Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 21 Damon

Possiamo essere i migliori amici di noi stessi,

o il più grande nemico.

Arnold tuona entrando nella mia stanza, la sua voce arriva ovattata alle mie orecchie mentre continuo a rovesciare ogni cosa che mi capita a tiro.

«Basta, Damon! Stai distruggendo tutto», abbaia. Mi volto in uno scatto con la rabbia che sento montare sempre di più sulle mie spalle.

«Non puoi distruggere ciò che è già rotto», grugnisco.

Cazzo, è successo ancora. Sono stato capace ancora una volta di rovinare tutto, di rovinare lei. Le mani mi fanno male per quanto le stringo, le nocche bianche colorate solo da qualche rivolo di sangue che scivola sulla pelle dopo aver sfogato la mia collera contro tutto ciò che mi capitava a tiro. Se n'è andata. Come un egoista, ho creduto che anche questa volta lei sarebbe rimasta al mio fianco, ma forse non si può sopravvivere nuovamente a un tornado che rade tutto al suolo. Tiro un pugno contro la parete di cartongesso e rivedo i suoi occhi velati da altro dolore, che solo un'anima dannata come la mia poteva infliggerle.

«Fermati!», sbraita Arnold afferrandomi per le spalle. Me lo scrollo di dosso spintonandolo.

«Stammi lontano!», lo minaccio riducendo gli occhi a due fessure.

«Non mi fai paura», mi sfida. Rido amaramente.

«Non sai cosa posso diventare», digrigno i denti, l'adrenalina scorre come un fiume in piena nel mio corpo, la ragione a poco a poco si dissolve e i ricordi delle cattive abitudini bussano tentatrici contro di me.

«So che sei una gran testa di cazzo. Vuoi picchiarmi? Accomodati. Lei non tornerà comunque», incalza.

Afferro la sua maglietta stringendola in due pugni, lo scaravento verso il muro contro cui la sua schiena picchia forte.

«Vattene, Arnold», ringhio.

«Fermati, coglione!», Cody entra a precipizio nella camera, mi spinge obbligandomi a mollare la presa.

Arnold si sistema la felpa della confraternita sgualcita.

«Che cazzo ci fai qui?», addito il mio migliore amico in tono minaccioso.

«Sono qui per impedirti di fare altre stronzate» mi ammonisce facendo un gesto con il capo verso Arnold, che sgattaiola via lasciandoci soli.

«Come l'hai saputo?», dico con il respiro affannato.

«Io e Arleen siamo rimasti qui a Boston da quando mi hai detto cosa stava succedendo. Ho chiamato Alec e mi ha detto dell'esito», confessa.

Scoppio a ridere dal nervoso, posando le mani sulle ginocchia che cedono ritrovandomi a terra.

«Ho fatto tanti casini... ho rovinato tutto...», sussurro pensando a come avrebbe potuto essere. È come correre una maratona e non poter raggiungere mai il traguardo che decreta la tua vittoria, perché io so vincere su tutto ma con lei ho perso sin dall'inizio «Credevo di essere cambiato... ma forse non c'è redenzione per me», ammetto quasi sconfitto a me stesso.

«Sì, hai fatto tanti casini, ma non potevi di certo sapere che sarebbe successo tutto questo», si siede sulla moquette al mio fianco.

«Forse avrei potuto, se avessi lasciato perdere quella merda che mi fotteva il cervello», ho dei grandi buchi neri a riempire lo spazio e il tempo di quel periodo, immagini confuse che si accalcano e non riescono a restituirmi parte di quel passato.

«Ora devi rimetterti in piedi», mi sprona strattonando il mio braccio.

«Mi ha lasciato», biascico, il cuore perde più di un battito, lo stomaco si contrae dal dolore.

«Ha solo bisogno di tempo», mormora.

«Non mi perdonerà mai. Avrò un figlio da Joselyn, da Joselyn, porca puttana!», non riesco ancora a credere che sarò il padre del figlio della ragazza che non amo.

«Ovviamente lei lo vuole tenere?», chiede titubante.

«Ha superato il termine per poter rinunciare. Credo che me l'abbia detto solo ora proprio perché non la obbligassi ad abortire».

Cody sospira.

«Ti avevo avvisato di starle lontano, lei ha sempre avuto un debole per te. Cosa hai intenzione di fare, adesso?».

Ha ragione, sapevo che lei mi ha sempre voluto, eppure, il desiderio di togliermi dalla testa la ragazza dagli occhi azzurri era più forte. Volevo tenerla lontana a ogni costo, senza sapere che sarei stato io a non riuscire a stare lontano da lei. Scocco un'occhiata a Cody.

