☼22
Jongho
Quando il giorno dopo mi svegliai a causa del rumore della sveglia, grugnii rumorosamente a causa di tutta la stanchezza che provai. La notte prima avevo decisamente dormito poco e ora sarei dovuto andare anche a scuola, essendo quel giorno lunedí.
Mi girai nel mio letto per dare le spalle alla luce che filtrava attraverso la finestra, soltanto per ritrovarmi davanti agli occhi qualcuno, qualcuno che mi ero completamente dimenticato nell'arco di quei secondi da quando mi ero svegliato.
In piedi infatti c'era Kyungmi soltanto in slip, mentre si abbassava per raccogliere tutti i vestiti che erano caduti la sera scorsa: quelli miei e quelli che le avevo prestato, sia quelli bagnati che non. La vidi prenderli tra le braccia e portarli da un'altra parte che poi capii si trattasse di una cesta per vestiti. Sorrisi mentre si portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed in un attimo mi sentii portare ad un futuro dopo la fine della scuola, con me e lei che convivevamo e io che mi svegliavo così ogni mattina, dopo aver passato una notte come quella.
Era decisamente troppo presto per pensare a cose del genere ma cosa ci potevo fare? Era la prima volta che entravo in una relazione del genere e non riuscivo a controllare i miei pensieri dall'andare così oltre.
Mi resi conto di star ancora sorridendo quando si voltò verso di me e notai che in quel momento stava indossando soltanto le mutande e che per il resto era del tutto nuda. La prima cosa che pensai fu come fosse possibile che in pieno febbraio non avesse freddo, ma poi me lo ricordai: era un vampiro, lei non soffriva il freddo.
Quando si accorse dei miei occhi aperti allora si fermò, prima di poggiare la cesta per terra e andare verso l'armadio per prendere per l'ennesima volta una delle mie maglie, mettendosela addosso e coprendo un minimo le sue nudità, nonostante l'avessi vista soltanto poche ore prima.
«Non...non pensavo avessi sentito la sveglia, visto che ha continuato a suonare.»si giustificò lei, mettendosi seduta sul materasso e dandomi le spalle, io anche mi misi a sedere e stiracchiai la schiena, le spalle e le braccia, prima di lanciare un'occhiata all'orologio che avevo in camera.
«Lo faccio spesso, lasciare la sveglia che suona intendo.»le risposi e vidi soltanto la sua testa fare su e giù, senza che mi rispondesse a parole. Io mi grattai la nuca prima di alzarmi anche io, ancora completamente nudo dalla notte precedente, e andai a prendere almeno un paio di boxer: avrei voluto così tanto farmi una doccia, ma non avevo il tempo e quella mattina sarei dovuto andare assolutamente a scuola.
«Ho capito.»disse allora, e poi l'attimo dopo aver indossato le mie mutande mi appoggiai alla scrivania col sedere, incrociando poi le braccia al petto e guardandola. Notai che non aveva alcuna intenzione di vestirsi, nonostante anche lei dovesse venire a scuola, e ne rimasi piuttosto confuso: per quale motivo ora si stava comportando così?
Dopo una notte del genere, dopo aver perso la verginità con lei, mi aspettavo qualcosa di...diverso. Non che credessi che l'avrei trovata a portarmi la colazione a letto e che poi saremmo finiti per dichiararci amore eterno ma non di certo tutto quello.
Che non le fosse piaciuto? Che le avessi fatto male? Che fossi andato troppo oltre quello che in realtà lei voleva? E se in realtà era ancora innamorata di Seonghwa e mi aveva usato soltanto per non pensare al suo trauma a causa dei tuoni? No, sapevo che non l'avrebbe mai fatto. Giusto?
«Non ti prepari, per scuola?»le domandai allora a quel punto, per spezzare quel silenzio e per provare a pensare a qualcos'altro. Lei alzò lo sguardo su di me prima di iniziare a mordersi le unghie.
«Non vengo oggi.»rispose decisa, abbassando poi gli occhi sul pavimento, come a non volermi guardare nemmeno in faccia dopo quella dichiarazione.
«Come mai?»chiesi ancora, adesso molto curioso del motivo per cui non volesse venire. Corrucciai le sopracciglia e l'attimo dopo un pensiero mi sfiorò la mente: era per colpa mia che ora non sarebbe venuta a scuola? Se così fosse stato io mi sarei sentito in colpa per l'eternità, dal momento che sapevo perfettamente quanto ora contasse lo studio per lei, ed essere la causa del peggioramento dei suoi voti mi avrebbe ucciso da dentro, soprattutto dopo tutto il percorso che avevamo fatto da inizio anno.
