Capitolo 22
E le settimane trascorrevano abbastanza tranquillamente. Ogni tanto ricevevo delle spiacevoli sorprese da Abbey. La sua vendetta. Sembrava non terminare mai. Forse non aveva fine perché me ne uscivo sempre a testa alta, o perché, come diceva lei: «Mi stai rubando la prima pagina sul giornalino scolastico». Credo fosse per colpa sua. La sua vendetta non stava dando buoni frutti per lei ed io riuscivo quasi sempre ad uscirne salva con l'ammirazione di chi temeva Barbie, ossia tutta la scuola. Dopotutto non mi interessava neanche finire sulla copertina di quello stupido giornalino e continuare a sentire che le stavo rubato quello stupido posto mi stava davvero scocciando, così avevo deciso di andare a parlare con Fanny, la ragazza dietro le parole.
Erano arrivate finalmente le vacanze natalizie. Possiamo dire che Katy si era trasferita momentaneamente da me. I suoi genitori erano partiti per una vacanza e lei li aveva pregati di restare nella nostra amata New York. Perché mai avrebbe fatto una cosa del genere? Be', credo proprio fosse per la festa di Capodanno che gli studenti avevano organizzato, anche se lei era solita dire lo facesse per tenermi compagnia. Qualunque fosse il motivo, mi stavo divertendo davvero molto in quelle giornate senza scuola, proprio grazie a Katy. Nel frattempo avevo programmato il piano con Kyle: Katy e James si sarebbero incontrati alla festa di Capodanno e noi avremmo fatto in modo restassero un po' soli. Magari, chissà, avevano qualcosa da dirsi. Diciamo che tra me e Kyle era nata una sorta di tregua, nonostante mi attaccasse spesso per le mie "provocazioni", a detta sua, verso la sua fidanzatina. Cose da pazzi, insomma.
Kyle era riuscito a convincere James ad invitare la mia amica per la festa, seppur in veste anonima. Così in quelle giornate di vacanze non facevo che controllare la posta. Il biglietto per Katy sarebbe arrivato e poi io mi sarei fatta accompagnare da lei per comprare il mio. Non che mi andasse molto di andare a quella festa, ma glielo avevo promesso.
E per l'ennesima volta mi alzai dal letto con la luce per metà oscurata dalla tenda. Era giorno. Con piccoli passi felpati uscii dalla stanza, facendo in modo che la ragazza con cui stavo addirittura condividendo il mio amato letto, non si svegliasse. Per le scale ottenni velocità, fin quando uscii dal portone con il mio pigiama rosa di flanella, sotto quel cielo stranamente soleggiato.
Aprii la buca delle lettere, sperando che James si fosse deciso ad infilare la sua con il biglietto per la mia amica. Finalmente ha avuto il coraggio!, pensai leggendo dietro ad una delle due lettere che trovai "Per Katy". Quella della ragazza la rimisi nella cassetta delle lettere, mentre, entrata in casa, poggiai la seconda sul tavolo, era sicuramente per mio padre. Volevo solo assicurarmi che il piano andasse per il verso giusto; la lettera avrebbe dovuto trovarla lei.
Quasi non inciampai nei regali sotto l'albero di Natale mentre stavo per risalire le scale. Quel giorno era la vigilia di Natale e l'albero era già strapieno di regali, come da anni non lo era più. Avevo già fatto quello per Katy, prima che venisse a stare da me, quello per papà qualche giorno prima, ma ancora mi mancava quello per il mio fratellino. Non avrei saputo dire se qualcuno si fosse interessato a pensare a me, ma il mio pensiero era rivolto sempre alle persone a cui tenevo, quindi volevo almeno dimostrar loro il mio affetto. Diciamo che i miei non potevano certamente essere definiti regali, bensì "pensierini" era più che azzeccato.
Tornai di sopra e lentamente mi coprii di nuovo con le coperte calde. Sentii al mio fianco Katy muoversi, mandandomi aria fredda. Guardai l'orologio del mio cellulare: 9:06. A momenti mio padre si sarebbe svegliato.
Aveva preso delle giornate libere dal lavoro, che fortunatamente il capo gli aveva concesso senza troppi preamboli.
Sentii papà armeggiare in cucina dopo circa una decina di minuti e decisi di unirmi a lui. Tanto non avrei comunque ripreso sonno.
«Sei già sveglia, tesoro?!». Annuii sorridendo.
