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X - parco, il custode

PLAY: The Rose - Red

Jisung aveva appena litigato con Seungmin. O meglio, Seungmin aveva fatto quasi tutto da solo e gli aveva chiuso la chiamata in faccia, lasciando il biondo senza parole.

«Sono un po'... interdetto. Sì, interdetto è la parola giusta.»

Minho piegò la testa di lato, curioso. Erano entrambi seduti di lato, con il fianco appoggiato allo schienale della panchina; tra di loro c'erano le varie bottiglie e due pacchetti di patatine.

«Avete litigato?»

Jisung annuì, anche se non era sicuro che Minho potesse vederlo nella penombra. Il biondo ci vedeva abbastanza bene nel semi-buio, ma la maggior parte delle persone erano quasi cieche.

«Allora questo è quello che fa per te» disse il moro, stappando una bottiglia.

«Non ho voglia di bere adesso.»

«Invece è proprio quello che ti serve. Perché devi rovinarti la serata pensando e ripensando al litigio? Ormai ciò che è successo, è successo. Siamo venuti a festeggiare la fine della sessione e lo faremo.»

Jisung rimase un attimo in silenzio. In fondo Minho aveva ragione. Ce l'aveva sempre.

«Ogni volta che esco con voi mi fate bere. Non lo facevo mai prima.»

«Infatti con noi ti diverti» disse Minho con un sorrisetto. Gli allungò una bottiglia e Jisung la prese, tenendola in grembo senza berla. Stava pensando a Seungmin e alle parole del più grande.

Prima non aveva mai bevuto, ma non aveva nemmeno l'età per farlo. Ora era bello condividere con loro qualcosa di diverso dal solito. Jisung stava sperimentando, perché Seungmin doveva comportarsi come se fosse suo padre?

«Hai ragione, dovrei festeggiare stasera. E divertirmi. Penserò a Seungmin domani» disse determinato.

«Questo è il mio ragazzo» esultò Minho, stappando una bottiglia di tè. Jisung ne avrebbe avuto bisogno.

«Beh, brindiamo allora.»

Fecero scontrare piano le bottiglie a mezz'aria, poi Jisung prese un sorso mentre Minho aspettava la sua reazione.

Inizialmente il liquido scivolò nella bocca e nella gola del biondo placidamente, senza sapore. Poi le papille gustative non sentirono altro che il bruciore dell'alcol e il ragazzo fu gentile a non sputare tutto. Gli bruciava la gola e la sua espressione era di puro disgusto. Minho scoppiò a ridere.

«Un po' di tè?»

Jisung annuì con forza e Minho gli passò la bottiglia mentre continuava a sbellicarsi.

«Non è lo stesso che beviamo di solito...»

«No, è una cosa alla ciliegia che viene dal Giappone.»

Jisung lo guardò scettico. «Dove senti la ciliegia in questa roba?»

«Riprova. Piano.»

Il più piccolo alzò un sopracciglio, scettico, ma poi si fidò delle parole di Minho. Avvicinò di nuovo la bottiglia alle labbra, prendendo un piccolo sorso. Lo gustò prima di mandarlo giù. Era più forte di quello che bevevano di solito, ma effettivamente era buono. E sapeva di ciliegia. Prese un altro piccolo sorso.

«Allora?»

«E' buono, sa davvero di ciliegia.»

Jisung bevve un altro sorso, senza accompagnarlo al tè. Poi un altro ancora

«Vacci piano con quella roba o finirai per ubriacarti» lo avvisò Minho, mangiando una patatina.

«Non ti preoccupare, non sono mica un alcolizzato come te. E se lo diventerò, sarà solo colpa tua.»

Passò il tempo, nessuno dei due però sapeva quanto. Parlarono molto: la semi-oscurità e il fatto di essere soli aveva aiutato l'ambiente a diventare piuttosto intimo. Era come se fossero chiusi in una bolla, a fare un picnic illegale. Jisung aveva continuato a sorseggiare quel liquore alla ciliegia senza dare ascolto a Minho ed era abbastanza ubriaco. L'altro era rimasto fedele al suo soju, ma anche lui ormai era brillo nonostante sapesse gestirlo bene. Avevano divorato tutti e due i pacchetti di patatine mentre il tè giaceva ignorato e abbandonato a se stesso in un angolino.

All'improvviso si vide una torcia illuminare l'albero dall'altra parte del viale, poi lo stesso viale di ghiaia e la panchina dov'erano seduti i due.

«EHI! COSA FATE QUA?!» gridò una voce, continuando a illuminarli.

«Il guardiano» disse Minho, imprecando qualcosa di inudibile poco dopo.

