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Chapter 7: "Make flowers bloom in my blue room"

Yulis aggrottò la fronte ed inclinò pigramente la testa di lato.

- Ma dove accidenti mi trovo? -

Strizzò gli occhi nel tentativo di abituarsi a tutto quel buio ed avanzò di qualche passo, muovendosi in maniera insicura ed ignorando completamente quali fossero la destinazione da raggiungere e la direzione da prendere. Alzò poi lo sguardo verso l'alto ed osservò la luna nuova avvolta dall'ombra del cielo notturno, imbambolandosi sul suo pallido e fumoso chiarore. Si chiese cosa stesse facendo prima di ritrovarsi lì, ma quando i ricordi non accennarono a voler riaffiorare alla mente percepì una leggera sensazione di angoscia adagiarsi all'altezza del petto. Si inumidì le labbra e deglutì di riflesso, convincendosi ad ignorarla.

- Dev'essere un sogno... -

Chiuse di nuovo gli occhi, come se quell'oscurità in qualche modo le rendesse molto più difficile mantenere la concentrazione, ed inspirò a pieni polmoni: un delicato profumo di rose si insinuò tra le narici e la ragazza si accovacciò sulla punta dei piedi per tastare il terreno con le dita.

- Un giardino? -

Giocherellò con i sassolini rotondi nel palmo della mano per qualche istante, poi li lasciò cadere uno alla volta, immaginando di vederli rotolare in giro e sparpagliarsi a terra in modo disordinato. Con il corpo oscillò avanti e indietro per raddrizzarsi sulle gambe, ma quando fece dondolare il braccio per darsi la spinta avvertì un tintinnio simile a quello di un piccolo campanello provenire dal polso: aggrottò la fronte e lo ispezionò con la punta delle dita fino a che non individuò quello che al tatto pareva essere un bracciale adornato con un piccolo ciondolo rumoroso. Ne controllò poi l'intera circonferenza ed individuò un ulteriore laccetto legato ad esso. Lo strinse tra indice e pollice e stese il braccio davanti a sé, facendo scivolare i polpastrelli per la lunghezza, senza però riuscire a raggiungere l'altro capo.

- Meno domande e più fatti, Yulis. -

Dopo aver ragionato ad alta voce, cominciò a seguire il percorso che quel filo pareva indicarle. Una profonda curiosità sostituì l'apprensione e, ben presto, i passi diventarono sempre più concitati e veloci fino a che non si trasformarono in una vera e propria corsa immersa nel buio. L'eroina fremeva dalla voglia di scoprire chi l'attendesse dall'altra parte e quando i suoi occhi individuarono un barlume di luce in lontananza aumentò ulteriormente il ritmo, facendo scricchiolare la ghiaia sotto gli stivaletti ad ogni nuova falcata.

- Un... candelabro? -

Yulis si fermò ansimante ai piedi della fonte luminosa, stupendosi nell'aver raggiunto qualcosa e non qualcuno. Scacciò il pensiero, classificandolo come poco rilevante, e puntò gli occhi sull'oggetto per esaminarlo al meglio: si trattava di un antico candeliere da terra in ferro battuto, alto più o meno un metro e mezzo, culminante in due bracci posti a sostegno di un paio di candele bianche, di cui però solo una accesa. Il filo che aveva seguito per tutto il tempo e che finalmente riusciva a vedere con chiarezza era tinto di un colore rosso vivo e vibrante ed era annodato nel punto preciso in cui l'asta si sdoppiava. Quasi d'istinto, Yulis afferrò la candela spenta per avvicinarla all'altra. Come se avesse siglato l'inizio di un rituale pagano, nel momento esatto in cui lo stoppino prese fuoco percepì una leggera pressione sulla spalla, mentre lo stesso tintinnio del suo nuovo ciondolo le riecheggiò nell'orecchio. Si voltò di scatto, con la candela ancora tra le mani e il respiro mozzato in gola.

- L'hai sentito! -

Una giovane donna dai capelli scuri come la notte e gli occhi del colore dell'ametista era ad un respiro dal suo volto, sorridente come una bambina ed entusiasta a tal punto da muovere le mani in un applauso fragoroso. Yulis restò impietrita e disarmata di fronte ad una tale bellezza: pelle diafana e liscia, labbra sottili tinte di rosa e una figura esile ma slanciata fasciata da un lungo vestito argenteo di raso. Quella non poteva essere descritta come semplice perfezione, era qualcosa che andava ben oltre i classici canoni di bellezza, qualcosa di etereo, qualcosa di indescrivibile persino per il più bravo e talentuoso dei poeti: chiunque avrebbe potuto perdere la testa con facilità per una meraviglia simile.

- Finalmente sei riuscita a sentirlo e a trovarmi! Oooh, sono così felice! -

La donna l'abbracciò di slancio, ancora prima che Yulis potesse in qualche modo reagire, e le accarezzò dolcemente la schiena con la punta delle dita.

- Certo, sono anche terribilmente desolata per la situazione incresciosa che ti ha coinvolta così all'improvviso, ma... voglio assicurarmi che tu sia consapevole di tutto l'orgoglio e la gioia che hanno invaso il mio cuore nel momento in cui hai deciso di accettare il mio dono! -

< Dono? >

Yulis sbatté le palpebre un paio di volte, confusa e presa totalmente alla sprovvista.

- Cosa stai...? -

- Vieni con me! - traboccante di energia, le afferrò la mano libera per stringerla tra le proprie. - Chissà quali incredibili scorci di eventi ci riserva questo luogo! -

Yulis voltò appena lo sguardo per sistemare la candela al suo posto, ma non appena gli occhi si posarono sul candelabro si accorse che il filo di tessuto non era più connesso ad esso, ma bensì al polso di quella donna così simile ad una dea.

