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Epilogo

CINQUANTADUE ANNI DOPO

Il soffitto di quella stanza era rimasto lo stesso per ben novant'anni, eppure Jace Herondale lo stava fissando come se lo scoprisse per la prima volta.

La verità era che non voleva voltarsi verso il figlio, e vedere la sua ansia e il suo dolore.

-So quello che ti hanno detto i Fratelli Silenti.- gli disse, con voce rauca, senza distogliere lo sguardo dal soffitto.
-Lo sai?- replicò lui.
-Lo so. E non devi preoccuparti: sono in pace.-

Finalmente Jace trovò le forze per guardarlo.
Come lui, anche Lux era invecchiato e i suoi capelli ora erano più grigi, eppure il suo sguardo rimaneva vigile, di uno straordinario verde, che il tempo non aveva smorzato. Anche la postura fiera era la stessa, dovuta ad anni di massacranti allenamenti e sfiancanti cacce ai demoni.

Era tempo ormai che Jace non si guardava allo specchio, ma sospettava di non avere un bell'aspetto, forse per la prima volta in vita sua.

Sentiva le ossa fragili, i muscoli gli dolevano, e i suoi capelli erano candidi. Sulla pelle raggrinzita alcune rune permanenti risultavano fuori luogo: erano di certo più consone quelle scomparse o sbiadite, come quella parabatai, ormai pallida da due anni.

Si chiese se almeno i suoi occhi avessero mantenuto il fuoco che vedeva ardere in quelli del figlio.

-Stai per morire.- Lux lo disse così, senza filtri, con brutale sincerità.
Jace annuì, conscio di ciò.
Abbozzò un sorriso, poi tornò a guardare il soffitto.

-Rivedrò tua madre, Lux. Non essere infelice, ho vissuto molto più di quanto mi sarei aspettato.- lo confortò Jace, tossendo appena.

-Non possiamo perdere anche te, nonno Jace! Già nonna Emma se n'è andata, e poi anche Alec e Jem, ma tu no!- esclamò indignata Clarissa Herondale, la figlia di Lux, con i capelli rossi legati in una treccia e lo sguardo ardente nei suoi occhi verde-azzurri.

-Siamo Shadowhunters, Clary: la morte è solo una vecchia amica, per me.- replicò Jace, sorridendole appena.

Mina Carstairs sospirò stancamente, lanciando un'occhiata al suo parabatai e poi a Jace.
-Ci mancherai, Jace.- gli disse Livia, chinandosi verso di lui.

-Non c'è niente che possiate fare?- chiese Clary, mantenendo salda la voce e guardando Magnus Bane e Tessa, rimasti immutati dal passare del tempo, e Max, che col suo blu marino era una macchia di colore molto accesa: dimostrava circa vent'anni, ma tutti sapevano che ne aveva molti di più.
Gli stregoni scossero la testa, mogi mogi.

-Non dovete preoccuparvi: la morte sarà soltanto un'altra straordinaria avventura.-
-Stai citando Albus Silente!- esclamò Simon, curvando le labbra verso l'alto, anche lui molto più vecchio.

Il silenzio piombò nella camera, e Jace si concentrò sul soffitto bianco e impolverato.
-C'é sempre stata quella macchia di colore lassù?- chiese ad un tratto, scorgendo una chiazza rossa all'angolo.

Lux ridacchiò, scambiando un'occhiata con Max.
-É una lunga storia.- borbottò, e lo stregone gli fece l'occhiolino.

-Raccontatemela.- ordinò Jace, rauco.

Lux esitò, guardando il padre che sorrideva.
Sembrava sereno. E lo era davvero.

-É stato anni fa...io e Max stavamo giocando, credo, non potevamo avere più di sei anni, e io avevo un pennello in mano e gli lanciavo i colori. Lui li schivava o li deviava. Te lo ricordi, Max?-
-Come se fosse ieri, cugino. Non avevo ancora le abilità di adesso, e così uno schizzo è finito sul soffitto... ci siamo immobilizzati, e siamo entrati in panico.-

Jace chiuse gli occhi, e sentì Clary singhiozzare sommessamente.
-C'ero anch'io... e mi ricordo che sono entrata appena dopo che voi l'avevate combinato . Volevo fermarvi, ma sono arrivata tardi.- intervenne Mina, la voce tremante.
-Tu volevi sempre fermarmi, Mina.- replicò svelto Lux, sorridendole.

