Cap.2 TycheIl contro-incantesimoparte prima
Non poteva permettersi di perdere tempo, doveva cercare un rimedio prima che qualcuno si rendesse conto che il terremoto e la burrasca che si stavano abbattendo sul castello non erano opera del Re, ma di sua figlia. Doveva fare in fretta. Attraversò le ricche sale del castello più velocemente che poté cercando di evitare di incontrare qualcuno; anche se tutto il personale era occupato a mettere in ordine o controllare che non ci fossero stati danni alla struttura. Persino le sue guardie del corpo erano occupate con mansioni simili. Riuscì a raggiungere il vasto ingresso senza incontrare nessuno ed indossò un mantello di velluto verde con cappuccio, appeso in un piccolo armadio di una delle anticamere attigue alla grande porta, elegante soglia del palazzo. Calandosi il cappuccio sul capo uscì, diretta alle stalle. Lungo il sentiero lastricato incontrò alcune squadre, ognuna formata da cinque uomini, intente ad ispezionare il perimetro alla ricerca di eventuali altri incantesimi, trappole magiche o qualche indizio che potesse condurre al fuggitivo. Nessuno sembrò accorgersi di lei che con passo sicuro ma non troppo svelto sfilava loro accanto.
All'interno delle stalle non vi era nessuno ed ella andò lesta al suo destriero; un bel esemplare di lusitano dal manto grigio fumo, lo uscì dal suo piccolo alloggio di legno e vi montò sopra, non aveva tempo di prendere la sella ed il resto, si sarebbe dovuta accontentare di cavalcare a pelo, ma per fortuna ne era capace. Per un attimo si rivide libera da legami mentre galoppava rapida sulle rive di Oceano, con la spuma che sollevata dal vento le rinfrescava il viso e nel cuore la gioia e l'ebrezza del momento. La sua cavalcatura era unica, un dono dello zio, plasmata appositamente per lei, nel suo regno non ve n'erano altre. Un sospiro le sfuggì dalle rosee labbra, uno dei doni che le aveva fatto colui che fino al giorno prima era convinta la amasse era stato proprio un cavallo, animale diffuso nel regno di lui. Scosse il capo, mentre i suoi begli occhi indaco luccicavano, forse non avrebbe dovuto lasciarsi sedurre, avrebbe dovuto dare retta al fratello che l'aveva messa in guardia dallo sposare un elfo. Tuttavia, ormai era inutile fare pensieri di quel tipo, ciò che era stato era stato, adesso doveva occuparsi della figlia, il resto passava in secondo piano. Incitò nuovamente la sua Polidora, il vento le fece scivolare via il cappuccio e la sua chioma color del cielo notturno cominciò ad ondeggiare nel aria disegnando volteggi eleganti.In poco più di mezz'ora giunse al cancello dorato, via d'ingresso per quello che da tutti ormai era conosciuto come il Regno dei Sogni.
Le leggende narravano che il giorno in cui il popolo elfico era giunto in quella terra aveva provato a varcarlo, ma che una forza misteriosa aveva impedito loro l'ingresso, anche se una voce che sembrava provenire dal nulla aveva predetto loro che un giorno un figlio del popolo degli esiliati sarebbe diventato il sovrano del regno al di là delle cascate che dal dorato portone si sentivano scrosciare indifferenti ed in tal modo tutto il popolo avrebbe infine trovato un luogo in cui dimorare in eterno. Da allora erano passati molti secoli; essi si erano insediati nelle vicinanze di quel luogo, divenuto sacro, nella speranza che presto uno di loro li avrebbe condotti oltre gli alti battenti che parevano librarsi nel vuoto e reggersi per magia. Ormai quasi nessuno pensava che la cosa potesse accadere e quella era divenuta una leggenda. Fortunatamente la zona si era rivelata ricca ed ospitale grazie alla baia a sud, sud-ovest ed ad un folto bosco che si estendeva a nord, inerpicandosi in alti monti nel cui suolo abbondavano i metalli e le pietre preziose. Grazie alla loro bravura con materie di quel tipo ed all'uso della magia, presto avevano fondato un fiorente regno, la cui ricchezza aveva oltrepassato i confini del mare.
Conosciuti per l'ottima fattura dei loro gioielli, delle armature e delle armi erano diventati un porto di scambi commerciali ed aiutati dalla loro furbizia erano stati capaci di apprendere l'arte della navigazione ed a conoscere quasi ogni idioma dei mercanti che numerosi sbarcavano nella loro accogliente baia. Smontò da cavallo e lasciò che l'animale pascolasse libero sul verde prato che circondava il cancello chiuso; con passo deciso vi si diresse. Si fermò proprio innanzi alla possente struttura, si voltò e guardò intorno, soffermandosi con lo sguardo sul mare azzurro del primo mattino. Era certa che più nessuno andava in quel luogo ad eccezione di alcune squadre in perlustrazione dei confini all'alba, al tramonto ed a mezzanotte.
In quel momento era sola, ma la prudenza non era mai troppa, nessuno avrebbe dovuto sapere che lei poteva entrare, in quanto in quel regno andava a riposare il fratello ad ogni calar del giorno. Consapevole di non trovarlo in casa a quel ora, varcò ugualmente il possente battente, non sapeva cos'altro fare e nel peggiore dei casi avrebbe dovuto attendere il tramonto, mentre se fosse stata fortunata uno dei custodi del palazzo del fratello l'avrebbe messa in contatto con lui. Doveva tentare.Il palazzo aureo del fratello si trovava poco oltre la soglia, abbarbicato sulla cima di una delle sette cascate che precedevano il regno dei sogni vero e proprio. Da dove si trovava riusciva a vederne brillare le luminose cupole e quasi scorgeva le scintillanti mura. Il cuore le prese a battere veloce nel petto, fece qualche passo è si rese conto d'essere troppo agitata per camminare. Fece un piccolo balzo e si librò in aria sorretta dalle sue candide ali, Fuinor le aveva chiesto di trovare un modo per celarle al popolo in modo da fingersi un elfo ed essere meglio accettata; forse quella richiesta avrebbe dovuto farla riflettere, ma al tempo era realmente innamorata. Si diede della sciocca per questo ed un amaro sospiro le sfuggì dalle labbra. Sorvolò la spumeggiante cascata, lasciandosi quasi cullare dalla sua melodia ed in poco tempo si trovò innanzi alla soglia di Helios. Si avvicinò con passo incerto, ricordava ancora l'ultima lite, lui non era per nulla contento della sua decisione di sposare un silvano, in quanto nutriva verso questo il sospetto che dietro l'amore che tanto vantava nei confronti di lei ci fosse dell'altro. Le aveva detto che se lo avesse sposato non le avrebbe rivolto più la parola e lei offesa era andata via, non facendosi più vedere. Tuttavia adesso le cose erano diverse, si era resa conto che il fratello era stato lungimirante ed era disposta a chiedere umilmente scusa ed a fare qualunque cosa pur di aiutare la figlia, persino ad umiliare il suo orgoglio. Sperava in una conciliazione e nel suo aiuto, solo la luce avrebbe potuto combattere le tenebre che il Re aveva instillato nella piccola. Arrivò all'uscio, mentre alcuni galli dalle piume bianche, rosse e dorate le passarono accanto annunziando allegramente la presenza di un ospite. Stava per bussare, ma la mano le si fermò a mezz'aria come bloccata da una forza invisibile; e se non volesse più avere a che fare con lei? Non voleva crederci, il fratello non era un tipo che portava rancore, era facile trovare un accordo con lui e discutere; amava la giustizia, l'onestà e la sincerità. Ma se la ferita che lei gli aveva inflitto era stata troppo profonda? Se non fosse riuscito a perdonarla? Non voleva che una creatura innocente pagasse per le sue colpe. Gli occhi le si riempirono di lacrime e non si accorse che qualcuno la stava osservando in silenzio. Una creatura dal aspetto di una giovane ragazza sulla