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1| Charles- Il passato

https://youtu.be/s5uveZv02-w

La me del futuro ha creato un trailer per dare a chiunque si avvicini a Twin Flames la possibilità di fare un piccolo salto in ciò che lo aspetta. Enjoy the ride ! -t


2003, FRA

⏯️ Won't you take me by the hand, take me somewhere new?
I don't know who you are, but I
I'm with you


La prima volta che Charles vede Frances non sa che quella bambina imbronciata con i capelli stopposi legati in due trecce sbilenche gli cambierà la vita. Anzi, probabilmente nemmeno ci fa più di tanto caso, preso com'è dalle circostanze in cui avviene il loro incontro accidentale.

In futuro gli capiterà spesso di desiderare di ricordare meglio quella che è stata la giornata delle sue prime volte e di provare a mettere insieme tutti i frammenti rimasti sepolti nei cassetti della memoria per ricostruire un'immagine completa di quei momenti, ma non creare falsi ricordi è più difficile del previsto.

Parti lui si domanderanno per sempre se tutto quello che è successo quel giorno fosse da interpretare come un segno del destino o se si trattasse solo una sequela di fortuite coincidenze che hanno cambiato inaspettatamente il susseguirsi degli eventi, come una frana che, un granello alla volta, devia un corso d'acqua e ne modifica fatalmente il tratto.

Non se lo dimenticherà mai, però, quel giorno del 2003.


*


Quella mattina si sveglia alle prime luci dell'alba, sudato e piuttosto irrequieto, con il cuore che gli batte fortissimo nel petto come dopo un brutto sogno. Nella semioscurità della stanza cerca indizi di pericolo, ma ogni cosa sembra essere al suo posto: i suoi giochi ammonticchiati sul pavimento che gettano ombre vagamente sinistre sul muro, la sedia della scrivania appena scostata e ingombra di vestiti, Arthur raggomitolato sul fianco che si succhia il pollice beato. Niente di strano.

Va tutto bene, si dice, eppure per quanto si rigiri non c'è verso di riprendere sonno.

Allora fa come gli ha insegnato suo padre: serra le palpebre e prova a pensare a qualcosa di bello -ai supereroi dei fumetti, al cucciolo del loro vicino e perfino alle macchine da corsa con le loro scocche scintillanti- ma nemmeno questo sembra riuscire a farlo sentire meglio.

Dopo poco, stando attento a non svegliare suo fratello che dorme nel letto accanto, calcia via le coperte azzurre e zampetta nel corridoio buio finché non raggiunge la porta della camera dei suoi genitori.

In circostanze normali non lo farebbe. Charles è molto fiero di essere diventato grande e indipendente, con la sua stanza e il suo letto e tutte le sue cose. Da quando è nato Arthur lui è un fratello maggiore, e come tale dovrebbe essergli d'esempio. Per questo lo imbarazza un po' ammettere di avere ancora bisogno dei suoi genitori, di tanto in tanto.

Cincischia un po' con la mano sulla maniglia, piegandola più volte per sentire il fischio del metallo e del meccanismo che si mette in moto. Poi apre la porta e si dirige silenziosamente verso il lato del letto dove dorme sua madre. Lei apre gli occhi quasi istantaneamente, subito in allerta, e quando Charles chiede, con la sua vocina piccola: "Posso dormire con te?" scosta la coperta e lo stringe al petto.

Si sente subito meglio, dopo. Le carezze sui capelli della sua mamma sono l'unica cosa che riesca a calmarlo, in certi momenti.

Più o meno un'ora dopo, quando Hervé va a svegliare Lorenzo e Arthur per andare a scuola, Charles è ancora nel lettone, steso in diagonale con il lenzuolo tirato fin sopra alla testa.

Pascale prova a scuoterlo leggermente dal fianco ma lui continua a far finta di dormire, mentre con un occhio aperto sbircia curioso la situazione in controluce. Una mano piccola lo agguanta e gli tira un pizzico fortissimo sulla gamba, facendolo strillare, e Charles piagnucola di non sentirsi bene, perciò sua madre gli rimbocca le coperte, gli lascia un bacio sulla fronte e gli porta un bicchiere di succo di frutta con una cannuccia. Alla mela, il suo preferito.

