9~ Faceva troppo male
«Non sapeva come altro fare, e quando ci provava sbagliava. Faceva troppo male. Aveva continuato a gridare.»
~ Shadowhunters, GotSM, "Forever Fallen"
Attaccare Magnus per Janus era stato come attaccare uno sconosciuto.
Aveva ignorato il fatto che Magnus per Alec fosse importante, e si era scagliato contro di lui con la spada puntata, per Ash.
Perché Magnus era uno degli stregoni più potenti in circolazione, uno degli alleati più fedeli del Conclave, e senza di lui per Ash sarebbe stato più semplice conquistare il comando.
Non aveva messo in conto che attaccare Magnus, in quel mondo, equivaleva ad attaccare Alec.
Non aveva pensato che Alec avrebbe reagito, né che fosse armato, né che l'avesse guardato con una fredda calma.
Perché se attaccare Magnus era stato facile, attaccare Alec era un modo per dilaniare il suo cuore già spezzato.
Alec era stato svelto ad agguantare Magnus prima che la lama di Janus gli perforasse il cuore e gli togliesse la vita.
Alec l'aveva protetto, perché Alec proteggeva tutti coloro che amava, senza esitazione.
E ora Alec si stagliava davanti a Janus, imponente e decisamente diverso da quello che era stato a Thule, circondato da un'aura di sicurezza e autorità che non aveva mai avuto.
Estrasse una spada massiccia che riflesse la luce del sole calante.
Stava arrivando la notte, l'aria era fredda e soffiava un vento forte, la pelle di Alec si ricoprì di brividi, eppure il giovane Console sembrava una statua solenne, pronta a qualsiasi cosa gli si sarebbe parata davanti.
-Wow, sono davvero identici.- ci tenne a commentare Magnus, che fissava Janus incuriosito, come se il ragazzo non avesse provato a ucciderlo.
Con uno schiocco, le dita dello stregone furono circondate da uno scintillio azzurro, ed i suoi occhi parvero brillare.
Janus ed Alec si fronteggiavano, muovendosi lentamente a cerchio.
Alec cercava in tutti i modi di coprire Magnus, di attirare l'attenzione del ragazzo su di sé, e non su suo marito.
Quando Janus capì che effettivamente non c'era altro modo per arrivare a Magnus se non fermare Alec, lo attaccò con forza, mettendo a tacere il dolore che gli stritolava il cuore.
Aveva commesso atrocità, a Thule.
Aveva ucciso la donna che per anni di era occupata di lui, Maryse, senza battere ciglio.
Eppure era stato in grado di provare un istinto di rabbia primordiale quando Sebastian aveva calciato il corpo ormai morto del parabatai.
Janus aveva pensato che in questo mondo sarebbe stato diverso, che avrebbe protetto coloro che amava: e invece si trovava davanti allo specchio della sua anima, al fratello che aveva scelto, ad Alec, pronto per farlo sanguinare.
Per Ash.
La spada di Janus si abbatté contro quella di Alec con forza, e il console sentì tremargli le ossa per l'impeto dell'attacco.
Non riusciva a non pensare che la persona che stava combattendo era Jace, sebbene non lo fosse davvero.
Non avrei mai pensato di combattere dal fronte della battaglia opposto al tuo. Mai.
E non lo farai mai più.
Quelle parole riecheggiavano nella mente di Alec, assomigliavano a tuoni che squarciavano gli altri pensieri.
Quelle parole il Jace che stava affrontando non le aveva mai dette.
Clary era morta prima che fosse liberato dal legame con Sebastian.
Quel Jace stravolgeva completamente la realtà a cui Alec era abituato.
Era per questo che spesso Alec si difendeva, invece di attaccare.
Parava i colpi incalzanti di Janus, senza riuscire a spingere la spada contro di lui.
Janus era veloce, come Jace.
Combatteva allo stesso modo di Jace.
Si muoveva allo stesso modo.
Eppure Alec non aveva mai davvero affrontato Jace, non aveva mai sperimentato la sua forza bruta, la potenza di cui era capace, la rapidità dei movimenti.
Magnus cercava di intervenire, ma Alec si premurava di impedirgli di mettersi in mezzo: era stato troppo solo sentire che a Thule lo stregone era morto, non aveva nessuna intenzione di perderlo veramente.
E per questo si impegnava a fronteggiare Janus, la spada era un'estensione d'acciaio del suo braccio, era elegante, disinvolto, ma affaticato.
Il braccio gli doleva, non aveva neanche le rune ad aiutarlo: non si aspettava di dover combattere, e soprattutto non contro un guerriero così forte.
Abbassò la guardia per un secondo solo.
Janus colse l'occasione al volo, come gli aveva insegnato Valentine, come gli aveva ordinato di fare Sebastian.
La spada si mosse fulminea in un movimento aggraziato - perché Janus non era mai goffo in battaglia- e sprofondò nella carne di Alec, al fianco.
Janus estrasse la lama lorda di sangue, mentre Alec si accasciava a terra con un grido di dolore, i vestiti che si tingevano di rosso.
Janus lo sorpassò, e puntò a Magnus, che col viso pallido osservava il marito sdraiato per terra lottare per la sopravvivenza.
I suoi occhi felini brillarono nella sera quando spedì Janus lontano con un incantesimo, facendogli spargere la testa per terra.
Fece per precipitarsi accanto ad Alec, cercando di ricordare incantesimi di guarigione, ma non aveva messo in conto la forza di Janus.
Il ragazzo si era alzato in piedi, e stava correndo verso di lui con la spada sguainata macchiata di sangue.
Era bello. Lo era davvero.
Eppure la sua era la bellezza dei fiori appassiti dei dipinti, o di quelli schiacciati tra le pagine di un libro ingiallito: la bellezza di una natura morta, che era stata viva ma che non lo era più.
Gli si parlò davanti come un angelo maligno, e Magnus pensò per un folle istante che Lucifero prima di cadere avesse avuto quell'aspetto.
Poi fu costretto a concentrarsi, per difendersi e attaccare.
Alec restava a terra, agonizzante, la vista annebbiata.
Quando arriva gli occhi, tutto ciò che vedeva gli sembrava girare e girare e girare...
Stava perdendo tanto sangue, e si sentiva debole, aveva addosso una strana sonnolenza.
Racimolò abbastanza energia per individuare Magnus lottare con Jace.
Quando Magnus cadde, scintille blu che sprizzavano dalle sue dita, gli fece più male della ferita.
Si girò, a pancia in sotto, mordendosi le labbra per trattenere il grido di dolore.
Si issò sui gomiti, e cominciò a strisciare.
La ferita strusciava contro l'asfalto, procurandogli un dolore straziante che si sforzava di ignorare.
Doveva raggiungere Magnus.
Avanzò, lasciando dietro di sé tracce di sangue, sentendo la vita abbandonarlo, ma restandole aggrappato con le unghie e con i denti.
Doveva raggiungere Magnus.
Sarebbe morto, lo sapeva.
Sarebbe morto, ma non l'avrebbe fatto senza raggiungere Magnus e averlo guardato un'ultima volta.
Con un ultimo sforzo raggiunse il marito, a terra, con Janus che incombeva su di lui.
Gli afferrò il polso, la mano intrisa di sangue dove l'attrito dell'asfalto l'aveva graffiato.
Gli afferrò il polso, stringendolo con tutta la forza che gli restava.
Non voleva morire senza averlo toccato un'ultima volta.
Gli veniva da piangere, mentre pensava ai bambini, alla famiglia, al marito.
Ma si trattenne.
Janus, vedendo Alec afferrare Magnus, si immobilizzò, e un'immagine simile gli si parò davanti.
Persino nella morte non sembrava esserci un modo per spezzare la presa di Alec.
Quell'attimo di esitazione bastò.
Una furia dorata gli si abbatté contro, e all'improvviso fu sangue.
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