«Io me ne vado, Jongho.»affermò sempre senza guardarmi negli occhi, e io a quelle parole mi immobilizzai. Mi sentii come paralizzato dalla testa ai pieni, non sapevo come reagire a quelle parole, perciò feci l'unica cosa che avrei potuto fare: scoppiare a ridere. Risi per quelli che mi sembrarono minuti interi, lo feci fino a quando non mi sentii i polmoni esplodere e la mia saliva rimanere incastrata nella mia gola. Quando però finii abbassai lo sguardo e l'unica cosa che trovai fui il suo volto inespressivo, allora anche io tornai serio ma non riuscii comunque a capire a cosa si stesse riferendo.
«Che stai dicendo?»domandai allora, più confuso che mai, in quel momento avrei soltanto voluto avvicinarmi al suo corpo e stringermi di nuovo a lei come avevo potuto fare durante quella notte, ma sapevo che non avrei potuto farlo in quel momento.
«Che me ne vado, è troppo rischioso rimanere così a lungo nello stesso posto se sono seguita da un clan intero.»mi rispose, alzandosi a sua volta e iniziando a fare avanti e indietro per la camera, sempre mordicchiandosi un'unghia in maniera quasi ossessiva.
«E dove andrai? Non credo ci siano degli appartamenti in affitto qui vicino, però c'è un albergo e...»ma non mi lasciò finire che mi interruppe e quasi mi parlò sopra.
«Me ne vado vuol dire che lascio la città.»specificò e io addrizzai la schiena, sentendo un brivido corrermi lungo la colonna vertebrale e congelarmi sul momento il sangue nel mio corpo. Non riuscivo a credere a quelle parole, non volevo crederci: non avrei mai permesso che se ne andasse, non ora che avevo capito di provare qualcosa di forte nei suoi confronti.
Non volevo lasciarla, non volevo più stare senza di lei. Nonostante tutto, quei giorni in cui avevamo praticamente vissuto insieme erano diventati la mia routine quotidiana: alzarsi insieme, io che le prestavo i miei vestiti, noi che andavamo a scuola e che poi studiavamo a casa, io che l'aiutavo e le spiegavo le cose che non capiva. E poi mi venne in mente quello che avevamo fatto, i baci, le carezze, il sesso. Non potevo permettermi di perderla.
«Non andrai proprio da nessuna parte, tu.»ribattei avvicinandomi al suo corpo e afferrandole un braccio, fermandola da quel suo andare avanti ed indietro per la stanza. Lanciai un'occhiata all'orologio e capii che quel giorno nemmeno io sarei andato a scuola, ma in quel momento fu l'ultimo dei miei problemi.
«Perchè non dovrei?»chiese quasi in maniera retorica prima di sbuffare una risata e guardarmi con sfida, cosa che iniziò anche a farmi innervosire: la calma che avevo avuto fino a qualche secondo prima ora stava iniziando a diminuire sempre di più.
«Perchè io voglio che rimani qui, con me.»ammisi e seppi perfettamente quanto in quel momento potessi apparire patetico ai suoi occhi, ma tanto valeva tentare. Avrei detto qualsiasi cosa pur di farla rimanere a casa mia, non volevo assolutamente che se ne andasse e mi lasciasse solo, chissà quando l'avrei rivista se se ne fosse andata. Anzi, chissà se l'avrei mai rivista...
«Tss, che c'è? Ora che abbiamo scopato pensi di essere il mio fidanzatino?»le parole amare che uscirono dalla sua bocca mi mandarono il cuore in frantumi e non riuscii nemmeno a rispondere. Rimasi immobile, lasciai il suo polso e poi strinsi la mano in un pugno per non urlare. No, non era quello che volevo. Volevo soltanto che rimanesse con me al sicuro, perchè ora senza di lei non sapevo proprio starci e non sarei riuscito a rimanermene fermo e zitto mentre la guardavo andarsene proprio sotto ai miei occhi.
«Se pensi così allora non hai proprio capito niente. Mi è piaciuto il sesso con te, ma non c'è nulla più di quello, e mai ci sarà.»aggiunse poi dopo aver avvicinato il viso al mio. Io cercai di allungare quel momento il più possibile nella mia testa, cercando di raccogliere ogni aspetto del suo volto per non dimenticarlo mai. Non avevo sue foto, perciò non volevo scordarmi di alcune sue caratteristiche.
«Addio, Jongho.»disse ancora prima di guardarmi un'ultima volta e allontanarsi definitivamente da me, per poi uscire dalla stanza senza dire una parola.
Io rimasi lì, in piedi, con la mandibola e i pugni stretti. Avrei tanto voluto gridarle contro di rimanere con me, di non andare via e non rischiare di morire. Certo, con me non sarebbe stata al sicuro, dal momento che non sarei mai stato in grado di proteggerla da esseri soprannaturali, ma almeno avremmo potuto affrontare tutto quello insieme.
Ma a quanto pare per lei tutto quello non contava e non sentiva lo stesso.
NON ODIATEMI
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