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Seriamente


Sono Federico. Ma gli altri sembrano non accorgersene.

Mi vedono, mi trattano e mi parlano come Giulia, la bambina che un tempo ho creduto di essere, ma che non sono mai stato.

Le ragazze mi tratterebbero in modo diverso se sapessero che sono un maschio? E i ragazzi?

Mi devo allenare e mettere su muscoli, ma a che scopo se alleno un corpo femminile?

Voglio essere maschio. Avere il petto piatto, braccia muscolose, la mascella squadrata, una voce che esprima come mi sento, fianchi stretti e perché no, anche un pene, anche se è una cosa secondaria.

Il seno che sfugge alle fasce che ti soffocano, le braccia e le mani sottili ed aggraziate, i lineamenti delicati di un viso ovale. Quando mi guardo allo specchio vedo quella che, se volesse, potrebbe essere una bella ragazza. Gambe magre, lunghe e slanciate, petto grande il giusto, bei fianchi, occhi scuri e capelli castani.

Peccato non sia io. A volte provo il desiderio di vivere la mia vita nel corpo assegnatomi, ma quando tento di farlo provo solo vergogna, rabbia, paura e disprezzo per me stesso.

Sto scoprendo pian piano di aver pure una resistenza con le persone. Per un po' riesco pure a sopportare che mi si dia della ragazza, ma a furia di sentire la mi voce e di vedere il mio riflesso negli occhi degli altri, mi viene solo voglia di stare solo, lontano da tutto e da tutti in un mondo dove nessuno mi giudica perché nessuno c'è nella solitudine.

È forse questo il mio destino? Una vita da solo, con il me stesso che nessuno vede o non vuole vedere?

Poi però prendo coraggio, mi rialzo e corro di nuovo incontro alla gente, ridendo, scherzando, tentando di essere me il più possibile prima che quelle lancette interne del mio essere non scocchino l'ultimo minuto di sopportazione. E si ricomincia da capo, in questo ciclo infinito che regola la mia vita.

Una vita in continua corsa contro un muro che, da solo, non riesco ad abbattere. Mi ci scaglio contro ogni giorno, per poi arrivare ad accasciarmi da qualche parte, con la testa in subbuglio ed un coltello nel petto che gira e rigira lentamente. Lacrime cadono come nei film, a rallentatore, in un fiume liberatorio, nel migliore dei casi. Nel peggiore tengo tutto dentro, poichè ci sarebbero troppi testimoni, e mi limito ad asfissiare lentamente tra i singhiozzi soffocati. Alla fine di tutto mi rialzo, mi fascio le mani con la stoffa da pugile e, con sguardo di sfida, riprendo a scagliarmi contro il cemento armato, di quelli che ti spaccano le nocche e sbucciano le ginocchia.

Questa è la mia vita, e non posso far altro che rialzarmi e prepararmi ad un nuovo round.

La domanda rimane sempre la stessa. E se non mi rialzassi più? Chi sentirebbe la mia mancanza? E come sarei ricordato?

Come Giulia, il bozzolo-maschera che mi ha permesso di maturare e di ritrovare me stesso o Federico, il ragazzo che mai è sbocciato e mai ha potuto vedere la luce se non in fugaci istanti?

Giulia mi ha aiutato in tutti questi anni, ma ora la devo lasciare andare.

Se solo con un tocco potessi far capire, potessi anche solo per un attimo, far scorgere tutto questo agli altri, cosicchè capissero, o almeno provassero un pezzo dell'amarezza e dello stridìo della mia immagine riflessa.

Più il tempo passa, più il bisogno di prendere la T aumenta. Non so quanto potrò resistere così, in questo bozzolo. Un bruco imprigionato nel suo stesso bozzolo, non potrà mai rinascere.


Tra un "pestaggio" e l'altro ho solo una certezza

Tu non mi avrai così

-Aramis

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