Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 4

«Signori a lavorare che sta sera si fanno altri soldi!» urlò Davide facendo sbattere una penna contro il tavolo.

«Harry, resta qui per favore!» ordinò.
Un ragazzo alto, snello e giovane si ghiacciò.

«Vieni vieni» lo invitò Davide versandosi un bicchiere di vino.

Harry si avvicinò con cautela.

«Buongiorno signore...» balbettò questo.

Bossi mandò giù un sorso di vino.

«Spero di non averti spaventato con la scena di prima, purtroppo quando mi pugnalano alle spalle divento una belva» e scosse la testa ondeggiando la folta chioma, «so che sei giovane e sei nuovo e per questo mi piaci sai! Questo lavoro ti cambia, ricordatelo, ti entra nella testa e ti fa impazzire, devi essere forte e la mente giovane è la cura più potente!»

Il ragazzo deglutì.
«Certo signore!»

«Lo imparerai a tue spese... col tempo. Ora ti chiederai perché sei qui. Bene, sai che io detesto i francesi ma amo la loro storia! Grandi uomini hanno plasmato la loro cultura come ad esempio Napoleone, Robespierre e i Rivoluzionari, ma io vorrei soffermare la tua attenzione su un uomo maestoso, incredibile e esemplare: Luigi Quattordicesimo, re di Francia, Re del potere. Forse non lo sai ma il mio caro amico Luigi ha preso il trono di Francia ai soli cinque anni e in quel momento i suoi amici più stretti, i suoi nobili, si sono rivoltati contro di lui. Codardi, approfittatori e criminali e da criminali sono stati trattati!»
Davide fece una pausa per vedere se il ragazzo lo stesse seguendo.

«Quello che un re non deve fare è dare troppo potere ai suoi nobili, loro devono sempre sapere che sono un gradino più bassi del loro superiore e anche voi dovete capirlo! Sono sicuro che gli altri tuoi colleghi, decrepiti e traviati anche loro, ambiscono al mio trono più di ogni altra cosa... ma un re deve essere forte e comandare col pugno di ferro!»

«Capisco cosa intende signore!»

«Bene. Sono sicuro che tutti gli altri non siano tanto diversi dal signor Bujon, ognuno di loro trama alle mie spalle ma non tu,  tu sei sei diverso!»

«La ringrazio signore!»

Bossi si versò un altro bicchiere di vino.

«Ecco perché voglio che sta sera, mentre io sarò alla festa al casinò, che come sai c'è l'ospite più importante dell'anno,  tu agirai come mio vice e ti occuperai dell'azienda. Hai capito cosa intendo?»

«Certo signore!» rispose Harry sorridendo.

Davide buttò giù tutto il liquido nel bicchiere e fece un segno al ragazzo di andarsene.

Bossi aveva appena estirpato una radice malata, tuttavia si sentiva braccato come un agnello in mezzo ai lupi. Wall Street era una giungla e lui doveva essere la tigre dominante, non c'era spazio per agnelli o bestie paurose di mordere.
Anni fa ebbe un vecchio mentore amico di suo padre, un uomo di grande intelligenza che non faceva di soldi virtù, ma centralizzava il suo profitto sull'influenza e le conoscenze.
Era un uomo burbero, antipatico, talvolta aggressivo che scagliava il suo pugno di ferro su chi non aveva difesa. Davide in quel tempo era ingenuo, vulnerabile, senza corazza e incassava sommessamente i colpi brutali della mano di quell'uomo, mentre suo padre lo incitava a rialzarsi. Il mentore aveva influenzato la mente del padre e con l'influenza lo controllava come una marionetta.
Davide lo odiava, ma lo adorava e lo ascoltava.
"Per vivere devi conoscere!" diceva spesso il mentore. "Non diventerai mai grande a Wall Street se i capi della giungla non lo vogliono!". Bossi aveva preso alla lettera quelle parole e ora, di certo, non aveva intenzione di far emergere la "Gremmer". Lui era il capo, lui decideva, lui era la legge!

Serrò i pugni e sorrise pensando al suo mentore, lo stesso uomo che ora lavorava per lui, nei ranghi più bassi del suo impero.

Si alzò. Dalle ampie finestre della sala riunioni, gocciolanti di pioggia, entrarono deboli dei timidi raggi di sole che si posero sul volto di Bossi, illuminando i suoi profondi occhi verdi.
La pelle olivastra dell'uomo rifletteva la luce come una pietra preziosa. Avrebbe voluto essere più abbronzato, ma New York, in inverno, non facilitava di certo la cosa.

Era ora di mangiare e Davide aveva voglia di ostriche.

Il ristorante privato dove solo lui pranzava si trovava nell'ultimo piano del suo palazzo. Ogni giorno chiamava un cuoco stellato diverso che gli preparava pietanze complesse e provenienti da diverse culture. Tuttavia, a volte, chiamava il suo amico d'infanzia: pizzaiolo di modesto successo, che gli preparava non solo piatti Napoletani, ma gli faceva gustare cibi provenienti da tutta Italia.
Bossi infatti non capiva perché il suo amico facesse il pizzaiolo quando era in realtà più bravo a cucinare altre pietanze. Ad ogni modo il suo cibo preferito rimanevano le ostriche e le mangiava ogni settimana.

