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10 Un'altra volta no

La ragazza bionda, occhi vitrei, fisico statuario, spostava il carrello con le creme per massaggi nel suo striminzito mini camice bianco. Era diretta verso la stanza dove l'aspettava la cliente già pronta sul lettino e impaziente di sfogarsi parlando di flirt, ragazzi, sesso, quando incontrò la sua titolare sulla porta.

- Allora Gisella, sei riuscita a riconquistare il tuo pezzo da novanta? Non mi hai più detto niente da quando ho parlato con quella stronza che te l'ha portato via. Vedessi che faccia ha fatto quando ha visto le foto.
Ha funzionato il tuo piano?

- Non ancora, sto facendo un passetto alla volta. È un avvocato, non è uno sprovveduto e devo essere cauta con lui. È lui che voglio nella mia vita e lo avrò, ma l'hai visto? Sarei pronta a fare di tutto per lui - sospirò l'ultima frase, non tanto da non essere ascoltata dalla sua dipendente.

- Saprei io come farti accelerare la cosa - la bionda si avvicinò per parlarle in confidenza, sottovoce e in modo convincente - ti costerà un po', ma funziona davvero...

**

Il locale da Ottavio fu la scelta ovvia per Leonardo da proporre ad Elena per la sospirata cena, immaginando un piacevole e soddisfacente finale a casa sua.

Era forte la voglia di accarezzare quel corpo perfetto, quelle gambe da favola incrociate fra le sue, quella bocca carnosa, voluttuosa, che avrebbe fatta sua all'istante incurante dei presenti, quelle due colline da sbavarci sopra, quegli occhi che lasciavano vedere dentro e sembravano ricambiare le cose sconce che Leonardo stava pensando.

Era successo tutto in così breve tempo: si erano conosciuti in un modo bizzarro, si erano scontrati e lasciati in un modo paradossale e si erano riavvicinati in un secondo tempo nel modo più strampalato, stravagante e balzano possibile.

- Non sai quello che mi fai provare Elena, quando ti ho davanti - Leonardo le mise la grande mano calda sopra la sua, profondamente perso nei suoi dolcissimi occhi ammaliatori - ti confesso che non sono mai stato uno stinco di santo, ma da quando ti ho visto quella volta, proprio a questo tavolo - e sorrise nel ricordarlo - ho provato una strana sensazione. Mi sono sentito catturato, incastrato, come se avessi di fronte una magnifica dea che mi avesse incatenato e magnetizzato, e non riuscissi più a staccarmi da lei. Cosa mi fai dolce Elena!

Stava per rispondergli con un timido e leggero sorriso sulle labbra, ma furono interrotti dalla suoneria della "Cavalleria Rusticana" sul cellulare di Leonardo, impostata appositamente per riconoscere e distinguere le telefonate della madre, perché questo gli suggeriva ogni volta che Gloria lo chiamava. Era come la carica di un intero reggimento a cavallo, e anche stavolta non si sarebbe smentita.

- Leonardo Enrico Maria De Vittis - ahi, quando sua madre lo chiamava con tutto il nome per intero c'era bufera in arrivo - da qualsiasi parte ti trovi in questo momento, sarà bene che ti precipiti qui più in fretta che puoi, liquida la donnaccia di turno e fa presto, mi hai sentito? - e chiuse subito la telefonata, dopo averlo sconvolto con la sua voce imperiosa.

Preoccupato per la salute del suo vecchio, pensò subito ad un malore del padre. Si alzò di fretta, raccolse la giacca dalla sedia e baciò la mano della ragazza, mortificato.

- Mi dispiace Elena per la nostra cena, ma devo andare a controllare cosa succede, ho sentito mia madre preoccupata. Mi accompagni? Non lasciarmi da solo contro gli artigli di quella donna, per favore - la supplicò con lo sguardo desolato, pensando con dispiacere alla splendida nottata persa.

Suo padre, pensò Leonardo, si meritava tutto l'aiuto possibile da lui. Era stato un padre sempre presente ed esemplare. Tutto ciò che era diventato lo doveva a lui, e il timore per la sua salute indeboliva la sua scorza di Caimano. Non aveva mai avuto bisogno di esternare i suoi sentimenti, il loro posto era stato riempito da una buona dose di cinismo professionale inculcatagli fin da giovane. I sentimentalismi sarebbero stati una debolezza che non si poteva permettere.

**
Le luci di Villa De Vittis, davano un alone di sfarzo e ricchezza già a vederla da fuori, e la mano sicura dell'avvocato battè la testa del leone bronzeo sul pomello dorato del pesante portone di legno antico, mentre dava uno sguardo fugace alla ragazza di fianco, per accertarsi che fosse tranquilla, per ricevere un suo sguardo di rassicurazione che lo avrebbe fatto star bene.

- Finalmente... - la signora Gloria fermò la voce constatando, con sorpresa, la presenza di Elena dietro a suo figlio - scusa cara - continuò guardando seria, prima la ragazza e poi Leonardo - dovrei parlare con mio figlio in privato.

Elena si guardò intorno spaesata, percependo sulla pelle un senso di estraneità e inadeguatezza alla situazione, intanto che madre e figlio si allontanavano per raggiungere un ospite in uno dei tanti salotti della casa. Tre voci concitate si alzavano di tono parlando in contemporanea, ma sentì bene ciò che non avrebbe voluto sentire.

- Cosa? Spero tu stia scherzando Gisella - la voce ferma, ma preoccupata di Leonardo, sovrastò le altre due - sai benissimo che ho sempre usato precauzioni, proprio per non arrivare a questo, e non è la mia priorità in questo momento.

- Amore, questa ecografia non me la sono inventata - Gisella con un finto piagnisteo accarezzava il braccio dell'uomo tentando di far leva più sulla madre, che su di lui.

- Santo cielo Leo - sbottò spazientita la madre - prenditi le tue responsabilità, non si lascia una fidanzata che aspetta un figlio. Non ti ho insegnato questo io, a volte mi sembri ancora un bambino. Hai tutto per essere un padre e farti una vita, finalmente, e questa ragazza merita rispetto, ha mio nipote in pancia, cristo santo. Ho cresciuto un mostro, non ti riconosco più.

Nel frattempo Elena si sentì mancare le forze, sola nella grande entrata della casa nobiliare, non sapeva come agire. Si sentiva spompata, umiliata, perfino in colpa per essere lì da estranea spettatrice.

Aveva udito chiaramente e ascoltato bene ciò che stava accadendo. Era meglio allontanarsi subito e dimenticare tutto e tutti.
Pensò al biglietto per Londra che era ancora valido, sperava soltanto di poter superare lo shock, perché di ritornare in uno stato depressivo permanente non ci teneva proprio. E proprio quando la sua vita stava per avere una svolta piacevole, pensò sconsolata, perché Leonardo le piaceva e anche tanto. Era riuscito a scalfire il suo cuore, indurito ormai da due anni.

Ma la fortuna non era dalla sua parte e malediceva il fato che le aveva tolto l'unico scopo che aveva nella vita. Il suo Riccardo non c'era più, era tutto sulle sue spalle e per la prima volta fece un pensiero di rimprovero al marito che l'aveva lasciata sola, nel periodo più bello della sua vita, con tante aspettative davanti e mille difficoltà.

**
- Ciao Elena, cosa fai tutta sola a quest'ora, non ti ho vista in palestra stasera, qualcosa non va?

Matteo, appena uscito dal centro sportivo, scorse la figura della ragazza ferma sul marciapide
che trafficava al cellulare. Gli sembrava fosse in difficoltà e con piacere la raggiunse per aiutarla.

- Ciao. No, no, scusa ma stavo chiamando un taxi, ho avuto un contrattempo e non ce la facevo a camminare oltre, con questi tacchi.

Matteo ringraziò quella coincidenza e si offrì per accompagnarla a casa con la sua auto. La ragazza era un po' freddina nei suoi confronti e per questo gli piaceva ancora di più. Gli davano fastidio quelle oche che gli si attaccavano come polipi, sia all'ospedale che in palestra. Sapeva di piacere alle donne, ma Elena era una bella sfida.

- Sai che ci sono, se vuoi parlare e sfogarti - le disse appena fermata l'auto davanti al cancello, dopo che aveva visto palesemente la sofferenza sul volto della ragazza.

Elena non seppe resistere e sfociò in un pianto che aveva represso troppo a lungo, e si abbandonò tra le braccia del ragazzo.

- Non ti lascio in questo stato, dai fammi entrare, resterò soltanto finché non ti sarai calmata e ti sarai sfogata con me.

Elena non era più abituata a quelle attenzioni da parte di un uomo e avrebbe voluto che fosse un altro al posto di Matteo. Lo guardò attentamente e vide davvero un bravo ragazzo, affascinante, dolce. Gli voleva bene, sentiva che poteva nascere una bella amicizia con lui e gli avrebbe parlato in modo sincero, era sicura che avrebbe capito.

Il cardiologo sapeva come prendere Elena, le parlava dolcemente e le accarezzava la testa depositando qualche bacio sulle tempie, avvicinandosi sempre di più alla sua bocca.
Elena si lasciava fare, non aveva voglia di fermare quelle tenere attenzioni, la facevano stare bene, ne aveva bisogno, voleva stringersi attorno a quelle braccia forti e protettive, sentiva che poteva cedere a quel ragazzo che la rispettava e la coccolava come una bambola di porcellana.
Non si rese conto di come si fosse ritrovata con la zip dell'abito aperta, con una mano di Matteo fra le gambe che strofinava sopra il pizzo delle sue mutandine e l'altra che impastava compiaciuto un seno, come fosse pasta per la pizza. Eppure le piaceva...

**

Il volo era previsto per le undici e dieci. Aveva salutato gli amici dicendo loro che sarebbe rimasta fuori il tempo necessario per una vacanza, e l'avevano assecondata.

- Fai bene a staccare un po' - le aveva suggerito la sua amica psicologa - lo studio è in buone mani e va avanti anche senza di te. Io e Giorgia teniamo d'occhio Matteo per te, e puoi stare certa che, se qualche tettona di nostra conoscenza cercasse di avvicinarlo, la attaccheremmo all'elastico più alto tirandolo al massimo, e ti garantisco che non si accorgerà nemmeno di aver passato così in fretta la sua ora di palestra e si troverà direttamente seduta comoda sul divano di casa sua.

Come sempre Brigitta sapeva metterla di buonumore. Certo non aveva nessuna voglia di parlare del genere maschile in quel momento. Si vergognava, era troppo umiliante raccontare la verità ai suoi amici, sarebbe stato un altro smacco per la sua onorabilità. Cosa avrebbe raccontato? Che Matteo non le interessava in quel senso, ma aveva accettato con leggerezza le sue avances, che si stava innamorando di uno che l'aveva trattata malamente e che aveva pure messa incinta l'amante o fidanzata che fosse?

Il destino si beffava ancora di lei. Ricordava quanto avessero parlato, lei e Riccardo, per avere un figlio da crescere ed essere una famiglia al completo, ma ora che aveva risvegliato il suo cuore con quell'avvocato, si era sentita tradita: a lui una famiglia con un figlio in arrivo. A lei il tradimento, la gelosia e un pizzico di invidia.

**
Londra non splendeva di sole quel pomeriggio, era grigia come l'anima di Elena.

- Lorenzo, ti sei ricordato di venirmi a prendere!

Appena fuori dal gate posò a terra il trolley e abbracciò affettuosamente il figlio di Lidia, l'amica di sua madre.
Si era offerto subito per ospitarla nell'appartamento in centro a Londra, appena era venuto a conoscenza della sua sventura amorosa.

- Vieni Elena, ti voglio presentare il mio compagno, ti sta aspettando a casa e ti sta preparando un pranzetto italiano coi fiocchi. Sai, questi inglesi non sanno cosa significhi mangiare, e poi ti faremo dimenticare i cattivi pensieri finché starai con noi. Da questo momento sarai la nostra compagna preferita - e le fece un sorriso sincero, con tutto l'affetto di quel fratello che a lei era sempre mancato.

La invitò a salire sul vecchio taxi nero, il quale cominciò a dare segni di cedimento ad ogni curva con i suoi sinistri gargarismi arruginiti, mentre si sentiva sballottare dentro lo spazio angusto e scomodo, andando spesso a sbattere addosso al corpo di Lorenzo, il quale le sorrideva divertito ad ogni tocco.

Un abbraccio fraterno accolse Elena sulla porta dell'elegante appartamento.

Il compagno di Lorenzo, un giovane chef italiano, dirigeva due famosi ristoranti nella via più trafficata e famosa della City. Filippo le fece vedere la stanza, spaziosa ed essenziale, il poco e semplice mobilio, il bagno adiacente alla camera e un'enorme terrazza con una vista spettacolare sul Tamigi e la ruota panoramica che sembrava salutarla, mentre girava lenta poco lontana in linea d'aria dal quarto piano dell'edificio.

**
Il Caimano non si era mai sentito più sfiduciato di così, con l'umore sotto le suole che si dissolveva ad ogni passo trascinato nel serioso ufficio.

- Non mi dire! È scappata di corsa, ma dai, davvero - gli rispose ironico il collega Amedeo con l'intento di fargli capire l'errore, dopo aver raccolto la tragica confessione di Leonardo. Perché questo era: una tragedia - e cosa ti aspettavi che facesse, che ti dicesse " Bravo, stai diventando papà, io me ne starò buona in disparte a guardare che ti sposi e lo cresci insieme a lei, per tutta la vita?".

Leonardo si passò una mano tra i capelli, la sua vita non stava andando secondo i suoi piani. Mai, avrebbe pensato di potersi compromettere a quel modo, e con Gisella poi. Non era più riuscito ad amare, dopo il tradimento del suo primo amore universitario e non avrebbe mai passato un lungo periodo con la stessa donna e nello stesso letto. Un figlio poi!

- Quindi vuole tenere il bambino e tua madre è d'accordo perché vi sposiate. Sei messo bene amico - Amedeo infierì sulla piaga.

- Devo parlare con mio padre - il Caimano raccolse in fretta la giacca, come si fosse dimenticato di qualcosa all'ultimo momento e varcò la porta senza salutare il collega che lo guardò uscire pensieroso.

**
L'ufficio austero del notaio Gian Maria De Vittis, era immerso nel silenzio. I numerosi tomi sugli scaffali, tutti uguali, lo stesso grosso spessore, lo stesso colore scuro della pelle che li ricopriva, contribuivano ad aumentare il senso di pesantezza e austerità del luogo.
Padre e figlio si guardarono in profondità parlandosi con gli occhi, non una parola, nessun movimento. Il notaio conosceva bene i pensieri del figlio, fin da quando era piccolo aveva cercato di stargli vicino ed educarlo secondo le regole della sua famiglia, una famiglia onorata e rispettabile e l'aveva cresciuto con tutti i crismi e i princìpi degni di un De Vittis.
Non volava una mosca da diversi minuti, ormai.

- Quindi, sei sicuro di aver preso tutte le precauzioni, sempre? Non è che mi ritrovo fra qualche anno con nipoti che non conosco, in giro per il mondo, che mi assomigliano e che non hanno il mio cognome?

Il Caimano non mosse ciglio, gli aveva spiegato le sue perplessità sulla gravidanza di quella donna poco affidabile e non era pronto ad essere un padre. Di nessuno.

- Faremo il test del DNA dopo la nascita e nel caso fosse tuo, ti prenderai le tue responsabilità. Non occorre che ti sposi, ma non potrai far mancare un padre a tuo figlio. Questo è tutto ciò che ho da dirti, figliolo. Per quanto riguarda tua madre, sai che non mollerà con la fissa del nipotino. Le parlerò io e la farò ragionare, per il momento seguiamo un profilo basso.

Come sempre suo padre gli dava sicurezza e stabilità. Anche un Caimano come lui non poteva nascondere le sue debolezze. Certo che un figlio era un fatto inaspettato. Non avrebbe mai amato la madre, ma gli avrebbe garantito un futuro, nel caso fosse stato davvero suo figlio.

Sentiva un vuoto dentro e una colpa esasperata nei confronti di Elena. Non l'aveva più vista, dopo la fuga di quella sera, eccome se la capiva.

Aveva sete di lei, bramava averla fra le braccia, si sentiva rilassato quando stava con lei, lo rendeva più tranquillo, più "umano". Ma come si sarà sentita dopo aver fatto quella scoperta? Doveva parlarle, doveva farle sapere ciò che provava e che non aveva mai provato per nessun'altra, anche se il destino gli aveva messo lo zampino di traverso per stravolgergli la vita.
Doveva fare un lungo giro di telefonate per trovarla il prima possibile. Si sentiva vuoto, inutile, una sensazione strana mai provata prima.

**
- Questo posto è meraviglioso, Lorenzo.

Complice l'atmosfera del pub, intima e accogliente, Elena si sentiva stordita, ubriaca del clima nordico inglese, umidiccio, muffoso, fumoso, birroso e si sentiva a suo agio con i nuovi amici.

- Dimmi Lorenzo - il biondo muscoloso, tatuato, imponente, guardava Elena con ammirazione, come fosse davanti alla Gioconda - dove tenevi nascosto questo gioiello? Talmente bella che ne sei geloso e la vuoi tenere tutta per te?

- Smettila stupido, non è dell'umore giusto, dobbiamo distrarla e farla divertire - gli rispose secco il ragazzo, affiancato dal compagno che controllava tutti gli sguardi che cadevano addosso al suo amato e uno sguardo a controllare l'amica, come fosse un padre geloso pronto a partire all'attacco per difenderla.

