Capitolo 51
Tre mesi dopo
La brezza autunnale si udiva lentamente e dolcemente nelle orecchie, gli alberi si spogliavano delle loro foglie secche e colorate, il cielo sembrava più cupo, sebbene il sole si elevasse luminoso. Così mi sentivo. Il parlottìo dei ragazzi dell'università arrivava confuso alle mie orecchie, io tentavo disperatamente di non farmi salire l'ansia o il timore, il mio animo era invece afflitto da inutili pensieri che mi portavano sempre a pensare a ciò che era accaduto tempo fa. Mi sentivo diversa, forse più matura, forse capace di dare un'altra chance. Quell'estate trascorsa dagli zii e dai cugini mi aveva fatto più che bene. Avevo dimenticato di avere persone al mio fianco così importanti per me. Avevo lavorato su me stessa, sul mio rapporto con gli altri, avevo dimenticato cos'era l'odio o la vendetta e avevo imparato l'arte del perdonare. O forse era soltanto ciò che stavo sperando.
«Desy, questa è la chiave della tua stanza, dicono di aver accontentato la tua richiesta della coinquilina, non so a chi si riferiscano, ma penso lo sappia tu» mi spiegò attentamente mio cugino Matt, posando sulla mia mano la chiave della mia futura stanza nel dormitorio del Campus, o, se i miei sogni e quelli di Katy si fossero avverati, in una camera della sorellanza più famosa di tutta l'università, le Kappa Alpha Theta, che, da quanto avevo letto, era stata la prima sorellanza femminile formatasi.
Il freddo tocco del ferro della chiave mi fece rabbrividire, ma forse era anche l'entusiamo dell'arrivo di un giorno così importante.
Feci mente locale per ricordare quale richiesta avevo effettuato e arrivai alla mia conclusione. Tempo prima avevano permesso di decidere una coinquilina nel caso la lettera di ammissione fosse stata accettata, ebbene avevo pensato di cogliere al volo quell'opportunità, scrivendo il nome della mia amica Katy.
Durante tutta l'estate era stata l'unica che avevo sentito per via telefonica e che era venuta anche in vacanza a casa dei miei zii con la mia famiglia, invitata da questi ovviamente.
Non mi ero pentita di averle donato il mio perdono, anzi, ero felice che il nostro rapporto non si fosse spezzato. Quando ci sentivamo o vedevamo mi raccontava della vita a New York e di tutti i pezzi che avevo lasciato là, ma io evitavo accuratamente di parlare di determinate persone, tra cui Kyle e Ryan. Non ero psicologicamente pronta e, anche in quel momento, mi stavo chiedendo se lo fossi davvero. Mi aveva raccontato di non aver ripreso la relazione con James, seppur l'avesse perdonato, pensando di dover vivere in totale libertà la vita universitaria, senza alcun tipo di limite.
Il fatto che Katy fosse stata accettata, come me, all'università di Harvard era un fattore estremamente importante per me. Sapevo di poterla avere vicino e di poter condividere, se non tutto, quasi tutto con lei. Mi aveva raccontato che entrambi i miei fratellastri e Jasmine e Joe avevano ricevuto una risposta positiva per la frequentazione nella mia stessa università, sebbene avessero scelto facoltà diverse dalla mia. Non avevo voluto sapere se altri fossero stati accettati a quella università o se l'avessero frequentata in generale. Avrei scoperto tutto con il tempo e magari sarebbe stata una lieta sorpresa.
Mi guardai di nuovo intorno. Lo stemma di color rosso verso il porpora, chiamato cremisi, era alto sull'imponente struttura che doveva essere sicuramente una specie di centro informazioni. Tutto intorno c'erano diversi blocchi, tutti di forma diversa, qualcuno somigliava parecchio ad un tempio greco, altri erano soltanti blocchi di cemento, chi meno, chi più rovinato dal tempo. Sapevo che quella fosse solo l'entrata dell'università e quindi di non aver visto ancora niente, ma ero già meravigliata da quella bellezza così tanto da non riuscir a distogliere lo sguardo dal posto per poter dialogare con mio cugino.
