15 Ti realizzo un sogno
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Erano seduti comodi sul divano, ed Elena era felicemente sorpresa nel sentire Matteo che le chiedeva informazioni su Eleonora, quasi volesse la sua benedizione per potersi approcciare alla bella segretaria.
Ne avrebbe parlato sicuramente con lei il giorno dopo. In fondo, erano due brave persone entrambi e se fosse nato qualcosa tra di loro avrebbero incontrato senza dubbio il suo beneplacito consenso. Ne sarebbe stata felicissima.
- Oh scusa Elena, forse aspettavi qualcuno, non sarei dovuto venire qui - il cardiologo si scusò al primo suono del campanello di casa.
- Non aspettavo nessuno, tranquillo - gli sorrise, mentre andava alla porta - sarà Brigitta, viene spesso a quest'ora.
Colta di sorpresa per la piacevole apparizione, si buttò letteralmente sull'ammasso di muscoli fermo sulla porta, rigido, mentre i suoi occhi glaciali e indagatori si facevano spazio oltre l'ingresso per scannerizzare la figura dell'odioso palestrato che aveva visto entrare poco prima, e affrontarlo, se necessario, scaricando su di lui tutta l'adrenalina che aveva in corpo.
- Sei da sola o c'è qualcuno con te? - mentì, spudoratamente, con tono indagatore - scusa l'intrusione, ma era troppa la voglia di vederti.
E la strinse in un abbraccio possessivo da farle mancare l'aria, allo scopo di tenersela vicino, appiccicata e andare oltre lo spazio fisico tra corpo e corpo. Voleva far capire a lei e al suo ospite chi avesse in mano lo scettro del comando: lui e nessun altro.
- Elena devo andare - il medico si palesò davanti - ti lascio alle tue cose. Ci sentiamo per telefono, se hai novità chiamami. Ciao e grazie per la pazienza - e le stampò un bacio sulla guancia che fece stringere la mascella all'avvocato, mentre non mancò un lampo di sfida tra i due, prima che la porta si chiudesse alle loro spalle.
L'avvocato si concentrò su di lei, guardandola a fondo negli occhi, come fosse in un'aula di tribunale e avesse davanti un colpevole che si dichiarava innocente e dovesse scoprire dal suo sguardo se stesse dicendo la verità.
- Cosa ci faceva a casa tua quell'individuo? - fece scorrere dolcemente il dorso della mano sulla guancia dell'adorata testimone, addolcendo il tono della voce e avvicinando di più il petto contro il suo in un intreccio di sguardi d'azzurro e di mare in tempesta.
Elena si fece trascinare in quel vortice di fascino, un carisma da maschio intrigante che la destabilizzava in tutto e si lasciò andare. Appoggiò la testa sul suo petto, annusando il perforante, inebriante profumo, e come ipnotizzata cominciò a raccontare, in modo del tutto spontaneo, il motivo di quella presenza in casa sua, come la paziente con il suo psicologo.
Leonardo sospirò sollevato, forse poteva stare tranquillo, se l'obiettivo del palestrato era un'altra persona.
L'allontanò, allungando le braccia per squadrarla da cima a fondo, mentre la ragazza sentì un vuoto penoso in quel distacco. Lui sembrava averlo percepito, l'attirò di nuovo a sé con forza e le stampò prepotente le labbra sulle sue.
Era sua, semplicemente sua, e la baciò con tutta la passionalità di cui era capace. Si staccarono per la mancanza di respiro, immortalando lo sguardo dentro l'altro, persi in un mondo tutto loro.
- Tesoro, non ti rendi conto di cosa mi stai facendo. Mi abbassi le difese e non capisco più chi sono e cosa faccio. Ma so cosa vorrei fare con te. Vorrei darti il paradiso in questo momento e farti urlare il mio nome per tutta la notte, ma non ti nego che sono ancora irritato per aver visto entrare quell'uomo in casa tua - e le mise un dito davanti alla bocca per zittirla, quando tentò di parlare - sono geloso marcio, lo confesso - e le baciò dolcemente entrambe le mani, fissandola nelle iridi cielo.