ventina, con grandi occhi grigio-blu, carnagione diafana, capelli color delle stelle ed un sorriso luminoso e sincerò le si avvicinò "Benvenuta nella dimora di Helios" Selene quasi trasalì a quelle parole, si asciugò gli occhi e fece un leggero inchino. "Vi ringrazio" riuscì a dire soltanto, mentre la giovane con un delicato abito di seta argentato che le cadeva morbido sulla figura snella le si mise accanto e dopo aver aperto la resistente porta le fece cenno d'entrare. "Prego accomodatevi, a questa ora del giorno Helios non è in casa, ma mi ha detto di farvi attendere e di trattarvi con tutti gli onori". Selene si fermò di botto e la osservò stupita, forse il fratello aveva previsto il suo arrivo, un lampo di speranza le illuminò la mente. L'altra le sorrise radiosa e continuò, come se avesse inteso i suoi pensieri, "sono davvero felice di potervi finalmente incontrare, vostro fratello mi ha parlato molto di voi, regina Selene". "Come mi conoscete e chi siete?" chiese dubbiosa a quella che improvvisamente divenne tutta rossa in viso. "Perdonatemi, non mi sono neppure presentata, il mio nome è Perseide- accompagnò le parole con un piccolo inchino- da poco sposa di vostro fratello. "Lieta di fare la vostra conoscenza, mi fa piacere che abbia trovato una creatura tanto bella ed ospitale come voi" le disse con sincerità, mentre l'altra diventava ancor più rossa. "Siete molto gentile" riuscì a dire facendo strada alla propria ospite e conducendola oltre un lungo corridoio illuminato come di luce propria in una sala usata per accogliere gli ospiti.L'ampia stanza di forma circolare occupava l'ala est del palazzo; il soffitto era alto e completamente affrescato con la rappresentazione delle nozze dei padroni di casa, al centro del quale pendeva un ampio lampadario dorato che aveva le sembianze di un intreccio di rami in fiore; le pareti erano coperte da immagini bucoliche di vario tipo ed il pavimento era fatto di un marmo lucido color avorio. Le due donne si diressero verso due ampie sedute gemelle, l'una accanto all'altra, con la struttura che sembrava fatta di bronzo dal color caramello scuro coperta da una morbida imbottitura color avorio. Tra le due vi era un tavolino a tre piedi intarsiato sopra il quale poggiava una piccola campana d'argento. Non appena si sedettero Perseide prese tra le mani il piccolo oggetto e lo fece trillare; poco dopo apparve una giovane che fece un profondo inchino, appena giunta innanzi alla sua padrona. "Desidera" disse soltanto, "cara potresti portarci qualcosa per rinfrancare la nostra ospite?", quella annuì e scomparve.Selene dal canto suo era rimasta ad osservare ammirata ciò che la circondava. L'avevano colpita i diversi mobili disposti alle pareti, intervallati dalle ampie finestre che permettevano alla luce naturale di diffondersi nel ambiente, rendendo le scene alle pareti quasi vive. Una in particolare la colpì: si trattava dell'immagine di un giovane pastore addormentato all'interno di una grotta, circondato dal proprio gregge che riposava. Si trovò a fissarlo, era molto bello e prestante e le parve così sereno ed in pace con sé stesso che quasi lo invidiò. Se fosse stato reale, con ogni probabilità se ne sarebbe perdutamente innamorata. Rimase ad osservare quel immagine tanto intensamente che quasi sobbalzò alla vista della coppa ricolma di un liquido color ambra che le veniva porta dalla ragazza, tornata nuovamente nella stanza. "Perdonatemi" si scusò quella cercando di non far cadere il contenuto "desidera dell'ambrosia?" le chiese restando ad osservarla. Selene si limitò ad annuire e con delicatezza prese tra le mani la bella coppa ricca di intarsi in rilievo e la portò alle labbra per sorbirne un lungo sorso. Solo dopo che ebbe fatto ciò Perseide riprese a parlare. "Ho notato che ammirava l'immagine del pastore sognante, in effetti è molto bella", la giovane era nuovamente scomparsa. "Si, il suo viso esprime una tale pace" disse l'altra sospirando leggermente. "La pace basta solo cercarla, non è impossibile da ottenere" e mentre parlava osservava la regina con sguardo comprensivo di chi cerca di capire le tribolazioni di colui che gli sta accanto. "Avete ragione, spero solo di riuscire a ritrovarla" bevve un altro sorso, cercando di trovare il coraggio di fare la domanda che le frullava nella mente da qualche minuto ormai. "Non temete, con l'aiuto giusto, ogni cosa è possibile" sorrise ed alzò la coppa come a voler fare un piccolo brindisi. Selene la imitò ed entrambe bevvero, restando in silenzio fino a quando il dolce liquido non ebbe fine. "Spero che adesso vi sentiate meglio" fu Perseide a rompere la piacevole quiete createsi. "Si, siete stata davvero gentile, anche se non sono certa di meritare una tale ospitalità dopo il modo in cui ho lasciato questa dimora l'ultima volta". Mentre parlava osservava la coppa, rigirandola tra le bianche mani. "A volte è più facile perdonare che portare rancore e pretendere una qualche vendetta" disse l'altra che si alzò, le si accostò, le tolse la coppa dalle mani e la porse alla ragazza, nuovamente apparsa e le prese le mani tra le proprie. "Avrei dovuto dare ascolto a chi voleva solo il mio bene" riuscì finalmente a dire "riuscirò a farmi perdonare?" Gli splendidi occhi le si colmarono di lacrime. "Sono certa che ciò sia possibile" aggiunse l'altra abbracciandola. Quel gesto inaspettato fu per il cuore della regina come quando un fiume, con la sua selvaggia corrente, riesce a far crollare una diga e senza rendersene conto scoppiò in un pianto a dirotto. La cognata quasi la imitò, riuscendo a trattenersi a stento e comprendendo il profondo dolore, il rammarico e l'umiliazione che ella stava provando e non sciolse la stretta fino quando non fu certa che l'altra si fosse un poco acquietata. "Il mio signore mi ha pregato di dirvi di attendere i suo ritorno al calar del giorno, dopo essersi occupato dei suoi destrieri assieme a vostra sorella Eos vi aiuterà" la guardò sorridendo, il suo limpido sguardo carico di speranza rincuorò l'animo della regina che annuì cercando di sorriderle di rimando. "Oltretutto, nel attesa avrò la possibilità di conoscervi meglio- disse alzandosi in piedi- non ricevo visite molto spesso e la vostra presenza mi rallegra davvero il cuore" aggiunse aiutandola ad alzarsi a sua volta. "Vi mostro il palazzo e dopo potremmo pranzare e discutere allegramente. Non preoccupatevi più, ogni cosa andrà al proprio posto, ne sono certa". A quelle parole Selene si sentì davvero meglio e seguì la novella amica con il cuor del peso di una piuma.Poco dopo il tramonto un nitrito riempì l'aria, seguito dal rumore di zoccoli che toccavano il suolo; Helios aveva fatto il suo rientro. Agile e veloce scese dal suo carro, aiutò la sorella che si era intrattenuta con lui e condusse i suoi quattro destrieri dalle chiome di fuoco verso la stalla, al di là della quale vi era uno splendido prato sempre ricolmo di erba novella nel quale la sua quadriga avrebbero brucato fino al completo calar della notte.Eos si diresse verso l'ingresso, ma attese che il fratello ebbe finito di occuparsi dei suoi destrieri prima di varcare in sua compagnia l'uscio. Normalmente ella possedeva un suo cocchio trainato da una coppia di cavalli e si intratteneva qualche attimo in più in cielo del fratello dopo il tramonto, dando un ultima luce