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Capitolo 1

La grande struttura in vetro si staglia contro il cielo, riflettendone il chiaro azzurro della prima mattina. Le lettere dorate che formano lo stemma, una A incastonata in una U, quasi brillano sotto i raggi del sole, il quale illumina i dintorni, portando i primi accenni di calore.  L'aria è, tuttavia, ancora fresca e la inspiro con un sorriso, grata che la brezza riesca a calmare di poco la mia ansia.  Tutto attorno a me vi è un chiacchiericcio eccitato, segno che questo è un giorno molto importante e atteso. Non c'è da stupirsene. Oggi, ventisei febbraio, i cancelli del più prestigioso liceo statale per Eroi di tutto il Giappone ha aperto le porte per l'esame di ammissione al nuovo anno ed io, come tutti il resto dei sovreccitati ragazzini di terza media che stanno salendo il viale d'ingresso, sono qui per prenderne parte. Ebbene sì, la mia carriera da Eroina inizia oggi.

«Ci siamo» sento sussurrare il ragazzo accanto a me «Non si può più tornare indietro»

Mi volto verso di lui, regalandogli un sorriso che mi si forma automaticamente sulle labbra al pensiero che sia proprio qui al mio fianco, finalmente. Il profilo chiaramente occidentale del suo viso spicca a confronto con gli altri, i capelli blu oltremare e gli occhi verdi, curiosi e in costante movimento, un grande contrasto con quelli più anonimi che ci superano in un nervoso silenzio.

«Non ho mai avuto l'intenzione di tornare indietro» mormoro di rimando.

Lui mi lancia un'occhiata carica di significato, stringendomi le spalle con un braccio e arruffando la frangetta che avevo messo in piega con cura sta mattina. Sbuffo irritata, sebbene il mio sorriso non ceda, e mi appresto a rimetterla a posto, cercando di appianare i capelli bianchi che ora sono sparati in tutte le direzioni.

«Sei insostenibile, Theo» commento, assottigliando gli occhi.

«Andiamo Skye, non vorrai arrivare tardi» ride, lasciandomi andare e affrettando il passo.

Roteo gli occhi, sospirando pesantemente. È il mio migliore amico, ma lo amo tanto quanto non lo sopporto. Ci siamo ritrovati solo qualche mese fa e abbiamo già rischiato di ucciderci a vicenda una mezza dozzina di volte, il che la dice lunga.

«Siete d'intralcio» ringhia una voce.

Mi giro in quella direzione e, nello stesso momento, un ragazzo dai capelli biondo cenere sparati in tutte le direzioni ci sorpassa, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Non posso fare a meno di corrugare un sopracciglio al comportamento adottato, ma non faccio commenti, lasciando che vada per la sua strada e noi per la nostra. Comunque, non sono di certo il tipo da mettersi a fare la ramanzina a qualcuno che non ho mai visto prima. La mia attenzione ritorna quindi su Theo e lo raggiungo, entrando facilmente in sintonia con la sua camminata.
Una volta all'interno dell'enorme edificio, dei cartelli colorati ci indicano la direzione dell'auditorio e, senza perdere un momento, ci dirigiamo verso la grande stanza. Non è facile trovare due posti vicini una volta arrivati, visto che non siamo proprio in anticipo, ma grazie ai miei occhi da falco, letteralmente, riesco a trovarli e ci sediamo velocemente. Mentre io studio la carta che ci hanno dato, la quale ci illustra i dettagli del nostro esame, noto con la coda dell'occhio che Theo si sta guardando attorno, di sicuro alla ricerca di ragazze da importunare.

«Mi stai innervosendo» lo metto al corrente «Siamo qui per sostenere un esame, non per rimorchiare»

Lui sbuffa, ma decide di non protestare verbalmente, concentrandosi sulla carta. A poco a poco l'auditorio si riempie completamente e quindi fa la sua comparsa Present Mic, uno dei professori della scuola, nonché Pro Hero. Credo insegni Inglese.

«Benvenuti tutti quanti al mio show!» esclama amplificando la voce grazie al marchingegno posto sul collo «Rispondete tutti quanti "HEEEEY"»

Silenzio di tomba.

«Whoa, ho sentito un brivido lungo la schiena, così come tutti gli spettatori, immagino. Bene ragazzi, sto per dirvi come andranno le cose oggi, siete prontiii?!»

Ancora silenzio.
Anzi, no.
Mi volto verso la fonte di un basso, costante ed eccitato mormorio, trovando un ragazzino dai capelli verdi e le lentiggini. I suoi occhi, altrettanto verdi, brillano di curiosità e eccitazione mentre snocciola sottovoce ogni cosa di cui Present Mic è capace. È quasi carino il suo modo di fare, come quello di un cucciolo a cui finalmente si sono aperte le porte al mondo esterno. Noto che è seduto vicino al tipo scontroso dai capelli sparati, il quale gli intima di tacere.

«Oook, statemi bene a sentire allora!» continua l'Eroe, decidendo di ignorare il mormorio.

Prende quindi ad illustrarci le dinamiche della prova pratica. Osservo la carta che ci hanno dato all'ingresso e, confrontandola con quella di Theo, noto che siamo in due campi di prova diversi. Sicuramente non è un caso, anche se formalmente non abbiamo nessuna relazione, non andiamo a scuola assieme da cinque anni e, quando ci andavamo, era in un altro paese, ma non mi stupisco per niente delle risorse della Yuuei. Un ragazzo si alza in piedi di scatto, interrompendo i miei pensieri.

«Mi scusi, posso fare una domanda?» chiede in tono forte e chiaro.

Dopo uno sproloquio sul fatto che, anziché tre robot, sul foglio ne siano segnati quattro, domandandosi quindi se la Yuuei si sia sbagliata, si gira verso il ragazzo lentigginoso:

«Non riesci a startene tranquillo nemmeno per un secondo, ti distrai in continuazione. Se pensi di essere in un parco giochi ti sbagli di grosso»

E qui mi sento in dovere di intervenire. Non ho mai sopportato persone simili.

«Tu invece dovresti evitare di dire certe cose della Yuuei quando sei qui a fare l'esame di ammissione. È giusto far notare un'errore, ma è sbagliato prendersela senza saperne la causa. Inoltre ognuno è libero di fare ciò che vuole, per cui se lui vuole distrarsi, ben venga» esordisco con una punta di velenosa ironia nella voce.

«Skye!» esclama Theo.

Il ragazzo a cui mi sono rivolta mi lancia un'occhiataccia.

«Va bene, va bene, grazie per l'intervento numero 7240 e grazie per la precisazione, molto arguto, numero 7111»

Ed eccolo che parte di nuovo in quarta a spiegare la funzione del quarto tipo di robot.

«E adesso muoviamoci verso l'evento principale... PLUS ULTRA!» esclama «Che probabilmente per molti di voi significherà solo un mare di dolore» aggiunge poi a voce più bassa.

Si prospetta una prova divertente, con cui intendo che sarà una passeggiata. Mettere fuori uso robot non senzienti che semplicemente agganciano un target non è così complicato. Complicato sarà invece sicuramente il sistema di conteggio dei punti, il quale non è stato precisato. Il quarto tipo di robot, inoltre, sebbene da zero punti, deve comunque avere un ruolo o non lo sguinzaglierebbero.
Persa nelle mie macchinazioni, come sempre, non noto che l'auditorio si svuota velocemente.

«Skye, non è che potresti ripetermi velocemente ciò che ha detto?» chiede Theo con un sorriso, scuotendomi leggermente per ottenere la mia attenzione.

Gli tiro un'occhiataccia mentre ci incamminiamo per uscire a nostra volta. Sarà anche vero che è in Giappone da pochi mesi, ma è anche qualcuno che impara in fretta e, non essendoci bisogno di leggere nulla, sono sicura che abbia capito tutto perfettamente.

«No, lo dovresti aver imparato ormai, il Giapponese, quindi arrangiati... e poi sono sicura che tu abbia capito benissimo» gli rispondo appunto.

«Che infame» commenta «Spero che ti vada male allora» mi augura incamminandosi nella direzione opposta alla mia, verso gli spogliatoi maschili.

«Anche a te!» gli urlo di rimando.

Grazie ai numerosi cartelli riesco a trovare gli spogliatoi femminili. Mi cambio velocemente senza staccare gli occhi dalla Spada. Una volta infilati i leggins, la canottiera e la felpa, tutto rigorosamente nero, mi dirigo all'esterno. Sulla soglia un professore mi ferma.

«Le armi non sono autorizzate. Devi avere un permesso» dice coincisamente.

«Oh, certo» borbotto.

Sfilo la Spada e la tengo con i denti per l'elsa. Tiro poi fuori da una tasca interna del fodero un fogliettino piegato a regola d'arte. Lo porgo all'insegnante con deferenza.
In pratica è un visto vecchio di qualche centinaia di anni, valido in tutti gli stati, che autorizza il Portatore della Spada ad utilizzare quest'ultima in qualsiasi competizione, prova, esame, il Portatore ritenga necessario.
Inutile dire che io lo ritengo necessario praticamente sempre. In realtà questa volta ci ho pensato a lungo se portarla con me oppure lasciarla a casa al sicuro, ma, alla fine, la paura di non riuscire a superare l'esame ha prevalso.

«Bene, per questa volta può utilizzare la sua arma. Ciononostante, se entrerà alla Yuuei dovrà provvedere a farsi fare un visto speciale dal preside»

«Certo, grazie mille»

Mi inchino leggermente e mi dirigo verso a uno dei bus parcheggiati all'esterno, il quale, dopo pochi minuti, parte, portandoci al campo di prova. Esso non è altro che una zona recintata all'interno della quale è stato ricreato l'ambiente cittadino. Ripasso mentalmente tutto quello che Present Mic ci ha detto, elaborando una strategia.
Mi tolgo la felpa, legandomela poi in vita. Rabbrividisco di freddo e inizio a fare un po' di stretching per riscaldarmi. I muscoli, già provati dal duro allenamento, si stirano doloranti e le ossa scricchiolano. Beh, dovrò riabituarmi a queste sensazioni se entrerò alla Yuuei. E, anche se magari dovrò ripiegare su un'altra scuola, non mi impegnerò di meno, anzi, lo sforzo sarà maggiore.
Mentre sono in spaccata e tento di raggiungere con le dita della mano la punta del piede vedo che gli altri partecipanti si addensano al cancello d'entrata. Dopo un paio di allungamenti salto in piedi e cammino verso l'enorme portone in ferro.
Fra poco si comincia.
Stringo le dita attorno all'elsa della Spada.

«Hey!» sento esclamare da qualcuno.

Mi volto verso la fonte e scopro che è stato un ragazzo dai capelli rosso acceso a parlare e che si sta rivolgendo proprio a me.

«Sei stata grande prima, quando hai risposto a quel tipo» mi sorride.

«Grazie» dico seccamente.

«Scusa, non ti volevo deconcentrare... sono Kirishima Eijiro comunque, piacere»

«Skye» mi presento.

«Skye...?» ripete, chiedendomi silenziosamente il cognome.

Ma una voce oramai conosciuta ci interrompe.

«EEEEE VIAA!» urla Present Mic dagli altoparlanti.

Con uno scatto mi volto verso il portone che si è già aperto.

«Qual è il problema? Non ci sono mica countdown o simili. Dai su, date del vostro meglio!»

«Ci vediamo» sorrido sbrigativa.

«Se passeremo...»

Poi anche lui si volta verso l'entrata del terreno di prova, iniziando a correre. Ho già perso troppo tempo, ma per fortuna non sono costretta a cambiare la mia strategia.
Si comincia.
Attivo la Forma Angelo, per poi spiegare le ali e guadagnare velocemente quota. Sorvolo il pezzo di città e noto subito un gruppo di robot che nessuno ha ancora cominciato ad attaccare, essendo che si trovano dall'altra parte dell'entrata.
Scendo in picchiata verso il primo.
Ripiego le ali all'interno del mio corpo, atterrando con grazia. Con la Spada tra i denti sferro un calcio potenziato, mirando alla testa del primo robot mentre mi infilo la felpa. Il calcio lo prende in pieno e gli stacca di netto la parte mirata, che cade a terra producendo un fastidioso suono metallico.

Due punti.

Tutte le altre macchine si voltano verso di me ed iniziano a venirmi incontro. Impugno la Spada ed inizio a menare fendenti, mirando principalmente all'intersezione tra la testa e il busto. Uno dopo l'altro i robot cadono a terra sconfitti, fino a che non ne rimane nemmeno uno.

Venti punti.

Esco da questa strada laterale e subito vengo investita dalla vista di centinaia di persone che combattono sfruttando al meglio i propri Quirk.
Il rumore di un'esplosione vicinissima attira la mia attenzione. Mi scanso appena in tempo, prima che mezzo robot mi schiacci.

«Sta attento a dove colpisci!» esclamo infervorata.

«Fatti da parte ragazzina» ringhia un ragazzo.

È lo stesso tipo di prima. Quello alto, scontroso, con i capelli biondo cenere.
Il suo Quirk genera esplosioni, eh?
Beh, decisamente azzeccato.

«Potresti far male a qualcuno»

«Sì, a te se non ti togli»

Sbuffando decido di levarmi di mezzo.
Con un salto mi aggrappo al davanzale di una finestra al secondo piano di un edificio. Osservo la situazione dall'alto, poi scendo.
Corro ad aiutare alcune persone che si trovano in difficoltà.
Probabilmente questa è una duplice maniera per fare punti. Essendo una scuola per eroi di sicuro terranno conto della componente "salvataggio".

Trenta punti.

Passano i minuti.

Cinquanta punti.

Il tempo è sempre meno.

Sessanta punti.

Ecco, mancano poco più di due minuti.

Sessantaquattro punti.

Sono in mezzo alla strada principale, circondata da robot in cortocircuito, quando un boato più forte di tutti gli altri squarcia l'aria. Da dietro un edificio sbuca il quarto tipo di robot, quello enorme, da zero punti. Quello impossibile da battere, che tutti dovrebbero evitare. Infatti le persone cominciano a correre nella direzione opposta rispetto a dove si trova il colosso.
Io, invece, rimango ferma a studiarlo.
Se non lo tolgo di mezzo potrebbe nuocere ad altri partecipanti i quali Quirk non permetterebbero loro di abbattere un coso del genere. Non pensavo fosse così grande, quindi mi ritrovo a dover rivalutare la forma da usare.
Niente è abbastanza grande per fronteggiare un gigante simile.
Tranne che... la Forma Apophis.
Dai cinque ai dieci interminabili, dolorosi secondi.
Ce la posso fare.
D'altronde il tempo è quasi finito e praticamente tutti i robot sono stati messi fuori combattimento.
Ripongo la Spada.

Inspiro.

Inizio a mutare velocemente mentre mi lancio verso il colosso.
Squame avvolgono il mio corpo che assume una forma sempre più allungata.
Ecco, ci siamo.

Uno.

Striscio velocemente verso il robot.

Due.

Mi arrampico fino alla sua parte centrale.

Tre.

Avvolgo le mie spire attorno alle sue braccia.

Quattro.

Sollevo la mia testa sopra la sua, sibilando trionfante.

Cinque.

Con un gesto secco strappo la testa dal corpo mentre le mie spire schiacciano le braccia del robot.

Sei.

Lancio lontano la testa.

Sette.

Scivolo via, lasciando che il gigante, ormai spento, cada a terra.

Otto.

Il mio corpo comincia a mutare, ritornando alle sembianze umane.

Espiro.

Barcollo leggermente, ma non cado.
Apro gli occhi, sentendo le goccioline di sudore imperlarmi le ciglia.
Otto secondi.
Un'eternità.
Un suono fortissimo segna la fine della prova.

«L'ESAME È TERMINATO!» annuncia Present Mic.

Mi appoggio al muro per riprendere fiato.
È finita, andiamo.
Cammino lentamente verso l'uscita del campo di prova.
Una signora piuttosto anziana mi si affianca.

«Sembri stanca, sei ferita?» chiede gentilmente.

«No, nessuna ferita» sorrido «Se uso in modo sconsiderato il mio Quirk mi succedono certe cose»

«Già due persone che si fanno male per uso sconsiderato del Quirk... per fortuna tu non sembri essere così grave»

«Infatti non lo sono»

Mi squadra un'ultima volta con occhio critico per poi andarsene verso un piccolo gruppo di ragazzi.
Dev'essere l'infermiera della scuola, Ricovery Girl. Il suo Quirk consiste nel guarire ferite più rapidamente, con lo svantaggio che il paziente poi si ritrova senza energie. Tuttavia è un Quirk utilissimo.
Una volta raggiunti gli spogliatoi mi cambio velocemente, rimandando la doccia a quando sarò a casa. Esco in fretta e, per fortuna, trovo Theo già lì ad aspettarmi.

«Allora com'è andata?» domanda subito.

«È andata» rispondo tenendomi il fianco con una mano.

L'adrenalina inizia a scemare e il dolore per le ferite riportate, soprattutto in seguito alla Forma Apophis, iniziano a farsi sentire.
Maledizione, mi si dev'essere incrinata una costola, o anche due.

«Cos'hai qui...?» avvicina lentamente la mano al mio viso, ma lo blocco, precedendolo.

Sotto ai polpastrelli, anziché sentire il calore e la superficie liscia della pelle, avverto delle dure e fredde squame. Non è una regione molto ampia, uno o due centimetri di diametro, ma deve creare uno sgradevole effetto.

«Che forma hai usato Skye?! Lo sai che certe non le devi attivare!» mi rimprovera il mio migliore amico.

«Sono cambiate tante cose in tre anni» lo rimbecco, punta nel vivo.

«Che.forma.hai.usato» scandisce.

«La Forma Apophis» cedo infine «Ma la so tenere!» aggiungo precipitosamente.

«Non me ne fotte un cazzo se riesci a contenerla, è una creatura divina Skye! I danni saranno gravissimi e avresti potuto ammazzarci tutti!» esclama arrabbiato.

«Era l'unico modo per riuscire a passare la prova!»

«No! Non lo era! E lo sai meglio di me!»

«Hai ragione, ok?! Bene, ora basta, quel che è fatto è fatto!»

«Andiamo a casa» dice semplicemente.

Lo so che è ancora arrabbiato.
E so che a casa mi aspetterà una lavata di capo assurda.
Ma va bene così.
Le mie decisioni mi hanno portato dove sono ora e non ne rimpiango nemmeno una, è questo l'importante.
Esco dalla Yuuei e mi volto indietro ad osservarla.
Ad inizio trimestre sarò qui... devo esserlo.
Sospirando mi giro e cammino al seguito di Theo.
Dopo un po' mi accorgo che non stiamo andando in direzione del bosco, ma ci stiamo dirigendo verso una zona più densamente popolata.

«Dove mi stai portato?» mi fermo di scatto.

«A casa mia, problemi? E ora stammi vicino, vorrei evitare di "perderti"»

Mi conosce.
Eccome se mi conosce.
Riluttante mi pongo al suo fianco.




Dopo mezz'ora di metropolitana e cinque minuti buoni di camminata siamo sulla soglia del suo appartamento. Theo fa scorrere la chiave nella toppa e apre la porta.

«Prima le signore» fa un piccolo sorriso.

Trattengo un sospiro di sollievo mentre entro nell'appartamento. A quanto pare i quasi tre quarti d'ora trascorsi senza parlare hanno giovato alla sua arrabbiatura.
Sento la porta chiudersi dietro di me e realizzo di essere definitivamente entrata.

«Occhio allo scalino» borbotta Theo «È una cosa Giapponese per le scarpe, no?»

Scuoto la testa reprimendo un sorriso «Già»

«Che cosa inutile, serve solo a farti piantare il naso per terra... me le toglierei comunque, le scarpe»

Reprimo una risata «Sembra che tu stia parlando per esperienza»

«Sta zitta»

Roteo gli occhi mentre mi tolgo le scarpe da ginnastica e mi infilo un paio di pantofole. Poi saliamo lo scalino e mi ritrovo nel moderno salotto. I colori predominanti sono il verde chiaro, il nero e il bianco.
Tipico suo.
La cucina con tavolo da pranzo si apre sul salotto.

«Fa come fossi a casa tua» sbuffa andando verso un corridoio, che probabilmente porta alla camera e al bagno.

Mi tolgo il giubbotto e lo appoggio sull'appendiabiti. Lancio poi lo zaino su una poltrona e mi sdraio sul divano, sibilando di dolore.
Durante il viaggio in metropolitana ho cercato di sondare i danni lasciati dalla trasformazione.
Due costole incrinate sul fianco sinistro, un piede intorpidito, varie chiazze di squame su tutto il corpo e da ultimo non riesco a piegare bene né il collo né le gambe.
Chiudo gli occhi tentando di rilassarmi e di pensare a qualsiasi altra cosa.
Ripercorro tutta la giornata, riavvolgendo il nastro del tempo. Mi soffermo maggiormente sui Quirk degli altri partecipanti. Ve ne sono di molto interessanti, come l'uso di un'ombra, ma anche di piuttosto banali, come il rafforzamento del proprio corpo, o altri, che potrebbero non sembrare adatti, o forti, o controllabili, ma che, se usati bene, possono rivelarsi molto versatili, come quello delle esplosioni. I partecipanti sembravano essere tutti molto bravi. Ovviamente c'erano delle schiappe, ma, perlomeno, ci hanno provato.

«Che danni hai riportato?» la voce di Theo mi richiama alla realtà.

Gli riferisco tutto ciò che sento.

«Ovviamente non hai intenzione di farti vedere da un medico»

«Già»

Il mio migliore amico impreca tra i denti, alzando gli occhi al cielo.

«Almeno lascia che faccia qualcosa»

Sbuffo «Se proprio insisti...»

Apre la cassetta del pronto soccorso ed inizia a medicarmi.

«Bisogna essere proprio scemi e sconsiderati» borbotta.

«Senti ormai è successo, sapevo a che cosa andavo incontro» ribatto.

«Potevi usare qualsiasi altra forma»

«Nessuna era abbastanza grande... se avresti preferito quella forma puoi dirmelo»

«Ma sei impazzita?! Non pensarci neanche! Non pensare nemmeno per un secondo di attivare quella forma o ti metto la camicia di forza!» minaccia «Anche se, in effetti, non servirebbe a molto...» borbotta poi tra se.

Stringo le labbra per non scoppiargli a ridere in faccia.
Non avrei mai usato quella forma, so perfettamente a cosa andrei incontro e che pericolo farei correre alle persone vicine a me. E il terrore di Theo me lo conferma pienamente.

«So a che cosa andrei incontro attivandola... e non ne ho la minima intenzione»

«La forma Apophis è comunque qualcosa di molto vicino»

«Lo so, ma ho imparato a contenere i danni per un massimo di dieci secondi»

«Dieci secondi! Ma che ti dice il cervello?! Dieci secondi! Come puoi fidarti ad attivare qualcosa che potrebbe ucciderti dopo più di dieci secondi!»

«Se fossi arrivata a dieci l'avrei disattivata!»

«Skye!»

«Theseus!» mi alzo a sedere fronteggiandolo.

«Stenditi» mi ordina.

Dopo qualche minuto di silenzio riprende a parlare.

«È inutile discutere con te, lo è sempre stato. Chiudiamola qua, ma la prossima volta... no, non ci sarà una prossima volta, chiaro?»

Annuisco, preferendo non ribattere, e mi lascio medicare dalle sue mani esperte.
E così anche questa giornata è finita.
Domani ci sarà l'esame scritto, ma non c'è da preoccuparsi.
Sospirando chiudo gli occhi.

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