Capitolo 12 Damon
Non voglio prendermi gioco di lei, vorrei solo farla sorridere per cancellare le lacrime che hanno delineato il suo volto, rigandolo col nero del mascara. Non sono bravo con le parole, non mi sono mai preoccupato della sofferenza altrui. Ero troppo impegnato a occuparmi a scacciare via dalla testa e dal cuore la mia.
«Allora? Perché sono odioso?», sono talmente vicino che perfino dopo una serata del genere riesco ancora a sentire il profumo fruttato che emanano i suoi capelli.
«Non vorrai dirmi che non sai di esserlo?», fa spallucce cercando di essere indifferente. Si scosta in maniera rapida passandomi sotto il braccio e dirigendosi verso il lato opposto della stanza. Ammetto che stavo per scoppiare quando ha detto di aver confessato ad Alec del bacio. Mi sono reso conto, però, che in realtà ho goduto a quelle parole e avrei voluto essere presente per gongolare all'espressione da culo che compariva sul suo volto. Io che mi faccio anche se non del tutto la sua ragazza. Povero, Alec, forse il karma a questo mondo non esiste solo per me.
«Mi puoi dare delle lenzuola pulite?», biascica facendomi trasalire dai pensieri.
«Prendi queste», dico porgendogliele. Le mani si sfiorano per una frazione di secondo e vedo il suo sguardo distogliersi dal mio. Raccolgo quelle sporche da terra e le porto in lavanderia. Come esco dalla porta, vedo Cody salire le scale e raggiungermi.
«Hai fatto la peggiore delle stronzate», mi rimprovera seguendomi.
«Dici? Non ho ancora iniziato. Vedrai domani quando aprirò la faccia ad Alec», mi tira per un braccio.
«Non farai niente del genere», dichiara deciso.
«Mi stai per caso minacciando, amico?», aggrotto la fronte cercando di capire da quale parte stia.
«No. Ti sto avvisando. Sei arrivato da quanto?», agita la mano in aria. «Tre giorni e guarda cosa cazzo è successo», mi accusa a denti stretti. Lo spintono.
«Cazzo, stai dando la colpa a me?».
«Sì, esattamente. Hai baciato Allyson, poi ti sei scopato Jo. Dovevi lasciarle fuori dai tuoi problemi con Alec», sorrido amaramente. La pazienza la sento sfuggire dal corpo e quasi non riesco a trattenermi.
«Ora sei dalla sua parte?», ringhio. Non voglio credere che proprio lui mi stia voltando le spalle. I suoi occhi hanno visto, mi hanno tirato via di peso da quel luogo che è impresso nella mente come un tatuaggio indelebile. La notte, quando chiudo gli occhi e ogni cosa fuori cessa di esistere, io sono nuovamente lì. Il frastuono riesce ancora a rimbombare allo stesso modo nelle orecchie che in certi momenti vorrei tappare con le mani, ma non posso scappare da ciò che ha messo seme nella mia testa e radici in un'anima che quasi mi sono rassegnato di cercare.
«Lo sai che sono sempre dalla tua, amico, ma hai superato il limite con Jo», mi strofino la mano sulla nuca. È vero, ho lasciato che le sue parole mi conducessero esattamente dove voleva lei e ora?
«Ti ha detto qualcosa?», chiedo.
«In realtà non ha proferito parola per tutto il tragitto in macchina. Non lo meritava, dovevo dirtelo, sei stato un coglione». Se ne va e io entro nella lavanderia aprendo la porta in uno schianto. Infilo le lenzuola nella lavatrice e la metto in funzione. I gesti sembrano automatici mentre la testa è lontana. Sfilo il telefono dalla tasca dei jeans e compongo il numero. Ascolto ogni squillo fino a ritrovarmi a sentire la voce robotica della segreteria.
«Jo, dobbiamo parlare».
Merda.
Sferro un calcio ai prodotti poggiati a terra.
«Tutto a posto?», chiede Allyson alle mie spalle con in mano una federa, deve essermi caduta.
«Sì, vai a dormire», gliela strappo di mano in malo modo.
«Non voglio, cioè, io non vorrei...», cerca di dire e io stringo forte il tessuto che potrei strappare in un solo gesto se volessi.
«Sai, Allyson, parli un po' troppo», l'azzittisco e la noto rabbuiarsi, mi trattengo dal continuare a fissarla, l'oltrepasso, raggiungo la stanza seguito dai suoi passi, mi vesto al volo e prendo le chiavi della macchina poggiate sul mio comodino.
«Dove diamine stai andando a quest'ora?», chiede Cody.
«Tanto in questa stanza non c'è posto e, non ho più sonno», esco di tutta fretta. Ho bisogno di aria fresca, devo staccare con la testa o credo che impazzirò. Torno a casa di Bret, nella speranza che la festa non sia ancora finita anche se sono quasi le cinque del mattino. Premo forte sull'acceleratore bruciando tutti i limiti di velocità e un'altra scarica di adrenalina mi investe, sferzando ogni muscolo del mio corpo; arrivo lì in meno di dieci minuti. Nel viale sono rimaste poche macchine, posteggio sul marciapiede fregandomene.
Entro in casa senza bussare, lo scenario è lo stesso di ogni cazzo di festa. Bottiglie e bicchieri sparsi ovunque, ragazzi e ragazze semi svenuti sui divani e altri, invece, si divertono senza pudore sulla penisola della cucina.
«Sanders», grida euforico Alec venendo verso di me. È strafatto, gli occhi ormai rossi sono stretti in due fessure; prova a mettermi la mano sulla spalla ma lo scanso.
«Hai dato uno schiaffo alla tua ragazza, animale!», gli ricordo e intanto cerco fra le bottiglie sul tavolo qualcuna che sia ancora piena. Non posso continuare a mantenere la calma. Trovo del rum ancora intatto. Perfetto. Solo nel sentire il rumore prodotto dal tappo che si apre mi sento rilassare. Ne butto giù un gran sorso sentendolo bruciare nel petto. Ancora. Chiede la testa quasi in una supplica.
«Tu l'hai baciata», biascica barcollando. Continuo a bere e a fissarlo al tempo stesso. Chiudo gli occhi ad ogni sorso, sento la nausea darsi battaglia ma devo mettere a tacere quella voce nella mia testa.
«Non ha significato nulla. È stato dopo l'incontro al Masters», provo a spiegare, anche se credo che non mi stia neppure ascoltando immerso in chissà quale viaggio.
«S...Sai che le avevo detto di andarsene quella sera?», non riesco più a trattenermi. Scaravento la bottiglia al muro dipingendo la parete con il colore ambrato del liquore.
«Smettila!», ringhio avvertendolo. La rabbia sale dalla bocca dello stomaco stretta ormai in una morsa.
«Non è stata colpa mia. Ho provato a sterzare...», Bret irrompe nella stanza attirato dal frastuono.
«Che succede?», domanda stropicciandosi la faccia.
«Non mi perdonerà mai», mi addita, «sei tornato solo per vendicarti», ride come se niente fosse e cade col culo per terra.
La rabbia ha raggiunto il mio cervello prendendo a calci la ragione.
«Hai detto bene. Non ti perdonerò mai, sono tornato per vendicarmi, ma non te ne sei accorto che lo sto già facendo?», la confusione compare sul volto mentre un pezzo di me si spezza ancora una volta di fronte a quell'incubo.
«Di cosa... di cosa stai parlando?», farfuglia in preda al panico.
Sì, vedo la paura impadronirsi del suo sguardo, l'adrenalina scorre nelle vene prendendo il posto del sangue. Sorrido e mi piego sulle gambe per raggiungere la sua altezza.
Ho la sua vita nelle mie mani in questo momento.
«Fattene una ragione, perché da oggi in poi mi scoperò tua sorella tutte le volte che vorrò», mi alzo in piedi e lo vedo piegarsi a terra per cercare di afferrarmi.
«Non puoi dire sul serio?», esclama spiazzato Bret.