ad ogni cosa, prima del sopraggiungere della notte e della sorella che con il suo cocchio d'argento percorreva l'aria sottile. Tuttavia quel giorno era stato diverso; Helios l'aveva esortata a lasciare i suoi amati Lampo e Fetonte nella sua stalla ed a fargli compagnia e poi aveva atteso che anche il suo compito fosse finito prima di varcare il confine del reale e dirigersi nella propria dimora. Le aveva spiegato che Selene aveva bisogno del loro aiuto e che era certo sarebbe venuta a chiederlo, nonostante per lei sarebbe stato un gesto difficile.Varcato l'ingresso Helios si diresse a passo sicuro verso il giardino interno del palazzo, come se sapesse già dove trovare la propria sposa in compagnia della sua ospite. Eos lo seguì in silenzio, non era del tutto convinta che la sorella meritasse il loro aiuto dopo il modo in cui si era comportata l'anno prima, ma considerava il fratello molto saggio e lungimirante, e questo le bastava.Non appena li vide arrivare quasi non riuscì a trattenere le lacrime e rimase come paralizzata ad osservare il loro incedere sicuro. Solo in quel momento si era resa conto di quanto le erano mancati. Helios, con il suo biondo e ricciuto capo, gli occhi blu venati di pagliuzze dorate che sembravano risplendere. Esempio di giovinezza e maturità, armonia tra il corpo e l'anima con il suo sorriso comprensivo a lei rivolto, come chi sa tutto ed è pronto a perdonare. Eos appariva un po' diversa, non solo per i capelli color dell'ambra lisci e lunghi fino alla vita; era sua sorella maggiore ed aveva sempre avuto per lei un atteggiamento protettivo, quasi possessivo ed era stata quella che più di ogni altro aveva cercato di dissuaderla dallo sposare un elfo, arrivando quasi a minacciarla di rapire e nascondere in un luogo a lei sconosciuto quella creatura che a suo parere non la meritava; solo il fratello era riuscito a farla desistere da quel piano. A lei dovevano andare le sue scuse più sincere, il di lei perdono era quello che più di ogni altro voleva ottenere; per un attimo sentì di non meritare il suo aiuto e quasi non si rese conto di fissare la sorella, ormai quasi arrivata. I loro sguardi si incrociarono e Selene ammirò il bel taglio dei suoi occhi cangianti, che mutavano colore in base all'ora del giorno e passavano dal dorato al blu notte. Anche lei la osservava e per un istante parve irrigidire la sua armoniosa figura, solo un momento per poi riprendere il suo consueto modo deciso di fare.Per circa un minuto nessuno disse una parola, ognuno pareva immerso nei propri pensieri, come chi non sa come cominciare un discorso che tuttavia non vorrebbe evitare di affrontare. Fu Eos a rompere ogni indugio, "sei tornata da noi solo perché adesso ti sei resa conto di aver bisogno del nostro aiuto?" La voce risuonava irata, ma il suo sguardo tradiva le sue parole e mostrava quanto in realtà le fosse mancata la sorella in quel ultimo anno e quante volte avrebbe voluto andare da lei; solo il suo orgoglio gli e lo aveva impedito. "e noi, come se nulla fosse accaduto, dovremmo rimediare al problema causato dalla tua mancanza di giudizio?- continuò cercando di non dare a vedere quali fossero i suoi sentimenti- non capisco perché nostro fratello voglia aiutarti. Il perdono va guadagnato, ti sei ricordata di noi soltanto nel momento del bisogno? Per me puoi tornartene da dove sei venuta." Detto ciò incrociò le braccia e tacque, non prima di aver lanciato uno sguardo pieno di risentimento al fratello, che durate il suo sfogo era rimasto ad ascoltare scuotendo il capo, stessa cosa aveva fatto Perseide, mentre Selene non aveva avuto il coraggio di sostenere né lo sguardo né le parole della