Il ristorante si divideva in due ampie stanze: una era la sala da pranzo che dava vista alla cucina, l'altra si estendeva su un ampio balcone affacciato sulle popolose strade.
Quando Bossi entrò le sue orecchie furono accarezzate dalla melodia dell'inno Italiano e trotterellando a ritmo si diresse verso il cuoco.

Francesco Palumbo era un uomo di certo non magro, alto, con la pancia curva e le braccia poderose. Stendeva l'impasto con la mano, la quale poteva quasi ricoprire l'intera superficie della pizza. Bossi lo chiamava  "Obelix" poiché l'amico campano si portava sempre entrambe le mani alla pancia come se volesse aiutare la sua povera schiena a sorreggerla.

«Ciao, capo!» urlò Francesco agitando la grossa mano.

«Obelix! Non doveva esserci Matthias oggi? Avevo chiesto esplicitamente le ostriche!»

L'uomo si pulì dalla farina.

«Ha lasciato le ostriche qui. Ha detto che doveva andare all'ospedale perché la moglie è stata male, allora mi ha chiesto di rimpiazzarlo!» disse in Italiano.

Bossi si avvicinò al tavolo circolare nel mezzo delle sala. Al centro un candelabro in oro illuminava le posate argentate e Davide le prese quando si sedette.

«Vorrei essere avvisato quando succedono questi problemi!»

«Certamente!»

Le ostriche arrivarono adagiate nel ghiaccio e poste su un piatto cristallino.

«Buon pranzo!»
«Grazie!» rispose Bossi prima di cominciare a succhiare il nettare della vita.

Palumbo tornò alla sua postazione e ricominciò a impastare.

«Oggi hai la festa al casinò?»

«Sì, la festa più importante, più proficua e interessante dell'anno. L'anno scorso ho chiuso venti contratti in quella festa!»

«Sono sicuro che quest'anno farai di meglio!»

«Ho l'obbiettivo di chiuderne uno, in realtà!» disse Bossi alzando gli occhi dal piatto, «uno che ne vale cento!»

L'amico sgranò gli occhi.

«Ua'! Disumano!»

Sentendo le espressioni napoletane dell'amico a Davide veniva sempre da ridere.

«Assolutamente. Devo giocare le mie carte con intelligenza!»

«Deve essere importante questa cliente... non ti ho mai visto così determinato!»

Bossi bevve un lungo sorso di vino.

«Evidentemente non mi conosci! Io impiego sempre il cento per cento delle mie forze quando si tratta di soldi, tuttavia, quando si tratta di sedurre una principessa, devo usare qualche forza in più!»

Il cuoco per poco non si tirò in matterello sulla mano.

«Una principessa? Mizzega! È importante... è la nipote della regina Elisabetta? Spero non sia la figlia!»

«Non posso divulgare nessuna informazione! Lo saprai a tempo debito!»

Il silenzio cadde nella stanza e solo il risucchio delle ostriche che venivano divorate si sentiva.

«Prima è arrivato Stewe, il capo della sicurezza e mi ha detto che sta mattina avete avuto un problema con un senzatetto qui fuori!»

Bossi si pulì le dita.

«Non ne ero al corrente! Come mai nessuno me lo ha detto?»

Francesco sobbalzò.

«Stewe ha detto che lei era impegnato in altro!»

«La prossima volta che vedi Stewe dirgli pure che il permesso per andare a visitare i suoi la prossima settimana è stato rifiutato, almeno che non voglia togliersi giorni di vacanza!» rispose acidamente.

«Lo farò» disse Francesco per poi maledirsi tra sé e sé.

«Che problema vi è stato dunque, con questo sgorbio?»

«Voleva dei soldi, probabilmente era ubriaco e minacciava di volersi far saltare in aria!»

Bossi quasi si strozzò.

«Un cazzo di pazzo stava per farsi saltare in aria qui fuori e nessuno me lo ha detto?» sbraitò.

Palumbo alzò le mani in segno di difesa.

«Affermava di avere una bomba attaccato al petto, ma era nudo!»

Davide si rilassò.

«Prossima volta sparategli!»

Aveva finito metà delle sue ostriche e guardò l'orologio. Si sentiva stressato, aveva bisogno di rilassarsi. Prese dalla tasca del vestito una bustina, prese delle pillole e le ingoiò, poi trangugiò un'ostrica. L'effetto fu immediato e le pupille cominciarono a dilatarsi.

Finì il pranzo in tutta fretta e prima di andarsene disse.

«Prossima volta che un pazzo minaccia di farsi saltare davanti alle mie mura chiamatemi e portatemi il mio cazzo di fucile!».

«Certo capo. Buona giornata!»

Se ne andò.
Si sentiva euforico, iperattivo. Chiamò l'ascensore.
«Cazzo se è lento!» disse. Guardò a destra e vide le scale. Si precipitò su di esse e cominciò a saltarle a piè pari.

«Sono un cazzo di coniglio!» urlò. Poi la mano sul mancorrente perse la presa, il piede scivolò e la testa andò all'indietro. Mentre compiva la capriola sentì le ostriche girare come una lavatrice nel suo stomaco e poi slittò col sedere giù per la rampa di scale. A ogni scalino la testa colpiva la pietra e arrivato alla fine, steso davanti alla porta dell'ascensore, floscio a terra, rise mentre tutto diventava sfocato e poi buio.

                                                     

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro