☼20
Jongho
Da quando Kyungmi aveva dovuto scappare di casa, praticamente viveva da me. Ai miei genitori avevo raccontato che aveva litigato col suo coinquilino e che lui era stato violento nei suoi confronti, e ovviamente subito avevano accettato di averla in casa nostra. Nonostante non volessero ammetterlo, sapevo che erano felici del fatto che finalmente qualcuno teneva a me e mia madre continuava a ripetermi che lei era una bella ragazza e che ci avrei dovuto provare. Io ovviamente scuotevo la testa ogni volta, anche se avrei tanto voluto trovare il coraggio di seguire il suo consiglio.
Quando quel giorno si era presentato nella nostra classe il nuovo ragazzo, avevo notato che qualcosa dentro di lei fosse scattato, ma non avevo voluto chiederle nulla: sicuramente era qualche fantasma del suo passato, o peggio, qualche vampiro del clan nemico.
Quella notte stavo dormendo tranquillo, Kyungmi nel rustico e i miei amici a casa loro. Da quando lei si era "trasferita" a casa mia avevo imposto che nessuno di loro sarebbe rimasto a dormire quando sarebbero venuti a casa mia la domenica, in modo tale da non darle fastidio, e anche se controvoglia avevano accettato.
Sapevo che lei ci stava male, che qualcosa non andava con quella ragazza, e io avevo una voglia matta di scoprire tutti i suoi segreti, ma semplicemente non riuscivo a farlo a causa della paura che si allontanasse da me e che non volesse più avere nulla a che fare con me a causa della mia curiosità.
Pioveva, tuonava e lampava attraverso la finestra, ma io mi sentivo al sicuro sotto al caldo delle mie coperte, riuscivo tranquillamente a guardare il cielo scuro fuori, anche quando si faceva chiaro a causa dei lampi. Cercai di chiudere gli occhi, beandomi di quei suoni che intanto mi stavano cullando, ma ad un tratto sentii un rumore diverso, che mi fece inevitabilmente spalancare le palpebre.
Guardai dritto davanti a me e, quello che mi ritrovai, mi fece spaventare inizialmente.
Proprio attaccata alla mia finestra c'era Kyungmi, completamente bagnata dalla testa ai piedi, col cappuccio di una delle mie felpe che stava utilizzando come pigiama tirato su cosí da nascondere i capelli dalla pioggia. Subito mi alzai a sedere, vedendola in quello stato, per poi correrle incontro, aprendo immediatamente la finestra.
«Che diavolo stai facendo?!»le chiesi cercando di tenere il tono di voce più basso possibile, prima di afferrarla per un braccio e tirarla dentro la mia camera. Lei mi lasciò fare, anche quando la portai vicino al mio armadio che in poco tempo fu aperto e da cui tirai fuori alcuni vestiti.
«Mi dispiace...»mormorò soltanto e in quel momento mi resi conto del suo viso. Oltre ad essere bagnato a causa della pioggia lo era anche per delle lacrime che non avrei mai riconosciuto se non fosse stato per i suoi occhi gonfi e rossi a causa del pianto. La guardai soltanto e la vidi distogliere lo sguardo, come se avesse capito il motivo per cui la stessi osservando, ma non dissi nulla: non l'avrei forzata a dirmi niente se lei non avesse voluto, quando me l'avrebbe voluto dire l'avrebbe fatto e basta.
Presi alcuni dei miei vecchi pigiami e glieli porsi, ma lei non si scomodò ad afferrarli e continuò a fissare il pavimento, come se ti trovasse in una trance e nemmeno si fosse accorta della mia esistenza. Sospirai, capendo che probabilmente le era successo qualcosa per l'ennesima volta e che probabilmente non aveva nemmeno le forze di muoversi, perciò con la mano libera le afferrai la sua e la tirai verso il letto. Mi sedetti sopra e lasciai che lei rimanesse in piedi di fronte a me, prima di alzare lo sguardo.