«Sei davvero convinto che non lo farò? Ops», mi tappo la bocca con una mano per prenderli per il culo. «L'ho appena fatto, un'ora fa le ho fatto urlare il mio nome. Sentito, Sanchez? La tua sorellina ha goduto per me», sputo verso di lui e me ne vado, mentre godo nel vederlo struggersi impotente.
Salgo in auto e le mando un messaggio:
"Mi spiace per stanotte, vengo a prenderti per portarti a scuola".
Premo Invio e parto sgommando. Lui non potrà tenerla lontana da me, è una partita già persa in partenza, lei non gli darà mai ascolto. Sorrido e guardo il mio riflesso allo specchio. Vado al campo da calcio e aspetto che sorga l'alba. Resto in auto, mi accendo una sigaretta. Cazzo, avevo smesso. Aspiro il fumo che brucia nella gola, mentre lo trattengo prima di sputarlo fuori in tanti piccoli sbuffi che sporcano l'aria che mi circonda; perdo lo sguardo su quei ricordi d'infanzia che vedo materializzarsi. Un bambino che tira i suoi primi calci a un pallone, un padre che l'applaude, i sorrisi, gli abbracci. Uno di seguito all'altro si incastrano come piccoli tasselli.
Fino al momento in cui arriva un tassello sbagliato e il quadro non può essere completo, crolla e i pezzi di quella vita restano sepolti in un passato dal quale non avresti mai voluto separarti. Il trillo del cellulare mi avvisa di un messaggio:
"Va bene, dieci minuti e sono pronta, magari facciamo colazione insieme".
Butto un occhio all'orologio che indica già le sette del mattino; l'alba è sorta da un pezzo senza che me ne rendessi conto e nemmeno il sole è riuscito a illuminare il buio che ho dentro a quest'anima che sembra ormai non appartenermi più. Vado a prenderla e quando arrivo di fronte a casa sua, d'istinto mi volto verso quella che un tempo era la mia. Il tempo sembra essersi fermato mentre fisso il portico, la porta di legno bianca laccata e scruto le finestre che si affacciano sul giardino.
Joselyn è sul vialetto; come mi vede sorride e viene verso l'auto di tutta fretta.
«Ciao», dice chiudendo lo sportello.
«Ciao, hai dormito?», innesto la marcia e lascio alle spalle quella via maledetta, anche se tutto e tutti sembrano condurmi sempre qui. Le sue gambe si muovono di continuo e decido di fermarle. Poso una mano sulla sua coscia. Si gira e l'accarezzo facendole l'occhiolino.
«Non farmi domande strane sui rapporti, okay? Giorno per giorno», mi limito a dire quasi per comodità. Non le sto promettendo niente, quindi non deve aspettarsi nulla. Non posso lavare una coscienza già sporca, dico a me stesso ancor prima che quella piccola parte di buono che ho provi a farmi ragionare, facendomi tirare indietro da tutto quello a cui ho dato vita.
«Va bene per me», sorride e intreccia la sua mano alla mia. Una volta arrivati alla TU, raggiungiamo la caffetteria e in lontananza vedo Cody e Allyson. Gli occhi di lei sono inchiodati sulle nostre mani unite. Giro Josy delicatamente verso di me, il volto fra le mie mani e la bacio con trasporto spingendo il suo corpo contro la parete alle sue spalle.
Non so cosa sia per lei questo bacio mentre inseguo la sua lingua che non mi regala brividi, dove non ci sono tuffi al cuore o il desiderio di non voler più dimenticare il sapore di queste labbra, ma c'è solo una cosa, la voglia di scappare. Ci stacchiamo quasi senza fiato, mi cinge le braccia al collo nascondendo il viso contro il mio petto; mi volto e vedo Allyson ancora lì in piedi, che resta inerme di fronte allo spettacolo che ho appena messo in scena. Le sorrido mentre serro la mano in un pugno e Cody la tira per un braccio.
*SPAZIO XOXO*
Ve l'aspettavate?
Da cosa sta scappando Damon?
Pezzi di quella notte iniziano a comparire.
Commenti e ⭐⭐⭐
Love All You My Freedom ❤️
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