Octavia's POV
- Siamo tornati da quella stupida "battaglia" da cinque giorni e non un momento che gli fosse venuto in mente di venirmi a chiedere come sto. In fondo sono stata io a salvargli il culo, cavolfiore - dico stizzita più a me stessa che al mio ben poco interessato interlocutore.
Terzo passo, quarto passo, quinto passo...
Mi ritrovo davanti al muro di legno, giro i tacchi e torno indietro.
Primo passo, secondo passo, terzo passo...
- Nooo... Non pensiamo alla povera Octavia, che ci ha quasi rimesso un braccio, no no. Piuttosto sbaviamo tutti dietro a quell'inutile sacco di carne immobile.
Al quinto passo raggiungo nuovamente la fine della stanza, mi giro e ricomincio.
- Insomma, non serviva mica tanto. "Ciao Octavia, come stai?", "Bene Lincoln, grazie", "Grazie per avermi salvato il culo", "Oh, non ti preoccupare, questo e altro per l'uomo che fino a due settimane fa diceva di amarmi e ora non mi dedica neanche un istante"
Continuo ad urlare, scimmiottando la voce di quell'ingrato, cafone, imbroglione, menefreghista e chi più ne ha più ne metta.
All'improvviso trovo insopportabile il suo sguardo fisso su di me, quindi arresto la mia "camminata", punto le mani ai fianchi e sbotto:
- Dai, su, ora dimmi che mi sbaglio. Dimmi che me lo sto inventando e che la gelosia fa brutti scherzi. Dimmelo, se è questo che pensi!
Attendo impaziente qualche secondo e alla fine, non ottenendo risposta, grido esasperata:
- AAAH!
Mi porto le mani al viso e strizzo forte gli occhi.
- Sai che c'è?! Sei un cavallo inutile!
Esco a grandi falcate dalle stalle e sento lo sguardo di Artax sulle spalle.
Al diavolo chi ha detto che sono animali intelligenti.

Una volta fuori dalla stalla, una guardia mi lancia una rapida occhiata ma, incrociando i miei occhi di fuoco, abbassa subito lo sguardo, trovando improvvisamente interessanti le proprie scarpe.
Non lo biasimo, probabilmente non ne poteva più dei miei "monologhi". Dopotutto sono stata lì dentro più di 2 ore ad urlare e dubito che le pareti delle stalle siano insonorizzate.
Abbasso anch'io lo sguardo e rigo dritta verso il reparto intensivo dell'infermeria, quello dedicato ai terrestri, sperando che nel frattempo nessuno mi fermi.
Al tempo stesso prego di non incontrare Lincoln.
Purtroppo, Etria e l'Heda si trovano nello stesso reparto.
Fortunatamente, sono in stanze separate.
Una volta arrivata, sempre sovrappensiero, vado a sbattere contro la porta chiusa.
Ma cavolfiore! Possibile che con tutta la gente che entra ed esce da questo cavolfiore di reparto solo io trovi questa cavolfiore di porta chiusa?!
Sì, da tre giorni mi impongo di trovare modi alternativi di dire parolacce, altrimenti diventerò peggio di un mietitore ubriaco.
Sto ancora imprecando con me stessa, quando alzo lo sguardo per cercare la maniglia e... Da quando le porte respirano e hanno un paio di stupendi occhi neri e, soprattutto, parlano?!
Sì, a quanto pare parlano, tuttavia io non sto ascoltando un cavolfiore di quello che stanno dicendo.
Mi riprendo dal momentaneo blocco (fisico e mentale), e cerco di concentrarmi sulle parole che mi sono rivolte.
- Octavia? Ci sei?! Octavia, rispondimi...
- Tu... Cosa vuoi? Ti sei già stufato delle biondine che non muovono un muscolo?
Octavia, sei proprio una persona orribile. Come puoi parlare così di una persona in coma, che è stata anche prigioniera dei mietitori?, interviene la mia coscienza.
Perdo un altro pezzo del discorso di Lincoln.
Sono ancora completamente addosso a lui, quindi mi porto un passo indietro, non staccando comunque i miei occhi dai suoi.
- ...di chiederti come stai, o scusa, ma ora penso che non lo farò.
Ah, lui voleva chiedermi scusa? Che altro mi sono persa di quello che ha appena detto?
- Va al diavolo - gli sussurro a denti stretti; quindi lo spintono per arrivare, finalmente, da Lexa.
Oltrepasso la porta e non mi giro a guardarlo nemmeno una volta.