sorella e si era limitata ad arrossire di vergogna, piangendo sommessamente. Avrebbe voluto mettersi in piedi, guardarla dritto negli occhi e dimostrarle che desiderava il suo perdono con ogni fibra di sé stessa, ma si sentiva incapace quasi persino di respirare e rimase come un fantoccio privo di vita. Visto che non reagiva, in un impeto di rabbia Eos la prese per il braccio e le diede un forte scossone, "dì qualcosa, non restare seduta immobile. Dimostrami che mi sbaglio", urlò con gli occhi che luccicavano. "Basta, adesso stai esagerando, in questo modo non otterrai nulla!" intervenne Helios prendendo Eos per il braccio ed allontanandola dalla sorella che si accasciò a terra come un sacco vuoto. Dal canto suo, lei con uno strattone si liberò e spostò di un paio di passi "Visto che io esagero e lei è la vittima, ti consiglio di aiutarla da solo, io me ne vado" detto ciò si voltò e si diresse verso la porta. Selene alzò lo sguardo e come improvvisamente animata da una sorta di spirito selvaggio le corse incontro e l'abbracciò forte singhiozzando disperata. "Non andare via, avevi ragione, mi sono comportata come una sconsiderata, avrei dovuto ascoltare i vostri consigli- quasi non riusciva a scandire le parole, tra un singhiozzo e l'altro- perdonami, avrei dovuto cercarti prima e non solo perché sono convinta che se non farò qualcosa mia figlia rischierà la vita o peggio." Eos riusciva a sentire il battito impazzito del suo cuore e sentì di essere stata troppo dura, riuscì a voltarsi e l'abbracciò a sua volta, "un giorno potrai perdonarmi?", le chiese Selene cercando di calmare le lacrime "un giorno" aggiunse Eos che tuttavia la strinse più forte, accarezzandole il capo, segno che in realtà l'aveva perdonata. Helios con un sorriso soddisfatto andò loro incontro seguito dalla moglie che sorrideva a sua volta. "Sapevi che sarebbe finita in questo modo, vero?" lo rimbeccò Eos sciogliendosi dall'abbraccio della sorella che ormai aveva smesso di piangere e cercava di darsi un contegno. "Devo chiedere scusa anche a te, non dovevo lasciare questo luogo nel modo in cui l'ho fatto ed avrei dovuto esserci al tuo matrimonio ed avrei dovuto conoscere la tua meravigliosa sposa." I due scossero il capo all'unisono "non rammaricarti più, il passato è passato, non è mio stile portare rancore e so che ad impedirti di fare ciò che dici è stato il tuo consorte e noi non abbiamo partecipato alle tue", disse con tono saggio Helios, mentre Perseide aggiunse "quello che conta è che da adesso in poi nessuno potrà dividerci" sorrise con il suo fare dolce che rasserenò completamente Selene."Adesso ciò che conta è riuscire a fare qualcosa per impedire che accada il peggio" si affretto a dire Helios con tono serio, "conducici al tuo castello e speriamo che non sia troppo tardi e si possa rimediare a ciò che ha fatto quello sconsiderato elfo" aggiunse Eos. Selene annuì, "ma cerchiamo di non dare nell'occhio, non voglio che alcuno pensi che mia figlia sia per loro un pericolo, potrebbero farle del male". Eos storse lo sguardo, mentre Helios annuì "useremo un incantesimo di occultamento, non ci noteranno, ma ora occorre andare, tutto deve essere finito prima dello scoccare della mezzanotte". Null'altro altro aggiunsero e lesti si mossero diretti al palazzo. Il cuore della Regina batteva all'impazzata, sperava che nessuno si fosse accorto dei poteri della piccola.
P.s.: scusate per la lunga attesa, purtroppo ho avuto problemi di connessione, ma adesso ho risolto e cercherò di non ritardare nella pubblicazione del prossimo capitolo, tra 15 giorni. Spero questo capitolo vi piaccia
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