Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

7 Fammi entrare

La signora Wanda era estremamente impaziente. Camminava su e giù lungo il tratto che andava dal salotto all'ingresso, espirando ed inspirando per tenersi lontana l'ansia, come fosse nel backstage prima di uscire sul palco.

Osservava distratta i tanti quadri alle pareti che le ricordavano il marito, ognuno con un significato ben preciso e che testimoniavano il passaggio da una città all'altra. Importanti pezzi di vita vissuta, come il quadro sopra il divano comprato da un antiquario nella città dove era nata Elena e dove aveva lasciato un pezzetto del suo cuore.
Il campanello la fece sobbalzare e si affrettò a lasciar entrare la figlia con il suo solito sorriso forzato che lasciava trasparire un'altra notte passata in bianco.

- Tesoro, dai entra che tra un po' arriva il generale, non vedo l'ora di presentartelo.

Elena era felice di vedere la madre, almeno lei, così entusiasta e piena di vigore, dopo aver rispolverato un sentimento in disuso da troppo tempo e che l'aveva ringiovanita di vent'anni.
E proprio Elena accolse quel giovane settantenne che si presentò offrendole galantemente un mazzo di rose, mettendosi sull'attenti e unendo i tacchi in un saluto palesemente militare; i capelli brizzolati non gli rendevano la giusta connotazione dell'età, e un corpo e un volto giovanili lo facevano risultare affascinante.
Il comportamento elegante e il tono di voce autoritario mettevano in evidenza tutto il suo carisma, ed Elena se lo immaginava giovane, in perfetta forma, nella sua perfetta divisa a fare strage di cuori femminili.

Si ricordò un tratto caratteristico del padre, anche lui cercava la perfezione, la metodicità e l'ordine, e pensò che forse sua madre aveva visto quella somiglianza nel suo generale.

- Era da tanto che volevo conoscerti Elena - le disse cordiale, mentre osservava soddisfatto il volto di Wanda che sembrava in adorazione per lui - tua madre mi ha parlato così tanto di te che penso di conoscerti dalla nascita.

Sorrisero, stemperando l'atmosfera impacciata e si trovarono a loro agio, mentre si raccontavano esperienze che li accomunavano, tasselli di vita vissuta che li mettevano in un puzzle molto simile.

- Dimmi Elena - il generale le parlò con voce sicura e pacata, osservandola bene dritta negli occhi - non ti dispiace se porto via tua madre un paio di mesi, sai, vorrei farle visitare alcuni luoghi dell'Australia, le farei conoscere mio figlio che vive a Melbourne e ne approfitterei per fare il giro delle città più importanti.

Elena ebbe di nuovo quella sensazione di abbandono che aveva provato dopo la morte di suo padre e più tardi quella di suo marito. Non avrebbe mai voluto negare la felicità a sua madre, ma nello stesso tempo si sentiva tradita e abbandonata.

- Certo, che bello mamma, vai e divertiti - le disse osservandola, mentre le parole stentavano ad uscire.

**

- Qualcosa non va tesoro? - le disse la madre appena il generale si chiuse la porta alle spalle dopo averle salutate - vuoi che rimanga qui con te, gli dico di aspettare se non è il momento.

- Certo che no, devi andarci, è una bella occasione per te mamma - e l'espressione sul volto cambiò - sai credo che, al contrario di te, io sceglierò di restare sola per tutta la vita.

E cominciò a sciogliersi, togliendosi il sassolino dalla scarpa.

- Ha una fidanzata, capisci, e ha flirtato con me. Ad un certo punto della festa, la figlia di un procuratore, una provocante ragazza rossa di capelli, l'ha tirato per un braccio per continuare quello che avevano interrotto al Golf. Ti rendi conto mamma? E mi aveva pure invitato a cena, lo stronzo, con tanto di baciamano. E si era pure inginocchiato, come uno stupido e mi aveva fatto capire che era interessato a me o forse mi ero illusa io, come una stupida. Mi dispiace, ma io un tipo così lo devo dimenticare subito.