Vedendolo in difficoltà nell'accendere il fornello per riscaldare il latte della solita colazione all'italiana che adoravamo, presi in mano la situazione, lasciandolo sedere su una sedia. Intanto misi sul fornello anche il caffè.
«Papà, è arrivata quella per te», dissi indicandogli la lettera che la stessa mattina avevo preso.
Nello stesso momento scese Katy, stropicciandosi ancora gli occhi e sbadigliando. Era presto per il suo solito orario, probabilmente il mio via vai l'aveva svegliata.
«Katy, andresti a vedere se c'è qualcosa nella cassetta della posta?», le chiesi gentilmente.
«Non puoi andare tu? Sono in pigiama», rispose la ragazza sedendosi su una sedia vicino a mio padre.
«Anche io sono in pigiama. E poi sto preparando il latte, anche per te», sorrisi.
Alzò gli occhi al cielo e riluttante si alzò dalla sedia in legno lucidato, per uscire un attimo dopo dal portone. Scostai la tenda della finestra in soggiorno per fissarla dal vetro prendere la lettera e leggere il suo nome entusiasta. Con fare sospettoso si guardò attorno, per individuare chi gliel'avesse potuta lasciare e con passi veloci ritornò dentro, sorridendo.
«Guarda, Desy, è per me, guarda», sorrise a trentadue denti e mi girò la lettera tenendola stretta con tutte e due le mani, facendomi guardare il suo nome scritto.
«Che aspetti? Forza, aprila!», le risposi, mentre spensi i fornelli. Versai pian piano il caffè nelle tazze apposite per tutti, aggiungendo poi il latte.
«E se per caso fosse uno scherzo?», domandò pensandoci.
«Come fai a scoprirlo se non la apri?», risi.
«Hai ragione...», ci pensò su «...aprila tu», me la porse, mentre stavo mettendo le tazze a tavola.
«Non ci penso proprio. E' tua. E poi perché qualcuno dovrebbe mai farti uno scherzo?!», dissi, mentre prendevo i biscotti dallo scaffale.
«Va bene, mi hai convinta, la apro». Strappò con delicatezza la busta, per poi fissare esterrefatta il contenuto.
«Non ci credo!», esclamò Katy, alzandosi dalla sedia e stringendo al petto un foglio spiegazzato e quello che potevo immaginare fosse il biglietto.
«Chi te lo manda?», domandai, anche se conoscevo perfettamente la risposta. Girò il foglio davanti e dietro tantissime volte, sprofondando nuovamente sulla sedia, e alla fine sussurrò: «Ma è anonimo!». Sorrisi.
«Ci dovrà pure essere scritto qualcosa su quel foglio che ti faccia capire chi sia». Me lo porse, aspettando che io leggessi, attenta a studiare le mie espressioni.
Ho visto il tuo sorriso e ho rischiato di cadere; ho visto i tuoi occhi e ho rischiato di perdermi. Potrei rialzarmi e ricadere, potrei ritrovare la giusta via e perdermi di nuovo nei tuoi occhi, ma solo se al mio fianco ci sarai tu.
Lessi tutto in mente. Da quando James aveva questa vena poetica?! Non che mi dispiacesse che la usasse nei confronti della mia amica; se lo meritava.
«Hai ragione, non si capisce». Annuì, pensandoci sopra. Mi dispiaceva farla stare in pensiero, ma mi ripetevo fosse per il suo bene, per il suo finale da favola. Non dovevo dirle chi fosse l'autore.
«Tesoro?»
«Sì, papà?», lo guardai preoccupata. Si era corrucciato a guardare la busta che aveva in mano.
«Non credo proprio questa sia per me», disse, poi rise di gusto, con la barbetta corta sporca di schiuma di latte. Mi passò la lettera e lessi velocemente quelle parole:
Ti aspetterò a questa festa con ansia, perché è con ansia che ti aspetto da tutta una vita.
-Tuo anonimo
Per la mia dolce Desy
Fissai il biglietto della festa, incluso nel tutto, che evidentemente non avrei più dovuto comprare, e guardai poi la mia amica, che, con fare poco elegante, mi strappò da sotto il naso la lettera per leggerla.
Guardai mio padre che alzò le spalle, per dirmi "io non ne so niente". Poi Katy si alzò, venendomi ad abbracciare.
«Abbiamo tutte e due un appuntamento, quindi!», urlò, stritolandomi, euforica. Sorrisi. Chi avrebbe mai potuto scrivermi quella lettera?
Angolo autrice:
E voi che dite? Chi ha scritto quella lettera?
Francesca_Rocco
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