Lo poggia sul comodino, vicino alla foto ingiallita dei nonni e ad un libro con la copertina rosso fiammante abbandonato aperto con il dorso rivolto verso l'alto, il cui titolo gli è sconosciuto perché fa ancora fatica a leggere.

Roba noiosa e senza figure, in ogni caso.

Il più piccolo, come è ovvio, si lamenta, e frignando lo accusa di aver mentito per saltare le lezioni. Il cuore di Charles inizia a battere fortissimo, paralizzato dalla paura di essere scoperto, e fa fatica a mantenere calmo il respiro. Non dice niente, seminascosto sotto le coperte, ma pensa che non appena sarà solo staccherà la testa al pupazzetto di Spiderman di suo fratello, per vendicarsi.

Prosegue imperterrito nella sua recita, mentre resta in ascolto dei rumori di sottofondo della casa che si sveglia. Il tostapane che sputa fuori due fette imburrate, il getto d'acqua della doccia, la musica rimbombante che viene fuori dalla camera di Lorenzo, i bisticci e le raccomandazioni, la porta che cigola quando si apre e che si sbatte alla sua chiusura.

Dopo un po' cala il silenzio, ed è fastidioso più che piacevole.

Charles rimane seduto sul letto dei suoi genitori per un bel pezzo, con le gambe penzoloni e il pigiama con gli Aristogatti macchiato sul ginocchio, finché suo padre non si affaccia per avvisarlo che lo accompagnerà dalla nonna e uscirà di lì a poco per andare a Brignoles.

Solo a sentir quel nome, gli si illuminano gli occhi.

Charles ha solo sei anni e non ha idea di dove si trovi Monaco, nel mondo, ma sa a memoria la strada che porta dal portone di casa sua a Brignoles. E la sa perché Brignoles gli ricorda il suo amico Jules.

Jules è il figlio del signor Bianchi, un ragazzetto secco con i capelli scuri, sui quattordici anni, che bazzica nei pressi di casa sua da quando lui ha memoria. È uno dei migliori amici di suo fratello, è nel mondo delle corse ed è l'unica persona che non tratti Charles come un bambino stupido e irritante da tenere a distanza. Ha sempre un sorriso per lui, l'anno prima gli ha insegnato ad andare in bicicletta ed è grossomodo la sua persona preferita al mondo.

Non appena sente le parole magiche, mette su il broncio e cerca in ogni modo di convincere suo padre a portarlo con sé. Ci vogliono venti minuti buoni, due crisi di pianto e un urlo così forte da far tremare le pareti, ma l'ha vinta. D'altronde nessuno ha mai creduto che stesse davvero male, Charles è sempre stato pessimo a dire le bugie.

Così è cominciata.


Mentre saltella a piedi uniti sulle mattonelle del marciapiede attento a non calpestare nessuna riga, l'aria fresca gli sferza sulla faccia facendogli lacrimare gli occhi. È una giornata ventosa e mentre trotterella dietro a suo padre deve stringersi nella giacca per evitare di volare via.

Non è la prima volta che vanno al kartodromo, ma è la prima volta che effettivamente ci restano per più di cinque minuti. Charles si sente fiero ed emozionato e non riesce a staccare gli occhi dalla pista, mentre con la mano piccola resta aggrappato al pantalone di Hervé, temendo di sentirlo allontanarsi e di doversi scollare da quello spettacolo meraviglioso.

"Charlie" gli dice lui, rivolgendogli un'occhiata severa e sistemandosi gli occhiali squadrati sulla punta del naso. "Aspettami qui e non ti muovere per nessuna ragione al mondo, devo andare a parlare con lo zio adesso."

Lo zio è il papà di Jules. Non è davvero suo zio, ma non è un dettaglio rilevante.

Charles annuisce, intenzionato a comportarsi in modo impeccabile, e si sistema sugli spalti mettendosi composto sulla seduta in plastica arancione un po' sgangherata, con le mani giunte in grembo e i piedi che dondolano nervosamente nel vuoto.

Ci sono solo quattro kart che girano sul circuito, in quel momento, ma è uno in particolare a catturare la sua attenzione. Alla guida del numero 7, un minuscolo pilota con un casco rosso fuoco si destreggia zigzagando, abile e preciso come se conoscesse la pista a memoria. Charles lo osserva incantato seguire tutte le curve e disegnare traiettorie come se fossero ghirigori sull'asfalto caldo. Sente muoversi qualcosa nel petto, una strana e sconosciuta esaltazione a cui non sa dare un nome.

È primordiale, quasi un richiamo.

Prima che riesca a rendersene conto si ritrova in piedi a saltellare sul posto, troppo coinvolto dal momento per restare fermo. Ha già visto Jules guidare, ma non aveva mai visto un bambino della sua età – una testa gigante su quattro ruote- muoversi con così tanta sicurezza, come se fosse nato per fare quello. Non riesce a pensare a nulla se non che vuole provare anche lui. Vuole provare adesso.

Con gli occhi spalancati cerca Hervé nelle immediate vicinanze, sotto agli spalti, vicino agli spogliatoi. Anche se è incontenibilmente euforico a Charles non piace disobbedire a suo padre, e lui ha detto di aspettarlo .

Alla fine però l'istinto ha la meglio e, quando è chiaro che non può più aspettare, si precipita giù per i gradini saltandoli a due a due, fino ad arrivare sul bordo della pista. Il kart numero 7 si accosta poco più avanti e il suo pilota scende con un balzo felino, di modo che ci siano non più di venti metri di distanza fra loro.

"Ehi tu! Bambino?" lo chiama Charles, sventolando in alto la mano per attirare la sua attenzione. "Mi fai provare?"

La voce gli trema dall'emozione, allunga perfino le braccia davanti a sé come sperando che l'altro gli ceda il suo casco ed il suo sedile seduta stante. Per un istante crede che stia davvero per farlo, perché lo vede slacciarsi la cerniera sotto il mento e camminare a passo svelto verso di lui.

Gli incute un po' di timore, ma anche un po' di ammirazione.

Quando il piccolo pilota si sfila il casco, però, Charles si rende conto di un dettaglio non esattamente trascurabile che lo fa arrossire fino alla punta delle orecchie e gli fa salire le lacrime agli occhi dalla vergogna.

Due trecce scure, storte e spelacchiate, piovono sulle spalle fasciate dalla tuta bianca gommata, strappata e lisa in più punti.

La bambina che gli sta di fronte gli restituisce un'occhiata avvelenata. Ha il viso rotondo e le labbra carnose piegate in una smorfia stizzita, la fronte imperlata di sudore come dopo una grande fatica.

"Cosa numero uno, io sono femmina" sibila, maligna, stringendo gli occhi in due fessure. Tiene il casco ridicolmente grande incastrato sotto il braccio e il mento sollevato in segno di sfida. Gli era sembrata minuscola, dagli spalti, ma la bambina deve essere almeno quindici centimetri buoni più alta di lui. "Cosa numero due, non devi chiedere a me ma al signor Bianchi, imbranato"

Il labbro inferiore di Charles trema per la sorpresa, e questa volta pensa che potrebbe piangere sul serio. Non gli piace quando le persone sono cattive con lui senza ragione, specie quelle che non conosce.

"Frances?" chiama qualcuno, dalle sue spalle. C'è una chiara nota di disappunto nella voce, ma resta comunque pacata, vagamente rauca, come se provenisse da molto lontano. "Perché ti sei fermata?"

Charles ci mette qualche istante a capire che, chiunque sia, non sta parlando con lui ma si sta rivolgendo alla bambinetta che gli sta di fronte. Lei corruccia le labbra, occhieggiando nella sua direzione, come per scusarsi.

"Il bambino" dice, indicandolo con un cenno del mento. Il disprezzo è evidente nella sua voce. "Voleva chiedermi una cosa."

Charles sente il cuore martellargli nel petto e si gira lentamente sul postavanti ad un uomo molto vecchio con le sopracciglia canute e una coppola calcata in testa. Ha un'aria innocua, anche se la sua voce suona grave.

L'uomo accenna un sorriso sdentato, a cui lui risponde strabuzzando gli occhi. È sicuro di non averlo mai visto prima, ma l'uomo sembra averlo in qualche modo riconosciuto.

