23. Attacco a sorpresa.
Finn's POV
- Finn, hai intenzione di fermarti o intendi proseguire fino allo sfinimento?
Ignoro le parole ironiche di Bellamy e proseguo sulla via, tagliando qua e là dei rami che bloccano il passaggio. Continuo a ripetermi che sto benissimo, che l'unico a stare male è il mio cuore, e che esiste un solo modo di curarlo... Modo che non prevede che io mi fermi a riposare.
- Finn, sono serio! - continua lui - Sono tre giorni che camminiamo senza meta e, soprattutto, senza sosta. Avremo dormito sì e no cinque ore. Fermiamoci un attimo!
Mi arresto di botto, sentendolo subito sospirare di sollievo.
Ma il sospiro è destinato a durare poco, visto che in un tempo minore di due secondi lo raggiungo, mi pianto di fronte a lui e gli sussurro: - Finché non troviamo Clarke, io non intendo fermarmi.
Lui si irrigidisce e scuote la testa. Per un secondo spero di non avere il suo stesso aspetto: profonde occhiaie nere, viso scavato e, sopratutto, follia nello sguardo.
- Non abbiamo nessun indizio su dove sia finita... E se fosse stata catturata?
Assumo un'espressione terrorizzata.
Voglio escludere quest'opzione a priori, perché non ce la farei a reggere l'idea.
Clarke catturata? No, no, no.
Come se mi avesse letto nei pensieri, Bellamy commenta: - Dobbiamo valutare tutte le possibilità. Potrebbe essere dietro quell'albero così come dentro una prigione a venti metri di profonditá.
Rabbrividisco all'idea.
- Sei troppo agitato, Finn. Accampiamoci un attimo e riflettiamo sulla situazione - continua Bellamy.
Ma, mentre mi preparo nuovamente a negare la proposta, notiamo un'ombra passare velocemente dietro alcuni alberi.
Io e Bellamy ci guardiamo intorno guardinghi, per poi fissarci terrorizzati.
- Che diamine era? - domanda lui.
Vedo la sua mano portarsi subito alla pistola.
Io afferro un pugnale.
Ho un brutto ricordo legato alle armi da fuoco e dubito che riuscirò ad impugnarne nuovamente una, senza che una scia di ricordi mi sovrasti la mente.
- Te l'avevo detto che qualcuno ci stava seguendo! - gli sussurro, memore del giorno precedente.
Bellamy aveva accantonato l'idea con un "Ma figurati". Ed ecco che ora l'incubo diventava realtà.
- Okay, avevi ragione. Comunque sia, ora cosa facciamo? O meglio, cosa vuoi fare?
Mi guarda con un cipiglio alla "Ricordati cosa è successo l'ultima volta".
Mi passa davanti il flashback di noi alla ricerca di Clarke e di me stesso che, senza alcuna pietà, punto la pistola alla testa di un terrestre e sparo senza pensarci due volte.
Rabbrividisco. Non riaccadrá. Non di nuovo.
- Io... Nascondiamoci, Bellamy.
Lui abbassa la testa, segno che condivide l'idea, e insieme corriamo verso un tronco d'albero posato verticalmente sul terreno.
Ci sistemiamo sdraiati dietro di questo e attendiamo, io con la mano tremante situata sul pugnale e Bellamy con la pistola puntata. Solo per sicurezza, mi ripeto.
Mi rendo conto soltanto ora di quanta stanchezza abbiamo accumulato. Forse ha ragione Bellamy, forse dovevamo riposare un po'... Ma dubito che ora ne avremo modo.
I miei pensieri vengono interrotti da un urlo di guerra, che si eleva nel bosco e raggiunge dritto le nostre orecchie.
- Un terrestre - sussurra Bellamy.
- Siamo stati fortunati a non averne incontrati per tre giorni, ma prima o poi doveva capitare... - mormoro io.
L'idea che i terrestri possano aiutarci mi balena per la testa per un secondo, quindi scompare via e il suo posto viene preso dal ricordo di migliaia di uomini che incitavano la mia morte.
Lexa potrebbe anche avermi risparmiato e, inoltre, considerarsi in debito, visto che Bellamy l'ha salvata, ma per tutti gli altri del suo popolo la faccenda è diversa.
Per loro, io devo morire.
Bellamy mi poggia una mano sulla spalla, scuotendomi un poco, come per risvegliarmi dai miei pensieri.
- Stai allerta - bisbiglia.
All'improvviso il terrestre spunta fuori e inizia ad avanzare verso di noi.
Ha negli occhi un'espressione assassina e sembra quasi riuscire a fiutarci. Il suo corpo è coperto da degli spessi segni neri, mentre sul petto è presente un lungo ghirigoro rosso e blu.
Per un attimo mi domando cosa indichino quei disegni, poi mi ricordo che abbiamo faccende più importanti a cui pensare, ad esempio sfuggire alla morte.
Io e Bellamy ci giriamo, appoggiandoci al tronco e dandogli le spalle, per concentrarci meglio e delineare un possibile piano di fuga.
- È solo uno, sarà facile da evitare - sussurra Bellamy.
Ma a queste parole altre due ombre si aggiungono al terrestre. Una viene da destra, l'altra da sinistra.
- Okay, siamo in svantaggio, ma se corriamo molto velocemente forse... - propone nuovamente lui.
Sentiamo le foglie spezzarsi sotto il peso di quegli uomini, mentre i loro archi strusciano per terra.
Sono vicini. Troppo vicini.
- Siamo troppo esausti per scappare, Bellamy - rispondo - È colpa mia, ci saremmo dovuti fermare qualche volta a riposare, e invece...
- Non importa di chi sia la colpa, non intendo morire così.
Detto questo si alza e punta la pistola.
- Bellamy, no! - urlo, alzandomi anche io e cercando di fermarlo.
Non voglio avere altre morti sulla coscienza.
Ma prima che lui riesca a premere il grilletto, una freccia colpisce alla testa il terrestre a noi più vicino, trapassandogli il cranio.
Quello appare sorpreso, ma subito rotea gli occhi e cade a terra.
Mi giro di scatto, cercando di capire chi abbia scoccato, ma non vedo nessuno.
All'improvviso parte una seconda freccia, e poi una quarta e una quinta.
Gli altri due terrestri cadono a terra a pochi passi da noi, morti.
- Ricordami di ricominciare a credere negli angeli custodi - commenta Bellamy.
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