- Aspetta. - strattonò indietro la mano prima che potesse condurla via. - Chi sei...? Non capisco di cosa stai parlando... e cosa ci faccio qui? -

L'altra la fissò intensamente negli occhi, quasi come se stesse valutando quanto scendere nel dettaglio, poi sciolse il volto in un sorriso amabile e caloroso.

- Oooh, sei così impazientemente curiosa di conoscere e sapere... proprio come me! -

Quella meravigliosa risata argentea riecheggiò per l'intero giardino riempiendo l'aria, ma passò in secondo piano nel momento esatto in cui un paio di enormi ali nere le spuntarono imponenti e silenziose da dietro la schiena, fremendo e facendo tremolare le fiammelle delle candele. A seguito di tale vista, la giovane eroina fu come colpita da un lampo di consapevolezza che le fece tornare alla memoria tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni.

< I sintomi, la clinica, la... trasformazione. >

- Sai, il termine "trasformazione" forse è da considerarsi un po' troppo... estremo. -

Ridacchiò divertita, e Yulis per la prima volta in vita sua provò la stessa sensazione di smarrimento che solo chi si sottoponeva all'influenza di Open Eye poteva comprendere: era sempre stata lei a leggere i pensieri degli altri, mai il contrario.

- Preferisco di gran lunga l'espressione "dono". - la mora puntò gli occhi nei suoi, senza abbandonarli un istante, poi sorrise, ancora più amabile. - Puoi considerarlo anche tu un "dono di Lilith", mia adorata Yulis? -

Yulis faticò a replicare.
La situazione onirica e surreale che stava vivendo le annebbiava la mente, così come quello sguardo ammaliante le stava confondendo le idee rendendole una marea di macchie indistinguibili.

- C-certo, uhm... Lilith. -

D'altronde, come avrebbe potuto dire di no a degli occhi così profondi ed intensi? Si inumidì le labbra e sbatté nuovamente le palpebre, sentendosi incredibilmente impacciata e ridicola davanti a quell'avvenente giovane donna.

- In cosa consiste esattamente questo tuo "dono"? - tentò il più possibile di non balbettare, ma con risultati davvero poco soddisfacenti. - Insomma, mh, le... le ali che mi sono sbucate dalla schiena e che vedo anche su di te... sei una specie di...? Sei...? -

Lilith alzò le sopracciglia, visibilmente divertita da quel vaneggiamento confuso con annesso gesticolato.

- Poni la tua domanda, Yulis, senza troppi giri di parole. -

- Sei un angelo? - sbottò lei di colpo, chiedendosi mentalmente se prima di allora, oltre che nell'Inferno, avesse creduto anche nell'esistenza di quegli esseri alati.

Lilith sorrise, ma in modo quasi compiaciuto.

- Buffo che il tuo primo pensiero ti abbia ricondotto proprio a quello che tu definisci "angelo". - una punta di amarezza colorò quell'ultima parola, facendola vibrare direttamente nel petto di Yulis. - Sai, dolce Yulis, non sempre occorre attribuire un'etichetta a qualcosa, per poterla comprendere. -

Per un attimo, l'eroina schiuse le labbra rimanendo con le parole sospese a mezz'aria, poi tamburellò nervosamente la punta delle dita sull'avambraccio. Lilith si avvicinò ancora, poi le appoggiò una mano all'altezza del cuore. Yulis non indietreggiò di un passo, come se quel gesto fosse abituale, come se quell'invasione del proprio spazio personale non rappresentasse un problema.

- Hai paura di esserti persa, ma sei sempre tu, mia dolce e coraggiosa Yulis. - con i polpastrelli di indice e medio iniziò a disegnare dei piccoli cerchi contro il tessuto del suo costume da eroe. - Non ho né tolto, né sostituito nulla: il mio è un dono, non uno scambio. Smetti di dubitarne, o finirai per farmi arrabbiare. -

Quando Lilith pronunciò quelle ultime parole, si fermò, e per un brevissimo istante puntò le unghie contro il petto della ragazza. Nonostante quel gesto velatamente minaccioso, in Yulis non germogliò nemmeno un piccolo seme di paura: al contrario, lei si morse la lingua e chinò il capo imbarazzata, sentendosi in difetto. Lilith prima scosse la testa e poi le sorrise, afferrandole il volto con entrambe le mani per posarle un bacio delicato sulla fronte.

- Sai, sono lieta che quel Gareth ti sia stato vicino in un momento così delicato, e che prima di lui quell'altro biondino scontroso ti abbia dato supporto. Non fraintendere: siamo entrambe perfettamente consapevoli del fatto che avresti potuto affrontare la cosa anche senza l'aiuto di nessuno di loro, ma oserei dire che l'intervento di quei due giovani uomini è stato... inaspettato. E appagante. Un promettente ed elettrizzante punto di partenza, non trovi? Dovresti lasciarti andare alle emozioni molto più frequentemente, creando questo genere di situazioni con loro e con chiunque altro desideri. -

Yulis arrossì a dismisura, non solo per quelle parole, ma anche per il ricordo di ciò che era avvenuto con Gareth alla clinica, o con Leo sotto la doccia. Scosse la testa e spostò lo sguardo lontano, mordicchiandosi con insistenza il labbro inferiore e chiedendosi come fosse possibile sentirsi così tanto in imbarazzo anche all'interno di un sogno.

< Fantastico: adesso la mia coscienza parla come Noora, ma per mia fortuna lo fa in maniera molto più fine di lei. >

Lilith rise di gusto e le accarezzò i capelli.