"Tu sei Charles vero?" gli chiede, confermando i suoi sospetti, e ha la sensazione di essere davvero nei guai. Il primo istinto, come al solito, è quello di scappare, correre a nascondersi dietro alle gambe di suo padre, chiedere scusa in ginocchio per essersi allontanato. Prima che possa muoversi, però, il vecchio torna a rivolgersi alla bambina con le trecce. "Hai capito Fanny?" le chiede. "Questo qui è uno dei figli di Hervé."

La fronte aggrottata di lei sembra distendersi, e la sua espressione irritata muta leggermente, come se fosse stata colta in contropiede.

"Ma chi, il fratello di Lorenzo?" chiede, dubbiosa.

Il modo in cui lo dice fa contorcere pericolosamente lo stomaco di Charles e gli fa venire voglia di vomitare. Suona come una cosa brutta, come una cosa di cui vergognarsi. Forse non avrebbe dovuto bere tutto quel succo prima di mettersi in macchina.

Il vecchio annuisce.

"Me lo immaginavo diverso."

Charles resta lì impalato, con lo sguardo rivolto all'asfalto e una manina stretta attorno all'orlo della sua giacca, incerto su cosa dire. È stata una brutta idea, avrebbe dovuto dare ascolto a suo padre.

"Charles?!"

Questa volta l'ammonizione proviene da una voce spiacevolmente conosciuta ed è indubbiamente rivolta a lui. Di male in peggio.

"Ti avevo detto di non muoverti." Dice, duro.

Il bambino deglutisce, nemmeno ha il coraggio di voltarsi a guardarlo. Questa è la sua punizione per non essere andato a scuola, aver fatto finta di stare male e non aver ascoltato le raccomandazioni di suo padre. Ormai è sicuro, piangerà. Sente già in bocca il sapore amaro delle lacrime.

"Dagli un po' di tregua" risponde il vecchio, quando suo padre si avvicina, dandogli una sonora pacca sulla spalla. Usa un tono confidenziale, come se fossero amici di vecchia data. "Il piccoletto ha sentito il richiamo dei motori"

Charles si concentra sul sorriso compiaciuto che si dipinge sul volto di Frances. Le manca un dente davanti.

"Il piccoletto" aggiunge lei, facendo dondolare il casco dalla cinghia. "Vuole provare."

Si guardano per un attimo, appena una frazione di secondo, e lui legge negli occhi della bambina sconosciuta che qualcosa di importante e irripetibile sta per succedere. Allunga di nuovo le mani, e l'istinto si rivela vincente.

Charles vede rosso per la prima volta.

Il casco di Frances gli piove in braccio come una palla di fuoco e lo fa accucciare sotto al suo peso. Un lampo di gratitudine spontanea gli si accende sul viso.

Quando suo padre vede il piccoletto con il casco in braccio, dimentica di essere arrabbiato e si apre in un sorriso luminosissimo. La successiva cosa che fa è chiedere una tuta della sua misura.

E quella è anche la prima volta in cui Charles Leclerc sale su un kart e capisce che tutta la sua vita d'ora in poi, ruoterà attorno a questo.


//Spazio autrice (here we go again)

Aver scritto Mad Max è bellissimo ,perché mi ha permesso di esplorare molti temi che mi sono particolarmente cari e di confrontarmi con moltissime persone. Paradossalmente, però, è anche bruttissimo, perché mi ha appicciato addosso una specie di etichetta che porta con sé l'inevitabile peso delle aspettative.

Ed io sono notoriamente una che le disattende, tutte.

Con questo nuovo progetto -folle, ambizioso, "di pancia"- voglio fare qualcosa di nuovo, mettermi in gioco e vedere quanto in là riesco a spingermi. Se siete pronte ad imbarcarvi con me in quest'avventura dovete farlo di getto, a scatola chiusa, fidarvi del processo, come si suol dire.

Questa storia inizia come tutte le storie, dal principio. Ricostruiremo il passato con Charles, ripercorrendo tutte le tappe più importanti, senza sapere dove si collochi nel presente nè tantomeno nel futuro. Quello, ce lo dirà qualcun altro. Ma procediamo per gradi.

Leggete, commentate, votate se vi va. I feedback ora più che mai sono ben accetti, così come le teorie strampalate, i commentacci e le chiacchiere. Per maggiori informazioni sulla storia e per qualsiasi cosa vi frulli in mente, mi trovate su instagram come  @itstods_wattpad!

Baci esagerati,

Vostra sempre T.


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