Non fidarti degli stronzi
"Come diceva Zarathustra: nella vita, che tu cammini e ti muovi, o siedi e ti aspetti, prima o poi uno stronzo lo incontri."
(Paolo Rossi)
Erano passati due mesi dal mio fidanzamento e Jacob era diventato sempre più geloso, sempre più opprimente. Aveva iniziato a presentarsi a casa mia alle ore più assurde, avvertendomi che controllava tutto ciò che facevo. Mi sentivo chiuso in gabbia.
Era un mercoledì freddo e nuvoloso e un odore di pioggia aveva invaso l'aria di New York. Pausa pranzo. Quel giorno non avevo voglia di andare allo Starbucks o a Central Park, così decisi di rimanere sulle scalinate del museo intento a mangiarmi un bel panino al salame. Estrassi il telefono dai jeans e iniziai a scorrere la home di Instagram, quando ricevetti una chiamata da Jacob. Non risposi. Lui richiamò e così, preso dalla rabbia, spensi il telefono.
Era finito il turno di riposo e ritornai al lavoro. Quel giorno arrivò un gruppetto di italiani e iniziai a essere più aperto. Eravamo nella sala dei mammiferi africani e stavo spiegando che la leonessa prende il posto del leone per procurarsi il cibo, quando vidi Jacob con le braccia conserte davanti all'entrata della sala. -Scusatemi.- Comunicai ai turisti e quest'ultimi iniziarono a girare intorno ai mammiferi imbalsamati facendo foto a raffica. -Cosa vuoi? Ti ho detto che non voglio più ad averci a che fare con te.- Dissi con un tono di voce non tanto alto. Jacob iniziò a sbraitare dicendo che io gli dovevo obbedire e che doveva controllare tutto ciò che facevo. Intimai di abbassare la voce quando vidi il gruppo di italiani girarsi verso di noi, ma fortunatamente riuscì a nascondere tutto dietro un falso sorriso. Jacob continuò ad insultarmi ed urlarmi quando per fortuna arrivò la guardia.
Era Nathan Smith. Capo della sicurezza del museo. Era stato lui a farmi abituare all'ambiente il primo giorno in cui arrivai. I suoi capelli erano corti e neri, i suoi occhi quasi a mandorla ed era grosso quanto un armadio. Smith era un tipo riservato e di poche parole ma sapeva perfettamente a suo agio le persone.
Jacob guardò la guardia, la quale era molto più alto di lui. -Non finisce qui! Puoi giurarci.- Mi puntò il dito contro. Mi girai e feci il dito medio mentre ritornai al mio lavoro ma lui iniziò a correre dietro di me, rosso come un peperone per la rabbia, ma Nathan fu più veloce e lo alzò come se fosse un bimbo di 5 anni. Tutti i turisti iniziarono a fargli le foto. -NON FINISCE QUI!!- Urlò Jacob mentre venne portato fuori dal museo.
Ritornai dalla comitiva, scusandomi dell'accaduto e continuai a spiegare gentilmente la storia dell'Africa e dei suoi componenti ma sentivo dentro di me come una fitta al cuore. Come se qualcuno lo avesse preso e lo avesse rotto in tanti piccoli pezzi.
La comitiva se ne andò verso le 17:00 e io mi misi seduto dietro al bancone e iniziai a leggere una rivista. -Tutto bene?- Domandò Smith. La sua voce era forte e calda, ma al tempo stesso dolce. Io annuì, anche se sapevo che non andava affatto bene. Mi sentivo male per il comportamento di Jacob e mi sentivo ancor più male perché avevo posto in lui un'enorme fiducia. Ma si era come "trasformato". Era diverso. Non era più lo stesso Jacob di una volta. -Sai, un giorno avevo provato di fare una foto come i modelli di quella rivista ma inutile dire che mi ritrovai in acqua. Completamente fradicio.- Iniziai a ridere e anche Nathan fece lo stessom Lo guardai e iniziai a parlare con lui del più e del meno. Era davvero simpatico. La maschera di impassibilità, che indossava tutti i giorni, non aderì bene quel mercoledì e scopri che era un'orsacchiottone. Ma malgrado il suo tentativo buffo di tirarmi su di morale, quest'ultimo era ancora basso e un'enorme paura per Jacob iniziò a farsi strada tra le mie emozioni.
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