- Però è venuto a parlarti mi sembra, anche se un bagno non sarebbe il posto ideale per un gentiluomo.

- Che gentiluomo può essere uno che tiene in ballo tre donne contemporaneamente? Per fortuna è entrata la sua fidanzata e sono riuscita ad andarmene indisturbata.

- Magari lei non è il suo tipo, prova ad esporti e parlare chiaro, visto che non gli sei indifferente. Oppure frequenta quel dottore, potreste coltivare la vostra amicizia, magari soltanto per uscire insieme qualche volta, poi, se nasce qualcosa...

- È una brava persona, ma lo sento come un amico mamma, uno con cui fare una gita, una chiacchierata...

- E invece l'avvocato ti intriga, ti fa male allo stomaco e quando lo vedi ti mancano le gambe e ti senti il corpo trapassare da un brivido di freddo, come una scossa elettrica.

- Proprio così - le rispose Elena con un sospiro sconsolato.

- Allora ti consiglio di provare ad uscire con lui. Solo così ti potrai togliere il dubbio.

**

La musica di sottofondo la stava accompagnando, mentre sistemava la scrivania dello studio che era stato di suo marito. C'era ancora un cassetto intonso che non aveva più aperto dal giorno dell'incidente. C'erano i suoi piccoli oggetti dentro e rammentava ancora lo strofinio del legno, quando lo apriva. Percepiva il rumore di ogni oggetto che usava, mentre lei dipingeva nello sgabuzzino accanto ed era felice sapendolo in quella stanza, vicino a lei e solo per lei.

La sua mancanza fisica aveva evidenziato il ricordo di ogni suo piccolo gesto quotidiano, ricordava i suoi sguardi, i suoi ammiccamenti, i suoi abbracci, i suoi baci...

Le parve di udire il campanello di casa e s'incamminò per controllare, magari era sua madre che aveva bisogno di un consiglio, come spesso accadeva, quando arrivava con una borsa e alcuni abiti dentro: "Dimmi amore, quale mi metto per andare al ristorante Delice? Lidia mi ha invitato ad una mostra, cosa dici è troppo scollato questo?".
E un senso di vuoto le prese lo stomaco, pensando alla sua imminente partenza. Si sarebbe sentita nuovamente sola.

- E tu cosa ci fai qui? - Elena sbiancò, trovandosi davanti l'ultima persona che avrebbe pensato di vedere.

- Non mi fai entrare? Ho bisogno di parlarti.

Mai, l'avvocato si era abbassato a suonare il campanello di casa di una ragazza. Non amava scusarsi, né supplicare, né elemosinare un appuntamento, né chiedere sesso.
Erano semplicemente loro a bussare alla sua porta.

Ma quel peso nello stomaco che lo aveva attanagliato tutta la notte era troppo pesante, e solamente confidandosi con Elena lo avrebbe lenito.
Quell'angelo biondo che gli aveva aperto la porta e lo aveva annientato un'altra volta con la sua bellezza.
Un tremore al corpo gli fece capire che la ragazza stava mettendo ko la sua integrità morale. La trovava troppo bella e sensuale, aveva un qualcosa di speciale che lo attirava.

La sentiva come una sfida, come una delle sue cause difficili che aveva bisogno di tempo, tattica, astuzia e un piano strategico.
Poteva immaginare come si fosse sentita umiliata, vedendolo con Gisella e poi Magda.
Avrà pensato di essere stata ingannata o peggio, di essere stata di troppo, visto che era scappata di soppiatto e senza neppure salutarlo, mentre lui non aveva avuto il tempo per spiegarle i fatti accaduti e non per sua volontà.

- Noi due non abbiamo niente da dirci, scusa ma ho da fare.
Gli stava per chiudere la porta in faccia, ma la mole da bulldozer del suo interlocutore si mise in mezzo.

