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[Capitolo 5] - Un giorno di pioggia

Il vento della notte attraversò il vetro pieno di spifferi, invadendo l'abitazione e circondando con il suo alito glaciale la ragazza che sognava e faceva incubi.

Un urlo le penetrò le orecchie, le si arrampicò su per la vena del collo fino ad insinuarsi all'interno della testa, rompendo il perimetro del sogno e plasmandone l'immagine.

Una donna dai lunghi capelli castani correva giù per un dirupo alla smaniosa ricerca di qualcosa.

Chiamava un nome incomprensibile e respirava affannosamente a causa della corsa sfrenata.

Una folata di vento la rese prigioniera di sé e la trasportò giù per il pendio, facendola cadere a terra e portandola via.

La ragazza alzò il capo scontrandosi con il mal di testa.

Si portò una mano verso le tempie e applicò una leggera pressione in modo che il dolore si attenuasse.

Batté le palpebre svariate volte prima di riuscire a mettere a fuoco ciò che la circondava.

Si stiracchiò alzandosi e avviandosi verso la cucina del suo appartamento, posando la tazza di tè ormai freddo che aveva abbandonato su di un manuale.

Andò alla finestra e aprì di poco la serranda respirando a fondo l'aria umida e fredda della mattina.

La pioggia cadeva copiosa come una tempesta di lacrime e si posava come gemme sul vetro, creando una patina bianca semi-calda.

Aveva sempre amato la pioggia, le dava serenità.

Poteva percepire l'anima svuotarsi da ogni dolore mentre guardava le piccole goccioline che sembravano riuscire a ripulirla dai mali accumulati.

Gli ammassi di cattiverie e maldicenze scivolavano via riflesse nell'acqua, ricominciando il loro corso e non dimenticando la loro origine.

Mentre osservava ciò che la circondava, ripensò a quanto desiderasse lasciarsi alle spalle quel monolocale*, quel distretto*, quell'aria e andarsene.

Seocho era il distretto residenziale più ricco di tutta Seoul. Le lunghe vie costeggiate da monolocali e ville* apparivano ricche e sontuose ma nascondevano dietro la facciata la realtà dei fatti.

Seori era riuscita ad accaparrarsi un monolocale abbastanza grande per gli standard coreani ad un prezzo di deposito* e affitto abbastanza decente, grazie al fatto che la proprietaria era un'amica di famiglia e aveva fatto lo sforzo di renderle le cose più facili.

Si era trasferita nel breve intervallo di tempo in cui aveva studiato all'università ed il fatto che in quel periodo passasse le sue giornate tra le pagine ingiallite dei libri della biblioteca accademica ed il materasso non le aveva reso difficile adattarsi.

Una volta terminata la scuola però, si era resa conto che la zona non era sicura e non sarebbe stata libera di muoversi neanche se avesse voluto.

Dove si affacciava la finestra del cucinino vi era un continuo via vai di persone poco raccomandabili e le era capitato più volte di sentire delle urla terrificanti provenire da chissà dove.

Era per questo che dopo l'ennesima nottata passata a bere camomilla per distendere i nervi aveva deciso di andarsene. Idea che però era durata poco dato che la proprietaria le aveva gentilmente ricordato quanto costasse un affitto nella capitale.

Non sapeva come uscirne.

Andò in cucina e mise a bollire dell'altra acqua per preparare il quarto o forse il quinto o il sesto tè della mattinata.

Prese una scatolina di legno dallo scola piatti e la posizionò vicino al mono fornello.

Le bustine di carta colorata erano state ammassate l'una sopra l'altra con poca grazia, procurando la rottura di alcune di esse e il rovesciamento del loro contenuto.

Seori prese la prima che le capitò a tiro e la mise all'interno della tazza aggiungendo poi il liquido bollente e la lasciandola in infusione per alcuni minuti.

Si voltò verso il piccolo tavolo del salotto dove aveva lasciato sparsi tutti i documenti e sbuffò arruffandosi i capelli ormai liberi dalla cipolla scompigliata.

Era sfinita.

La mole di lavoro l'aveva spinta al limite della sopportazione obbligandola a chiudere l'ufficio e a portarsi il lavoro a casa, rifiutandosi di passare l'ennesima nottata in agenzia.

Per quanto il CEO non richiedesse almeno per il momento, lo svolgimento al completo delle sue mansioni, Seori aveva comunque l'obbligo di studiare e memorizzare tutto il materiale che le era stato procurato.