KYLE'S POV
«Katherine Anne Parker, mi hai tenuto sulle spine fino a questo momento, è ora di dirmi quale università frequenterà tu sai chi» dissi, abbassando la voce sulle ultime parole.
«Sai, puoi anche dire il suo nome. Harry Potter ti ha dato proprio alla testa!» ridacchiò, alzando gli occhi al cielo e sbattendo una mano sulla fronte.
«Forza, su, me l'hai promesso» continuai, sedendomi sul mio letto seguito da lei.
Sebbene il mio rapporto con Katy fosse migliorato tantissimo, soprattutto grazie a Desy, o meglio alla sua mancanza, era sempre più fedele a lei che a me. Le aveva promesso di non toccare l'argomento della sua scelta universitaria con me fino a quando non fosse arrivato il fatidico giorno che avrebbe segnato un nuovo inizio, e così aveva fatto. La piccola bastarda era leale alla sua amichetta, sebbene io la considerassi ormai come una sorella.
«Quanta fretta! Ora ti dico» rispose solo, guardandomi poi con un sorrisetto derisorio, facendomi attendere tempo inutile.
«Vuoi che ti faccia il solletico?» sbottai per metà divertito e per l'altra infastidito da lei e la perdita di tempo. Era la mia tecnica di ricatto con lei.
«No, ti prego, no. Ti dico. Ha scelto la nostra stessa università e la sua richiesta è stata accettata»
Il mio cuore sembrò liberarsi di un peso. Dopo tre mesi avrei potuto finalmente parlare con lei, avrei potuto finalmente farmi perdonare e avere un'altra chance tanto agognata. Forse, se qualcuno in cielo avesse avuto pietà di me.
Finalmente potrò vederla, finalmente potrò contemplare la sua figura e fissare i miei occhi nei suoi, cercando e distruggendo il dolore che le ho causato.
Mi ero impegnato così tanto per essere alla sua altezza e per essere accettato dalla sua stessa università, tanto che non mi ero neanche preoccupato troppo del fatto che James, il mio migliore amico, fosse stato rifiutato e avesse dovuto scegliere un'università poco distante dalla mia, precisamente la Yale, che non era poi tanto differente in fatto di importanza.
Non che fosse la fine del mondo, ma comunque sarebbe stato molto più bello se fosse stato accettato anche lui, soprattutto quando la distanza che ci avrebbe diviso sarebbe stata di circa due ore.
«Desy starà nel...» cominciai, venendo però interrotto.
«È tutta l'estate che mi parli di lei, basta, ti prego. Vedi di muoverti che dobbiamo andare ai dormitori e lo sai che distano un'ora da qui»
Consapevole che Katy avesse ragione, chiusi una volta per tutte la mia valigia, salutai la mia famiglia, o meglio, mio fratello e Doris, e aprii la porta di casa, il portone verso l'ignoto.
DESY'S POV
Mi ero seduta su una panchina, incrociando le gambe e sbuffando sonoramente come una bambina a cui era stato negato un gigante gelato al cioccolato, sebbene, tra l'altro, non era mai stato il mio gusto preferito, neanche da bambina. Matt e i suoi amici erano a pochi centimetri di distanza da me, alzati, a chiacchierare su chissà cosa. Di tanto in tanto mi chiedevano consigli e pareri, ma costatando che non stessi prestando loro attenzione, continuavano a parlottare, escludendomi di nuovo. Ero troppo stanca addirittura per parlare. Il viaggio, il giorno precedente, mi aveva sfiancata e non poco. Stavo aspettando con impazienza la mia migliore amica, quando il detto "Parli del diavolo e spuntano le corna" mi venne in mente appena ricevetti un suo messaggio: - Sono quasi arrivata.
Spontaneamente alzai gli occhi dalle mie mani verso il cancello di entrata e la vidi. Vederla dopo un intero mese mi fece nascere un sorriso a trentadue denti, che, dopo aver guardato oltre di lei, si spense così velocemente com'era nato.
Anche lui qui? pensai infastidita anche solo alla sua vista. Poi, consapevole di non dovermela prendere così tanto per ciò che era "acqua passata", chiusi gli occhi, tirai un grande sospiro, e li riaprii, facendo un sorriso talmente falso da mettere i brividi.
Vidi Kyle scherzare con Katy e capii che il loro rapporto era diventato fortissimo. Mai lo avrei immaginato, non dopo quello che mi aveva fatto. Eppure, sebbene sapessi di dover mettere una pietra su quell'esperienza passata, non ci riuscivo, mi tornava in mente sempre più vivida della volta precedente. Faceva ancora male, ma, dopotutto, sapevo che il dolore non se ne sarebbe mai andato. Mi sembrava di aver perso qualcosa per strada, che una parte di me fosse ormai perduta e che io non fossi più la stessa. Mi sentivo diversa, forse esclusa, e dubitavo fosse in meglio.
Mentre i miei pensieri volavano in alto, non mi ero neanche accorta che Kyle si fosse avvicinato e addirittura accomodato al mio fianco: «Desy! Mi fa piacere che anche tu sia qui»
«Sì, anche io sono felice per me» non riuscii a controllarmi. Mi maledii da sola per avergli risposto male. Non volevo iniziare una guerra, bastava soltanto essere indifferente. Vidi la delusione attraversare i suoi occhi e ricordai quanto fossero profondi, tanto da lasciarmi di nuovo senza fiato. Distolsi, con uno scatto brusco, i miei occhi dai suoi, mettendo fine a quegli intensi sguardi.
«Ehi, Desy!» Katy mi salutò, facendomi alzare dalla panchina per un forte abbraccio.
«Katy, mi sei mancata!»
«Sì, anche tu!» mi rispose, stringendomi ancora più forte, tanto che mi domandai quella forza dove l'avesse presa.
«Hai fatto per caso palestra quest'estate?» le domandai, per dare conferma alla mia domanda silenziosa.
«Oh! Che bello! Si nota allora! Comunque sì, con Kyle»
Non sapevo spiegarmi il motivo, ma mi sembrò una pugnalata alle spalle. Buttai fuori tutta l'aria che avevo nei polmoni, staccandomi dal suo corpo e provando a calmarmi.
«Potresti fare palestra anche tu» Kyle si inserì nella conversazione, attirato dal sentirsi nominato. Bene, mi sta anche dicendo che sono grassa.
«No, grazie, sto bene così. Mi sento molto in forma» risposi, guardandolo odiosamente, senza pentirmi, e facendogli cogliere il vero significato.
«Non intendevo quello»
«Qualunque cosa stessi dicendo, non mi importa detta da te» non gli diedi il tempo di spiegarsi, guardando i suoi occhi di nuovo delusi e voltando il capo sulla mia amica.
«Dai, andiamo, ho la chiave della stanza. Meg e gli altri mi hanno avvisato di essere in ritardo di almeno mezz'ora» spiegai a Katy, mostrandole il mazzo nella mia mano destra.
Katy annuì, portò lo sguardo su Kyle, gli si avvicinò lasciandogli un bacio sulla guancia e prese il suo gigante trolley rosso, facendomi strada. Ero rimasta imbambolata a fissare il suo gesto. Erano diventati così intimi? Credo che fossi delusa, ma sapevo che non fosse giusto nei confronti di nessuno. Cosa doveva importarmene della loro amicizia? Guardai Kyle più sprezzante che mai, sapendo di star sbagliando alla grande. Lui, interdetto quanto me, sembrò aprir bocca, ma, poi, ci pensò e calò la testa, guardando le sue mani intrecciate sulle sue ginocchia. Presi, con un gesto fulmineo, il mio trolley azzurro e velocizzai i passi, correndo lontano da lui e dalle emozioni che scaturivano con la sua vicinanza.
Non mi servono le tue scuse, puoi fare ciò che ti pare, Kyle Johnson.
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