- Sei spiritosa. Dovresti esprimere più spesso anche ciò che pensi. - con i polpastrelli le delineò il profilo delle spalle, poi risalì sul collo e continuò oltre il mento fino ad attraversare le guance, punto in cui si fermò per disegnare dei piccoli ghirigori. Di colpo, sorrise furbescamente e le coprì gli occhi con entrambe le mani. - Ora però andiamo a vedere! -

- V-vedere cosa...? -

In un attimo, entrambe le candele si spensero e la luna sparì dal cielo, facendo immergere le due giovani nelle tenebre più complete. Una volta che Lilith decise di scostarle le mani dal viso, Yulis si guardò intorno, ma non appena si abituò a tutta quella luce impallidì di colpo: non erano più all'aperto, ora si trovavano in una stanza ampia e dall'aspetto tremendamente familiare. Osservò la carta da parati color avorio che ricopriva i muri della camera, poi fece scivolare lo sguardo prima sull'armadio in legno di noce e in seguito sul pavimento grigio chiaro: sapeva che se avesse guardato verso sinistra, continuando con la sua ispezione, avrebbe individuato un quadro raffigurante una splendida foresta appeso alla parete. Non aveva alcun dubbio su dove si trovassero, aveva riconosciuto quella stanza nel momento esatto in cui vi aveva posato sopra gli occhi.

- Ooh... - Lilith sembrò irrigidirsi per una manciata di secondi, poi abbassò lentamente le spalle, rivolgendole uno sguardo quasi addolorato. - Non pensavo saremmo finite qui. -

Yulis quasi non la sentì e avanzò di un passo.
Continuava a fissare incredula dritto di fronte a sé, con gli occhi sbarrati e le dita intorpidite.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla donna seduta al fianco della specchiera, che con tanta grazia e premura si pettinava i capelli.

- Mamma! -

Senza nemmeno rendersene conto, Yulis attraversò la stanza per correre da lei ed inginocchiarsi ai suoi piedi.

- Mamma! Sono io, Yulis! -

Il cuore aveva preso a battere all'impazzata.
Non poteva credere di essere lì, con lei, per la prima volta dopo tanto tempo, e non riusciva a capacitarsi di quanto le fosse vicina. Vederla con così tanta chiarezza la faceva tornare indietro nel tempo, poco importava che fosse solo un sogno: in quel momento, sua madre era nella sua stessa stanza, splendida e viva, ancora più bella di quanto riuscisse a ricordare. Provò ad afferrarle un lembo della veste bianca che indossava, ma la donna non si scompose e, al contrario, continuò a districare i lunghi capelli dorati con i denti del pettine, canticchiando a bassa voce una melodia familiare.

- Mamma...? -

- Non può sentirci. -

Lilith si accovacciò al fianco della ragazza e le circondò le spalle con un braccio. Alzò il viso verso Elyza e le rivolse uno sguardo profondamente addolorato.

- Non è mai riuscita a sentire il mio richiamo... - mormorò appena, più a se stessa che a lei.

- M-ma non può essere...! - Yulis percepì il proprio cuore arrestarsi all'improvviso e la voce tremò, sull'orlo delle lacrime. - Lei è qui... io sono proprio qui. -

Lilith chiuse gli occhi ed appoggiò la testa alla sua, rafforzando maggiormente la presa attorno alle sue spalle.

- Lo so, piccola mia, lo so. -

La ragazza si lasciò sfuggire un singhiozzo e si abbandonò a quell'abbraccio, facendosi cullare. Osservò il polso sinistro della madre, e con un misto di sconforto e delusione notò il cordoncino sfilacciato e logoro che pendeva da esso.

< Perché...? >

Prima che potesse formulare qualsiasi altro pensiero, Lilith la strattonò con forza per allontanarla da lì, portandola ad almeno un paio di metri di distanza da Elyza.

- Non muoverti. - le intimò seria. - So che sarai tentata di farlo, ma non intervenire. -

Yulis spazzò via le lacrime dalle ciglia e le rivolse uno sguardo contrito. Si sentì un cigolio e la ragazza puntò automaticamente gli occhi in direzione della porta: quando riconobbe il profilo inconfondibile di quella figura, si pietrificò all'istante.

- Caro! Sei a casa! -

Elyza si esibì in un sorriso raggiante e smise di pettinarsi i capelli per correre verso di lui.

Dorian Volkov sorrise a sua volta.

- Sai bene che non posso rimanere lontano da te per troppo tempo. -

Non appena avanzò per incontrarla a metà strada e porgerle un mazzo di campanule rosa, Yulis scattò in avanti come una molla.

- Yulis, non muoverti! - ripeté Lilith mentre le afferrava il polso, guadagnandosi così un'occhiata furente da parte dell'eroina.

- Lui non deve avvicinarsi, è pericoloso! Non deve farlo! - sibilò tentando di liberarsi dalla presa e scrollandola via con un gesto vigoroso del braccio.

- Ho detto no! -

Accadde in un battito di ciglia.
Nonostante tutta la rabbia e l'agitazione che l'avevano scossa, nel momento esatto in cui incrociò gli occhi di Lilith, Yulis cadde a terra sulle ginocchia, incapace di muoversi o di proferire parola.

< C-cosa...? No! >

Niente.
Il corpo non le rispondeva in alcuna maniera.
Voleva urlare, voleva piangere.
Voleva allontanare quell'uomo orribile da sua madre, eppure non riusciva in nessuna di quelle azioni. Ora che finalmente avrebbe potuto proteggerla, continuava a non poter fare nulla per lei.

< No! Non un'altra volta... ti prego, non... non posso rimanere a guardare senza fare niente ancora una volta! >

Lilith corse da Yulis per abbracciarla, ma non accennò a volerla liberare da quella stasi.

- Lui qui non ha alcun potere, non devi temere per Elyza. -

< Ti prego... lasciami andare! >

La frustrazione di non poter nemmeno dare sfogo alle proprie lacrime non faceva altro che sconvolgerla ulteriormente. Le mancava l'aria, il cuore continuava a martellarle nel petto ad una velocità impressionante e nella testa i pensieri urlavano come delle sirene impazzite. Doveva sbloccare quella situazione e doveva uscire da quello stato il prima possibile, ma più si agitava e più annaspava nella staticità forzata di quel momento.

Alla fine, sfinita e amareggiata, cedette: se solo avesse potuto, avrebbe addirittura chinato la testa in segno di resa.

< V-va bene, va bene! Non mi muoverò da qui, ma... ti prego, ora lasciami... >

Lilith esitò per un istante, ma poi decise di fidarsi di lei: serrò le palpebre e l'eroina tornò ad avere il pieno controllo del proprio corpo. Come promesso, Yulis non si mosse dalla sua posizione, lasciando che le lacrime facessero il loro corso, rigandole le guance. Dopo qualche primo istante di puro e vero sconforto, ricacciò indietro i singhiozzi e riacquistò un briciolo di autocontrollo. Si obbligò a non intervenire, ma decretò che un'azione semplice ed innocua come spostare lo sguardo su Dorian Volkov doveva esserle consentita. Quando però si accorse che gli occhi dell'uomo erano puntati esattamente nei suoi, sentì il sangue gelarsi nelle vene: quel grigio annacquato, freddo e pungente continuava a scrutarla in silenzio da dietro le lenti, insinuandosi dentro di lei fino a farla rabbrividire.

- Mi vede. - sussurrò Yulis. - Perché lui può farlo e la mamma no? -

- No, Yulis. - le garantì Lilith scuotendo la testa. - Lui non può né sentirmi, né vedermi, e di conseguenza, non può farlo nemmeno con te. -

- Allora perché continua a fissarmi. - sostenne lo sguardo dell'uomo, caricandolo di odio a tal punto da sperare di incenerirlo sul posto, magari con l'aiuto di chissà quale strana forza che regolamentava le leggi di quel luogo.

- È come se... intuisse la nostra presenza, come se fossimo un "disturbo invisibile". - anche lei puntò gli occhi verso Dorian, che nel frattempo aveva spostato le sue intere attenzioni su Elyza. - Ma non può farlo davvero: si crede un Dio, ma di certo non lo è. Feccia di uomo, è sicuramente lui la causa della sordità della mia dolce Elyza. -

Yulis sentì gli occhi bruciare per l'ennesima volta e non riuscì più a frenare la lingua.

- Cos'ho sbagliato...? Cos'avrei dovuto fare per evitare che lei...? -

Lilith le rivolse un'occhiata amorevole e rassegnata allo stesso tempo.

- Figlia mia... devi smettere di colpevolizzarti per ciò che è capitato ad Elyza. Giuste o sbagliate che siano le nostre decisioni, dipendiamo da esse fino a che non stabiliamo di volerne prendere di nuove: tu sei stata coraggiosa e forte, hai fatto fin troppo per cercare di gestire una situazione su cui non potevi avere controllo. -

- "Troppo", ma evidentemente non abbastanza. -

Serrò le palpebre con forza e avvicinò le ginocchia al petto, nascondendoci il viso contro.
Rivederli insieme ed apparentemente felici le faceva venire il voltastomaco.

< Non morirà mai del tutto, per quanto io lo desideri. >

Quando Yulis si decise ad alzare lo sguardo, con sua grande sorpresa si accorse che lo scenario era cambiato nuovamente. Si alzò in piedi, esitante, e diede un'occhiata in giro: per assurdo, le sembrò quasi di essere finita all'interno del paesaggio raffigurato nel quadro appeso alla parete.

- C'è una cosa di cui devo accertarmi, Yulis. - di colpo, Lilith incupì lo sguardo e lo puntò in direzione di alcuni salici piangenti. - Attendimi qui, d'accordo? -

- Lilith...? Cosa stai guardando? -

La giovane l'abbracciò così forte da farle quasi mancare il fiato. - Ricorda che sei tu a decidere ed indirizzare la tua strada. Sempre. - le baciò la fronte e si dileguò velocemente tra gli alberi.

- Aspetta! -

L'eroina fissò il punto in cui Lilith era sparita, soppesando le sue parole per alcuni istanti. Calciò via un sasso e dondolò poi sui piedi, sovrappensiero. Una folata di vento incredibilmente fredda le scompigliò i capelli e si infilò di prepotenza nelle ossa facendola rabbrividire, mentre il gracchiare incessante di un corvo le infastidì le orecchie.

- Non mi piace per niente questa sensazione. -

Decise di non ascoltare le parole della giovane donna e si scagliò nella direzione in cui era sparita. Provò a chiamarla più volte, ma senza mai ottenere una risposta. Schivò rami, arbusti e radici, muovendosi velocemente tra la vegetazione. Un'insolita colonia di papaveri dal colore sgargiante catturò la sua attenzione e i piedi di Yulis si mossero in autonomia per seguirli: ben presto, si accorse che gli alberi cominciavano a diradarsi e nel giro di qualche altro minuto di corsa riuscì a raggiungere il termine della foresta, ritrovandosi in una radura interamente popolata da quei fiori e da innumerevoli spighe di grano.

Sarebbe stato uno spettacolo meraviglioso, se solo non fosse stato il teatro di un'orribile e pietrificante scena. Al centro di quel campo dal sapore estivo, Yulis scorse la figura di Lilith e quella di un enorme essere grottesco: quest'ultimo la teneva bloccata per la gola, sospendendola a mezz'aria di modo che con la punta dei piedi accarezzasse la cima delle spighe.

Yulis sgranò gli occhi ed impallidì.

Corse nella loro direzione e urlò il nome di Lilith più volte, sperando di attirare l'attenzione di quel mostro dalle braccia colossali e spropositate, ma i due sembrarono quasi non accorgersi di lei. Accorciò la distanza per intervenire, ma quando fu ad un paio di metri da loro, si scontrò con una barriera traslucida che le impedì fisicamente di raggiungerli. Yulis batté forte il pugno contro il muro invisibile, senza però sortire il minimo effetto su di esso.

