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29. Una mente affollata.

Abby's POV
Guardo il tramonto e prego. Sto qui, in questa piccola radura circondata da alberi e semplicemente prego. Prego un qualcosa che non conosco, che non ho mai visto, ma a cui ora chiedo aiuto.
Muovo un po' i piedi, beandomi della sensazione dell'acqua intorno alle caviglie, che passa in mezzo alle dita e accarezza le vesciche senza però bruciare. In qualche modo immagino che passando stacchi dalla mia pelle il sangue rappreso delle mille guerre che ho vissuto da quando sono qui. Portando via, insieme ad esso, anche dolore e stanchezza.
Quest'acqua è l'unica cosa che ci tiene in vita. Possiamo sopravvivere senza tutto, senza amore o carezze, senza un capo che ci comandi, anche senza regole se ci impegnamo.
Ma non senza acqua.
Ecco perché ci siamo impegnati tanto per mettere in sicurezza questa sorgente, in modo da poterci venire a tutte le ore senza pericolo di trovarci terrestri, mietitori o, peggio, persone di Mount Weather.
E questo è anche il motivo per cui sono qui.
Questo posto è l'unico fuori dal campo in cui sono al sicuro, e l'unico in cui poter venire senza che qualcuno mi dica di risolvere dei problemi.
Per quanto io ami il mio popolo e il mio compito di Cancelliera, a volte apro gli occhi la mattina e desidero essere una persona qualsiasi, che deve prendere ordini senza darne, che sa cosa fare della sua giornata e che si deve assumere la responsabilità solo della propria vita.
Ma ho voluto prendermi questo peso e ora ne accetto le conseguenze.
Mi alzo in piedi e improvvisamente mi metto ad urlare.
- SENTITO TERRA?! Accetto le conseguenze! Accetto di essere la Cancelliera! - urlo con tutto il fiato che ho in gola.
E dopo questo mi sento bene, o almeno meglio, perché non penso che starò mai bene di nuovo.
Ma mi sento meglio, perché queste frasi non sono più solo dentro di me, ma si stanno librando nel vento, libere di arrivare a chiunque le voglia ricevere e accogliere.
Tap, tap, tap.
Un applauso lento come il movimento degli alberi mi sorprende.
Il sangue mi si gela nelle vene e mi irrigidisco all'istante.
Mi rendo conto di avere paura. Una paura mista a mille interrogatori.
Chi sarà? Avrà sentito cosa ho detto? Cosa penserà di me?
Ti prego, fa che non sia un terrestre, mi ritrovo a pensare.
Alla fine mi decido a girarmi.
Forza Abby, un piede alla volta.
Ma non faccio in tempo a voltarmi che delle possenti braccia mi circondano il corpo, inondandomi di un profumo che conosco bene.
- Brava Abby, ottimo discorso.
Trattengo il fiato.
Quindi ha sentito tutto...
Il suo tono si fa più serio.
- Coraggio, devi solo avere coraggio, e un po' di pazienza. La troveremo... Li troveremo tutti: Clarke, Indra, Bellamy, Finn, Jasper, Monty... Torneranno tutti a casa.
Sento il suo fiato caldo sul collo e rabbrividisco.
- Sì, sì lo faremo. Grazie Marcus.
E finalmente mi rilasso, appoggiandomi totalmente a lui, inspirando il suo profumo a pieni polmoni.
Strano come sia passata in pochi secondi dalla totale paura all'incondizionata sicurezza.
Lui si stacca dalla mia schiena e va a sedersi sul bordo del laghetto, nello stesso punto dove ero io prima.
- Vieni - sussurra.
Io mi avvicino lentamente e faccio per sedermi accanto a lui.
- No, non lí.
Mi fa segno di mettermi sulle sue ginocchia.
- Vieni lasciati cullare, sei stata forte per troppo tempo - continua.
Tento di oppormi, ma ben presto mi lascio convincere.
Non appena mi appoggio a lui, tutto il sonno e la stanchezza di questi ultimi giorni mi piombano sulle palpebre, costringendomi a chiudere gli occhi e ponendo fine a tutti i miei pensieri.
Chissà Marcus, forse, in un'altra vita, se io non fossi stata la Cancelliera e tu un mio "collega di lavoro", avrei potuto amarti.
Poi buio. Solo buio.
***
- Hey Abby... Coraggio, è ora di tornare al mondo reale.
- Mmh.
- Abbyy, ci sono le frittelle!
- Frittelle... Dove?!
Il mio cervello torna in moto al solo sentire quella dolce parola.
Frittelle... Voglio le frittelle.
Apro gli occhi e sorrido a quelle labbra che mi ha dato la bella notizia.