Si spostarono sul divano, mano nella mano, le spostò i lunghi capelli color miele dietro le spalle attorcigliandoli in un pugno, con lo sguardo che scorreva curioso e avido lungo tutta la sua bellissima figura. Le mani accarezzavano, premevano, tastavano, dolcemente morbose su ogni centimetro, finché un sospiro mise fine a quell'agonia.
- Devo andare, piccola. Non posso rimanere, ma domani alle sette ti voglio su a Tramonte, sei a cena da me e non accetto un no.
E si avventò ancora sulle sue morbide labbra, tenendola fortemente tra le braccia, non riuscendo a staccarsi, mentre una forza lo tratteneva attaccato a lei e gli intimava di non andarsene. L'avvolse con il suo letale abbraccio ancora di più, donandole tutto se stesso ancora una volta.
- Leo - sussurrò a fior di labbra Elena, persa fra le sue braccia forti e protettive.
- Ssh, ti lascio riposare stanotte. Domani mattina sono in tribunale e passerò la notte a guardare scartoffie. Ma ti voglio in forma per le sette a casa mia - e le posò le labbra affettuosamente in fronte, lasciandola a malincuore, mentre Elena sentì una stilettata al petto vedendolo alzarsi e raggiungere la porta.
Sentiva uno strano effetto, la sua lontananza le faceva male, forse era troppo emotiva o forse non combatteva abbastanza con i suoi stessi sentimenti, ma il corpo si elettrizzava quando lo aveva vicino, forse era più di un sentimento, il suo. Forse era tutto un mondo. Un mondo inesplorato che le si apriva davanti, dopo tanto tempo.
**
Leonardo continuava ad impartire ordini a Luisa e al marito Alfredo allo stesso modo di uno schiavista, facendo sorridere con occhiate d'intesa i due coniugi Longo che lo conoscevano dalla nascita. Mai, avevano visto il loro amato datore di lavoro preoccuparsi per un invito e mai così puntiglioso e interessato per una cena.
- Mi raccomando, deve essere tutto perfetto, mi affido a voi - e rimarcò ansioso le ultime parole, sfregandosi nervosamente le mani, come fosse davanti a un caminetto acceso d'inverno.
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Quanto amava Elena quella bianca e odorosa stradina!
Una sensazione di potenza a mano a mano che saliva e passava uno ad uno gli alti cipressi, curva dopo curva. Le sembrava di assurgere al massimo livello, guardando il cielo sereno che stava cedendo poco per volta alla volontà del sole, il quale si nascondeva dietro le colline ancora verdeggianti nell'ultimo chiarore diurno.
Ricordava ogni immagine di quel meraviglioso angolo di pace, dalla prima volta in cui alzò il dito medio a quell'odioso troglodita, e le venne da sorridere, a quando scoprì là in alto la meraviglia del borgo di Tramonte e chi ne fosse proprietario, e sospirò ricordando con un lieve sospiro i baci e le mani su di lei. E poi l'invito alla cena intima in cui non seppe trattenersi, come fosse una di facili costumi, poi il solaio zen che l'aveva stravolta in tutti i sensi.
Ogni volta una sorpresa e ogni volta entrava un po' di più nella vita di quel meraviglioso, misterioso, affascinante uomo che aveva così tanto detestato all'inizio.
- Sei qui tesoro. Non vedevo l'ora che arrivassi. Vieni.
E come un gentiluomo d'altri tempi le baciò la mano, dopo averla aiutata a scendere dall'auto, incantandosi su quella bionda meraviglia, quel delicato vestitino avorio che segnava perfettamente le sue forme incantevoli, le gambe slanciate su quei tacchi che lo mandavano fuori di testa, e si fermò dentro le sue iridi cielo, tentennando forse un po' troppo quel bacio che Elena si sarebbe aspettata come oro di Mida, ma che tardava a venire.
- Buonasera signorina, è un piacere rivederla, prego per di qua - Luisa le indicò la direzione, interrompendo il momento incantato di Leonardo, togliendolo così dall'imbarazzo che non gli aveva mai visto da quando lo conosceva.
Elena sorrise alla gentilezza della donna e di rimando, verso quell'uomo intrigante, notando subito quanto fosse affascinante in quel completo di seta blu che gli faceva risaltare il colore degli occhi.
Troppo bello!
La colse un senso di gelosia che le fece male allo sterno, perché sì, si sentiva gelosa, morbosamente gelosa.
Eppure non stavano insieme, non le aveva mai fatto capire di amarla, il suo era solo desiderio fisico, pensò amaramente.
La casa era illuminata a giorno e brillava in tutto il suo antico splendore. Elena si beava, assorbendo l'odore delle pareti e dei mobili antichi che le parlavano di storia ad ogni centimetro.
- Grazie per avermi invitata, adoro questo posto - si fermò per prendergli le mani fra le sue e lo baciò sulla guancia, morbidamente ruvida dai peli appena pronunciati, mentre l'aroma del suo dopobarba le fece chiudere gli occhi in una bolla di sogno.
Era lì, con lui e con il ricordo di quel pomeriggio magico passato insieme, sotto il tetto trasparente di un solaio zen stampato indelebile nella sua memoria.
- Ora Luisa ti stupirà con la sua cena, ma dopo ci sarà un momento tutto per te. Ti anticipo che avrai una sorpresa. E non chiedermi cosa, neanche sotto tortura aprirò bocca. Spero solo di stupirti, mia piccola adorabile, bellissima palombara.
Le lasciò prontamente la mano, quasi con indifferenza, e si portò con nonchalance il tovagliolo sulle ginocchia. Con un sorriso sornione sotto i baffi osservò di sguincio il viso curioso della ragazza che era rimasta con la bocca mezza aperta, mentre una sorridente Luisa portava in tavola il suo famoso risotto fumante ai funghi e zucca, la specialità tipica dei raccolti di Tramonte e vanto dei coniugi Longo che li coltivavano.
Che la cena fosse squisita, Elena non aveva mai avuto dubbi. Leonardo si comportò da vero gentiluomo con tutta la cortesia del padrone di casa e passarono, deliziosamente, due ore spensierate insieme, le ore più felici che Elena ricordasse di aver avuto ad una cena, e con un uomo così speciale.
Per la prima volta si rese conto di non aver fatto nessun confronto tra lui e il suo Riccardo, com'era solita fare con le sue nuove conoscenze. Allo stesso tempo non ricordava un momento in cui uno dei due avesse detto all'altro un "ti amo".
Era solo amicizia, solo sesso, tentava di convincere se stessa.
- Ti ha soddisfatta la cena, piccola? - Leonardo la stilettò con la profondità e l'intensità delle sue pozze marine, come le avesse letto il pensiero e volesse cambiare argomento.
- Grazie Leo - restò sul vago, pensando fosse meglio restare indifferente - sono stata così bene che non mi sono accorta del tempo che passava. Ottimo il cibo, ottimo l'ambiente, ottima l'atmosfera. È tutto magico qui. E con un ottimo padrone di casa.
Leonardo non riuscì a resistere, le prese il viso tra le mani e la baciò con tutta la voglia che aveva in corpo, perché questo gli suggeriva di fare la sua coscienza, quando aveva quella donna accanto.
- Ti ho promesso una sorpresa, sei pronta? A dire il vero le sorprese sarebbero due, ma facciamo un passo alla volta.
La tirò su, la prese per mano e uscendo dalla sala da pranzo chiamò il marito di Luisa.
- È tutto pronto Alfredo?
L'uomo fece un cenno di assenso col capo e mandò un sorriso alla ragazza. La ricordava bene in quel giorno di sole, rossa in viso e sudata. Lo aveva impressionato per essere salita fin lassù a piedi e con i tacchi alti. La trovò un po' strana con quella voce tibuante, incerta, e gli venne da sorridere ricordando il modo spiccio con cui se n'era andata, impacciata, quasi arrabbiata.
- Ora piccola, dovrò fare una cosa - tirò fuori dalla tasca un foulard rosso, lo arrotolò e la girò di schiena per bendarle gli occhi.
- Ma cosa fai Leo - le scappò un sorriso, avrebbe voluto vedere ciò che stava facendo, ma lo lasciò fare in fiducia.
Sentì le sue grandi mani sulle spalle che la spingevano gentili, facendola camminare lentamente e con attenzione, lasciandole un fremito lungo tutto il corpo al solo contatto. Le si acuirono i rumori intorno, sentiva lo scricchiolare dei sassi e delle foglie secche sotto i piedi, mentre un'arietta fresca le accarezzava il volto rosato dall'imbarazzo.
Ma dove la stava portando?
- Non temere e fidati di me, ci siamo quasi - la rassicurò, come se le avesse letto nel pensiero.
Si fermarono e delicatamente le tolse la benda. Il cielo blu puntellato, l'odore muschiato e balsamico del bosco, il fitto silenzio intorno e il frusciare di foglie in sottofondo, la lasciarono senza parole.
- Leo è bellissimo qui - si lasciò scappare un sospiro profondo di ammirazione.
- Girati piccola.
L'aiutò avvolgendola con le braccia attorno alla vita, stringendola da fare combaciare la schiena al suo duro torace. Le toccò il lobo dell'orecchio con le labbra facendola sospirare, lasciando il mento appoggiato sulla sua clavicola.
In quel momento si accese una luce appesa ad un enorme albero frondoso, la quale inquadrò il resto di una casetta in legno scuro, sospesa nell'incrocio di tre grossi rami che si diramavano dal tronco di una quercia gigantesca.
-Leo...- ebbe solo il fiato di pronunciare le tre lettere e si bloccò guardando in su.
Restò muta a fissare l'immagine davanti. Pensò di essere in un sogno. Forse stava nel suo letto e si sarebbe svegliata più tardi con l'amaro in bocca. Eppure le sembrava tutto, favolosamente reale.
Si girò verso Leonardo con gli occhi lucidi, non una parola le uscì dalla bocca aperta.
- Ti piace la sorpresa, piccola? - le sorrise compiaciuto, tenendola ferma, stretta nell'abbraccio, sussurrando le parole sul collo, facendola tremare di nuovo.
Era tutto surreale, troppa emozione.
Un cielo bluastro era spruzzato dal giallo oro di una luna curiosa che li stava spiando attraverso una fitta trama di rami intrecciati, e l'intrigante faggeto di Tramonte li sovrastava e intrappolava come i protagonisti di una fiaba dei Grimm.
Un pesante silenzio evidenziato dal frinire delle cicale e il fruscìo delle foglie spostate dagli insetti del sottobosco notturno, incantarono Elena, affascinata da quella natura che le era entrata nelle ossa.
- Non puoi apprezzarla se non ci sali sopra, tesoro. Togli le scarpe, c'è una scala che ti aspetta e non credo siano indicati i tuoi tacchi, anche se mi fanno uscire di testa quando li indossi - le sussurrò guancia a guancia.
Elena non riusciva a fiatare una parola. Con le mani tremanti dall'emozione si appoggiò alle spalle di Leonardo e si tolse le scarpe. Si avvicinò verso la ripida scaletta, si aggrappò al solido corrimano e salì ansiosa guardando in su, ancora incredula.