Con un gesto ampio e inumano, l'energumeno scaraventò a terra la giovane. Le assestò un calcio sul fianco per farla rotolare sullo stomaco e posizionò saldamente un piede tra le sue scapole, tenendola ferma ed immobile senza il minimo sforzo. Si piegò su di lei e le afferrò entrambe le ali con quelle sue mani gigantesche.

Lo sguardo terrorizzato di Lilith saettò per la radura fino a che non incontrò quello della ragazza, riverberando nel miele dei suoi occhi.

- Vattene, Yulis! -

L'eroina non l'ascoltò.
Tentò di abbattere la barriera, colpendola ripetutamente con tutta la forza che aveva in corpo. Il mostro non si lasciò minimamente distrarre e continuò a dedicare tutte le attenzioni alla sua vittima: con una forza disumana, iniziò a strappare via le piume dalla schiena della ragazza, partendo dall'alto, staccandole piano come avrebbe potuto fare con un cerotto su una ferita. Lilith urlò a pieni polmoni e il suo sangue andò ad impregnare le spighe di grano che la circondavano.

- Lilith! -

Disperata, Yulis tentò in tutti i modi di abbattere il muro: sentì le nocche scricchiolare sotto i propri colpi, mentre il sangue le colava lentamente sulle mani. Puntò i denti nel labbro inferiore per non cedere al dolore e continuò a prenderlo a pugni, nella speranza di scalfirlo e potersi aprire un varco. Doveva fermare quella tortura.
Doveva riuscire ad aiutarla in qualche modo.

< È solo un sogno, no?! Dovrei poter avere il controllo su quello che succede! >

Assestò un calcio e svuotò i polmoni, buttando fuori tutta l'aria e la frustrazione che provava.

< E allora perché cazzo non mi sveglio?! >

La voce di Yulis si mescolava alle grida di Lilith, che dall'altra parte della barriera continuava ad essere seviziata dall'aguzzino.

- Lasciala! -

Ormai non riusciva più a vedere nulla: rabbia, dolore e lacrime avevano appannato i suoi occhi. Singhiozzò, mentre le mani già livide si gonfiavano, colpo dopo colpo.

D'un tratto, l'essere riuscì a strappare via un'intera ala.
La sollevò sopra la testa, vittorioso, emettendo un urlo orripilante e beandosi del sangue che sgorgando da essa gli bagnava il viso in una pioggia lenta e calda.
Come se fosse un trofeo.
Come se Lilith non fosse altro che la sua piccola ed indifesa vittima sacrificale.

Yulis vide la ragazza prima annaspare con il volto immerso tra i papaveri e poi, tutto ad un tratto, smettere di muoversi.

- No, no, no! -

Continuò a colpire la barriera, senza sosta.
L'adrenalina era talmente alta da anestetizzare completamente le stoccate del dolore, dandole l'opportunità di ignorare il rumore delle falangi che si spezzavano ad ogni urto.

Aumentò l'intensità, incrementò la forza.

La testa aveva completamente smesso di ragionare, nessun pensiero era più sensato.
Respirare era diventata un'azione facoltativa, gli unici colori che occupavano il suo campo visivo erano il rosso e l'oro.

Urlava, colpiva.
Urlava e colpiva ancora, in una frenesia incontrollabile, mentre il mostro si apprestava a sbarazzarsi anche dell'altra ala con una fragorosa e perversa risata.




Yulis aprì di colpo gli occhi, sbarrandoli come davanti ai fanali di un'auto, completamente terrorizzata. Ansimò con affanno, alzando ed abbassando il petto in maniera quasi del tutto incontrollata. Fece scattare la testa da una parte all'altra per cercare di capire dove si trovasse e cosa fosse appena successo. Individuò un piccolo tubicino infilato nell'incavo del braccio e si affrettò a toglierlo via, con uno scatto nervoso. Si guardò le mani, sconcertata, ma le scoprì stranamente intatte e pulite.
Niente sangue, niente nocche sbucciate, niente lividi, niente ossa rotte.
Niente di niente.
Percepì un fastidiosissimo rumore trafiggerle le orecchie e voltò lo sguardo verso il monitor lampeggiante: il grande numero a tre cifre colorato di rosso sembrava quasi voler schizzare fuori dallo schermo, con una prepotenza immotivata. Poco a poco, la mente tornò a recuperare il senno, mettendo in fila i pensieri e gli ultimi avvenimenti: capì che quello che aveva vissuto fino a pochi istanti prima era davvero solo un sogno, o meglio, un incubo. Realizzò che tutto quel bianco asettico faceva parte dell'arredamento della clinica per eroi in cui era stata ricoverata.
Stava bene.
Era al sicuro.

< Lilith...?! >

Sogno o no, il pensiero corse rapidamente a lei, e ben presto angoscia e disperazione le rubarono il respiro. Yulis impiegò parecchi istanti prima di rendersi conto che qualcuno era vicino a lei e che le stava parlando per tentare di tranquillizzarla. D'istinto, si ritrasse e si appiattì contro il cuscino, senza riuscire a riconoscere tutte quelle persone apparentemente preoccupate per la sua situazione.

- Yulis, bambina mia, sono io! - il volto di un uomo dai capelli scuri e disordinati entrò nel suo campo visivo, catalizzando l'attenzione. - Va tutto bene, sei in ospedale. -

Quando l'eroina riuscì a mettere a fuoco il viso di Shogo, il peso che le opprimeva il petto svanì con la stessa facilità con cui si scoppia una bolla di sapone. Abbassò le spalle e gli buttò le braccia al collo, iniziando a singhiozzare senza sosta e sfogando finalmente tutta la tensione accumulata.

***

Shogo le offrì la seconda tazza di tè e si sedette al suo fianco sul lettino. Dopo il risveglio burrascoso della ragazza, avevano passato l'intero pomeriggio a parlare di ciò che era successo in quei giorni, a partire dalla comparsa dei primi sintomi fino ad arrivare all'incubo di poche ore prima. Yulis gli aveva raccontato per filo e per segno quello che era riuscita a ricordare di Lilith, della madre e di Volkov e l'uomo era parso davvero affascinato e sorpreso da quella strana esperienza onirica. C'era però qualcosa nel suo sguardo che l'eroina non riusciva bene a classificare, come se Shogo avesse filtrato e scelto le proprie parole con particolare premura per tutto il tempo della conversazione.

- Non ce l'ho con te. - se ne uscì Yulis all'improvviso, dopo aver sorseggiato il suo infuso al mandarino e arancia. - O almeno, non troppo. Quindi se è per questo che sei così strano, puoi smettere di rimanere sulla difensiva. -

L'uomo la fissò in silenzio per qualche istante, poi si limitò a sospirare.

- Non abbiamo mai stabilito dei protocolli per situazioni come questa. E i tuoi amici sanno essere particolarmente insistenti. -

- I miei amici sono anche i tuoi ex-studenti. - puntualizzò Yulis senza riuscire a nascondere un'ombra di irritazione. - Non dovresti conoscere i loro trucchetti? -

- Ti vogliono bene quasi quanto te ne voglio io: se non fosse stato così, non mi sarei fatto sfuggire una sola parola sul tuo passato, te lo assicuro. - le punzecchiò la fronte con la punta dell'indice e lei alzò gli occhi al cielo.

- Quando pensi che torneranno a casa? Hai detto solo che sono dovuti partire per un incarico dall'altra parte del Paese, senza scendere nei dettagli... -

Shogo alzò un sopracciglio, lievemente divertito. - Ti mancano o sei delusa dal fatto di non poter partecipare alla missione? -

La ragazza gonfiò le guance e bofonchiò qualche parola a bassa voce.

- Vedrai che saranno a casa in un paio di giorni. -

Le scompigliò i capelli, proprio come faceva quando era bambina. Forse, nel profondo, un po' gli dispiaceva che fosse cresciuta e che avesse abbandonato il nido così in fretta, ma d'altro canto era fiero di lei per essere riuscita a realizzare il suo sogno, nonostante tutte le remore iniziali. Era diventata una donna forte e in gamba, con obiettivi, responsabilità, desideri e ambizioni. Era circondata da persone che si preoccupavano per lei e che le volevano bene, in tanti modi diversi. Si fermò un istante a riflettere su quest'ultimo appunto e si irrigidì, cambiando completamente registro.

- A proposito dei tuoi adorati Riser... - fece scivolare lo sguardo in direzione opposta a quella di Yulis ed arrossì lievemente.

< Oh, no. Conosco quel tono, so dove vuoi andare a parare. Non chiederlo. >

- Va tutto bene tra di voi? Gareth l'altro giorno mi è sembrato... particolarmente coinvolto nella situazione. -

< Merda, adesso sì che rimpiango la decisione del mio stupido autoisolamento. >

- Sì, va assolutamente benissimo. - garantì Yulis con un sorriso falso come l'ottone, mentre le dita torturavano il lenzuolo davanti a sé. - Tutto nella norma. Amici come sempre, una super squadra pronta all'azione. Tutti per uno e uno per tutti. -

< Dio, perché in queste situazioni non so stare zitta, perché sono così stupida. >

- "Tutto nella norma"... - Shogo si pizzicò la barba su una guancia e si decise a puntare gli occhi nei suoi, alzando leggermente le sopracciglia e spostando la lingua ad un'estremità della bocca.

- Hey! Va tutto alla grandissima, davvero, non c'è niente di strano nel comportamento di... - si inumidì le labbra e si schiarì la voce. - Di Gareth o Leo. O degli altri. È tutto okay. -

- Yulis... -

< "Yulis, mi preoccupo per te." >

- È solo che mi preoccupo per te. Lo so che sei grande abbastanza per cavartela da sola, ma, sai... non vorrei che finisse come l'ultima volta. -

- "Come l'ultima volta"? - Yulis strabuzzò gli occhi e si portò la mano libera a coprire la fronte. - Ti prego, dimmi che non ti stai riferendo di nuovo alla storia con Keita... sono passati almeno un paio d'anni! -

L'uomo le appoggiò una mano sulla spalla per cercare di confortarla, ma in maniera molto impacciata e goffa.

- Beh, non è stata cosa da poco... insomma... ne siete usciti parecchio male. -

- "Parecchio male"! - continuò a ripetere le parole dell'uomo, incapace di cogliere il punto della situazione. Scosse la testa ed emise un verso di stizza, poi agitò bruscamente la mano davanti a sé. - Shogo, sai benissimo com'è andata con Shiiro e sai anche che tra i due è lui quello che ne è rimasto più scottato. Me li ricordo ancora i titoli di tutti quegli stupidi giornali di gossip: "Ultra Violet spezza il cuore del giovane e promettente nuovo detective della città". Nonostante avessi le mie ragioni, sono passata per la stronza insensibile che l'ha fatto soffrire stroncando la relazione. Quindi non aver paura che qualcuno possa farmi del male, perché a detta dell'opinione pubblica è molto più probabile il contrario. -

Shogo espirò lentamente, poi però si fece sfuggire una risatina dalle labbra.

- Quando ti agiti e muovi le mani in quel modo assomigli incredibilmente a tua madre. Sei davvero buffa. -

Yulis s'irrigidì, colta alla sprovvista da quell'affermazione, e dimenticò qualsiasi altra cosa volesse aggiungere a riguardo del suo passato con Keita. Shogo non parlava molto spesso di Elyza, ma quando la donna capitava nei loro discorsi, lui finiva sempre per stendere le labbra in un sorriso vagamente nostalgico.

- Eri innamorato di lei...? - si lasciò sfuggire con un filo di voce e lui strinse le palpebre, schiudendo leggermente le labbra.