-E ricordo che poi è entrato anche Alec...e vi ha sgridati per bene, perché avevate ridotto la camera in un disastro!- continuò Mina, ridacchiando.
-Poi è arrivata Livia, vero?- domandò Max.
-Oh, sì! E vi ho avvertiti che stava arrivando Jace!-
-E scommetto che anche Alec sia entrato nel panico.- commentò Magnus, nostalgico.

Jace respirava appena, e le voci si facevano sempre più fievoli.

-Oh, decisamente! Allora sono corsa da Jem, mia madre e Isabelle, e ho chiesto loro di trattenere Jace.- proseguì Livia.
-Sempre pronta a coprirmi, Liv.- la prese in giro Lux.
-Se ti avesse ucciso, non avrei avuto un marito!- replicò lei.

-E poi che è successo?- domandò Clary, tirando su col naso.
-Jem, Emma ed Izzy hanno inventato scuse e hanno trattenuto Jace, mentre voi altri siete venuti a cercarmi.- intervenne Tessa.
-Per riparare al danno, immagino.- affermò Simon.
-Ovviamente. Così mi hanno condotto in camera, e mi hanno pregato di porre rimedio alla loro confusione!- esclamò la ragazza.

-Avevi appena finito quando è entrato Jace...- riprese Max.
-E gli abbiamo raccontato che volevamo fargli una sorpresa, vero?- chiese Lux.
-Sì!- confermò Mina.
-Probabilmente ci ha preso per pazzi...- commentò Livia.

E Jace avrebbe voluto dire loro che non li aveva presi per pazzi, ma aveva pensato che fosse strano.
Avrebbe voluto dirgli che quando se n'erano andati, aveva perquisito la stanza, ma non aveva mai notato quella chiazza rossa.
Avrebbe voluto ridere, ma non ne aveva le forze.

E mentre le voci di coloro che amava man mano sparivano e venivano inghiottite dal silenzio, a lui si palesava una mano dalla pelle candida, e non esitò ad afferrarla.

Si ritrovò immerso nel nulla, abbagliato da un bianco accecante.
Ma ciò che più gli feriva lo sguardo, era la ragazza che gli stava davanti.

Sembrava brillare, era decisamente raggiante: boccoli vermigli le incorniciavano il viso, una spruzzata di lentiggini sulle guance, un sorriso sereno, e gli occhi verdi.

-Clary...- pronunciare il suo nome guarì quella ferita mai rimarginata che la sua morte gli aveva inflitto.

Lei gli prese la mano, che all'improvviso non era più raggrinzita, né debole: era tornato il Jace di quasi settant'anni prima.

-Non sei affatto cambiato!- esclamò lei, sorridendogli, e la sua voce era un coro degli angeli.
Jace strinse la presa, quasi temendo che lei potesse svanire.
-Nemmeno tu.- replicò.

-Sono morto?- domandò poi, senza distogliere lo sguardo da lei: non voleva guardare da nessun'altra parte.
Solo lei esisteva, in quel momento.

-Direi di sì, ma hai fatto un lavoro magnifico con nostro figlio.- gli rispose, sorridendo.
Jace le posò una mano sulla guancia.
Se avesse avuto il cuore, sapeva che sarebbe battuto a velocità mai viste prima.

-Avevi ragione: ci siamo rivisti.- mormorò lui.
-Forte come la morte è l'amore.- cantilenò lei, inclinando la testa, bella come un raggio di sole.

-E se c'è una vita dopo la morte, io ti amerò anche allora.- replicò Jace.

Clary sorrise, di nuovo.
E anche le labbra di Jace si curvarono verso l'alto, e ogni crepa o mancanza o imperfezione si sublimò.

E il fuoco che gli aveva bruciato nelle vene per tutto quel tempo parve divampare e avvolgerli in un'intensa fiamma.

FINE

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