Benvenuto in famiglia
Un bambino appena nato. Un batuffolo di luce lanciato dalle stelle più lontane. E dentro ci sono già le leggi della vita, le formule segrete della meraviglia e le prime chiavi per aprire le forme del mondo.
(Fabrizio Caramagna)
28 Marzo. Verso le 13.30, mentre ero con Dajanara a bere qualcosa allo Starbucks più vicino, chiamai l'ospedale e li avvertì che stavamo arrivando.
Il viaggio in auto accellerò le contrazioni. Ne aveva una ogni 3 minuti, e iniziai a scritare l’autista alla ricerca di un segnale di panico nei suoi occhi. Mi divertì l’idea di un parto in auto, come nei film. In ospedale venimmo accolti da un’infermiera sorridente che ci chiese qual'è lo stato. Poi ci accompagnò in una sala: arredata in perfetto stile Ikea. Il divano in pelle rossa, il tavolinetto, lo stereo, i fiori alle finestre. Molto diverso dalla sala parto del nostro immaginario.
Una ragazza giovanissima e biondissima si presenta. Si chiama Malin e disse che aiuterà la ragazza a partorire: non è un medico, è un’infermiera specializzata.
A meno di complicazioni non ci saranno medici in sala parto.
Il monitoraggio conferma che va tutto bene: 133 battiti al minuto. La dilatazione è già di 5 centimetri. Eravamo un pò confusi io e Daja. Tenni diligentemente il conto, ma le contrazioni erano frequenti e Fernandez non sapeva bene come mettersi. Malin prese in mano la situazione e inizia a suggerire posizioni.
Glielo avevano detto al corso, ma non ci aveva creduto al fatto che una posizione diversa potesse effettivamente aiutare ad attenuare il dolore. Eppure funzionava.
Provò in successione la TENS, poi delle infiltrazioni di acqua sterile sottocutanee, infine il gas esilarante. Tutto sembrò aiutare. Ad ogni contrazione si ripeteva “una in meno”. Riuscì a continuare a respirare bene, con il mio aiuto e quello di Malin. Dopo un paio di ore, la dilatazione fu completa. Le contrazioni erano sempre più dolorose, ma iniziavano a durare di meno. Qualcosa non andava: il piccolo si era fermato ad un paio di centimetri prima dell’uscita.
Il dolore delle contrazioni era diventato insopportabile, oltre che inutile, visto che non si andava avanti. Ma forse era proprio il suo essere inutile a renderlo insopportabile.
Il piccolo lì fermo, a contemplare il paesaggio o a pensare ai massimi sistemi. Mentre la futura madre fuori a soffrire. Alla fine cedette, e chiese l’epidurale.
Si sentì rispondere che è troppo tardi. Se voleva, poteva fare una spinale. Whatever! L’anestesista arrivò quasi immediatamente, e si presentò.
Gli venne voglia di urlarle “NON ME NE FREGA UN C…. DI COME TI CHIAMI! TIRA FUORI L’AGO E BASTA!” e invece riuscì a fare un cenno con la testa, e improvvisò una smorfia al posto di un sorriso.
Finalmente ha dentro il silenzio. Riprese possesso dei suoi pensieri. Si sentì di nuovo una persona normale. La spinale era meravigliosa, e agì molto più in fretta dell’epidurale. Era improvvisamente molto grata all’anestesista. Chissà come si chiamava?! Le sorrise.
Solo che ora il travaglio era fermo. Si parte con l’ossitocina.
Dovevamo convincere il piccolo ad abbandonare quel bel posticino che si era trovato e procedere nel canale verso l’uscita principale.
Malin gli disse di muovermi e così iniziò a camminare su e giù per la stanza. Dopo circa un ora, arrivò il momento di spingere. Malin la invitò a sedere su un panchetto a forma di ferro di cavallo a circa quaranta centimetri da terra. Lei si siede in terra di fronte alla futura madre.
Mi ordinarono di uscire dalla stanza e di aspettare in sala di attesa. Intanto arrivarono Casper, Chloé e Nathan. Dajanara non avrebbe mai pensato di partorire su un panchetto del genere.
Quando partì la prossima contrazione iniziò a spingere. Malin gli diede il via. Iniziò.
Annunciò felice che si vedeva la testa. Bastarono poche spinte forti, e nel giro di un paio di contrazioni, il piccolo era fuori. Lo sentì piangere.
Malin lo prese e lo poggiò subito sulla sua pancia. Il suo corpicino umido la riscaldava.
Nessuno lo laverà. Nessuno glielo toglierà. Da ora rimarrà con lei tutto il tempo.
Malin dice a Dajanara che perdeva molto sangue; la mettono sul lettino. Ma a lei non importa più nulla. Perse il senso del tempo. Il suo piccolo era con lei. Si attaccò al seno immediatamente. Si perse nel blu scuro dei suoi occhi.
"Piacere di conoscerti Jacob. Sono la tua mamma." Pensò prima di morire.
Erano passate più di una settimana dal parto e dalla morte di Dajanara. Quando Fernandez lasciò il suo corpo, il piccolo Jacob non fu dato ai servizi sociali ma bensì a me. Avete capito bene: ero diventato padre.
Infatti Daja mi aveva nominato padre del bambino. Solo dopo varie ore scoprì inoltre che gli fu dato il nome di Jacob... Proprio come quel Jacob...
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