«Il bastardo. Non ho tempo, ora, di pensare a Jos, devo sistemare le cose con Allyson. Lei è la mia rinascita, mentre io per lei sembro essere solo un baratro che la inghiotte continuamente. Deve finire questo gioco malato che si è creato tra di noi».

Quando l'ho vista per la prima volta sapevo che era diversa, sapevo che non avrei potuto averla. Lottavo contro me stesso per il desiderio di sfiorare le sue labbra, per sentire la sua voce. Avevo paura per tutto ciò che stavo iniziando a provare. Era più facile fingere che non fosse così. Più semplice farmi odiare ma, cazzo, era così testarda. Le ho spalancato le porte del mio inferno, i suoi passi hanno spento le fiamme che mi divoravano senza pensare che si sarebbero propagate in lei.

«Vi siete salvati a vicenda, Dam, ora deve solo...», prova a dire.

«Riflettere? Non lo farà, non stavolta. Non l'ho mai vista così determinata», mi alzo in piedi, il telefono squilla, lo cerco in mezzo ai detriti di ciò che è rimasto della mia stanza.

«Pronto», sibilo monocorde. «Non ho tempo. Non aspettarti nulla da me, Jos», chiudo la chiamata senza darle il tempo di replicare.

«Cosa voleva?», domanda Cody aiutandomi a raccogliere la roba da terra.

«Voleva che andassi a Medford per dirlo ai suoi genitori. Non ha capito un cazzo, anche se porta in grembo mio figlio, non cambierà nulla tra me e lei», prometto a me stesso. Non mi farò trascinare oltre quelli che saranno i miei doveri, non avrà niente di più da me.

«Non ti darà vita facile, la dovresti conoscere meglio di me», mi ricorda Cody.

«Non mi lascerò ricattare. Quando nascerà questo bambino, cercherò di essere un padre. Solo perché non paghi per i nostri errori», il suono incalzante del suo piccolo cuore mi rimbomba ancora nelle orecchie, è stato strano sentire un pezzo di me che sta crescendo dentro di lei.

Restiamo in silenzio mentre ripuliamo il mio casino.

«Non arrenderti», esclama d'un tratto Cody.

«Non lo farò. Se non ha capito quanto la amo, non mi resta che ricordarglielo per il resto dei suoi giorni». Anche se non sarà facile, andrò oltre l'impossibile, per lei... per noi, per cercare il nostro lieto fine. Non lascerò che un destino crudele ci tenga separati.

«Cazzo, amico, devo ammettere che sei diventato romantico», mi dà una gomita scherzosa al fianco per alleggerire tutta la tensione che fa ormai da padrona nel mio corpo.

«Fottiti, Cody», abbaio accantonando l'ultimo pezzo della scrivania a fianco alla parete.

«Stai facendo ancora terapia?», chiede tornando serio.

«Certo».

Sono entrato nello studio della clinica che mi aveva ospitato per quasi due mesi solo poche ore prima di incontrare Al. Il medico che ha seguito il mio percorso mi aspettava dopo la mia chiamata. Tenevo in mano la lettera con l'esito che non avevo avuto ancora il coraggio di aprire. Infatti, l'aveva fatto lui per me. Mi aveva guardato dritto negli occhi chiedendomi cosa volessi. Dalla mia bocca era uscito spontaneo il nome di Allyson. Lui sapeva ogni cosa di lei. È stato l'unico al quale sono riuscito a parlargliene rivelando quei sentimenti che diventavano sempre più vivi e reali in me. Quando ha detto che ero il padre di quel bambino, sono crollato e il desiderio di bere era comparso furente nella mia gola. Glielo avevo confessato con il terrore che tutto questo mi avrebbe schiacciato.

Ma le sue parole sono state: «Se ti smarrisci un'altra volta, Damon, sarà in quel momento che la perderai per sempre».

Quella frase aveva cancellato in me ogni desiderio contorto di punirmi, di dimenticare chi ero e cosa avevo fatto. Lei era un mondo nuovo che dovevo ancora scoprire, che dovevo raggiungere a tutti i costi.

Dopo essermi fatto una doccia, cammino a piedi nudi con un asciugamano in vita per il corridoio della Kappa Sigma, passando di fronte alla stanza di Arnold. Mi fermo, faccio un passo avanti per poi tornare indietro e bussare lievemente contro la porta. Attendo qualche secondo prima di sentire i suoi passi avvicinarsi. Apre e si poggia con un gomito allo stipite, squadrandomi da capo a piedi.