Il biondo sorrise ad Elena. Era un amico di vecchia data dei due fidanzatini, proprietario di una catena di pub, compreso quello in cui si stavano divertendo, e invitò la ragazza a ballare sulle note di Ed Sheeran. Un'atmosfera dolce e melodiosa che la obbligò a rilassarsi su quelle spalle possenti e protettive.

- Ricordarti di darmi il tuo numero di cellulare, perché ho voglia di rivedereti, si può fare? - le sussurrò il vichingo all'orecchio, mentre dondolavano lenti e abbracciati sulla dolce melodia.

Elena si stava godendo quegli spazi di vuoto nella sua memoria, sorrideva e condivideva le battute spiritose e le birre che arrivavano puntuali al tavolo, appena le pinte tornavano ad essere vuote, e già immaginava il brutto risveglio del mattino dopo.

Girando gli occhi tra il fumo del tabacco speziato del salone, le parve di incontrare due pozze profonde che le ricordavano tanto qualcuno e sorrise al pensiero di essere già ubriaca e immaginare il sogno ricorrente che la teneva sveglia ogni notte, ancora prima di addormentarsi.

- Tesoro stai bene, sei pallida, vuoi che torniamo a casa? - Lorenzo preoccupato cercò con lo sguardo il suo compagno per ricevere un cenno di assenso o di aiuto.

- Tutto a posto, grazie ragazzi. Andate pure a ballare, vi aspetto qui. Vi voglio bene! - alzò la voce per sovrastare la musica e rassicurare i due amici con il suo miglior sorriso.

- Scusa George - si rivolse al biondo tatuato - ti dispiace se resto da sola un minuto con i miei pensieri, dopo ti concedo un altro ballo, uno irlandese, se vuoi - gli disse sorridendo.

Il biondo capì al volo che la bellissima ragazza aveva bisogno dei suoi spazi, aveva tutta l'aria di dover sbollire tanta roba dentro di sé e la lasciò seduta comoda, tenendola costantemente d'occhio, mentre controllava che il resto del locale funzionasse a dovere.

Elena sentì il morbido cuscino del divano in pelle incurvarsi sotto il peso di una persona accanto a lei, mentre un braccio si stese sulle sue spalle, infondendole una piacevole sensazione di tepore in tutto il corpo.

- Ciao Elena - Leonardo fissò con lo sguardo in adorazione la ragazza, nel suo adorabile abitino in pizzo nero - ti ho trovato finalmente! I pub di Londra mi hanno sfinito. Mi è stata data una vaga informazione ma, scarpe comode, buone gambe e tanta voglia di vederti hanno fatto in modo che ti trovassi. Ti avrei recuperata anche in capo al mondo.

Elena non sapeva cosa dire, la bocca schiusa per la sorpresa, gli occhi spenti, la birra che l'aveva stordita e intontita. L'icona di quell'uomo che le aveva intrappolato il cuore era lì, davanti a lei, inaspettatamente. Era venuto per lei, l'aveva cercata fino a Londra.

- ...la..la tua fidanzata e il bambino, stanno bene? - le uscì balbettando dalla bocca, involontariamente.

Leonardo le prese le mani stringendole nelle sue. Il calore stava già sciogliendo il gelo che l'aveva avvolta da quella sera, dopo aver sentito come un macigno nello stomaco, la voce grave di Gisella che l'aveva fatta morire dentro.

- Vieni con me, ho una suite nell'hotel qui vicino. Saremo tranquilli, dobbiamo recuperare il tempo sprecato, ho parecchie cose da dirti e da spiegarti. Lo senti anche tu quello che c'è tra di noi, provi anche tu quello che provo io da quando ti ho visto la prima volta da Ottavio? Sei sempre con me da allora, ti ho sempre in testa da allora. Devo spiegarti molte cose tesoro. Devo parlarti anche di Gisella, vieni.

Leonardo si alzò, la prese per mano cercando tra i clienti del pub il volto del suo contatto di Londra e si scontrò con gli occhi arrabbiati di un vichingo tatuato che aveva controllato ogni loro mossa da quando lo sconosciuto si era seduto sul divano accanto a lei.

- Ciao avvocato - Lorenzo lo salutò tendendogli la mano - l'hai trovata, hai visto?

Elena li guardò entrambi confusa. Forse le era sfuggito qualche piccolo dettaglio. Il suo amato avvocato doveva spiegarle davvero molto, la notte sarebbe stata molto lunga per il troglodita insulso e la palombara isterica, tenacemente ostili, conflittuali, recalcitranti, ostinatamente puntigliosi, ma inconsciamente innamorati e palesemente incompresi.

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