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Capitolo 1

«Spiegami di nuovo cosa si intende per "festa in maschera".» chiesi a Katy appena arrivata a casa mia con un borsone in spalla e un lungo abito color cipria.

«Non è una vera e propria festa in maschera. Direi più una festa con la maschera.» rise portandosi le mani sul viso, facendo segno di indossarne una.

«Quindi potrei indossare anche solo una di quelle.» indicai una delle maschere presente nella sua borsa aperta sul mio letto.

«Potresti, se non fosse a tema. E, per precisare, il tema è barocco.»

«E cosa dovrei indossare?» domandai spazientita, lasciandomi cadere sul mio adorato letto e chiudendo gli occhi. Katy venne ad allungarsi al mio fianco, parlando: «L'abito che ho portato, ovvio.»
Scossi la testa, aprendo gli occhi e guardandola di traverso e lei si lamentò.

«Bene. Facciamo come Sam e Dean. Se vinco io indossi l'abito, altrimenti fai quel che ti pare.» suggerì. Sam e Dean erano due fratelli di una serie TV, precisamente "Supernatural", che avevamo sempre amato guardare insieme, da quando eravamo più piccole. Quando dovevamo scegliere qualcosa, io e la mia amica, come loro, facevamo "pari e dispari".

«Okay. Dispari.» decisi, come sempre vedevo fare a Dean, mettendomi seduta e vedendo lei fare altrettanto.

«Bene. Pari.» disse non potendo fare altro. In un nano secondo, ci fissammo negli occhi e, senza guardare le nostre mani, puntammo dei numeri totalmente a caso. Provai con un numero pari, sperando invece che Katy facesse l'opposto.

Guardammo le nostre dita e contammo immediatamente: sei. Cacciai un urlo di frustrazione.

«Capisco perché Dean perde sempre.»

Dopo le mie parole, Katy si contrasse dalle risate buttandosi sul mio letto.

«Tieni.» mi buttò tra le mani il vestito che avrei dovuto indossare, dopo essersi calmata.

«Non sono convinta.» dichiarai dopo averlo indossato, guardandomi allo specchio. Non mi sconvolgeva ciò che vedevo, ero sempre io, solo diversa, meno me stessa.

«Sei bellissima, Desy. Stai tranquilla. Ci saranno anche ragazze che indosseranno quelle parrucche giganti bianche o bionde oppure si dipingeranno orrendi nei sul volto. Magari anche della cipria che andranno a rifarsi in bagno. Vuoi anche tu della cipria sul viso?» domandò cominciando a ridere a crepapelle per aver immaginato scene di film, prendendomi in giro.

«Così potrai anche tu dire "Scusate, vado ad incipriarmi il naso", invece di "Scusate, ho un urgente bisogno di andare a fare pipì".»
L'avevo sempre sognato, ma no grazie.

«Sei confortante. Davvero!» feci una smorfia cominciando a ridere con lei.

***

«Si! Grazie, grazie, grazie!» dopo un urlo isterico, la mia amica mi abbracciò tanto stretta da soffocare e mi dedicò i suoi più teneri baci.

«Ti sarò per sempre debitrice!» continuò. Ma che esagerata!

«Okay, okay, andiamo.» dissi staccando le sue braccia dal mio collo il più delicatamente possibile.

Il locale all'esterno era il solito blocco in cemento bianco, c'era qualche crepa qua e là, segno di aver bisogno di una sistemata. Le luci bianche sfocate illuminavano il piccolo e stretto passaggio, affiancato a dell'erbetta fresca appena tagliata, antecedente a quella che subito riconobbi come la porta d'ingresso, dove da fuori era possibile scorgere soltanto le ampie tende rosse che oscuravano l'interno. Il luogo mi sembrava una scelta scioccante conoscendo l'organizzatrice dell'evento, ma, entrando piano piano traballando sui vertiginosi tacchi, cacciati dal ripostiglio dove conservavo tutte le cose di mia madre, la mia espressione cambiò in stupita. Era tutto in stile barocco, il che aveva un qualcosa di raffinato e sublime insieme ai nostri vestiti e maschere sfarzosi ed eleganti. Alzai la testa notando il grosso lampadario penzolante con diamanti, sicuramente finti, che giocava con i colori nella sala. Mi avevano sempre affascinato quei tipi di lampadari, grandi, maestosi e sfarzosi, benché io tendessi sempre a prediligere le cose naturali. Le pareti erano dorate, tonalità spezzata soprattutto dalle grosse tende rosse, con rifiniture dello stesso colore dei muri, poste su ogni finestra, somiglianti molto a quelle dei teatri famosi, solo più eleganti. Il pavimento era in mattonelle di un mogano scuro, anche se sembrava un parquet, tanto che, per averne la certezza e per togliermi una sciocca curiosità dalla testa, dovetti sbattere il piede più volte a terra, ovviamente evitando di farmi notare o di inciampare nei miei stessi piedi, come troppo spesso mi era capitato. In fondo c'era un vecchio giradischi, che pensavo di non poter vedere mai in vita mia se non in qualche film. Da un paio di casse usciva una musica lenta e melodica che portava il mio cuore già a danzare.

Gonne lunghe roteavano per tutta la pista, che, se le guardavi più di un minuto, veniva il mal di testa. Ma ciò non importava, mi faceva sentire talmente bene stare lì, ed era strano. Io, ragazza tutta jeans e felpa, con un abito azzurro lungo e appariscente in un posto tanto raffinato, mi trovavo bene. Per una volta avrei potuto sognare di essere anche io una principessa, non per aspettare il principe azzurro, ma per sentirmi accettata. Chi almeno una volta nella sua vita non ha sognato di essere una principessa o essere importante?

Notai che la mia amica aveva ragione. C'era davvero chi aveva esagerato indossando parrucche e disegnando strani nei. Mi venne da ridere.

«Desy, ho il rossetto sbavato? Abito sporco?» continuava a domandarmi Katy frenetica e a disagio.

«No, no, tutto al proprio posto. Che hai?»

Fece soltanto un cenno col capo verso la sua destra, prima di togliersi del tutto dalla visuale per farmi guardare chi stava entrando dalla porta dorata.

Erano arrivati, come avrebbero potuto mancare i vip della scuola? E poi non c'era da meravigliarsi in qualunque caso, c'erano diverse ragioni per cui quelli avrebbero dovuto stare in quel luogo. Primo, perché erano loro i vip, secondo, perché tutto era organizzato da una di loro, Barbie numero uno, terzo, perché non avrebbero perso mai un'opportunità di mettersi in mostra e quarto, perché tra di loro c'erano la squadra di basket e le cheerleaders, e, si sapeva, non sarebbero mai mancati, non dopo la loro ultima vittoria. Probabilmente c'erano ancora molti e molti motivi, ma non era possibile conoscerli tutti, non per la ragazza invisibile che ero.

«Guardate chi abbiamo qui!» si avvicinò la squadra di basket a me e Katy, deridendomi.

Ops, no, forse non proprio invisibile.

Com'è che Cenerentola non viene riconosciuta con una sola maschera e io sì? Ma non era un film, non era fantasia.

«Kyle...» risposi calma a mo' di saluto, ritornando al presente. Non mi avrebbe fatto perdere la tranquillità e la spensieratezza per una volta.

«Che c'è? Sei uscita dalla tua topaia?» continuò con il solito tono da superiore che tanto mi stimolava rabbia.

«Non parlarle così!» intervenne la mia amica, che fino ad allora era restata ad ammirare ammaliata James, un altro giocatore, ma non stronzo come quello che avevo difronte.

«Ehi, ehi, attenta a quello che dici, difensore delle cause perse.» continuò arrogante il ragazzo.

«Va bene, va bene, basta così, andiamo Kyle.» prese parola James, guardando Katy dall'alto.

«E dai! Mi stavo soltanto divertendo... va bene, mi devi un favore.» si lasciò trascinare infine verso il buffet, da cui sbucavano cascate di ogni tipo: prosciutto, formaggio, cioccolato, affiancate da alte torri di tramezzini, pizzette e altro cibo sfizioso.