Imprimere nella mente dei dati non le era mai risultato difficile.

Fin da bambina le avevano insegnato come immagazzinare le informazioni in uno degli hard disk più sicuro del mondo, il cervello.

Il problema le si era presentato nel momento in cui, dopo diverso tempo senza allenamento aveva dovuto riutilizzare la tecnica dei loci* «Torniamo al lavoro».

#

Erano le tre del pomeriggio quando sentì la stanchezza giocargli brutti scherzi.

L'ennesimo respiro profondo servì a ben poco e dovette fermarsi nuovamente.

Aveva letto più documenti in mezza giornata che negli ultimi due anni della sua vita e le tempie le pulsavano con forza. La mancanza di un'aspirina non l'aiutava affatto.

Avrebbe potuto pungersi un dito* come insegnava la medicina tradizionale ma non era sicura che avrebbe funzionato e non aveva intenzione di ripulire i documenti dal sangue.

«Santa Geltrude- inveì stiracchiandosi- voglio andare a letto!» ciò che la tratteneva dal buttare tutto all'aria, era la voglia di cambiamento nata dalla realizzazione di quando fosse critica la situazione.

Sin dal loro debutto i BTS avevano affrontato ogni genere di difficoltà, arrivando al punto di valutare l'opzione di sciogliersi.

Seori non li conosceva.

Li aveva visti, aveva sentito dai colleghi quanto lavorassero sodo, aveva letto di loro nelle anagrafiche ma non poteva dire di conoscerli.

Nonostante questo, doveva complimentarsi con loro per essersi rimboccati le maniche pur di arrivare dov'erano.

Prese il piccolo stereo che teneva sepolto sotto ai libri e ne soffiò via la polvere.

Aprì lo sportellino per inserire il disco e tirò fuori dalla borsa una sottile scatolina di plastica.

La copertina era di un marrone scuro e aveva in secondo piano uno zaino nero con sopra inciso il nome del gruppo.

Fece partire la scaletta e ascoltò i brani dal debutto fino a quel momento.

Man mano che il tempo e le canzoni passavano si rendeva sempre più conto di ciò che aveva tra le mani.

Tra le varie voci c'era una complicità assoluta e questo faceva sì che tutto funzionasse senza il minimo intoppo o stonatura.

Tutti partecipavano alla stesura dei brani e si occupavano di sovrintendere su ciò che avesse a che fare con la loro musica.

Accennò un sorriso.

Quei ragazzi erano come lei, apparentemente freddi, scortesi e al limite della sopportazione. Davano l'idea di essere superficiali, impulsivi e privi di volontà, erano senza speranza ma sarebbe riuscita a cambiare le cose.

Non sapeva ancora come, ma ci sarebbe riuscita.



•••
DIZIONARIO E SPIEGAZIONI:

* Monolocale: Un tipico monolocale, di dimensioni comprese tra 20 e 30 metri quadrati, costa almeno 1 milione di won al mese, circa 700 euro.
- Per ampliare l'argomento glossario a fine libro

* Seoul si compone di 25 "gu", cioè distretti ed ognuno è composto da una serie di "dong" (quartieri) in numero variabile. In tutto Seoul ha 423 quartieri, suddivisi in oltre 13700 "tong"; a loro volta questi sono frazionati in oltre 100 mila "ban".
- Per ampliare l'argomento glossario a fine libro

* Per villetta in Corea non s'intende una casa molto grande con la sua privacy, come la diciamo noi in Italia ma un appartamento in un edificio di massimo dieci piani.

* Jeonsae: Tipico contratto di affitto coreano, secondo cui l'affitto va pagato tutto in anticipo (non mensilmente). Quando il contratto scade, avrai il tuo denaro indietro.

* La tecnica dei loci (plurale del termine latino locus, che significa "luogo"), anche chiamata "palazzo della memoria", è una tecnica mnemonica introdotta in antichi trattati di retorica greci e romani (Rhetorica ad Herennium, De oratore, e Institutio oratoria).
- In questa tecnica mnemonica gli elementi da ricordare vengono associati a luoghi fisici. Per rammentare in un certo ordine vari contenuti si ricorre alla memorizzazione di relazioni

* In Corea c'è una strana usanza. Quando a qualcuno fa male la testa, la pancia o qualcosa di lieve, gli si punge un dito. Facendo uscire il sangue, infatti, il circolo di ossigeno aumenta la sua velocità e il dolore sembra sparire.

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