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Capitolo 2.


Appena la portiera sinistra si aprì, repressi un sorriso. Mostrarsi troppo entusiasta era fuori discussione, no?

Il numero 25 della Fiorentina salì in macchina, mise in moto e poi posò una mano sulla mia gamba, mentre partiva. Il cuore accelerò a quel tocco e il mio stomaco si strinse. Morivo dalla voglia di baciarlo.

- Chi era quel coglione che ci stava provando con te?- la stretta sulla mia coscia si fece leggermente più forte e io sorrisi, inevitabilmente. Era geloso, e decisi che fosse giusto farlo soffrire un po'.

- Mah, non lo so... carino però, no? Mi ha gentilmente offerto da bere.- mi girai verso Federico e lo scrutai, aspettando una sua qualsiasi reazione. Per poco non morii soffocata dalla mia stessa saliva, davanti alla sua espressione prima scioccata e poi infastidita.

Scosse la testa e spostò la mano dalla mia gamba al cambio delle marce, segno che si era infastidito. - Carino?! A me è sembrato solo un bamboccio.-

- Ma come, sei geloso?- lo stuzzicai ancora - Non mi sembrava così tanto male.- quell'espressione indispettita e quel broncio lo rendevano adorabile.

Iniziò a blaterare sotto voce, contrariato dalle mie parole, e io scoppiai a ridere. - Io ti amo quando fai il geloso.- sgranai immediatamente gli occhi, rendendomi conto delle parole che avevo usato. Non eravamo ancora arrivati a tanto, e magari non saremmo nemmeno mai arrivati a tanto, non potevo saperlo. Perché diavolo mi erano uscite così libere? Come se dirgli di amarlo, fosse la cosa più naturale del mondo.

So per certo che anche lui si accorse, perché il silenzio calò gelido dentro l'auto. Smise di lamentarsi e il suo sguardo rimase sempre puntato sulla strada davanti a sé. Mi maledii immediatamente per non aver tenuto la bocca chiusa. Ero una stupida, forse avevo rovinato tutto.

Fermò la macchina nei parcheggi sotterranei di un palazzo e mi fece gesto di scendere. Senza parlare, neanche una volta. Non capivo dove mi avesse portata, di solito i nostri incontri avvenivano in alberghi, e quel posto non lo era di certo. Entrammo in un enorme ascensore e, appena le porte si chiusero, lui si avvicinò a me improvvisamente.

In un attimo sentii le sue labbra sulle mie, mentre le sue mani si posarono sui miei fianchi e poi sulla mia schiena, lasciata scoperta dal vestitino. Finalmente, io invece, portai le mie mani sui suoi capelli, che volevo accarezzare da ore. Averlo così vicino, mi faceva mancare l'aria, il suo profumo mi mandava in tilt, e inoltre, sapeva bene cosa fare per mandarmi fuori.

- Ti desidero da appena ti ho vista al bancone e vedere quell'idiota provarci con te mi ha mandato fuori di testa.- spostò le sue labbra sulla mia spalla e sentii i brividi percorrermi. Il campanellino dell'ascensore suonò improvvisamente, facendoci capire di essere arrivati al piano da lui richiesto, e ci allontanammo di scatto l'uno dall'altra. Proprio come due amanti, cosa che mi fece leggermente stringere il cuore e svanire l'atmosfera che si era creata tra noi.

Uscimmo dall'ascensore e mi indicò la porta di quello che, leggendo la targhetta del campanello, appresi essere il suo appartamento. In un attimo mi sentii onorata, per me fu una grande cosa, un grande gesto. Appena entrammo mi persi ad osservare tutto, era così accogliente, avrei potuto abituarmici.

- Smettila di guardarti intorno.- mi abbracciò da dietro, stringendomi forte. - Non è mica la prima e l'ultima volta che ci entrerai.-

Sorrisi appena e mi girai verso di lui. Volevo parlargli, ma restare lucida con i nostri nasi attaccati e le labbra che si sfioravano, risultò molto difficile. - Che scusa hai inventato per andare via?- non riuscii a smettere di fissargli le labbra e poi gli occhi, in modo alternato. E lui si accorse, perché trattenne un sorriso.

- Solite cose, ma intanto Chiara sta con le amiche, e i miei amici mi reggono il gioco.-

Trasalii immediatamente sentendo le sue parole. - Loro sanno di noi?-

Annuì come se fosse la cosa più scontata del mondo. - Sono i miei amici, compagni di squadra, fratelli, mi aiutano per tutto e so che posso fidarmi di loro.-

Giusto. Condividevo pienamente con lui quel pensiero. Compagni di squadra, compagni di vita, di viaggio. - Come fa, lei, a non sentire la tua mancanza quando non ci sei?- sussurrai al suo orecchio, per poi lasciargli un bacio, mentre giocherellavo con i bottoni della sua giacca.

- Lei non è te.- fu l'unica cosa che mi rispose. Una semplice frase, ma con un significato enorme.

La sua mano accarezzò piano la mia vita, il mio fianco e infine il mio viso. Delicato e deciso allo stesso tempo. Mi bastava che mi sfiorasse, per farmi rendere conto che di lui non ne avrei avuto mai abbastanza. Nemmeno in un'altra vita.

- Chiesa?- lo chiamai apposta con il suo cognome, ricordando le sue parole, mentre le mie labbra sfioravano dolcemente la sua mandibola. - Mi dispiace per prima.-

Mi fermò immediatamente e fece incrociare i nostri occhi. - A cosa ti riferisci?-

Scossi la testa in segno di negazione e sorrisi, cercando di convincerlo che non fosse nulla. Se non lo ricordava, non era bene dirglielo ancora. - Ho bisogno di baciarti, non credo abbiamo ancora molto tempo.-

Misi su il muso, senza nemmeno rendermi conto. Non volevo separarmi da lui, eppure dovevo farlo da lì a breve.

- Dormirai con me qua.- dichiarò con un tono che non ammise repliche. - Ora però, dimmi cosa intendevi.-

- Parlo della scenata che ho fatto fuori dal locale.- mentii, non volevo ripetergli che avevo detto di amarlo. Non era il caso. Non mi era assolutamente piaciuto il modo in cui si era chiuso in sé, senza parlare più.

Portai le braccia attorno al suo collo e lo feci abbassare alla mia altezza, in modo tale che le nostre labbra, finalmente, si scontrassero. Il mio stomaco si rilassò improvvisamente, come se fosse quello che aspettava da tutto il giorno. Come se questo contatto fosse un miracolo per me. Una rinascita.

- Non ti credo, sai?- mi chiese, smettendo di baciarmi un attimo - So che parli di altro.-

Alzai gli occhi al cielo, sorridendo, e lo zittii con un altro bacio. - Quanta voglia di parlare oggi, Chiesa.-

- Sei una stronza malefica, perché so che mi stai chiamando di proposito così.- sorrise in un modo che non saprei spiegare e mi allontanò da sé, di scatto. - Dimmi la verità.-

- Dio, non ci vediamo praticamente mai e hai davvero intenzione di discutere? Non posso crederci.- mi misi stupidamente sulla difensiva. Non volevo parlargli, non volevo che si rovinasse tutto a causa di quelle parole magiche e indicibili. Volevo solo godermelo e stare con lui.

- Nessuno sta discutendo, basta che parli.- il modo in cui i suoi occhi castani mi guardavano... Non fu mai semplice sostenere il suo sguardo, lo sentivo bruciare su di me.

- Fede, ami Chiara?- le parole mi uscirono da sole dalla bocca. Non gliel'avevo mai chiesto, non parlavamo mai di lei. Ma le parole del tipo al bar mi ribombavano in mente. " E poi è fidanzato, e la ama, lo sanno tutti. Ti consiglio di lasciar perdere."

Mi guardò meravigliato dalle mie parole e con un pizzico di incredulità. - Scusa? Che ti prende, posso saperlo?-

- Nulla, ho solo bisogno di te. Che mi stringi a te.- mi avvicinai nuovamente a lui e posai le mie mani sul suo viso. Non ero in me. Ero impaurita. Non volevo perderlo e non volevo sapere cosa effettivamente fossi per lui. Meglio rimanere nel dubbio, che sapere che per lui ero solo una bella ragazza con cui divertirsi.

- Chiara non è te. Non la amo, non provo nulla per lei. Sai già perché non lascio.- spiegò calmo, quasi in maniera sfinita. Magari era stanco tanto quanto me da quella situazione. Magari nascondersi, faceva stare male anche lui. Io gli credevo, mi bastava poco per farlo. Sempre.

Quella notte tirava una strana aria su di noi. La sentivo chiaramente. Senza ombra di dubbio. Mi stava opprimendo.

- Alcuni ragazzi mi chiedono di uscire, spesso... e rifiuto sempre, per ovvi motivi.- davanti alle mie parole, afferrò il mio viso con le sue mani, e mi baciò. In modo possessivo, come se volesse dimostrare al mondo intero che io ero solo sua. Mi attirò a sé e poi mi fece appoggiare al muro, intrappolandomi tra quest'ultimo e il suo corpo. Ricambiai subito il suo bacio, avrei voluto dimostrare anche io a tutti che lui era mio. Noi due eravamo nati per stare insieme, e io me lo sentivo dentro, me lo sentivo addosso.

Mi lasciò alcuni baci sul collo e poi sulla spalla, abbassando leggermente la bretella del mio vestito nero. Mentre io feci in modo di far scontrare nuovamente le nostre labbra. I baci con lui erano qualcosa di intimo. Riuscivo a percepire ogni singolo sentimento, lo sentivo mio anche solo tramite un semplice bacio. Era seriamente una cosa strana, ma magica.

Sbottonai la giacca del suo abito e lui se la tolse immediatamente. Io mi tolsi i tacchi e lui sorrise a trentadue denti, amava il fatto che fossi molto più bassa di lui, me lo ripeteva in continuazione. - Come puoi essere davvero così?- chiese dal nulla, mentre mi sorrise dolce. - Sei un angelo.-

Gli sorrisi per risposta, rendendomi conto che io pensavo le stesse cose di lui. Forse ero stupida a farmi mille paranoie, no?

Mi portò nella sua stanza e mi si strinse il cuore per la felicità. Ero davvero nella sua casa, per la prima volta. Mi sentii davvero speciale.

Riprese a baciarmi, senza parlare più. E io mi sentii la donna più fortunata del mondo, sotto i suoi baci e le carezze. Eravamo solo noi uniti dentro una stanza, e il mondo chiuso fuori.

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