☼14
Jongho
Dopo una settimana passata sulla neve, la gita era quasi finita e mancavano soltanto pochi giorni prima del ritorno a casa. Avevamo trascorso quei pomeriggi sulla montagna, chi aveva imparato a sciare e chi era già capace di farlo semplicemente si esercitava a farlo, mentre altri andavano sullo snowboard. Per quanto riguardava me, che non avevo mai imparato nè l'uno nè l'altro, ero rimasto quasi tutto il tempo al cottage dove stavamo vivendo, nel piccolo bar dove rimanevano anche i professori.
Molti altri studenti avevano seguito i miei movimenti e spesso mi ero ritrovato anche con dei ragazzi di altre classi: l'unica a tenermi compagnia mi della mia era stata Kyungmi.
Era strana, non l'avevo mai vista così. Se prima avevo pensato avesse qualcosa quando l'avevo sentita al telefono, ora ne ero sicuro. Non avevo voluto chiederle che cosa avesse, per non entrare troppo nel personale e non farla allontanare, ma più passavo il tempo insieme a lei e più volevo saperlo.
Volevo conoscerla, volevo capire che cosa avesse che non andava e volevo sapere se potevo fare qualcosa per aiutarla. La vedevo come sofferente, spesso tremava e da quel che i professori avevano detto spesso si chiudeva in camera sua e non ne usciva per delle ore intere. Era anche sola nella sua stanza, perciò non potevo chiedere a nessuno se avessero colto dei segnali riguardo al suo malessere. Non sapevo per quale motivo mi sentivo così in dovere di farla stare meglio, ma volevo farlo, volevo essere io a guarire quel dolore che stava provando.
Quella sera quindi, dopo aver passato quasi tutta la giornata in quel bar senza nemmeno vederla, mi alzai da uno degli sgabelli e mi diressi in camera mia, sapendo di trovarla vuota in quel momento dato che i ragazzi probabilmente stavano mettendo a posto le cose che avevano utilizzato. Feci le scale e entrai dentro, dirigendomi subito nel bagno e iniziandomi a spogliare per farmi una doccia.
Volevo levarmi dalla testa quei pensieri, il fatto che mi importasse così tanto di lei senza nemmeno conoscerla a fondo mi preoccupava e non sapevo come mi faceva sentire. Ormai erano mesi che parlavamo e quell'ultima settimana avevamo anche avuto più tempo per farlo, ma da qualche giorno aveva smesso di venire al bar e anche i professori si stavano preoccupando per lei. Continuava a dirgli che stava bene, che aveva soltanto del mal di pancia ma che presto le sarebbe passato, ma non usciva dalla sua camera da troppo.
E mentre mi sciacquavo la testa dallo shampoo mi resi conto che quella doccia non mi stava servendo a nulla se non a continuare a pensare a lei, quando il vero intento era quello di smettere di farlo. Allora smisi di lavarmi e mi tolsi tutto il sapone rimasto sul mio corpo, prima di chiudere il pomello dell'acqua e uscire di lì. Mi avvolsi in un asciugamano e mi frizionai i capelli prima di guardarmi allo specchio.
Volevo andare da lei a parlarle, volevo sapere come stava e cosa stesse affrontando più di ogni altra cosa.
Per questo presto fui fuori dal bagno e diretto verso la valigia, che aprii e da cui tirai fuori i primi vestiti che trovai per poi uscire dalla mia camera con meta quella di Kyungmi.
Camminai per il corridoio, incontrando i vari ragazzi che stavano rientrando il pomeriggio sulla neve, e poi giunsi davanti alla sua stanza. Mi guardai attorno e controllai se qualche professore fosse nei dintorni, dal momento che a quell'ora tutti saremmo dovuti essere nelle nostre camere per prepararci per la cena. Bussai alla sua porta e attesi dondolandomi sui miei talloni prima di sentire una voce parlarmi dall'altra parte.
«Chi è?»mi chiese e io sentii il cuore spezzarsi nel notare quanto fosse così fievole e mi chiesi come avevo fatto anche ad udirlo.
«Jongho, posso entrare?»dissi poi e l'attimo dopo ci fu un silenzio quasi imbarazzante, e non riuscii a capirne il motivo.
«No, va v-via.»rispose ma io non demorsi e rimasi comunque lí davanti ad aspettare una seconda risposta. Probabilmente lei capí che non mi sarei mosso da lí dal momento che non sentí il rumore dei miei passi e poco dopo sentii dei rumori dall'interno della stanza, prima che la porta venisse finalmente spalancata.
E quello che mi ritrovai davanti mi sconcertò.
La prima cosa che vidi era la sua pelle, completamente bianca e segnata da dei segni scuri, sembravano dei lividi ma vedevo bene che in realtà erano delle cicatrici mai guarite che davano l'idea che la sua carne fosse spezzata in diversi punti. Le labbra solitamente rosee erano ora quasi invisibili e i capelli parevano come bagnati ma capii che in realtà erano in quello stato soltanto perchè non se li lavava da diversi giorni.
Ma quello che mi stupí furono i suoi occhi. Erano completamente neri intorno, sembrava che qualcuno le avesse tirato due pugni su di essi, e l'iride aveva un colore diverso da quello che aveva di solito: era rosso, di una tonalità così accesa che non riuscii a tenere il contatto visivo per troppo tempo perchè probabilmente mi avrebbero fatto male alla vista.