Era sempre così, si avvicinava a me, mi attaccava e infine veniva trascinato via. 

«Mi offriresti questo ballo?» uno dei ragazzi più popolari della scuola, nonché mio ex migliore amico, mi domandò, mentre Katy mi guardava con occhi luccicanti in attesa della mia risposta, sperando acconsentissi.

Era da me rifiutare ogni tipo di richiesta, ma avevo deciso che quella serata sarebbe stata diversa e volevo riuscirci. Dovevo riuscirci. Era ora di uscire dalla topaia e dimostrare agli altri chi davvero fossi.

Feci una piccola e impacciata riverenza e mi lasciai trasportare al centro della sala. La fortuna volle farmi ballare con uno dei pochi ragazzi a cui corrispondevano le "tre B": Bello, Buono e Benestante. Be', il ragazzo con "una P": Perfetto. Non era il solito ragazzo superficiale a cui non importava altro che una palla, qualunque fosse la sua forma, piuttosto era uno di quelli dediti allo studio e alla lettura, alla musica, nonostante anche lui giocasse nella squadra di basket della scuola. Sarebbe potuto essere un principe. I suoi occhi azzurri, come il mio abito, che erano in netto contrasto con la sua maschera nera, erano fissi nei miei scuri, come in fondo ad un abisso. Ballammo per circa due canzoni, in cui mi fece compiere giravolte e mi tenne stretta a lui, mentre man mano iniziavo ad abituarmi e appoggiai la mia testa sulla sua spalla. Il problema era che non avrei mai potuto non abituarmi, era uno dei pochi miei migliori amici un tempo. Un tempo che a me sembrava infinito.

«Desy.» mi sussurrò all'orecchio esasperato, mentre la mia testa era nell'incavo del suo collo.

«Ryan.» risposi con lo stesso tono, portando il mio volto difronte al suo, per vedere cosa lo stesse tormentando.

Scosse la testa sconsolato, prima di fuggire via e lasciarmi da sola in mezzo alla sala.

«Ehi...» pronunciò Katy dopo essersi allontanata dal suo compagno di ballo, avendo visto la scena e anche il fatto che fossi rimasta imbambolata nei miei pensieri nel bel mezzo della pista.

«Mi serve un po' d'aria.» stavo soffocando dentro quel luogo.

Senza ribattere la mia amica mi portò a sedere su una panchina posta nel giardino a forma di labirinto. La siepe era ben curata e qualche fiore era ancora vivo, nonostante l'avvento della fredda stagione.

Delle forti grida arrivavano fino a noi e la curiosità della mia amica fece in modo che ci alzassimo e iniziassimo a camminare verso le voci. Era Kyle, lo avrei riconosciuto ovunque, un tempo era mio amico, come avrei potuto non capire chi fosse?!

Seguimmo a passo veloce le voci, che ci portarono fino al centro del labirinto, dove, sembrerà strano, non ero mai stata fino ad allora.

Circondata dal fresco profumo d'erba tagliata, c'era una piscina, grande quanto la mia casa, ma non fu quello ciò che mi sorprese. Erano loro: Kyle e Ryan. Vedevo le loro ombre riflesse nell'acqua limpida. Era da molto che non li vedevo parlare. Ma quello, quella sera, non era parlare, era urlare.

«Me l'avevi promesso!» pronunciava Kyle, mentre aveva le mani sul colletto della camicia bianca e ora sgualcita di Ryan e lo fissava negli occhi in modo da intimidirlo. Ma lo sapevo, Ryan non si sarebbe mai fatto intimidire da Kyle, lo considerava ancora come suo fratello, non di sangue, ma per scelta.

«Non è il momento, Kyle.» disse James fissandomi, al che anche Kyle e Ryan spostarono lo sguardo su di me, per poi l'uno lasciare lentamente la presa sull'altro e l'altro sistemare la camicia spiegazzata.