- Ti devo parlare delle due diffide e del risarcimento, non vuoi sentire quello che ho da dirti?

Leonardo mise in atto la tattica numero due che gli aveva suggerito il collega Amedeo, nel caso in cui Elena avesse rifiutato di parlargli, mossa molto prevedibile.

La ragazza non era indifferente al fascino dell'avvocato, e una vocina interna le impediva di lasciarlo andare così di fretta, mentre il suo corpo la tradiva con fremiti di pelle d'oca ovunque.

Era anche ostinatamente convinta, per onestà intellettuale, di doverlo lasciare alla sua fidanzata o alle sue amanti, poco importava. E poi doveva, assolutamente, chiudere il caso con il troglodita che per ripicca avrebbe potuto continuare all'infinito la causa. Forse era meglio ascoltarlo.

- Solo cinque minuti, fra un po' devo andare - gli rispose a bassa voce, mentendo pure a se stessa e spostandosi dalla porta per farlo entrare.

L'avvocato sbirciò più che poteva, per poter assimilare ogni dettaglio che gli parlasse della ragazza e potesse far emergere il suo carattere. Difficile capirlo dagli oggetti e dai gusti dell'arredamento, era una specialista del ramo e di sicuro sceglieva il meglio che c'era sul mercato.

Osservando i dettagli sarebbe entrato nella mente di quella intrigante, benedetta ragazza, che non voleva abbandonare la sua testa e voleva capire come agire e quale piano attuare per sedurla, ne aveva un bisogno estremo. Il suo corpo la reclamava e la sua mente impazzita aveva fame di lei.

- Siediti pure, posso offrirti un caffè?

- Volentieri.

Sfacciatamente si alzò per seguirla, mentre si dirigeva verso la cucina. Una porta socchiusa gli mandò in un lampo l'immagine di un quadro su un cavalletto che gli riportò un flash del loro primo incontro, e gli fece scappare un sorriso sfacciato.

Avrebbe voluto dirle di andare pure a finirlo, quando e come voleva, magari con lui accanto che le faceva da critico supervisore. Intanto pensava a come poter continuare la conversazione e tenerla occupata più a lungo possibile per godere al massimo di quella stupenda visione e della sua appagante compagnia, perché di andarsene non gli passava nemmeno per l'anticamera del cervello.

- Quindi vivi qui da sola, non hai paura?

- A proposito - Elena lo guardò con aria indagatrice - come facevi a sapere dove abito? Hai indagato su di me? Ti potrei denunciare.

Sentì lo stridere della sedia sul pavimento e in un attimo le fu davanti, le mani sui suoi fianchi sottili e il viso accanto al suo.

- Non riesco a non pensarti tutto il giorno e perfino la notte - le sussurrò all'orecchio che le provocò una scossa in tutto il corpo - cosa mi stai facendo, angelo - e le passò l'indice dolcemente sulla guancia, occhi negli occhi, quasi in supplica.

Elena si svegliò dal torpore, ricordandosi le immagini della festa, con un dolore lancinante nel petto al ricordo delle parole che non si aspettava, della fidanzata gelosa.

- Scusa, ma è meglio se torni dalla tua fidanzata, visto che state per sposarvi. Mi sembra una brava ragazza, non è corretto quello che le stai facendo.

- Scusa? La mia fidanzata? Sposarmi?Per tua conoscenza non ho fidanzate, non ne ho mai avute e non ho nessun progetto di matrimonio in vista.

E subito Leonardo immaginò, stringendo i pugni, il diabolico gioco di Gisella. Quella strega lo voleva incastrare in tutti i modi, ma aveva sbagliato bersaglio.
Si sarebbe occupato più tardi di lei, ora aveva il suo angelo tra le braccia. Aveva desiderato farlo per tutta la sera della festa.
Quella bellezza genuina, pura, gli era entrata nelle viscere e immaginava quel corpo rilassato sotto il suo che tremava sotto le sue carezze.
E mentre pensava a tutto ciò, sorrideva, soffiandole parole incomprensibili sul collo, ben contento di appurare che i suoi tocchi non le erano indifferenti, vista la pelle d'oca sulle braccia ad ogni passaggio delle sue dita.

- Mio dolce angelo - e le strinse le mani nelle sue - guardami, sono fedele soltanto a ciò che mi è caro, e in questo momento sono tremendamente attratto da un architetto che non mi fa dormire la notte e non mi fa lavorare di giorno. Come vorrei che fosse piccola piccola, per poterla mettere in tasca e portarla ovunque con me!

Elena non riusciva a capire cosa le stesse accadendo. Quell'uomo carismatico, affascinante, autoritario, riusciva ad ubriacarla con quei due pozzi profondi color mare in tempesta, la mettevano in soggezione torturandola mentalmente.

Il cellulare dell'avvocato gli suonò in tasca: "No Gisella, stasera ho una cena, ma domani ti voglio nel mio studio alle undici in punto, cerca di essere puntuale - e guardò Elena per controllare l'espressione sul volto, poi continuò in tono autoritario - dobbiamo parlare con urgenza, io e te.

Elena a sentire quel nome ebbe un tremore. Erano fidanzati o no?

- Senti Elena, ti passo a prendere alle otto, fatti trovare pronta, sei invitata a cena a casa mia. Stracceremo insieme le due denunce e parleremo noi due da soli con più calma. Ho bisogno di parlare, altrimenti scoppio, e tu non lo vuoi, giusto?

Le prese il mento con una mano e le avvicinò il viso. Non riuscì a trattenere il bacio più tenero, passionale, dolce, profondo, strabordante che mai avesse dato ad una donna, e già pensava al modo in cui l'avrebbe presa e strapazzata. Un sogno che doveva diventare realtà, altrimenti sarebbe uscito fuori di testa, ne era certo. Ne ebbe un assaggio soltanto con le sue labbra morbide, vellutate, dolci che lo inebriavano come droga, e immaginava il suo corpo fra le sue mani e ciò che le avrebbe fatto provare.

- Verrò io da te, va bene per le otto - riuscì a dire totalmente soggiogata.

**

- Dai Elena - le disse convinta l'amica Brigitta - se deve soltanto stracciare le denunce, fatti comunque trovare sexy con quel vestitino in raso nero che ti sta da dio. Se vuole andare oltre, stendilo con quel completino in pizzo che abbiamo preso da "Georgette". E sciogliti per una volta. Un po' di sesso farà bene anche a te. E poi, ognuno a casa propria.

Elena si trovava tra due fuochi, un'attrazione fortissima verso quell'uomo arrogante e sicuro di sé, tanto affascinante e passionale che si sentiva male solo a immaginarlo, così magnetico e sensuale da sentire strani brividi dappertutto solo a vederlo, cosa che non le era più capitato di provare, dopo Riccardo.

**
Salire di nuovo sulla collina di Tramonte le dava un senso di ansia, come nemmeno l'esame più ostico di Architettura, e stretta nel suo giallo abitino leggero di satin si sentiva nuda, pensando al momento in cui avrebbe avuto davanti quel bellissimo esemplare di scombussolamento dei suoi sensi, e di più.

- Prego entri, signorina Weill, il dottore la sta aspettando.

La donna sorridente e gentile, che inquadrò come la moglie del tuttofare conosciuto quel giorno di rabbia, quando seguì l'auto del troglodita fin sopra la collina, la fece entrare in un salotto spazioso, quadri alle pareti disposti in ordine cromatico, divani in pelle e comode poltrone in velluto damascato, oggetti ricercati, tappeti che richiamavano i colori dei tendaggi. Antico mescolato al moderno che solo un occhio da intenditore avrebbe saputo apprezzare.

- Elena, sei arrivata finalmente da me. Benvenuta a casa mia! - Leonardo le baciò la mano, entrando in profondità nei suoi occhi.