«Dobbiamo correre» continuò, alzandosi in piedi. Jisung lo guardò un po' strano.

«Dai, su.» Lo prese per mano e lo tirò, facendolo alzare in piedi. Tra i due, Minho era quello messo meglio.

«E le bottiglie? E l'immondizia?» chiese Jisung mentre cominciavano a correre. Faceva così fatica ad andare dritto che non mollò la mano di Minho nemmeno per un secondo, altrimenti sarebbe caduto.

«Non importa di quelle, ora dobbiamo solo scappare.»

Corsero a fatica fino alla cancellata da cui erano arrivati. Avevano entrambi il fiatone ma dovevano scavalcare velocemente o il guardiano li avrebbe presi. Jisung aveva il battito accelerato per la corsa e per l'alcol.

«Vai prima tu» disse Minho. Se l'avesse lasciato per ultimo non sarebbe riuscito a scavalcare.

Jisung annuì e oltrepassò la recinzione un po' a fatica, cadendo in ginocchio dall'altra parte. Minho fu più rapido e barcollò un po' dopo aver saltato. Aiutò il biondo a rialzarsi.

«EHI!» urlò il guardiano. Aveva preso un mazzo di chiavi e stava cercando quella giusta per aprire il cancello.

«Andiamo!» esclamò Minho correndo. Teneva Jisung per mano e se lo tirava dietro per non perderlo per strada.

Corsero per un po', zigzagando tra la poca gente che c'era ancora in giro. Il parco era ormai lontano e indusse Minho a gridare, preso dall'adrenalina. Era solo un verso, come quello degli indiani d'America, ma presto anche Jisung lo imitò.
Continuarono a correre fino a che non entrarono nel quartiere più ricco della città, pieno di ville con delle mura che le facevano sembrare dei castelli. Non c'era nessuno per strada.

«Min... Minho fermiamoci» disse Jisung boccheggiando. Era morto.

I due si fermarono a respirare affannati ma con due sorrisi sui loro volti. Incrociarono lo sguardo per un attimo e scoppiarono a ridere rumorosamente.

«Ssssh» fece il biondino, mettendosi un dito sulle labbra.

Non riuscirono a trattenere le risate per molto, perché scoppiarono di nuovo. Tra l'alcol e l'adrenalina della corsa, sembrava tutto più divertente di una semplice fuga. Minho si distese a terra, sull'asfalto, e Jisung lo seguì subito dopo.

«Guardiamo le stelle» disse Minho.

«Da qua vedo solo lampioni» replicò Jisung con tono infantile.

Incrociò anche le braccia e mise il broncio come i veri bambini capricciosi sanno fare. Minho rotolò di fianco, reggendosi la testa con una mano; rise ancora al vedere la sua espressione.

Si chinò in avanti e baciò Jisung. Un breve tocco di labbra, una leggera pressione. Fu così rapido e inaspettato che Jisung credette di esserselo immaginato. Minho era soddisfatto: si chiedeva da un po' come sarebbe stato ed era fiero di se stesso per aver avuto il coraggio di farlo. Jisung invece sarebbe diventato rosso, se non fosse già diventato rosso per lo sforzo della corsa. Era confuso, tutto gli girava per l'ebbrezza e non vedeva l'ora di andare a letto. Era troppo stanco per elaborare un pensiero logico in quel momento. Non riusciva a rendersi conto di ciò che era successo.

«Mi farai leggere la lettera prima o poi?»

«Forse. Dovremmo andare a casa adesso.»

***

Jisung tornò a casa con un taxi intorno alle quattro di mattina. Si spogliò dei vestiti e usò le ultime energie che aveva per lavarsi i denti e infilarsi a letto. Si addormentò istantaneamente. Per tutte le dieci ore del suo sonno non sognò nulla, era come andato in stand-by. Si svegliò nella stessa identica posizione alle due del pomeriggio, ma solo perché aveva tutta la bocca asciutta. Socchiuse gli occhi per la luminosità del sole che entrava dalle finestre a quell'ora e gli uscì un verso dalla bocca come un grugnito.

Si fece una bella doccia, si vestì e cucinò la sua cola-pranzo. Gli faceva malissimo la testa e anche l'intestino non stava festeggiando. Si sentiva uno straccio. Se quello era il prezzo da pagare per una serata così - abbastanza tranquilla, se non fosse stato per il guardiano - non so se lo rifarei.

Divorò la sua ciotola di ramen con una voracità assurda, per poi bere un bel po' di acqua. Ah, l'acqua, era così buona.

Si buttò sul divano e accese la televisione, solo per avere un sottofondo mentre controllava i messaggi e i vari social. Nulla da Seungmin. Per un attimo gli sembrò strano, ma poi gli venne in mente la telefonata dove avevano litigato. Seungmin si era incazzato perché lui era fuori con Minho. Non riusciva a capire perché si fosse comportato così. Era geloso? Passava molto più tempo con lui rispetto a tutti gli altri, Minho compreso.

E, a proposito di lui, gli spuntò casualmente l'immagine di lui che si chinava per baciarlo. Diventò subito rosso al pensiero. Si sentiva imbarazzato, agitato, ma non l'aveva presa troppo male. Non era contento ma non era nemmeno arrabbiato. Era successo e basta. Non sapeva cosa fare. Chiamare Minho? Non chiamarlo? Avrebbe dovuto dirgli che era stato uno sbaglio, che erano solo ubriachi. Sì, lo avrebbe fatto.

Andò nella rubrica e aprì il contatto di Minho. No, non poteva farlo. Sarebbe stato l'altro a chiamarlo? Ok, ok, Jisung avrebbe aspettato che Minho si facesse vivo. Ma forse non era la cosa giusta da fare. Avrebbe dovuto chiamarlo lui per primo.

Rimase davanti al telefono almeno dieci minuti, cercando il coraggio per chiamarlo. Doveva trovare le parole adatte. Non sapeva se Minho lo avesse fatto solo perché era sulla cresta dell'onda alcolica o se c'era qualcosa dietro. Non gli aveva mai dimostrato un particolare tipo di affetto, si comportava con Jisung allo stesso modo di Felix o Chan. L'aveva aiutato quando erano entrati i ladri in casa sua, ma lo avrebbe fatto con tutti in caso di emergenza, no?

La cosa migliore era chiamarlo e dirgli che non sarebbe più dovuto succedere. Era la cosa giusta da fare, per entrambi. Riprese il cellulare in mano ma di nuovo gli mancò il coraggio. Non si spiegava perché avesse così paura di parlargli.

Fu Minho a chiamarlo, invece. Vide la chiamata in arrivo sullo schermo e non poté fare altro che rispondere. Non poteva più scappare.

«Pronto?»

«Ciao. Come ti senti oggi?»

«Uno straccio sta meglio di me» disse sospirando. Non era solo per il dopo sbronza probabilmente.

Minho rise. «Sono sicuro che tu non abbia mai apprezzato l'acqua così tanto.»

«Hai totalmente ragione. Senti, a proposito di ieri...»

Si sentiva un po' a disagio, a dire la verità. Non sapeva se Minho fosse più coinvolto di quello che sembrava.

«Quale parte?»

«Quella dove mi hai baciato.»

Ci fu silenzio da entrambe le parti del telefono. Jisung si era preoccupato di dirlo con un tono normale, non aggressivo. Non voleva che lo strangolasse di nuovo.

«Ok, quindi?»

«Io... non so. Non so perché l'hai fatto, se ci sono motivi seri dietro o se è solo colpa di quella roba alla ciliegia che abbiamo bevuto, ma credo che non dovrebbe succedere più.»

Ecco, l'aveva detto. Ci furono un paio di secondi dove Jisung pregò che l'altro non la prendesse male. Trattenne il respiro inconsapevolmente fino a che Minho non parlò, come se il tempo fosse sospeso.

«Meno male che me lo hai detto tu, io non sapevo come dirtelo gentilmente» disse Minho, ridacchiando.

Jisung prese un respiro, sorridendo. «Ok, tutto come prima quindi?»

«Certo. Ci vediamo domenica per la partita?»

Jisung aveva detto alla compagnia di andare a vedere l'ultima partita prima della pausa pasquale, dove avrebbero giocato contro la prima in classifica.

«Sì, sempre che Seungmin abbia intenzione di comunicare con me in questi giorni.»

«Vedrai che passerà. Ora devo andare» disse Minho.

«D'accordo. Ciao.»

Se Jisung si era tolto un peso, parlando a Minho dell'accaduto, al contrario a lui sembrava avere un macigno sulle spalle. Non appena chiuse la chiamata, il sorriso che aveva sul viso sparì, lasciando spazio a una non-espressione. La sera prima aveva bevuto, sì, ma non era messo tanto male. Lo aveva fatto di proposito. Per alcuni giorni aveva avuto un pensiero fisso e aveva dovuto farlo per confermare o ribaltare la situazione. Beh, si era confermata e anche ribaltata.

Prese il cellulare e chiamò il suo qualificato psicoterapeuta dai capelli rossi.

«Ho bisogno di un consulto.»

«...»

eccoci qua con la seconda parte!
spero vi sia piaciuto il capitolo, con questo sviluppo non-cosi-tanto inaspettato.
PS: siamo quasi a 500!

❤️

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