Rimasi in silenzio nel vedermi cosa mi ritrovai davanti e sentii la bocca aprirsi da sola per la sorpresa. Non sapevo cosa dire e non riuscivo nemmeno a formulare una frase di senso compiuto nella mia testa, figurarsi parlare. Non stavo capendo nulla, il mio cervello non riusciva letteralmente a collegare e la situazione andó peggiorando quando mi sentii tirare per il colletto della felpa che stavo indossando dentro la sua stanza, prima che mi chiudesse la porta alle spalle e mi poggiasse contro di essa.
Nell'arco di pochi secondi ci trovammo a pochissimi centimetri l'uno dall'altra e io non mi accorsi nemmeno che stavo trattenendo il respiro. Sentii i suoi occhi sul mio viso ma io non riuscivo a ricambiare lo sguardo, troppo sconvolto da quello che avevo appena visto e confuso da quello che stava succedendo in quel momento.
«Kyungmi...»riuscii solo a mormorare quando tornai in me stesso per un attimo e poco dopo riuscii a rialzare la testa sul suo volto, non incrociando mai i miei occhi con i suoi.
«Che c'è?»mi rispose, il tono leggero di prima completamente svanito, sostituito invece da uno molto più profondo e spaventoso, sembrava quasi che un demone si fosse impossessato di lei tutto ad un tratto e soltanto in quel momento iniziai a temere per la mia vita.
«I tuoi occhi...sono rossi.»dissi per poi deglutire l'improvviso groppo che mi si era formato in gola, e a quell'azione il suo sguardo si puntò sul mio collo, come se fosse improvvisamente ipnotizzata da quel movimento.
«Davvero?»mi domandò con una voce che non avevo mai sentito da lei, sembrava quasi stesse...flirtando con me? Non riuscii a capire il suo intento ma ogni secondo che passava mi spaventava di più.
«E sai che vuol dire?»chiese ancora e io sbattei più volte le palpebre mentre continuava a scrutarmi in volto e a leccarsi le labbra che tutto ad un tratto diventarono più rosse. Sentii le sue mani poggiarsi sui miei fianchi e stringerli tra le dita sottili e a quel contatto, nonostante le nostre pelli nemmeno si fossero toccate grazie al tessuto della mia felpa, avvertii i brividi ricoprirmi l'intero corpo.
Comunque io scossi la testa e lei fece un sorriso senza mostrarmi gli occhi prima di sospirare rumorosamente e palancare gli occhi. Poi voltò la testa e mi lasciò andare come se si fosse scottata a causa mia.
«Pensavo che ci saresti arrivato, dopotutto i segnali c'erano e a te piace informarti sulle "creature magiche".»aggiunse e io corrucciai le sopracciglia mentre la vedevo darmi le spalle e voltarsi, per poi tornare sul letto e sedersi su di esso. Abbassò lo sguardo sul pavimento e vidi chiaramente la sua gamba muoversi velocemente per sfogare il nervosismo, anche se a dire la verità non avevo mai visto nessuno muoverla a quella velocità.
«Che vuoi dire?»la mia bocca parlò da sola senza nemmeno consultare il cervello prima di farlo, lei sospirò una risata e poi alzò di nuovo la testa verso di me. In quel momento i nostri occhi si incrociarono per la prima volta da quando ero arrivato e sentii come un peso cadermi addosso.
Non riuscii a capire a cosa si stesse riferendo in quel momento soprattutto al fatto che avesse nominato le creature magiche facendo le virgolette. Che significava tutto ciò? Perchè tutto ad un tratto parlava in quel modo? Avevo sempre avuto una passione per i libri fantasy e i film di fantascienza, questo era vero, ma ora cosa c'entrava?
«Non hai mai notato niente di strano in me?»mi chiese ancora e io strinsi gli occhi, andando a ripescare le informazioni nella mia memoria. L'avevo vista chiudersi in camera per giorni, senza nemmeno venire a mangiare. Pensandoci bene non l'avevo mai vista mangiare, pure le sere che avevamo passato insieme a casa mia lei non aveva mai toccato cibo. E ripensando a casa mia ricordai improvvisamente il fatto che mi avesse fatto alzare i riscaldamenti perchè era congelata.
Era apparsa dal nulla insieme al suo fidanzato e viveva con lui in quella casa, avevano una bella macchina e quando avevo incontrato Seonghwa quel giorno era andato a fare la spesa, visto che era tornato con delle buste in mano, ma non sapevo nemmeno se lavorasse.
Poi ricordai anche uno dei nostri primi incontri, quando mi aveva poggiato la mano sulla spalla e poi avevo ritrovato la spallina dello zaino con un piccolo taglio che avevo pensato l'avesse fatto lei stessa con l'unghia.
Non mangiava, era forte, era fredda...e da come muoveva la sua gamba a quella velocità innaturale mi ricordai di quanto poco impiegasse anche a scrivere sul suo quaderno.
«Ti vedo collegare i punti nella tua testa Jongho, so che lo stai capendo.»parlò ancora e solo in quell'istante ricordai la cosa più importante: i suoi occhi rosso sangue e la sua pelle bianca come quella di un cadavere.
Una creatura magica che non mangiava, aveva la pelle chiara e sempre congelata, come se fosse morta e non se ne fosse accorta, era forte, veloce e i suoi occhi cambiavano colore.
No. Non poteva essere. Non potevo aver fatto amicizia con...
«Un vampiro, sono un vampiro.»
Suspense...
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