«Hai sbollito?», chiede stropicciandosi un occhio.

«Sono stato un coglione», ammetto schioccando la mascella; non amo chiedere scusa a nessuno, ma forse è arrivato il momento di cambiare.

«Ma questo, Sanders, lo sanno tutti», commenta dandomi una pacca sulla spalla. «Sono qui, se avessi voglia di parlare», aggiunge. Annuisco raggiungendo la mia camera.

Cody è rimasto fino a tardi, gli ho chiesto di mentire ad Arleen, di dirle che non ero ridotto così male, che non ero a pezzi come invece dimostra ciò che mi circonda. Solo il letto si era salvato dalla mia furia. I vestiti giacciono ammassati uno sopra l'altro vicino al muro. Sfilo il telefono dalla tasca e controllo l'ora, mi chiedo se lei abbia dormito, se ho occupato i suoi sogni e se stia bene. Corrugo la fronte mentre leggo la data sotto l'ora che indica le sette e un quarto del mattino. 14 febbraio. «San Valentino», mormoro. Non ho mai creduto a questa stupida festa, eppure sento che mi è stata strappata l'opportunità di passare questo giorno speciale con lei. Picchietto l'angolo del telefono contro il mento.

«Fanculo», digito il numero sul display.

«Stai bene?», chiede subito allarmato Cody.

«Sì, non ho ancora ammazzato nessuno. Ho bisogno del tuo aiuto. Siete ancora qui a Boston?», domando riferendomi a lui e a mia sorella.

«Certo, coglione, sono solo le sette del mattino», risponde con la voce impastata dal sonno.

«Perfetto, ti aspetto tra un'ora», mi limito a dire.

«Per cosa?», ribatte confuso.

«Vieni e basta», sentenzio spazientito chiudendo la chiamata.

Apro l'applicazione del calendario sul telefono e scorro i mesi a ritroso. Raccolgo da terra un jeans nero strappato, infilo la felpa rossa con il cappuccio e metto gli anfibi. Scendo in cucina e mi preparo una tazza di caffè, le mani tremano al pensiero di cosa ho in mente, ma è solo l'inizio. So che non basterà, ma sarà comunque un passo che spero mi avvicini a lei.

Fisso l'orologio appeso alla parete, alla spicciolata incominciano a scendere dalle stanze gli altri compagni. Mi salutano senza chiedere, tutti hanno sentito le mie urla e i pezzi frantumarsi contro le pareti ma fanno finta di niente. Finisco il mio caffè appena in tempo, quando scorgo dalla finestra la macchina di Cody. Afferro il bomber dall'appendiabiti ed esco.

Il cielo è grigio, promette pioggia da un momento all'altro.

«Merda», impreco ad alta voce. Arleen scende dalla Jeep con un sorriso titubante. Le sorrido a mia volta attirandola a me.

«Sto bene», mento, ma non voglio che anche lei soffra.

«Allora dove devi andare, da Allyson?».

Sfilo il telefono dalla tasca, apro Google Maps e lo metto nella mano di Cody. Ho cerchiato di rosso ogni posto in cui dobbiamo recarci.

«Stai scherzando?», chiede lui, voltando il monitor verso mia sorella che, per la sorpresa, si porta una mano alla bocca.

«Sono più che serio, amico, prima parti e prima potrai passare il tuo San Valentino con mia sorella», ammicco abbozzando un sorriso. Scuote la testa divertito e ci immergiamo nel traffico della città.

Sono a pezzi, ma cerco di tenermi insieme. Non posso crollare ora, significherebbe arrendermi e anche se per un momento mi ha sfiorato l'idea di lasciarla libera, mi sono imposto che prima farò di tutto per riaverla e se alla fine non sarà servito a niente, allora e solo allora mi farò da parte.

Cody posteggia nel primo negozio di fiori, Arleen entra con me accarezzandomi la schiena.

«Cos'hai in mente?», chiede.

«Una follia», sorrido.

La ragazza circondata da fiori e piante con indosso un grembiule verde sta confezionando un enorme fascio di rose rosse per un ragazzo vestito di tutto punto. Una punta di invidia picchietta contro il mio cuore, immaginando il sorriso raggiante di quella ragazza quando riceverà il suo regalo.

«Prego», chiede la ragazza rivolgendosi a noi. Guardo mia sorella che con un cenno del capo mi incita a parlare.