- Che cosa hai detto, Yulis? -

- Nulla di importante, non preoccuparti. - scosse la testa e sorrise: quante volte aveva immaginato di avere lui come padre biologico? - Pensi che potrò tornare sul campo abbastanza in fretta? -

- Visto che nell'ultimo periodo il tuo fisico è stato messo a dura prova, preferirei vederti affrontare il rientro in maniera graduale. -

Pausa.

In un primo momento, l'eroina si limitò a rimanere in silenzio, poi piegò lentamente le labbra in un sorriso forzato, emettendo un ben poco convinto "mmh-mmh" a denti stretti.

- Yulis Parker. - Shogo borbottò il suo nome in risposta, ammonendola.

- Cosa c'è...? Non ho ancora fatto niente! - tentò di giustificarsi lei, parando la tazza vuota davanti a sé.

- Già, è proprio quel tuo "ancora" che mi preoccupa. - le rubò l'oggetto dalle mani e si alzò per riporlo via, sbuffando. Scartabellò poi con una pila di fogli e li allungò alla ragazza. - Considerando che ti conosco fin troppo bene e che vorrei evitare di vedere un tuo primo piano in diretta nazionale prima ancora che i medici e Leo ti abbiano dato il via libera... ecco come puoi passare il tuo tempo nei prossimi giorni. -

- Leo è solo il leader della squadra, non il mio baby-sitter... - borbottò Yulis in risposta, accettando i fogli con uno scatto nervoso del polso. Voltò la prima pagina ed immediatamente aggrottò la fronte, fissando il foglio colorato per qualche secondo senza nemmeno sbattere le palpebre. Con tutta calma, richiuse poi il fascicolo ed alzò lo sguardo verso Shogo, senza far trapelare alcuna emozione, imitando paurosamente il modo di fare di Marcus. Alla sua occhiata, l'uomo ne rilanciò una molto più confusa.

- C'è qualche problema...? -

- Shogo, dimmi la verità. - Yulis inspirò lentamente ed incrociò le dita tra loro. - C'è lo zampino di Noora, in tutto questo? -

L'uomo allungò il collo in avanti, stringendo sempre di più il taglio degli occhi. - Noora...? -

- Ti giuro che non mi arrabbio. - mise una mano sul cuore e l'altra a mostrare il palmo verso di lui. - Ma vorrei davvero sapere come ha fatto a convincerti a partecipare ad una delle sue trovate. -

- Yulis, ti assicuro che non ho la benché minima idea di quello di cui stai parlando. -

- No? - con un gesto estremamente lento e misurato, riaprì il fascicolo e lo appiccicò sotto al naso del suo patrigno. - E allora mi spieghi perché mi hai appena consegnato la foto e i dati personali di un ragazzo particolarmente attraente che sembra uscito da una pubblicità di profumi costosi? -

Shogo strabuzzò gli occhi e mollò la mandibola, lasciandola a penzoloni. Sentì le guance diventare incandescenti e per la mente gli balenò il pensiero di aver preso una cantonata: se quella era la premessa, allora forse non era la strada migliore da perseguire.

- Cos'è, mi ha iscritta a qualche specie di sito di incontri a mia totale insaputa? Stupida Noora. Vuole davvero appiopparmi il primo belloccio mononeurone che un algoritmo le consiglia? Io l'ammazzo stavolta. - continuò il suo sproloquio borbottando parole incomprensibili ed infine lo additò. - Certo che da lei potevo aspettarmelo, ma da te...! Da te, che hai appena riesumato i ricordi della storia con Shiiro...! Pensi che morirò sola, vecchia, zitella e con un numero spropositato di gatti al seguito? Come se poi fosse un problema, io adoro i gatti! -

L'uomo sospirò e tentò con poche speranze di fermare quel suo monologo teatrale. - Yulis... -

- Visto tutto l'impegno che ci avete messo, tanto vale dare un'occhiata al profilo del surfista californiano. - alzò gli occhi al cielo e si mise a sfogliare le pagine per leggere ad alta voce. - "James Wallace, americano, 28 anni, eroe professionista." Ma che bravi, vedo che l'avete trovato pure del settore! Dovrei chiedere a Noora se ha già deciso anche il nome dei nostri futuri animaletti da compagnia? -

- Yulis, puoi per favore voltare le prime due pagine e concentrarti sul resto?! - sbottò Shogo afferrandole il fascicolo dalle mani per farle spostare l'attenzione su ciò che era davvero degno di nota. - Leggi qui, senza parafrasare. -

La ragazza affilò lo sguardo per lanciargli un'occhiataccia, ma fece comunque come richiesto. - "Attualmente al servizio degli Stati Uniti e presente nella HTT Americana degli ultimi quattro anni. Licenza da Eroe d'Élite ottenuta con il punteggio massimo in tutte le prove." - Yulis si bloccò per un istante ed aggrottò la fronte. - Licenza Élite? Ha studiato qui anche lui? Sei stato uno dei suoi docenti? -

- Continua a leggere. - tagliò corto ed incrociò le braccia al petto.

- "Nome da eroe: Falcon. Categoria: Mutaforma. Abilità primaria: Icarus, ali bianche che gli compaiono a comando sulla schiena permettendogli di volare e muoversi per aria senza il minimo sforzo. La velocità che il soggetto riesce a raggiungere senza carico è pari a circa 125 km/h." -

L'eroina rimase a fissare la pagina per qualche istante, sentendo la testa svuotarsi completamente di qualunque pensiero ad ogni parola che leggeva.
Forse aveva frainteso la cosa.

- Credi che io possa assecondare la tua amica e darti in pasto al primo "belloccio" che capita a tiro? - le assestò una schicchera sulla fronte e Yulis si sentì la Regina Indiscussa degli Stupidi.