Scrutò ogni centimetro di quel corpo sensuale, il vestito elegante gli lasciava apprezzare le forme perfette ed ebbe un sussulto quando si fermò sul seno dritto e sostenuto che già immaginava fra le sue mani. Strisciò con la vista di un laser fino ai fianchi e più giù, su due splendide gambe abbronzate e ben definite che avrebbe accarezzato e baciato fino allo sfinimento.

Elena notò il pomo d'Adamo salire e scendere su quel collo sensuale e le prese una voglia di abbracciarlo e baciarlo, pensando di non poter resistere a lungo, se continuava a guardarla così. Si sentiva stupidamente spregiudicata e aveva tanta voglia di lasciarsi andare, almeno per una volta.

- La cena è pronta dottore - la donna interruppe l'amplesso mentale dei due ragazzi che sembravano mangiarsi con gli occhi.

Leonardo accompagnò Elena a tavola, riservandosi di mostrarle la casa più tardi, perché era certo che ne avrebbe apprezzato la storia e la bellezza di quel contesto che lo aveva visto crescere e che amava tanto quanto le sue auto e il suo lavoro.

- Non sai come sono felice di averti qui stasera - e le strinse il ginocchio con la mano per poi accarezzarle la coscia dolcemente, notando che la ragazza gradiva quel tocco intimo.

- Mi hai incuriosito - gli rispose languidamente Elena - sei un personaggio poliedrico, tutto da scoprire.

Si guardarono entrambi, studiandosi per alcuni secondi, incerti sulle mosse da fare, finché l'intraprendenza del giovane superò la titubanza della ragazza.
L'attirò a sé, la fece sedere sulle sue cosce marmoree, superando il momento d'imbarazzo e le alzò il mento per scrutarne la reazione.

Sorprendendo pure se stessa, Elena gli mise la mano aperta sulla nuca e gli spinse il volto fino a far combaciare le labbra, spudoratamente, sulle sue. Un intreccio di passione, sensualità, morbosità e voglia di possesso da entrambe le parti.
Nient'altro intorno, solo i battiti accelerati delle loro casse toraciche che si schiacciavano una sull'altra, fondendo i battiti in un unico ritmo.

Le mani dell'avvocato partirono timidamente dal ginocchio in su, scivolarono lungo le cosce vellutate, arrivando ad arpionare i glutei sodi che strizzò palpandoli vogliosamente, sempre tenendo d'occhio le reazioni della ragazza.
Nessuno dei due aveva voglia di smettere, volevano di più, cercavano di più.

- Mi fai impazzire angelo. Cosa mi stai facendo, non capisco più chi sono.

- Cosa mi stai facendo tu, dispotico avvocato arrogante, nonché affascinante adulatore. Avevo giurato a me stessa di essere indifferente al fascino maschile, specialmente al tuo. Ti odio.

La sollevò come fosse un leggero attrezzo ginnico e tenendo gli occhi fissi sui suoi, s'incamminò a passo veloce verso la stanza da letto, finora intonsa da corpi femminili.
Mai, si era sognato di portare qualcuna sulla casa in collina e ora stava tenendo la sua Elena, deliziosamente consenziente, attaccata al collo come un bradipo e non chiedeva altro che essere lì, in quel preciso momento e solo con lei, staccati dal resto del mondo, isolati nella loro passione e invischiati nel tremulo blu intenso di quella notte intrigante e speciale, che sovrastava la collina solitaria.

Un insieme di morbose sensazioni, sopite da entrambe le parti, che non chiedevano altro che osare, prendere, provare, lasciando libera la voglia di esplorare mondi nuovi, spazi di silenzi occupati dalle bramosie improvvisate, desiderate, immaginate, sperate.

E il silenzio della natura in quella notte speciale, metteva in risalto e solo per loro, un'atmosfera surreale e magica, ammantata sulla meravigliosa e sospirata collina di Tramonte.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro