fronte a quella sfera cresceva ad ogni strano movimento che sembrava avvenire al suo interno.
All'improvviso, si ruppe e lui arretrò istintivamente.
Gli ci volle un attimo per mettere a fuoco ciò che stava avvenendo. Gli occhi si spalancarono alla vista di una piccola pinna che frenetica si agitava, sbucando dal gioiello. Incuriosito tornò più vicino e attese di scoprire cosa fosse, come ipnotizzato dalla bellezza di quelle squame aranciate e rossicce.
Il guscio s'incrino maggiormente e, con un senso di liberazione e confusione, la piccola creaturina fuoriuscì con fatica, librandosi proprio davanti al suo viso.
Una strana familiarità lo assalì, quando si rese conto che metà del suo corpicino era umano, nonostante sembrasse appartenere più a quello di una piccola e bellissima bambola di porcellana.
Di colpo, si udì una fanciullesca risata e la piccola fatina acquatica si fiondò davanti al suo casco. I suoi capelli, dello stesso colore di un pesce pagliaccio, emanavano particolari sfumature rosse e dorate, in armonia con le altre squame del suo corpo.
«Papà!» esclamò, facendo penetrare la soave voce nella testa del palombaro, senza dover nemmeno muovere le labbra. Egli non ebbe nemmeno il tempo di riordinare i sensi, troppo assorto dalla miriade di pensieri e sentimenti che lo stavano attraversando, quando le sue manine lo sfiorarono.
Di nuovo, si ritrovò in viaggio.
***
Stavolta, era passata da poco l'alba e lui e Aurelia se ne stavano stretti in una coperta a contemplare il venire del giorno sul mare. Erano innamorati. Sinceri. Desiderosi di una famiglia assieme e di un futuro che si era da sempre presentato pieno d'ostacoli.
«Per noi, non è come per voi. Una sirena non sopravvive al proprio figlio.»
«Allora non ne voglio!»
«Ma io sì, lo desidero. Ti lascerei comunque uno splendido dono...»
«Non potrei mai amare chiunque ti strappasse da me. Nemmeno se fosse sangue del mio sangue.»
«Sei un bugiardo. Sono certa che ti sarebbe impossibile non amare qualsiasi cosa venisse da me.»
Si era zittito perché non poteva negare quella verità, ma dentro di lui si era ripromesso di non permettere mai che un simile scenario si verificasse. Lei aveva sorriso e poi aveva guardato l'orizzonte, respirando dolcemente la brezza dell'oceano.
«Se sarà femmina, vorrei la chiamassi Aurora...»
***
Con le lacrime agli occhi, mai come in quel momento, si era reso conto di quanto fragile e preziosa fosse quella creaturina, che ora lo guardava indifesa e stringeva una delle sue dita saldamente.
Sorrideva, come se lo conoscesse, come se lo amasse, con lo stesso sguardo di lei...
Capì. Si rese conto che Aurelia se n'era andata per dare alla luce la loro figlia. Gli aveva lasciato il suo prezioso oggetto non per ritrovare lei, ma per Aurora.
La guardò. Non l'aveva nemmeno chiamata per nome ancora, eppure sentiva già di volerla proteggere con tutte le sue forze.
Rise, tirando su col naso.
Alla fine, si era rivelato davvero un bugiardo, come Aurelia aveva sempre sostenuto.
FINE
Note autore:
Questa storia è nata in occasione del Contest: "Non ho passato il test di Roschach", nel quale dovevamo interpretare un'immagine astratta e indicare il nostro prompt di partenza. Io ho scelto quella condivisa a inizio storia, perché mi ricordava un palombaro negli abissi.
Ho voluto condividere con voi anche la colonna sonora che mi ha accompagnata nella scrittura.
I generi proposti per questa categoria erano: rosa, avventura, fantasy e io ho deciso di mischiare tutti e tre per dar vita a questo piccolo racconto. Spero la sua lettura vi sia piaciuta! ^^
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