«Ho... Ho bisogno di un mazzo di rose...», biascico, lei si protende verso le molteplici rose rosse alle sue spalle. «No.... mi servirebbero nere...».

La commessa assume la stessa espressione sbigottita di mia sorella.

«Damon...», pronuncia confusa lei.

«Nere? Ma... veramente non ne dispongo molte di quel colore in questo momento», spiega corrucciata.

«Mi dia quelle che ha», scompare nel retrobottega per poi tornare con un fascio di appena cinquanta rose. «Va bene, le mandi a questo indirizzo», prendo carta e penna e glielo scrivo. «Non prima delle sette di stasera», aggiungo.

«Non scrive nessun biglietto?», chiede.

«No, non ce n'è bisogno», dico mettendo i soldi sul banco.

Usciamo, attraversiamo la strada e saliamo sulla jeep.

«Damon, ma...», tenta di dire Arleen.

«Non ora, non so nemmeno io cosa sto facendo ma ti prego lasciami fare prima che me ne possa pentire».

Afferro il telefono e digito un messaggio a Derek, il padre di Allyson. Non ho il coraggio di chiamarlo, temo che lui stesso voglia tenermi lontano da sua figlia: Ho fatto un casino con Allyson, ma le ho fatto una promessa e ho ancora intenzione di mantenerla. Alle sette di questa sera arriveranno diverse rose a casa sua. Non le rimandi indietro, la prego. Premo il tasto invio e sprofondo sul sedile, chiedendomi se mai mi risponderà.

«Mi fermo qui, giusto?».

Annuisco fissando Cody dallo specchietto retrovisore. Scendo e riesco a trovare altre cinquantacinque rose nere, sotto lo sguardo sgomento della commessa alla quale lascio le stesse istruzioni per la consegna.

«Ne mancano solo cinquantadue», mormoro tra me e me mentre raggiungo Cody e Arleen alla macchina, posteggiata in seconda fila.

«Adesso?», chiedono quasi all'unisono.

«Se abbiamo fortuna, forse basterà fermarsi solo a un altro negozio».

Nel mentre, un bip mi avvisa di un messaggio. Prendo il cellulare e leggo il nome di Derek, il cuore prende a martellarmi nel petto con il terrore di cosa ci sia scritto: Non so cosa hai combinato. Ho dovuto trattenermi nel piombare nella sua stanza mentre i suoi singhiozzi continuavano a occupare le ore della notte. Risolvi questo casino, qualsiasi cosa sia. Non ti darò un'altra possibilità.

Strizzo gli occhi immaginandola avvolta nella sua coperta con il solo dolore a tormentarla. Digito il nome di Kam sul telefono. Me l'ero fatto dare da Arnold il giorno che era scappata via dopo la visita di Jos.

«Che cazzo vuoi, Damon?», abbaia dall'altro capo del telefono.

«Hai ragione ad avercela con me, ma ho bisogno di un favore...», sospiro vedendo gli occhi di Arleen fissarmi dallo specchietto.

«Non vuole vederti», ribatte.

«Lo so, non ci speravo neppure. Voglio solo che la tieni fuori casa fino alle otto di questa sera», ascolto il suo silenzio per qualche secondo.

«Cosa hai in mente?», chiede con tono più calmo.

«Nulla che la faccia soffrire, ma ti chiedo solo questo», quasi lo supplico.

«Vedo cosa posso fare...», sto per chiudere il telefono quando ribatte: «Dam...».

«Sì?», biascico sentendomi un verme fino al midollo.

«Qualsiasi cosa sia, impegnati, perché non l'ho vista così nemmeno quando avevi lasciato perdere le tue tracce».

«Lo so», sospiro, poi riaggancio e Cody si ferma alla penultima tappa.

Scendo rapido fiondandomi nel negozio affollato, attendo qualche minuto prima di fare la mia insolita richiesta.

«Mi dica come posso aiutarla?», chiede gentilmente una ragazza con i capelli color caramello raccolti in una crocchia disordinata, gli occhi azzurri che spiccano sulla carnagione chiara e per un attimo, il suo modo di fare unito ai suoi lineamenti mi ricordano la mia Al.

«Ho bisogno di cinquanta rose nere», mormoro in tono basso per non farmi sentire dagli altri clienti con impresso un sorriso sereno, felice che vorrei tanto rubare dalle loro facce.

«Nere? Uno strano modo per festeggiare San Valentino», commenta con un sorriso recandosi a preparare il tutto. «Vanno bene?», chiede avvolgendole con della carta crespa bianca.

«Sì... mi servono anche due rose rosse, le più grandi che ha, ma quelle non le incarti, per piacere».

Annuisce curiosa alla mia richiesta. Spiego indirizzo e orario, con la speranza che nessuno dei tre fiorai faccia ritardo nella consegna. Pago ed esco stringendomi nelle spalle.

«Ora?», chiede Cody.

«Vai all'ultimo negozio che ti ho segnato».

Non mi ero mai reso conto di come la gente sia in fermento in un giorno come questo. Io che odiavo queste stronzate, mi trovo a sbattermi a destra e a sinistra perché tutto sia perfetto nel momento più sbagliato possibile.

«Tiffany, Damon?», esclama sorpresa Arleen, sporgendosi verso il parabrezza per scorgere l'enorme vetrina adornata di cuori luccicanti che penzolano su qualsiasi tipo di gioiello.

«Puoi... puoi accompagnarmi?», le chiedo e lei acconsente raggiante in volto. Un energumeno alla porta ci osserva mentre suoniamo il campanello per farci aprire. La serratura scatta e mettiamo piede nel sontuoso negozio. Osservo le vetrine alla ricerca di qualcosa di particolare.

«Non vorrai prenderle un anello, vero?».

Aggrotto la fronte guardandola dritta negli occhi.

«Non ci tengo a farmelo lanciare dietro», dico spostando il peso del corpo da un piede all'altro per quanto sono nervoso. Non ho mai comprato niente per nessuna, perché non è mai esistita nessuna che abbia fatto battere il mio cuore e in quel preciso istante lo vedo, è perfetto.

«Scusi», chiamo la commessa che ci aveva lasciato il tempo per dare un'occhiata alle vetrine esposte. «Mi dica pure», dice con al collo una chiave.

Punto il dito sul gioiello che ho scelto. Lei apre la vetrina, lo prende con cura e lo porta verso il bancone rotondo al centro della stanza.

«Un pacchetto regalo, presumo», ammicca.

«No, nessun pacchetto... ma dovrebbe aggiungere qualcosa...», balbetto emozionato.

«Sì?», chiede; guardo sul bancone e noto un bloc-notes, lo prendo chiedendo il permesso con lo sguardo. Annuisce e scrivo esattamente ciò che voglio. Sorride mentre lo legge. «Sarà pronto nel primo pomeriggio».

Arleen mi dà una gomitata per attirare l'attenzione.

«Cosa le hai scritto?», domanda incrociando le braccia al petto.

«Niente che ti interessi, questo fa parte solo del piccolo paradiso che mi è concesso vivere solo con Allyson», confesso con la consapevolezza che solo lei è capace di rendere ogni cosa unica e speciale, di rendere me una persona diversa. Persino il profumo dell'aria cambia se non è al mio fianco, tutto perde di valore come la mia vita ha smarrito la strada. Ho svoltato all'incrocio sbagliato troppe volte, ora torno da lei strisciando in ginocchio e non me ne vergogno, anzi, la mia sola vergogna è che non meriterei nemmeno il suo sguardo dopo tutto ciò che le ho fatto passare.

«Le piacerà», esorta mia sorella facendomi trasalire dai pensieri.

«Sono consapevole che non basterà tutto questo, ma spero che possa essere un nuovo inizio, che possa farle capire che malgrado tutto non mi arrendo di fronte all'idea di perderla».

Quando mi accompagnano alla confraternita, chiedo ad Arleen di non dire nulla alla mamma, voglio parlargliene io stesso. Ci stringiamo in un abbraccio.

«Lotta», sussurra al mio orecchio.

Scocco un'occhiata al mio migliore amico.

«Falle passare il miglior San Valentino della sua vita o dovrai vedertela con me», gli strizzo l'occhio, lui mi mostra il dito medio e vado dritto al portone d'ingresso. La loro macchina parte alle mie spalle mentre varco la soglia. È quasi ora di pranzo, inizio a contare ore e minuti che mi separano da quel momento. La casa è vuota e corro su per le scale raggiungendo la mia camera. Prendo uno dei miei quaderni ad anelli del campus e mi stendo di pancia sul letto. La penna tra i denti, i gomiti piantati sul materasso mentre resto immobile di fronte a quella pagina bianca che aspetta solo di prendere vita.

SPAZIO XOXO

Cosa avrà in mente Damon?

La riconquisterà una volta per tutte?


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro