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Capitolo 16 Damon


Le unghie laccate si conficcano con prepotenza nel mio braccio, mentre la strattono per il gomito e il suo respiro soffia contro la guancia prima che mi sussurri: «Hai rifiutato la persona sbagliata, Sanders. Mio padre, Jeremy, non ne sarà contento. Sai come funziona, no?». Si allontana, serro le mani in due pugni, con lo sguardo che si smarrisce nel pavimento. "È la figlia di Jeremy, Selena è sua figlia, non è possibile", ripeto a me stesso. In un attimo, alla mente torna il ricordo della prima volta che sono entrato in quella dannata palestra. "Combatti... ho quattro fratelli che fanno lotte... se vuoi, puoi combattere ancora, basta che me lo dici".

Ha sempre saputo chi ero, sin dall'inizio. Afferro con tutta la forza che ho il corrimano delle scale, sento mancarmi il suolo sotto i piedi. Posso sentire il battito del cuore pulsare nelle orecchie e schiantarsi contro la gabbia toracica a tal punto da mozzarmi il fiato in gola. "Sai come funziona, no?". La sua minaccia riecheggia nella testa, martellando violentemente. Ho tenuto Allyson lontana da lui, non doveva sapere della sua esistenza, la mia unica e sola debolezza, che mi avrebbe potuto incatenare ancora una volta a quella gabbia. Quando ho saldato il mio debito, combattendo per soli due incontri, era tutto ciò che ero disposto a offrirgli perché lasciasse in pace Alec. Sapeva che era stato lui a tradirlo, a mandare a puttane l'incontro che doveva essere truccato e aveva causato l'incidente di Arleen, ricordandoci che con certa gente non si scherza. Aveva accettato subito, sapendo bene che quei due incontri gli avrebbero fruttato più di tutti quelli su cui aveva scommesso in un intero anno.

«Dam...», la voce di Allyson si insinua ovattata nelle mie orecchie, vortica insieme ai pensieri che non riesco ad afferrare e a seguire. "Cosa succederà adesso? Come ne verrò fuori?", mi domando, mentre non ho il coraggio di incontrare il suo sguardo, facendole rivivere, nel mio, un passato che mi terrà sempre prigioniero di me stesso. Sollevo lentamente il volto verso il suo, si stringe nelle spalle, i suoi occhi mi scrutano quasi come un estraneo. «È vero?», la voce le si incrina, mandando in frantumi il mio cuore, per come quel suono mi sta squarciando il petto. Conosco la delusione nei suoi occhi, vedo la paura far aggrottare la sua fronte, confusa e smarrita quanto me. Vorrei dirle che non è vero che Selena è la figlia di Jeremy, di quello stesso Jeremy dal quale sono riuscito a liberarmi. Che non è vero, che la merda che per anni mi sono trascinato dietro è tornata per ricordarmi esattamente chi ero, ma non posso. Incastro il mio sguardo nel suo.

«Non qui», riesco appena a pronunciare. Si porta una mano alla bocca e vorrei fermare la delusione che la assale, mentre non riesce a credere che mi trovo di nuovo in mezzo ai casini. Quel dannato vicolo era troppo buio per riconoscere chi avevo di fronte, sarebbe bastato poco per rendermi conto che si trattava dei figli del diavolo in persona. Jeremy Norran non è abituato a chiedere, lui ottiene e basta, ma non ha mai avuto nulla in mano con cui ricattarmi. Sapeva che ero talmente folle, che avrebbe potuto anche minacciarmi di morte e gli avrei riso in faccia senza alcun problema, ma non ora, non adesso che per la persona che ho di fronte darei la mia vita.

«Noooo!», il silenzio assordante che è calato nella stanza viene spezzato dalle sue urla contro il mio volto. Mi penetrano fin dentro le ossa, graffiando la mia anima, mentre il respiro si incastra nei polmoni, le lacrime copiose rigano il suo volto contro la mia impotenza.

I suoi occhi in pochi secondi roteano al cielo, il viso diventa di un bianco cereo.

«Allyson!», non faccio in tempo a pronunciare il suo nome che l'afferro al volo, mentre si accascia su di me. La cingo in un abbraccio e la tiro su di peso, portandola verso il divano più vicino. «Chiamate il 911!», grido adagiandola piano. «Piccola, mi senti?», la scuoto appena per le spalle, con le mani che prendono a tremare in preda al panico.

Ascolto Arleen che sta spiegando cosa è successo alla centralinista all'altro capo del telefono e dà le indicazioni per raggiungere la confraternita. Jenna si inginocchia vicino a lei, Cristal alle sue spalle la guarda con gli occhi sbarrati. Mi volto verso Kam, il suo sguardo truce mi inchioda esattamente dove sono.

Non riesco a decifrare la sua espressione, sembra pronto a scagliarsi su di me, le mani serrate in due pugni lungo il corpo ne sono la prova. Cody mi preme una mano sulla spalla, mentre sento ancora il profumo nauseabondo oltre le mie spalle, mi volto in uno scatto.

«Portatela via!», digrigno i denti. Punto un dito contro Selena, spettatrice di tutto ciò che è riuscita a distruggere in uno schiocco di dita. Alec fa un passo verso di lei, che solleva le mani in segno di resa.

«Sanchez, mi hai toccata già una volta, credo che basti», ammicca con un sorriso trionfante, inarcando un sopracciglio; poco dopo imbocca la porta, con il suono del ticchettio dei suoi passi che si allontanano.

«La conoscevi?», sento tutti i muscoli del corpo irrigidirsi in un istante.

«Veniva a qualche nostro incontro», pesto un pugno contro la spalliera del divano.

«Dannazione!», mi protendo verso il volto di Al, il suo respiro lento arriva appena a sfiorarmi il viso. «Piccola, sono qui, andrà tutto bene», anche se non va bene per un cazzo. Le stringo la mano, la porto alla bocca e ne bacio ogni nocca, finché il suono di un'ambulanza squarcia la notte e ogni incubo incombe su di me. Forse è vero, tutto ciò che incontra il mio cammino si distrugge e si sgretola sotto al mio tocco. Le palpebre fremono e stringo di più la presa. «Piccola...», mormoro, strizza gli occhi e cerca di guardarsi attorno.

«Cosa... cosa è successo?», le accarezzo la guancia con il dorso della mano.

«Sei svenuta», in uno scatto, come se prendesse nuovamente coscienza di tutto, strattona la mia presa per lasciarla libera. Una lancia infuocata attraversa il mio petto, lasciandomi inerme, i suoi occhi si assottigliano contro i miei e per la prima volta vedo puro disprezzo.

«Cosa succede?», domanda il paramedico dirigendosi verso di noi. Mi alzo in piedi barcollando.

«È svenuta», passo una mano dietro la nuca, mi sposto verso la porta d'ingresso per lasciarli lavorare. Ho bisogno d'aria. Il suo sguardo, come un flash, mi bersaglia la mente lasciandomi completamente spiazzato.

«Che cazzo fai? Ora non hai il coraggio di starle vicino?», Kam torreggia su di me, posso vedere i muscoli delle braccia guizzare mentre gesticola animatamente di fronte al mio volto.

«Cosa stai dicendo? Non sai di cosa parli!», abbaio facendo un passo verso di lui. Non mi piace il modo in cui mi guarda, né l'aria di accusa nelle sue parole. Ho un passato di merda, ma non sono più quella persona. E di certo non avrei mai pensato di imbattermi proprio nella figlia di chi da sempre ha cercato una scusa per prendermi per le palle.

«Lo so benissimo di cosa sto parlando, figlio di puttana...», carico il pugno senza neanche rendermene conto, «ti sei scopato Selena!», il braccio resta sospeso a mezz'aria, aggrotto la fronte confuso ed arretro di un passo.

«Che cos'hai detto?», i paramedici ci passano affianco con Allyson stesa sulla barella, con una spallata oltrepasso Kam fiondandomi su di lei.

«Come sta?», uno di loro si volge verso di me, allo stesso tempo che apre il portellone del mezzo per farla salire.

«È meglio che faccia dei controlli», appoggio la mano per salire con lei. «È un parente?», apro la bocca ma non esce alcun suono, spezzato dalla sua voce che risponde al posto mio.

«No, non è nessuno», i piedi si inchiodano al suolo, lo stomaco si stringe in una morsa che quasi mi fa piegare in due dal dolore, mentre guardo il suo viso rivolto verso sinistra che mi evita.

«Allyson!», uno dei paramedici chiude uno sportello, mi aggrappo all'altro prima che possa chiuderlo. «Allyson, cazzo, guardami!», grido. «Risolverò questo casino, piccola...», lo sportello viene tirato con forza, lasciandomi in mezzo alla strada a guardare l'ambulanza allontanarsi senza di me. "Non è nessuno".

Non può averlo detto.

Cody corre verso di me.

«Sali, andiamo», con un cenno del mento indica la sua Jeep; mi siedo davanti, Arleen e Alec dietro. Kam con il suo compagno, insieme a Jenna, Cristal e al suo ragazzo ci sgasano davanti, partendo per primi.

«Muoviti!», pesto un pugno sul cruscotto. «Non mi ha voluto con lei!», ripeterlo fa ancora più male, sentirglielo dire è stato come essere in un fottuto incubo, ma in questo momento, mentre la mia testa continua a sentire il tono gelido della sua voce pulsarmi nelle tempie, mi rendo conto che l'incubo, in questo momento, è diventato la mia vita di merda.

«Cosa ti ha detto Selena?», Alec, dietro di me, è il primo a tirare fuori l'argomento, mentre ci dirigiamo verso il centro prendendo Longford Ave.

«Che ho rifiutato la ragazza sbagliata e che so come funziona». Arleen sospira, non vorrei che fosse qui per sentire la feccia che frequentavo quando lei lottava contro sé stessa, chiusa in una clinica.

«Sai cosa significa, vero?», Cody mi scocca un'occhiata dopo la domanda di Alec.

«Certo che lo so», mi limito a dire, preparandomi all'inevitabile.

«Allyson starà bene», Arleen mi posa una mano sulla spalla facendomi irrigidire. Non lascio il tempo a Cody di posteggiare che sto già saltando giù dall'auto, intercetto Kam e gli altri che si stanno dirigendo all'ingresso. "Ti sei scopato Selena". Blocco Kam per un braccio, i suoi occhi minacciosi si fermano sulla mia stretta.

«Che cazzo volevi dire prima?», inarca un sopracciglio, squadrandomi da capo a piedi.

«La cagna che ti sei scopato, stamattina ha incontrato Allyson e le ha detto che la tradivi. Le ho detto io stesso di non crederle, che si stava inventando tutto, ma la risposta che le hai dato poco fa è bastata per avere la conferma che sei un gran pezzo di merda, Sanders!», cerca di liberarsi dalla mia presa, ma l'attiro ancora di più a me.

«La risposta che le ho dato non era riferita a un tradimento. Che cazzo stai dicendo? Io non ho mai tradito Allyson, non la tradirei mai...», assottiglio lo sguardo inclinando il capo di lato e tutto attorno per un attimo scompare; rivedo Selena che si avvicina ad Allyson, le sussurra qualcosa all'orecchio, poi Allyson viene verso di me e chiede: "È vero?". Io che le rispondo: "Non qui". «Merda! Quella troia non ha detto a entrambi la stessa cosa. Devo vederla!», la mano di Kam mi blocca il passaggio premendo contro il petto.

«Cosa ti ha detto?», pretende di sapere e non ho tempo, devo andare da lei, ma so che non mi lascerà in pace finché non glielo dirò.

«È la figlia di una mia vecchia conoscenza, una persona che non vorresti incontrare mai nella tua vita. È questo che mi ha detto Selena ed è per questo che le ho detto che non era il posto dove parlarne. Credevo le avesse detto la stessa cosa. Ora devo parlare con Allyson, devo sapere che cosa le ha detto», mi precipito dentro, dove trovo già gli altri seduti nella sala d'aspetto; ci hanno superato nel parcheggio mentre io e Kam stavamo parlando. «Allyson Evans?», domando alla prima infermiera che mi capita a tiro, scruta da sotto l'occhiale che pende lungo il naso il tablet che ha tra le mani. Picchietta qualcosa velocemente.

«Ginecologia, secondo piano», il cuore perde un battito, corro verso l'ascensore, premo con forza il tasto per chiamarlo al piano, ma sembra impiegarci un'eternità.

«Andiamo!», mi avvio verso la porta che porta alle scale, salgo i gradini tre alla volta.

Quando raggiungo il piano, annaspo nel mio stesso respiro, spalanco la porta in uno schianto voltandomi da destra verso sinistra e viceversa. Una donna in camice rosa mi passa davanti e come un disperato l'afferro per il braccio. «Scusi, sto cercando Allyson Evans», tiro via la mano, rendendomi conto che sto perdendo del tutto la ragione.

Lei non può aver creduto che l'ho tradita.

Il panico mi assale avvolgendomi come una coperta sporca, marchiata dalle bugie.

«Da questa parte, mi segua», percorriamo il corridoio che sembra quasi interminabile, fino a raggiungere la porta di quello che sembra uno studio medico e non la stanza dove si trova la mia ragazza. Corruccio la fronte confuso, mentre non riesco a rallentare la corsa irrefrenabile che sta facendo il mio cuore, pompa a un ritmo che penso possa esplodermi fuori dal petto da un momento all'altro. Deglutisco a fatica quando l'infermiera bussa e sentiamo la voce dall'altra parte che ci invita ad entrare. La porta si apre e mi trovo davanti la dottoressa di Allyson, che mi osserva quasi con rimprovero; mi domando se sa cosa è successo, ma è impossibile.

«Si accomodi, signor Sanders», mi indica la sedia, ma non riesco a muovere un solo muscolo, sento la porta chiudersi alle mie spalle.

«Come sta? Il bambino sta bene? Mi dica che stanno bene», la imploro, le guance diventano umide, mentre lacrime silenziose si fanno strada sul mio viso.

«Stanno bene, ma avevo dato istruzioni precise questa mattina, niente stress», faccio un passo in avanti verso la sua scrivania.

«Questa mattina?», ripeto senza riuscire a capire; Allyson era a lezione questa mattina, non in ospedale, non aveva visite. Me l'avrebbe detto.

«Sì, questa mattina l'ho visitata per via dei suoi recenti malesseri», le gambe cedono e sprofondo sulla poltrona alle mie spalle.

«Non... non...», è come se avessi della sabbia in gola che non mi permette di respirare, di pronunciare una qualsiasi parola che resta incastrata, sospesa come lo sono io in questo preciso istante. «Non ne sapevo nulla».

La dottoressa abbozza un sorriso scuotendo lievemente il capo: «Non so perché ma in parte l'immaginavo, quando l'ho vista arrivare qui tutta sola. A questo punto, signor Sanders, però, senza il consenso della sua ragazza, non posso rivelarle alcuna informazione. Venga, l'accompagno nella sua stanza», fisso la donna di fronte a me, mentre si alza facendo stridere la poltrona sul pavimento.

«Sta scherzando? Non mi può dire come sta la mia ragazza o per quale cazzo di motivo si trovava qui?», sbotto aggrappandomi ai braccioli della sedia.

Si schiarisce la voce sospirando, poco prima di guardarmi di nuovo in faccia: «Posso dirle che non è niente di grave e che deve solo stare a riposo. Ora, per favore, le ho detto già troppo. Venga con me e potrà parlarne con lei stessa». Scatto in piedi con la mente troppo affollata. Perché non mi ha detto che sarebbe venuta in ospedale? E perché deve stare a riposo? Quando la dottoressa si ferma, non mi rendo neppure conto di aver percorso l'intero corridoio, troppo preso dalla bolla nella quale mi sono chiuso, ma che sta per scoppiare lasciandomi in balia della verità. «Allyson, ci sono visite», si sposta lasciandomi il passo, che trascino fin dentro la stanza, per poi lasciarci subito soli.

Incateno i miei occhi ai suoi che fuggono come un lampo nel grigio delle nuvole. La vedo mordersi il labbro, torturarsi le mani, mentre si stringe nelle spalle. È come tornare indietro nel tempo e ancora una volta sono io la causa del suo male. Il buio dei suoi giorni, l'ombra che copre la sua anima. Sono io che spengo ogni volta i suoi sogni, io che le ho portato via così tanto, senza lasciarle nemmeno la forza di potermi guardare in faccia.

Allyson

Trattengo a stento le lacrime che ancora una volta sono pronte

a marchiare il mio volto. ognuna di esse, da quando ho incontrato Damon, ha come scritto la nostra storia, tatuandomi addosso il dolore. La soglia tra il bene e il male è talmente sottile che non riusciamo neppure a renderci conto quando ci ritroviamo dall'altra parte, avvolti da un torpore che ti paralizza. È così che mi sento in questo istante, mentre evito quegli occhi verde smeraldo che bruciano sul mio corpo. So che, se solo mi voltassi, potrei cadere in mille pezzi, con la consapevolezza di non potermi più rialzare. Nella testa ho solo la voce di Selena che mi racconta il male che mi ha fatto, non riesco a scacciarla via e, senza rendermene conto, mi ritrovo a stringere il lenzuolo in due pugni.

«Per favore esci», fisso oltre la finestra, le luci di una Boston avvolta nella notte si riflettono su un cielo senza stelle, come un presagio che nulla potrà illuminare questo momento, niente potrà cambiare il fatto che mi ha tradito. Lo amo, per lui sono andata persino contro me stessa, ma non questa volta, adesso non posso più tornare indietro, non sono capace di dimenticare.

«Non vado da nessuna parte», di sottecchi osservo la sua sagoma avviarsi verso la finestra, le mani cacciate in tasca, le spalle curve e lo sguardo perso oltre il panorama della città che doveva essere il nostro nuovo inizio.

«Damon», lo supplico, con le lettere del suo nome che tagliano sulla lingua mentre le pronuncio, senza ottenere però nessuna risposta. Si volta appena oltre la sua spalla per incontrare il mio sguardo, ci osserviamo per un secondo interminabile nel quale trattengo il fiato.

«Non so se mi crederai, ma non ho intenzione di andarmene senza prima averti detto la verità», continua a scrutare con attenzione il mondo che si muove sotto al suo sguardo, ma conosco quegli occhi che in questo momento non stanno guardando niente, sono solo persi, smarriti nel vuoto che solo lui riesce a vedere. «Quando Selena si è avvicinata al mio orecchio, mi ha minacciato», una risata amara, che mi fa digrignare i denti, sfugge al mio controllo, sento la bile saltarmi in gola e il pensiero del suo corpo contro quello di lei si materializza nella mente, premendo sempre con più forza contro il petto.

«Ci sono delle telecamere, forse dovevi stare più attento!», sputo senza rendermene conto, ma sento la rabbia e la delusione montare, farsi largo in me, mentre cerco di ingoiare il groppo in gola che quasi mi soffoca. Le sue spalle si irrigidiscono sotto le mie parole, vedo i muscoli delle braccia tendersi sotto la t-shirt nera che indossa, osservo le linee dei suoi tatuaggi pulsare allo stesso ritmo del sangue che scorre nelle vene.

«Mi ha detto che è la figlia di Jeremy, che ho rifiutato la persona sbagliata e che sapevo esattamente come funzionava. Ecco cosa mi ha detto», aggrotto la fronte confusa, inchiodo i miei occhi sulla sua schiena.

«Cosa... cosa stai dicendo? Jeremy, quel Jeremy?», come una nebbia che si è appena diradata al sole, vedo l'uomo che ha cercato di tenerlo in pugno per i suoi incontri, non può essere vero.

«Non ti ho mai tradita, non so cosa ti ha detto Selena, ma so quello che ti ha fatto credere stamattina, me l'ha detto Kam...», trattiene una risata, triste, roca e profonda che graffia il mio cuore. «Stava per spaccarmi la faccia. Quando ti ho detto "non qui", mi riferivo a Jeremy. Credevo che lei ti avesse detto che sarei dovuto tornare a combattere e non volevo parlarne di fronte a tutti», La sua voce mi rincorre, mentre io sono ferma, impietrita alla parola "combattere". Scuoto il capo, perché non può succedere di nuovo, non ora che aspettiamo un bambino, non adesso che la nostra vita sembrava essere normale, lontana da tutto quello schifo.

«Ha detto che mi avrebbe mostrato le registrazioni della palestra», mi mordo il labbro talmente forte da farmi male. «di te e lei negli spogliatoi», solo ora si volta senza lasciare il mio sguardo annebbiato dalle lacrime, si avvicina al mio letto, la mano si posa sulla pancia. Deglutisce a fatica, osservo il pomo d'Adamo salire e scendere allo stesso tempo che accarezza il mio ventre, con gli occhi colmi di un amore che non riesco a decifrare.

«Non ti tradirei mai. Sono stato un bastardo, è vero, ma non ti ho mai tradita, mai Allyson», le sue dita tracciano sentieri immaginari, percorsi nuovi fino a raggiungere la mia mano, che senza negargli, in totale silenzio, intreccio alla sua. «Questo», fa ruotare l'anello attorno al mio dito, «te l'ho regalato perché io ho scelto, ho scelto di appartenerti. Ho scelto di amarti, non per il resto dei miei giorni, ma per sempre. Perché la mia anima, anche quando non calpesterò più questa terra, griderà il tuo nome, quello che porto inciso nel mio cuore e al quale solo tu hai avuto accesso, Evans. Tu, solo tu e nessun'altra. Ricordi? Qualsiasi cosa accada, noi ci ritroveremo sempre. E sarà così, piccola. Io non ti lascio andare, non esisterebbe nessun Damon Sanders senza la sua Allyson Evans», la sua bocca, calda e morbida, si posa su quel brillante che luccica a ogni movimento della mano mentre se la porta al volto.

«Io... Io non so cosa dire, credevo che ti avesse ricattato per via delle telecamere, che fosse tutto vero», la testa pulsa, confusa, cerco di fare ordine in tutto quello che è accaduto poche ore prima.

«Mi credi, Al? È solo questo che mi importa, sapere che mi credi. Non ti ho tradito, piccola», ora, mentre incastro il mio sguardo nel suo, riesco a vedere tutta la sincerità dietro le sue parole, ma vedo anche una sfumatura di nero che cattura le sue iridi.

«Cosa succederà adesso?», sospira, sedendosi sul bordo del letto.

«Non lo so, ma risolverò tutto, metterò a posto ogni cosa. Tu non devi preoccuparti», stringo più forte la sua presa, mi aggrappo a lui, come se in questo momento fosse diventata la mia sola àncora di salvezza. Mi sento una stupida, ho permesso a Selena di giocare con le mie insicurezze, le ho dato modo di insinuare nella mia testa solo un sacco di bugie alle quali ho creduto.

«Damon, io... io non so come dirti che...», il suo dito preme contro la mia bocca, mentre gli angoli della sua si sollevano in un sorriso, dolce e sincero.

«Non potrò mai fartene una colpa se non ti fidi di me, sono stato io a rovinare sempre tutto. Sono consapevole del male che ti ho fatto e di come, per allontanarti, mi sono preso gioco di te, perché era più facile farmi odiare che avere un amore che non meritavo», la sua testa si appoggia contro la mia pancia, le mani raggiungono la sua chioma, accarezzandogliela, intrecciando le dita nelle sue ciocche spettinate. Nel totale silenzio dei nostri respiri ci chiudiamo nel nostro mondo, l'isola Sanders, dove ho tratto in salvo tutte le cose belle che insieme abbiamo vissuto. Si dice che nessun ricordo può esserti strappato se lo costudisci nell'angolo più remoto del tuo cuore. Io lo seppellisco nell'abisso più profondo, dove niente e nessuno potrà portarmi via il nostro primo bacio al campo da calcio. Le sue grida che squarciavano il cielo in tempesta, mentre diceva di non potermi avere. I suoi sorrisi sinceri che si facevano strada nella mia vita, legandola alla sua. I suoi occhi che mi scrutavano da dietro una tela, allo stesso tempo che cercava di salvarmi dal mio passato. «Come stai?», la sua domanda mi fa trasalire dai pensieri che affollano la mia mente. Mi sento così in colpa nei suoi confronti e uno stato d'ansia pervade il mio corpo, mettendomi in allarme verso quell'uomo e la sua famiglia. Mi chiedo che cosa pensa di ottenere Selena e fin dove è disposta a spingersi, ma ciò che mi tormenta più di tutto è perché, perché ce l'ha con Damon?

«Sto bene», cerco di mantenere un tono calmo, ma la voce che trema dice il contrario. Damon solleva la testa, voltandosi verso di me.

«Talmente bene che questa mattina ti trovavi in ospedale?», non aggiunge altro, ma quelle pozze verdi implorano una risposta. Scosto lo sguardo dal suo, lasciandolo smarrire nel bianco del tessuto in cotone che mi copre. Era circa una settimana che la stanchezza si faceva sentire sempre di più, ho creduto fosse per l'avanzare della gravidanza, ma la fatica, il respiro corto e una strana sensazione al petto continuavano a essere lì, non miglioravano. Quindi, senza dirgli niente, sono venuta in ospedale. Non volevo fargli perdere la sua visita alla piccola Cindy o fargli saltare le ore di lavoro da Gagosian, con la preparazione della sua prima mostra a Manhattan. «Sto bene, non ho nulla; in realtà è una cosa che ho sempre avuto, ma non lo sapevo. La gravidanza ha solo amplificato alcuni sintomi, capita di rado, ma a me è successo. Ho un piccolo soffio al cuore», i suoi occhi si sgranano, apre la bocca, la richiude, poi si passa le mani in testa e scatta in piedi.

«Un soffio al cuore? Cosa significa, sei malata? Hai bisogno...», scuoto il capo, cercando di fermare il flusso delle sue parole.

«Ho solo bisogno di riposo, di non stressarmi e tutto andrà bene», lo rassicuro, anche se il suo volto ha cambiato espressione, si stropiccia il viso con le mani; è stanco, riconosco quei gesti, di quando si sta trattenendo e tutto ciò che fa è semplicemente implodere in sé stesso.

«Perché non me l'hai detto?», mi sistemo meglio sul letto, la sua mano mi raggiunge per sistemarmi il cuscino dietro la schiena.

«Non volevo rovinarti il compleanno, ma te ne avrei parlato dopo la mostra», poggia i palmi delle mani sul bordo del letto, con la testa rivolta verso il basso, posso sentire il suo respiro farsi sempre più pesante, mentre le dita si conficcano nel materasso. «Sto bene, piccolo, sto bene», accarezzo la sua guancia che trovo umida. «Dam», quando solleva il viso verso di me, osservo le lacrime scorrergli sulla pelle olivastra, luccicare al bagliore della luce che si diffonde nella stanza.

«Se ti succedesse qualcosa...», le parole gli si incastrano in gola, sprofondando successivamente contro di me, gli cingo le braccia attorno.

«Dovrai solo viziarmi un po' di più», sdrammatizzo, ma lui sembra non volermi ascoltare, con il capo nascosto nell'incavo del mio collo. Afferro con dolcezza la sua testa obbligandolo a guardarmi negli occhi e credo di non averlo mai visto in questo stato; ho visto tutte le sue ombre, ho conosciuto tutti i suoi segreti, ma se c'è una cosa che non ho mai visto nel suo sguardo, è la paura che si schianta contro i miei occhi mozzandomi il fiato in gola. Premo le labbra contro le sue e il salato delle lacrime si mescola ai nostri sapori che si fondono insieme; è un bacio lento e caldo, che gli dice che gli appartengo. La sua bocca, che cattura la mia con più passione, sembra cercare di afferrare l'impossibile. Si muove in modo frenetico, impaziente, e sento il timore in ogni gesto della sua lingua che lambisce la mia. I respiri incalzano, mentre le sue mani mi accarezzano le guance, e tutto ciò che siamo esplode in un turbinio di emozioni che ci lasciano senza respiro. Ci stacchiamo, occhi contro occhi, la sua fronte contro la mia.

«Ti amo più di qualsiasi cosa al mondo», sorrido lasciandomi travolgere dalle sue parole alle quali lascio mettere radici nel mio cuore, nella mia mente, perché non dimentichi, perché una parte di Damon vive e cresce dentro di me e sarà così per sempre.

«Ti amiamo anche noi, Sanders, e insieme ce la faremo», prometto cercando di scrutare un qualsiasi segno nel suo sguardo, ma vedo un piccolo muro che si frappone tra noi. Il verde dei suoi occhi che muta colore in maniera così rapida, è l'unico segno a svelarmi le parole che non mi dirà mai, ma che posso leggere dentro di lui. Come ho sempre fatto dal primo momento in cui ci siamo visti. Avevo davanti un ragazzo con un mondo nero nascosto dentro di lui, un mondo che solo io ho visto e sentito bruciare sulla mia pelle. Lo stesso ragazzo che ora è di fronte a me, che in silenzio mi sta dicendo che non mi metterà in pericolo, che mi terrà lontana da quella gente, ma ciò che vedo, quello che più mi fa paura, è come cercherà di farlo. «Andata e ritorno tra inferno e paradiso?», abbozza un ghigno a quelle parole che descrivono tutto ciò che ci ha segnato fino in fondo all'anima. Se devo affrontare le fiamme, vedere il nero dipingere i miei giorni ancora una volta, sono pronta, se dopo tutto ci sarà una luce nuova ad attenderci. «Ti conosco», mi appresto ad aggiungere contro il suo silenzio. So che Damon non si farà minacciare da nessuno, come so che conosce un solo modo per uscirne fuori.

«Troppo bene, direi».



*SPAZIO XOXO*

La figlia di Jeremy, l'uomo della gabbia in cui Damon liberava i suoi demoni.

E adesso c'è un solo modo per liberarsi di lui.

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