La mano destra di Kyle si chiuse a pugno e partì diretta perfettamente sulla guancia di Ryan. Se fossi stata io e non lui a ricevere il pugno, sarei finita dritta in piscina, mentre lui, fermo sui suoi piedi, non fece altro che girare il volto, restando immobile a riflettere. Trovavo strano che non avesse provato neanche a bloccarlo, quando sapevo che avrebbe potuto farlo benissimo. Succedeva spesso.

La zona si sfollò in men che non si dica, e tutti i ragazzi tornarono nel locale. Feci andare anche la mia amica con loro, così da rimanere sola con Ryan.

Mi avvicinai a lui per controllare in che stato fosse, e lui si lasciò girare il volto permettendomi di guardare. Aveva del sangue che gli colava dal labbro inferiore, mentre sulla guancia si sarebbe formata sicuramente una contusione. I suoi occhi erano fissi nei miei e quasi mi sembrò di essermi persa lì dentro, forse per il colore, per la profondità.

Rimasi lì a fissarlo per pochi secondi, per poi ricordare tutte le volte che, ridendo e scherzando, o avevo curato lui o Kyle. Ricordi che sembravano tanto vecchi, quando erano trascorsi soltanto tre anni. Gli anni più lunghi e bui della mia vita.

«Devi andare via.» mi sussurrò delicatamente e deglutendo, facendo fare su e giù al suo pomo d'Adamo.

«Devi mettere una pomata.» dichiarai senza dare importanza alle sue parole, continuando a fissare lui e le sue ferite.

«Sì.» si alzò di fretta, lasciandomi un ultimo sguardo veloce, e iniziò ad incamminarsi verso una possibile via d'uscita.

«Tieni.» tornò indietro, mi porse la sua giacca e andò via, facendosi risucchiare dall'oscurità.

Rimasta sola, lasciai che il mondo dei ricordi risucchiasse me, togliendo le scarpe e immergendo i piedi scalzi dentro l'acqua fredda d'autunno, alzando il vestito fino alle ginocchia e sedendomi sul bordo piscina. Non sapevo cosa pensare, mi sembrava di conoscere sia Ryan sia Kyle, eppure erano tre lunghi anni che il primo evitava accuratamente di rivolgermi la parola e il secondo lo faceva soltanto per farsi beffa di me. Di bene in meglio, insomma.

«Ecco dove ti eri cacciata, principessina.» arrivò Kyle. Ero così immersa nei pensieri che non sentii neanche i suoi passi raggiungermi.

Non gli diedi la soddisfazione di rispondergli.

«Dove è finita la tua solita risposta piccante?» domandò, mentre, togliendosi le scarpe, si avvicinava al bordo piscina difronte al mio, sedendosi anche lui, quasi scivolando e facendomi ridere involontariamente.

Restammo in silenzio così per lunghi minuti, fin quando mi decisi a prendere parola.

«Perché?» sussurrai, più a me stessa che a lui. La mia vita era sempre stata in bilico tra i perché.

«Perché cosa?» rispose comprensivo dopo anni.

«Perché tutto... perché ve ne siete andati, perché tutti se ne vanno, perché litigate.» avrei avuto altri mille perché da pronunciare, ma credevo bastasse così.

«Non l'hai ancora capito?»

«Di cosa parli?»

Scosse la testa fissando i suoi piedi in acqua: «Niente, meglio così.»

Dopo tali parole, si alzò, fece il giro della piscina e arrivò fino al mio posto. Mi porse una mano, aiutandomi ad alzarmi.

«Io non ti capisco.» sussurrai, non sapendo se volessi farglielo sentire o meno.

«Come potresti...» sussurrò tra sé e sé, borbottando anche altro che a me risultò incomprensibile.

«Tieni.» mi offrì la sua giacca, mentre camminavamo verso l'uscita del giardino-labirinto.

Gli indicai quella che avevo già addosso, quella di Ryan.

«Lo so, metti anche questa, fa freddo.»

Feci come mi disse, nonostante non avessi bisogno di coprirmi ulteriormente.

Angolo Autrice:

Che dire... Cosa ne pensate di Kyle e Ryan? E della nostra protagonista?

-Francesca_Rocco

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