Poi mi tornano in mente due cose.
La prima è che sono sulla Terra, dove non ci sono fornelli per fare le frittelle.
La seconda è che sono in braccio a Kane, e questo non doveva assolutamente accadere.
Mi guardo intorno spaesata e confusa: intorno a noi è completamente buio. Ragiono che saranno passate ore e che le sue povere gambe saranno distrutte.
In quel momento il mio cervello torna totalmente attivo e una serie di pensieri iniziano ad attaccarlo.
Sono la Cancelliera.
Ho lasciato il mio popolo senza una guida per più di mezza giornata.
Ospiti ad Arcadia ci sono barbari pronti ad uccidere tutta la mia gente in qualsiasi momento vogliano.
Mia figlia è fuggita dal campo e sono più di otto giorni che invio squadre di ricerca nei boschi, senza successo.
Sbuffo e quel senso di leggerezza che provavo fino a pochi secondi prima scompare del tutto.
Marcus deve accorgersene, perché, senza staccare gli occhi dalla sorgente, mi stringe a sé.
- Marcus.
- Lo so, ancora un minuto, poi ti lascio e faremo finta che non sia mai successo.
Per fortuna (o sfortuna?), è una notte alquanto luminosa e riesco a vedere il suo volto incupirsi, anche se solo per un secondo.
- La rivoglio a casa... Non posso credere che ci abbia abbandonati, che abbia abbandonato me... - mi lamento, mentre Clarke prende nuovamente possesso della mia mente.
- Buon sangue non mente, Abby. Clarke è pur sempre tua figlia. Sapeva che tu lo avresti fatto, e lo ha fatto anche lei. E sai cos'altro sa? -
- No - scuoto il capo, sembrando una bambina desiderosa di risposte.
- Sa che tu la stai cercando, e che le vuoi bene.
- Ma io non la sto cercando... Quei ragazzi sono dovuti fuggire per andare a cercarla! Io... Io non stavo facendo nulla Marcus. È mia figlia e io l'avrei lasciata li a morire.
- Abby, ora torna in te ok? Hai o no organizzato squadre su squadre di ricerca per ritrovarla? Hai o no, chiesto addirittura agli uomini di Lexa di dare un'occhiata in giro? - fa un sorriso - Che insomma, con il tono che hai usato con i terrestri sembrava più un "Andate a cercare mia figlia... E se non la trovate evitate pure di tornare".
- Si, beh, io... Pensandoci, quei poveretti non l'ho più rivisti qui ad Arcadia.
Per un secondo, ma solo per un secondo, mi sento in vena di ridere.
Ma mi trattengo.
- Tutti quei poveri ragazzi... Come abbiamo fatto ad abbandonarli così, a inviarli qui giù, a farli rapire dai terrestri e poi da Mount Weather?! Erano i nostri figli Marcus, i nostri bambini...
- Sai anche tu che se non lo avessimo fatto sarebbero morti nello spazio, insieme a noi.
- Si, ma...
- Niente ma Abby. Era la cosa giusta da fare.
Sembra dirlo più a se stesso che a me, come se dovesse ancora convincersi della cosa.
Per qualche assurdo motivo tutto ció mi fa piacere.
Sì, mi fa piacere che ci sia qualcun'altro che prova rimorso per ciò che ha fatto.
Mi fa piacere il non essere la sola a soffrire.
Abby, tu non hai mai sofferto da sola, mi ricorda la coscienza.
Qui soffrono tutti, tutti i giorni. E proprio perché sei cosa sei, non puoi permetterti di prenderti le "giornate sabbatiche" per piangerti addosso, mi rimprovero.
- Ok, andiamo a salvare quei ragazzi - esclamo convinta.
E finalmente, anche se con una punta di rammarico, mi stacco da lui e mi rimetto in piedi.
Marcus mi guarda per un secondo dal basso all'alto, quindi si solleva anche lui.
- Ecco... Questa è la mia Abby.
"La mia Abby?"
Si avvicina pericolosamente a me.
- Marcus, io non...
- Lo so... - e poi mi bacia.
Un unico dolce bacio, dolce e casto, che indugia alcuni attimi sulle nostre labbra.
Poi, staccandosi, sospira: - Lo so... Noi non possiamo.
E, levando la mano dalla mia guancia, si avvia verso Arcadia.
Gli fisso le spalle, pensando che forse potrebbero condividere con me il peso di tutto questo, se solo io lo volessi.
- Andiamo? - domanda, girandosi un attimo a guardarmi.
- Sì, arrivo.
Mi avvio dietro di lui con la testa piena di ancora più domande, ma il cuore più leggero.

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