6. Decenza, Maria.
Tenta di attraversare il viale trafficato a passo teso, col semaforo rosso, il braccio alzato e una sinfonia di clacson che rimbeccano il suo ardire.
A metà carreggiata però, è costretta ad arrendersi davanti a un muro di vetture che sfrecciano incuranti del suo gesto imperioso. Stizzita batte in ritirata e riguadagna il marciapiede da cui scruta con espressione malmostosa i viaggiatori.
Che amarezza. Al paese sarebbe bastato un suo sguardo per paralizzare il traffico del corso principale. Certo, non che lì fossero in molti a potersi permettere un' automobile. Ad ogni modo, nessuno, e dico nessuno, si sarebbe permesso di passare indifferente davanti a lei, la Maria. Tutti la conoscevano, se l'era guadagnato quell' articolo determinativo, in paese non ce n'erano altre come lei.
Undici bei maschietti aveva partorito e tutti uno dietro l'altro. Con l'ultimo poi, quasi ci aveva rimesso la pelle. Undici, numero primo e perfetto. Si sentiva così fiera quando li accompagnava a Messa la domenica. Camminava a passo svelto e con un bel fazzoletto di pizzo a coprirle i capelli, era circondata dai suoi figli, loro erano il suo abito, il suo articolo determinativo.
Poi un poco alla volta le cose erano cambiate. I piccoli s'erano fatti uomini e, ad uno ad uno, se n'erano andati. L'avevano abbandonata.
Con la loro partenza anche il paese s'era ripiegato su se stesso. Non c'era più lavoro. Non c'erano più bambini.
Se lo ricordava ancora il giorno in cui avevano chiuso la scuola elementare, senza grossi annunci, senza clamore, come un organismo che, privato della linfa vitale, avvizzisce silenziosamente.
Lei però aveva pianto. Aveva versato tutte le sue lacrime per quelle aule spoglie, in cui per quarant'anni aveva tirato su i figli del paese. Si era sfogata di nascosto, come aveva imparato da sua madre, che da bambina le asciugava gli occhi, le raddrizzava le spalle scosse dai singhiozzi e le sussurrava: "decenza, Maria".
Era stato allora, quando la scuola aveva chiuso, che il suo ultimogenito, il suo piccolo Giacomo, che ormai era un omone di mezza età, le aveva detto: "Mamma perché non vieni a stare da me a Milano. Io sono da solo, ci facciamo compagnia"
Lei l'aveva detto subito che non era una buona idea, che avrebbe fatto, chi sarebbe stata lontana dal paese? Ma lui aveva tanto insistito che alla fine aveva dovuto accettare.
"Sei solo una vecchia, non è questo il tuo posto!" infieriscono i fanali rossi e aggressivi che le bloccano il cammino. Mentre fissa superba il nemico si sistema il fazzoletto rosa che le cinge il capo, proprio come faceva sua madre.
"Decenza, Maria".
Infine il semaforo le concede un impersonale assenso. Si avventura nuovamente sull'asfalto, carrellino della spesa e mento volitivo. Si sente stanca, infinitamente stanca, ma non rallenta di un battito il suo cammino. Squadra ad uno ad uno gli automobilisti allineati in rabbiosa attesa.
"Decenza, Maria".
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