14 Un momento speciale
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Leonardo guidò Elena fino alla parte più alta della casa padronale di Tramonte. Mai, avrebbe pensato di trascinare una donna in casa sua e con una voglia così morbosa. Salirono fino all'ultimo piano e si trovarono di fronte ad una scala a chiocciola in legno che scricchiolava ad ogni gradino.
- Vieni piccola - la lasciò entrare per prima, dopo aver aperto una porta più bassa della altre - benvenuta nel mio nirvana.
Restò incantata, girando la testa nell'immenso salone che occupava l'intero spazio di un solaio.
Il centro del pavimento, in lucido legno profumato, era cosparso di morbidi cuscini colorati che contrastavano con i divani e i mobili in legno laccato bianco, disposti ai lati lungo il perimetro murale e coperto di specchi da terra in su, fin dove cominciava lo spiovente del tetto.
Un'importante ala di quest'ultimo era in materiale trasparente. Sembrava di essere in volo tra le nuvole e l'azzurro del cielo. Una sensazione di serenità e libertà inimmaginabili, mentre uno scrosciare d'acqua in una parete trasparente, con una cascata azzurrognola all'interno, dava l'impressione di isolarsi con la mente e il corpo, rapiti in uno spazio zen di idroterapia.
- Cosa ne pensa architetto? Qui vengo da solo quando voglio scappare dal mondo e non ho voglia di vedere, né sentire nessuno.
- Dico che è stupendo. Dico che sotto un tetto così, si è in pace con se stessi e il mondo esterno. Fare parte di quel cielo in qualsiasi momento, farsi cullare da quell'acqua che scorre... - e si girò ad incontrare i suoi occhi.
- Non criticare se ti dico che l'ho progettato io. Sentivo di avere bisogno di uno spazio tutto mio, creato dalla voglia di puro piacere. Sai, quella soddisfazione interna...
- Capisco cosa vuoi dire. Io ho un sogno fin da quando ero piccola e non sono mai riuscita a realizzarlo. Toccherei il cielo con un dito se solo potessi farlo. Nemmeno a Riccardo l'avevo mai confidato.
- Che sogno hai tesoro, dimmelo - e le prese le mani stringendole nelle sue, trascinandola sopra tre enormi e morbidi cuscini, mentre gli specchi riflettevano le loro figure in sequenze infinite. Due figure fuori dal tempo che non avevano fretta di staccarsi o allontanarsi, come fossero un tutt'uno contro il resto del mondo.
- Però non ridere - lo osservò con occhi innocenti da cerbiatta.
- Giurin giurello - si baciò le dita incrociate, sorridendo con gli occhi di un bambino felice. Poi la fissò penetrandola con lo sguardo ammaliatore, le tirò indietro i capelli, le prese il viso a coppa e si avvicinò naso contro naso - voglio saperlo, dimmelo - la invitò serio.
- Ho sempre sognato di dormire una notte in una casetta di legno su un grande albero pieno di foglie e rami intrecciati, solo io e la natura. Mi piacerebbe farlo, anche fosse l'ultima cosa prima di lasciare questo mondo, è un desiderio forte che non mi lascia da quando ero piccola.
Rimasero in silenzio guardandosi dentro gli occhi, non esisteva nient'altro intorno, avvolti nella calda coperta del loro karma, un momento molto intimo, sincero, speciale, tutto e solo per loro.
Le mani di Leonardo fremevano dalla voglia di toccarla e lei non aspettava altro, il suo corpo parlava chiaro.
- Non resisto più piccola, devo toccarti, devo baciarti, devo amarti e so che questo è il posto giusto per farlo - non si rese conto di averla detta davvero, quella parola, che fino a poco tempo prima considerava tabù.
Si lasciarono scivolare sopra la morbidezza dei cuscini, non volevano sesso, volevano di più, quel di più che faceva impazzire Leonardo e che prendeva d'incanto Elena.
Le toccò delicatamente il profilo del viso scendendo giù fino alle spalle.
Non avevano fretta, la vicinanza bastava, era già tutto. Le accarezzò le gambe che tanto adorava e andò su fino alle cosce, tirandole in alto il bordo della gonna dolcemente, pazientemente, lentamente, mentre la divorava al rallentatore con due scuri pozzi voraci e penetranti.
- Mi vuoi fare impazzire piccola, il pizzo su di te è come un veleno preso a piccole dosi. Sei letale, tesoro.
Elena con un coraggio che non riconosceva, si mise in ginocchio e cominciò a sbottonargli la camicia. Gliela piegò all'indietro, incatenandogli le braccia e ne approfittò per baciargli il petto, salì sul collo, ai lati della bocca...
- Così non vale, mio dolce scricciolo, mi stai imbrogliando, non stiamo giocando ad armi pari - e finì di togliersi da solo, finalmente, l'ingombrante indumento.
Con le mani libere, cominciò ad armeggiare con i bottoni di quella camicetta castigata, osservando di traverso l'espressione della ragazza, rimasta immobile con un sorriso indecifrabile, un misto di santa Maria Goretti e Giovanna d'Arco in estasi mistica, mentre lo sguardo da predatore di Leonardo indugiava sul suo corpo, che era pura e continua tentazione.
- Mi sai dire perché ti voglio così tanto Leo - sospirò la ragazza quasi in affanno - nemmeno io resisto con te. Non sai quanto ti voglio...
- Oh piccola, non sai l'effetto che mi fanno le tue parole in questo momento.
E si buttò sopra di lei senza un briciolo di ragione, di pensiero, di razionalità. Sentiva che erano fatti l'uno per l'altra, il destino li aveva messi di fronte e, nonostante non ci credesse, cominciò a mettere in dubbio l'esistenza di un disegno che aveva soltanto loro due come protagonisti.
**
Il solito pub, dove le tre amiche si trovavano, quando avevano bisogno di staccare la spina, brulicava di voci in fermento, odori di alcolici fruttati, movimenti di giovani spavaldi che ridevano sguaiatamente alle battute del simpatico di turno.
- Allora Elena - Brigitta invogliò l'amica - ci devi raccontare cosa succederà da adesso in poi - e strizzò l'occhio a Giorgia - più tardi arriverà anche tua madre, che ti programmerà il fidanzamento e il matrimonio in soli tre giorni.
- Smettila uccellaccio - le sorrise Elena - devo andare a prenderla alle nove e non so nemmeno perché torna prima del previsto. Comunque, né fidanzamento, né matrimonio in vista. So solo che mi piace da morire quell'uomo...
- Sì...evvai! Giorgia mi devi una pizzata - diede un colpetto alla spalla dell'amica. Sai Elena, avevo scommesso con lei che avresti scelto l'avvocato. Anche se un po' mi dispiace per Matteo. Pensa che vuole venire allo studio per un consiglio da te, mi sembra per ricavare uno spazio nel suo appartamento per le sue visite private. È proprio un bravo ragazzo, oltre che essere uno stupendo sex symbol - e si guardò in giro per essere certa che nessuno avesse udito le sue parole, troppe volte era stata ripresa da Alberto per i suoi apprezzamenti sui maschi che vedeva in giro.
- Ragazze - continuò Elena - mi ha trattato male fin dal primo momento, lo so, ma dopo che ci siamo conosciuti...beh...abbiamo capito che c'è qualcosa di fortemente unico fra di noi che va oltre la banalità. Siamo nella stessa lunghezza d'onda...
- Oh beh, se parliamo di lunghezze non puoi tralasciare di dirci...
- Smettila scema, siamo serie - la rimproverò la prof che teneva la barra dritta quando il trio si lasciava andare sconfinando nel delirio delle sconcezze - comunque ricordati Elena che noi ci siamo per te, in qualsiasi momento.
- Bellezze vi porto qualcos'altro? - il barman con il vassoio in mano tirò su i bicchieri vuoti facendo l'occhiolino ad Elena.
- Simone mi vuoi morta, per caso? Sto per andare a prendere mia madre all'aeroporto, devo essere lucida - ammise suscitando un sorriso sulle bocche delle sue amiche.
- Allora ti aspetto qui domani Elena, ci sarà un addio al celibato e potrai annegare i tuoi pensieri. Ci penserò io stesso, sto imparando a fare un nuovo drink, lo chiamerò "Sensuality" e ti prometto che penserò a te ogni volta che lo preparerò.
- Smettila scemo - Elena gli lasciò una botta all'avambraccio che gli fece scuotere i bicchieri sul vassoio - sei stato un mio spasimante al tempo del liceo, ma è acqua passata, ora siamo amici drinkettari, ma non per questo mi devi far ubriacare ogni volta, Simo! - e ci fu la risata generale, come accadeva spesso quando si trovavano tutti insieme al tavolo di quel pub.
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L'attesa in aeroporto fu compensata dagli abbracci calorosi dei due vacanzieri tornati dall'Australia in anticipo e che sembravano turisti perenni nel loro abbigliamento comodo: le valigie, le borse, i cappelli, le giacche che cercavano di trattenere a stento tra le mani, a tracolla sulle spalle, o accatastate sopra le valigie.
Elena li aiutò sorridendo, ansiosa di sapere e di conoscere tutto sull'Australia, curiosa e avida di spiegazioni e di racconti.
Rimase di stucco quando la signora Wanda le chiese con serenità tonale della voce ed espressione distesa, se poteva accompagnarla a casa del generale. Sarebbe rimasta lì per un po', come si erano già accordati.
E di nuovo sentì quel senso di vuoto dentro che l'accompagnava da tempo, intuendo che la vita di sua madre stava per avere una svolta. Almeno sarebbe stata felice.
- Tesoro, domani sei invitata a cena dal generale, dobbiamo dirti una cosa favolosa, spero sarai felice, come lo sono io - e lasciò intendere qualcosa di più di un'impressione.
E lei che si era sentita più volte in colpa, pensando alla possibilità di innamorarsi e dover lasciare da sola sua madre! Perché già immaginava quale sarebbe stata la loro notizia.
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Se lo studio proseguiva ottimamente, sommerso da cause che Leonardo divorava e digeriva, la sua parte intima e sentimentale lo stava macerando dentro.
Si chiedeva come facesse quella ragazza a farlo stare così male, quando non gli era vicino. Lo stava demolendo nelle ferree convinzioni del suo alter ego e nella sua sicurezza.
Sì, perché da quando aveva incontrato quell'angelo biondo, la sua sicurezza vacillava, lasciando sempre più spazio alla smania, la bramosia, la voglia, la passione. Non era più lucido e si sentiva più debole.
A casa dai suoi stava pensando ad Elena, che a malincuore aveva lasciata sola qualche ora prima. E intanto ascoltava sua madre di sfuggita. Non gli interessava sapere se stava preparando una festa e con chi.
Lui odiava quelle feste e odiava le facce di tutti quelli a cui avrebbe dovuto stringere la mano, sorridendo forzatamente, mentre l'immagine di Elena lo faceva immergere totalmente in un paradiso a parte, una panacea che gli faceva sciogliere i nodi più difficili e scabrosi del suo animo tormentato.
- Tesoro mi ascolti? Ho detto che vorrei scusarmi con alcune persone. Elena in particolare. Avremmo pensato, io e tuo padre, di invitare i suoi amici e magari anche sua madre. Vorrei conoscerla, so che ha passato dispiaceri con la morte di suo marito, e con lei anche la figlia, poverine.
- Mamma non hanno bisogno di compassione, se la sanno cavare bene da sole.
- Non ne dubito tesoro, ma vorrei sdebitarmi. Sai, con Elena non sono stata tenera e me ne dispiace. Vorrei davvero scusarmi e magari con questa festa riusciremo a spiegarci, chiamalo incontro, chiamalo appuntamento per un drink. O santo cielo, Leo, non farmi sentire più in colpa di così, non posso invitare degli amici alla mia festa? - sbottò sconsolata.
- Va bene, mamma. Ma mi devi promettere che non li metterai in imbarazzo. Se solo vedo Elena, sua madre o i suoi amici, smettere di sorridere in qualsiasi momento della festa, ti avviso che ce ne andremo via tutti.
- Sono felice tesoro, questo tuo interessamento irritato, mi dice che hai capito il mio tormento e che sei dalla mia parte - e gli fece un ampio sorriso di compiacimento.
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Ogni volta che Elena tornava allo studio dai soci si sentiva sollevata da un peso. Cominciava ad assuefarsi all'idea di essere tornata single e svaniva sempre più l'immagine dolorosa del marito e il peso enorme che sentiva sulle spalle. Rimanevano tanti ricordi e tanto rammarico.
- Buongiorno Eleonora, tutto bene? - Elena sorrise salutando la sempre perfetta segretaria dietro al bancone - vado da Alberto, credo che lo aiuterò con il design della barchessa.
- Oh scusa Elena, il dottore è occupato con un cliente. Un belloccio che aveva chiesto di te, ma si è accontentato del tuo socio - e le fece l'occhiolino maliziosa.
Elena bussò e aprì la porta, rimanendo sorpresa nel vedere i due ragazzi seduti alla scrivania, intenti e concentrati su alcuni fogli sparsi.
- Ciao Matteo, cosa fai qui?
Il dottore si alzò strisciando la sedia e la salutò abbracciandola calorosamente, sotto gli occhi indagatori dell'architetto, lasciato in disparte dai due.
Si misero a discutere del lavoro. Matteo guardava la ragazza più volte, rispondendo di sfuggita a qualche domanda di Alberto, in evidente sovrappensiero.
- A proposito Matteo, vorrei parlarti dopo, da soli, ti dispiace? Ti prenderò poco tempo.
- Tutto il tempo che vuoi, ho il turno stanotte, quindi oggi sono libero, tutto per te, se vuoi.
Ad Elena dispiacque di dover essere sincera con i suoi sentimenti, e Matteo rimase in religioso silenzio ad ascoltare tutto, fino alla fine.
- Resterai comunque il mio più caro amico, se lo vorrai, ci terrei tanto. Mi dispiace se ti ho illuso in qualche modo, sei veramente un bravo ragazzo. Ti avessi incontrato in un altro momento.
- Ma a te i bravi ragazzi non piacciono, giusto? L'avevo già capito - e l'abbracciò annusando per l'ultima volta il profumo dei suoi lunghi e morbidi capelli.
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Si diresse verso il giardino, la sua oasi di pace nei momenti di relax, quando si lasciava cullare dall'amato dondolo e chiudeva gli occhi annusando e smistando il variegato profumo dei fiori, e assaporava la quiete e il silenzio che tanto desiderava e di cui necessitava a fine giornata, con il bisogno di tirare le somme su una delle tante tappe della sua sospirata e tormentata vita.
Si chiedeva perché mai avesse un trasporto così forte verso quel suo bellissimo avvocato, che solo a pensarlo il corpo si scombussolava, indebolito da scosse elettriche che le si conficcavano dritte nello stomaco.
Si alzò di malavoglia, dopo aver udito il suono del citofono, ma felice, pensando all'arrivo di Brigitta con la quale si sarebbe aperta come in confessione e avrebbe ascoltato e accettato i suoi saggi consigli da brava psicologa qual era.
- Ciao Matteo. Che sorpresa, cosa fai qui, dai entra - e si abbracciarono affettuosamente.
Intanto una MG verde oliva stava rallentando poco più lontano.
Cos'era quell'abbraccio a quell'ora tarda?
Perché lo aveva fatto entrare in casa? Perché erano così in confidenza?
Di nuovo quel palestrato vicino alla sua Elena.
Un turbinio di pensieri sovraeccitò Leonardo, dubbi, incertezze, paure di tradimento, di nuovo un altro tradimento, e il pensiero gli solleticò l'amor proprio, ancora segnato da profonde ferite nel suo animo sanguinante.
Un improvviso timore lo sorprese rendendolo debole all'istante. Non poteva immaginare la sua Elena accanto a qualcun altro che non fosse lui.
Forse non le bastava un amore soltanto.
L'aveva detta un'altra volta, quella tanto detestata parola.
E ora, che avrebbe dovuto fare, dopo che si era trascinato fin là, perché non riusciva a stare lontano più di tanto da lei?
Fare finta di niente, suonare il campanello e restare al suo fianco marcando il territorio, oppure andarsene e lasciarli soli, qualunque cosa accadesse?
Era un amico, un amante, era uno pericoloso?
Ma se fosse stato pericoloso non lo avrebbe abbracciato in quel modo...
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