- ...potrei aver esagerato ancora prima di capire cosa avessi in mente. -

- Farò finta che queste siano delle scuse. - le lanciò un'ultima occhiataccia e ricacciò una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare stizzito. - Dato che d'ora in poi avrai a che fare con un'abilità estremamente più complessa da gestire, ho pensato che un training con un esperto potesse essere un buon boost al tuo rientro in missione. Ma se tu non ritieni abbastanza qualificato il... com'è che l'hai definito? "Surfista attraente con pochi neuroni"... posso sempre dirgli di rimanersene in California. -

- "M-mononeurone", l'ho chiamato "mononeurone". - lo corresse automaticamente, sentendosi razionalmente ancora più stupida. - Comunque non puoi biasimarmi! Dai, andiamo...! Chi mai metterebbe una foto del genere sul proprio CV? -

- Penso che la foto arrivi direttamente dall'ultimo HTT Calendar americano. Ad ogni modo, non sono cose di cui dovrei preoccuparmi e tantomeno dovresti tu. Ti interessa l'allenamento con lui, oppure no? -

- C-certo che mi interessa! Mi dispiace essere partita prevenuta... anzi, non vedo l'ora di iniziare! - molleggiò sul lettino e sorrise, genuinamente entusiasta all'idea.

- Meglio, perché il suo arrivo è già previsto per le prossime ore. - le arrivò un buffetto sulla testa ed accennò un sorriso divertito. - Certo che non perdi mai l'abitudine di partire come un treno, non è vero, Yulis? -

La ragazza si limitò ad arrossire e a non proferire parola: per quella giornata si era resa ridicola a sufficienza.

- Anche Falcon mi è parso estremamente esaltato all'idea di poterti addestrare. Chiaramente, gli ho chiesto di tenere la cosa per sé, visto che dobbiamo ancora comunicare la tua nuova manifestazione al Consiglio, quindi suppongo che i training si svolgeranno in un luogo lontano da occhi indiscreti. -

- Falcon verrà qui per insegnarmi a controllare le mie... ali? - sentì la gola secca nel pronunciare quella parola: non si era ancora abituata alla presenza del "dono di Lilith".

- Controllarle e non solo, bambolina. -

Yulis e Shogo si voltarono con gli occhi sgranati in direzione della finestra aperta: il diretto interessato di quella conversazione era entrato furtivamente nelle stanza e se ne stava bellamente appoggiato al davanzale con gli occhi socchiusi e le braccia conserte. Yulis si concesse qualche istante per osservarlo: capelli ossigenati raccolti in un codino scomposto, sopracciglia folte e scure in netto contrasto con la capigliatura e ciglia lunghissime. Sulle spalle portava una giacchetta di jeans tappezzata di patch e adesivi, mentre le gambe erano fasciate da un paio di cargo scuri.

< Ah, fantastico. Ci mancava solo un altro biondo bello come il sole. >

- Ti insegnerò come utilizzare quelle ali al meglio e in qualsiasi situazione, a partire dal volo fino ad arrivare al combattimento corpo a corpo. - terminò l'eroe, distogliendola dai suoi pensieri.

- Falcon, sei in anticipo...! Non sono stato avvisato del tuo arrivo, ma suppongo tu non sia ancora passato per lo sportello di accettazione della clinica. - commentò ironico il professore. - È un piacere riaverti qui, Wallace. -

L'eroe sorrise amabilmente. - Sono lieto di poter essere d'aiuto, professor Nishikawa. Ho fatto il prima possibile, non potevo perdermi un'occasione del genere: non mi era mai capitato di addestrare qualcuno che fosse già stato almeno una volta in HTT! - rise e con qualche passo si avvicinò rapidamente a loro. - E tu, bella bambolina, devi essere Yulis. Chiamami James, ti prego. -

L'eroe si inchinò per salutarla e la ragazza non seppe se imbarazzarsi per quella strana ed immotivata galanteria oppure se essere completamente infastidita ed irritata da quello stupido appellativo: nel dubbio, optó per un mix di entrambe le reazioni.

- Wallace. - lo richiamò Shogo a denti stretti. - Come hai già intuito, lei è Yulis Parker, l'eroina che addestrerai nei prossimi giorni. Ed è mia figlia. -

Non fu nemmeno necessario ricorrere ad Open Eye per percepire i pensieri del ragazzo esprimersi in una poderosa e sonante imprecazione in slang americano.

- Felice di aver completato il quadro delle presentazioni. - sogghignò l'uomo. - Per l'inizio degli allenamenti suggerirei di aspettare i risultati di tutti gli esami e delle analisi di Yulis, in modo da avere la certezza di un buono stato di salute. -

Lei alzò gli occhi al cielo e ringraziò che Shogo avesse lo sguardo puntato sull'altro eroe.

- Mi sembra una decisione più che ragionevole, non trovi anche tu, Yulis? - confermò l'altro e la bionda alzò le spalle.

- Immagino di non aver voce in capitolo su questo. -

- Ottimo, allora siamo tutti d'accordo. - Shogo si avviò verso la porta. - Vieni con me, Wallace? Così potrai palesare la tua presenza anche agli altri membri dello staff. -

James sorrise, accertandosi di mantenere almeno un paio di metri di distanza da Yulis.

- Ma certo, prima vorrei giusto scambiare un paio di parole con Yulis per conoscere le sue abitudini di allenamento, in modo da organizzare ed ottimizzare i suoi prossimi training. -

L'uomo alzò il mento e assottigliò lo sguardo. - Non metterci troppo. - girò i tacchi ed uscì dalla camera, al che Yulis emise un lungo sospiro per svuotare completamente i polmoni.

- Devi scusarlo, in quest'ultimo periodo è un po'... -

- Allora, bambolina... - in assoluto silenzio e senza che potesse accorgersene, James si posizionò ad un soffio dal suo naso. - Ci facciamo un giro, per rompere il ghiaccio? -

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