Un piccolo quadrato di assi in legno alla fine della scala faceva da terrazzino, aprì in apnea la porta mignon di fronte che cigolò appena, e un piccolo ambiente di bambola, dalle pareti in legno odoroso, le si palesò davanti. Si girò sentendo la presenza di Leonardo dietro di lei.
- Che ne dici tesoro, sono riuscito ad impressionarti e a realizzare il tuo sogno? Pensi di riuscire a dormire qui stanotte? Naturalmente con me.
D'istinto gli buttò le braccia al collo commossa, la testa appoggiata al colletto della camicia profumata, mentre osservava l'improbabile, inaspettato letto a pavimento, dalle lucide lenzuola di raso blu e un profumo di pulito che si mescolava con l'odore di resina e legno del piccolo ambiente.
Due morbidi cuscini erano adagiati sul letto improvvisato e invitavano al sonno. In un angolo, un piccolo tavolino con sopra due calici e una bottiglia di vino dentro il suo glacette.
Un silenzio che sembrava fatto solo per loro, un'atmosfera unica li accalappiò in un lasso di tempo surreale e magico.
- Mi hai lasciato senza parole Leo, mai nessuno aveva fatto questo per me. Potrei fare un infarto e la colpa sarebbe tua - e lo baciò sulla guancia ruvida.
- Per così poco, tesoro?
- Tu non sai quanto ho desiderato tutto questo, un sogno che avevo fin da bambina e tu l'hai reso reale, solo per me. Non sai cosa provo in questo momento - e si girò a guardare intorno - è meravigliosa, la devo fotografare, dipingere e imprimerla nel diario della mia memoria, non la dimenticherò mai - si rabbuiò un attimo in volto - e non potrò mai ripagarti. Un grazie non basta, cosa potrei fare per te...
- Ssh - le mise un dito sulle labbra - tu non sai quello che mi stai regalando da quando ti ho conosciuta, tesoro mio.
E l'abbracciò stretta, accarezzandole la schiena con i palmi delle mani aperte, dimenticando in tasca un piccolo e importante pacchettino rosso. In quel momento aveva il mondo tra le braccia, non voleva altro che lei, non desiderava che lei, mentre dondolavano insieme ad occhi chiusi, fantasticando con la mente in un quadrato di legno resinoso sospeso tra le fronde di una quercia centenaria.
Il letto era morbidissimo e sprofondarono in un intreccio di braccia e gambe, due bocche che si cercavano assetate e bramose, le mani che non riuscivano a fermarsi, in un convulso toccare, scoprire, premere, tastare...
Un momento di passione che li avvolgeva in una intensa notte blu, spiati da un timido e giallo spicchio di luna, dentro il bosco surreale di una magica e perfetta Tramonte d'amore.
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Casa De Vittis era in fermento. Il personale si muoveva lucidando e spolverando in ogni dove. Il salone doveva splendere e sorprendere gli invitati alla festa. Quella giovane architetto era stata una manna dal cielo e ora, per merito suo, gli amici parlavano soddisfatti delle sue riuscitissime feste.
- Sai tesoro - la signora Gloria prese affettuosamente il braccio del notaio - credo di avere avuto un'idea fantastica ad invitare Silvia e suo marito. La splendida figlia potrebbe diventare nostra nuora e ti prometto, caro signor notaio, che ci metterò l'anima, perché questo avvenga. Anche loro sono d'accordo, vedrai che Leo capitolerà davanti alla sua bellezza. Non vedo l'ora che si faccia una famiglia come si deve. A volte non dormo la notte, pensando a nostro figlio e la sua solitudine...
- Cara, non credi che dovresti parlarne a tuo figlio, prima?
Il notaio si allertò, conoscendo la cocciutaggine della moglie. Sapeva che quando voleva raggiungere un obiettivo, smuoveva mari e monti con tutto il circondario tellurico.
- Ah no, tesoro, se aspetti lui, moriremo senza nipoti, fidati...
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