«Devi cambiarti i vestiti, o lo fai tu, o lo faccio io.»affermai serio, sapevo che lei non si sarebbe potuta ammalare a causa degli abiti bagnati, ma non volevo che bagnasse il pavimento o il suo letto, perciò semplicemente decisi di fare di conto mio. Aspettai qualche secondo che si muovesse ma quando capii che non l'avrebbe fatto portai le mani tremanti sull'orlo della felpa che stava indossando in quel momento, osservando ogni sua possibile reazione.
«Guardami.»ordinai, non volevo che pensasse che mi stessi approfittando di lei, ma quando capii che non avrebbe ubbidito nemmeno quella volta, alzai una mano verso il suo mento e la costrinsi a fissare il suo sguardo nel mio, cosa che mi fece venire mille brividi lungo la schiena, come se fossi io quello ad essere bagnato invece di lei.
Capii che non avrebbe distolto lo sguardo, allora presi il lembo della felpa e mi decisi ad alzarglielo, scoprendole la pancia, il seno e poi le spalle, sfilandogliela definitivamente quando vidi i suoi capelli cadere sulla schiena. Continuai a fissare i suoi occhi, mentre lasciavo che l'indumento cadesse per terra, poi avvertii le mie mani tremare ancora di più mentre avvicinavo le dita ai suoi pantaloni. Deglutii, iniziando a non capirci più niente. Non avevo mai fatto sesso, ma se qualcuno fosse entrato in camera mia in quell'esatto momento avrebbe potuto tranquillamente pensare che stessimo per farlo.
Mi feci coraggio e, mettendo più forza nei polsi, presi a tirare giù anche i pantaloni della tuta che le avevo dato per dormire, facendo attenzione a non toccarle la pelle e decidendomi a prenderle le caviglie soltanto per alzargli i piedi e fare in modo che riuscisse a togliersi completamente quell'indumenti.
Rimase in slip e in reggiseno davanti a me, e io non abbassai mai lo sguardo. Sentivo come che, se lo avessi fatto, lei se ne sarebbe andata via e che tutto quello che c'era tra di noi sarebbe finito, cosa che non volevo per niente al mondo.
Afferrai il mio vecchio pigiama e mi alzai in piedi, invertendo le posizioni e facendo in modo che questa volta fosse lei a sedersi sul letto. Mi inginocchiai davanti alle sue gambe e le presi ancora una volta le gambe, facendo infilare con cautela i pantaloni. Con un braccio attorno alla sua vita l'alzai quel che bastò per farle passare il resto del vestito sotto il sedere, poi glielo sistemai alla bell'e meglio sui fianchi, prima di porre attenzione sulla maglia.
Mi avvicinai al suo corpo, infilandole l'ultimo indumento rimasto lentamente e continuando sempre a fissarla negli occhi, distogliendo lo sguardo soltanto nel momento in cui la maglia era sulla sua testa. Ma quel momento durò pochi secondi, perchè l'attimo dopo ci ritrovammo di nuovo faccia a faccia e notai come eravamo fin troppo vicini, quasi avrei potuto contare il numero delle sue ciglia anche sotto la luce fioca della luna.
Continuammo a guardarci come se non lo avessimo mai fatto prima d'ora e io ebbi la voglia di baciarla. Volevo cosí tanto farlo, sentivo la mancanza delle sue labbra da quando ci eravamo baciati per la prima volta e avevo quasi bisogno di sentire di nuovo il suo sapore, ma non potevo farlo: non volevo rovinare quello che c'era tra di noi. Per questo mi misi a sedere al suo fianco e poi mi tirai indietro sul materasso, tornando al mio solito posto e attaccando la schiena alla parete dietro.
«Che ti è successo?»le chiesi allora, nonostante lei in quel momento mi stava dando le spalle. Non poteva vedere il modo in cui la stavo guardando, ma se l'avesse fatto di sicuro avrebbe capito quel che provavo per lei ormai.
«Ho avuto un incubo.»rispose soltanto, senza nemmeno voltarsi verso di me. Nel sentire quelle parole avvertii una morsa al petto, quasi come se l'incubo l'avessi fatto io e non lei.
«Ne vuoi parlare?»domandai ancora e per qualche attimo lei non sembrò volermi dare risposta. Poi ad un tratto girò poco la testa e, come avevo fatto io poco prima, si tirò all'indietro, venendo verso di me. Appoggiò anche lei la schiena contro il muro come stavo facendo io, poi sospirò.
«Ho sognato il giorno della mia morte, i temporali me lo ricordano.»esordí e io spalancai bocca e occhi a quelle parole, non aspettandomele minimamente. Pensavo che questo genere di cose non la scalfissero, fin dall'inizio mi era sempre sembrata una troppo tosta per queste cose, ma a quanto pare mi sbagliavo.
«Era notte, quando è successo. Un tuono ha colpito proprio un albero vicino la mia casa ed è partito un incendio. Io non c'ero, ero uscita di nascosto con delle mie amiche, ma quando sono tornata la casa era in fiamme e dei miei genitori fuori non c'era traccia.»iniziò a raccontarmi, io fui tentato di dirle che non c'era bisogno di parlarne, che io non avrei insistito, ma lei continuò.
«Allora sono entrata dentro, non mi importava del fuoco, dovevo trovarli a qualsiasi costo. Ovviamente non mi sono bruciata, come hai ben visto non ho alcuna cicatrice sul corpo, ma il fumo mi ha intossicato direttamente e sono svenuta. Durante gli ultimi attimi da sveglia sapevo che sarei morta anche io, lí dentro, ma al mio risveglio mi sono ritrovata in un posto che non conoscevo, con persone altrettanto sconosciute.»parlò ancora, poi voltò la testa verso di me e mi guardò, mentre continuava.
«Erano vampiri, mi hanno spiegato che mi hanno trovata dentro la casa bruciata e che non appena hanno visto il mio petto alzarsi e abbassarsi non ci hanno pensato due volte a farmi diventare come loro, per farmi "sopravvivere".»terminò, io spontaneamente portai una mano sulla sua e feci intrecciare le nostre dita le une con le altre.
«Oggi è il mio compleanno.»affermò poi dopo qualche attimo in cui mi ero perso nello strofinare il pollice sul suo dorso, beandomi delle fantastiche sensazioni che mi faceva provare ogni nostro contatto.
«Sono anni che non lo passo da sola, da quando c'era Seonghwa era stato sempre più facile affrontare questo giorno senza i miei genitori, ma ora sono sola.»aggiunse e io strinsi la sua mano, prima di portare quella libera sulla sua guancia, accarezzandole la pelle chiara e liscia.
«Non sei sola.»sussurrai, avvicinando leggermente la faccia alla sua per farmi sentire e, contro ogni mia aspettativa, i suoi occhi si abbassarono sulle mie labbra per una frazione di secondo, ma bastò a farmi impazzire per quel momento.
«Ogni vampiro ha un potere, e io ho quello di riuscire a conoscere le emozioni degli umani che mi ritrovo di fronte.»disse poi e io alzai le sopracciglia, mi aveva già detto quella cosa ma non seppi perchè ora me lo stava ripetendo.
«Perciò tu sai quello che sento?»domandai a bassa voce e riuscii a scorgere il suo movimento della testa sotto la luce dei lampi fuori dalla finestra.
«Io sento quello che provi.»ammise allora e io riuscii soltanto a deglutire il groppo che avevo in gola a quelle parole, sentendomi improvvisamente nudo. Il modo in cui lo disse mi fece avvertire le farfalle nello stomaco e improvvisamente non riuscii più a ragionare razionalmente.
Per il prossimo capitolo preparate l'acqua santa perchè 🔞🔞🔞🔞
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