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Capitolo 3

In quella mattina del cinque Gennaio 2019 Davide Bossi si svegliò con la mano della signora Dumfires sulla sua faccia. La scostò delicatamente e si alzò nudo dal letto.

«Per favore rimanga ancora qualche ora!» balbettò la donna con metà guancia schiacciata sul cuscino.

«No, devo andare!» rispose Davide bruscamente.

«Prendiamoci un caffè, almeno».

«Il lavoro non aspetta! Lascio il contratto sul tavolo, appena firma mandi la cifra concordata all'azienda. Mi dispiace. Spero di rivederla. Grazie per l'informazione!» disse freddo prima di vestirsi e andarsene.

Davide Bossi veniva talvolta ritenuto un cuore di ghiaccio e un'approfittatore, tuttavia lui si definiva un auto-conservatore, un contemplatore dell'edonismo, un narcisista e egoista. Era fatto così, rubava il cuore e non lo restituiva. Wall Street l'aveva cambiato, il denaro, invece, l'aveva traviato. Con i soldi aveva scoperto l'essenza del piacere e l'amava, l'amava più di ogni altra cosa. Amava drogarsi, amava conquistare le donne, amava spendere i soldi in feste e in bottiglie da migliaia di euro e amava vivere nel lusso più sfrenato. Prima non era così: lo si poteva definire parsimonioso e tranquillo, forse gentile, ma Wall Street, appunto, era noto per cambiare le persone.

Era arrivato a New York ancora giovane e colmo di voglia di fare soldi e prendersi un posto nella storia piuttosto che nel cuore della gente. Non voleva relazioni amorose perché lo distraevano, lo limitavano e gli facevano perdere tempo.
Per questo ogni giorno, a una festa sempre diversa, ammaliava le sue vittime per poi scaricarle come rifiuti. Non lo faceva con piacere, ma quella era la sua indole e non poteva controllarla.  Voleva assaggiare un pezzo di ogni torna ma non cadere nella tentazione di divorarla.

Uscito dal palazzo si sistemò il vestito specchiandosi su una vetrina. Chiamò l'autista e si fece accompagnare a lavoro poiché aveva una notizia importante da riferire.

Arrivato nella sala riunione fece accomodare tutti i suoi soci e prese posto a capo della tavola.

«Bene, signori» esordì sorridendo, «ho il piacere di dirvi che oggi ho concluso un altro contratto con una cliente molto proficua!»
Tutti allora applaudirono.

«Tuttavia, dobbiamo stare attenti al nemico! Ora voi mi chiederete: quale nemico? Chi è così fuori di testa da osare sfidarci? Ebbene, la "Gremmer" sta allungando i suoi sudici tentacoli anche a Wall Street. Quella sporca azienda era proprietaria di mezzo Bronx e ora, invece, si è diramata fino a Wall Street e New York. Tutti noi l'abbiamo sottovalutata, non la credevamo così temeraria e purtroppo abbiamo sbagliato! Tra tutti voi nessuno mi aveva avvertito del pericolo, anzi, tutti eccetto uno, non è vero signor Bujon?»

Un uomo sulla cinquantina, basso, con i capelli bianchi e i denti gialli si alzò dal fondo della sala.
Il signor Francois Bujon era uno dei più alti dirigenti della "Bossi" da oltre dieci anni. Vestiva sempre impeccabilmente e aveva uno stile sopraffino che contrastava con il suo aspetto  poco invitante. Bossi era stato subito attratto da quella figura così misteriosa e aveva deciso di dargli una possibilità e da semplice dipendente gli aveva dato una posizione nella sua cerchia ristretta.

«Penso di averlo accennato, signore» disse questo con un forte accento francese.

«E io mi scuso con tutto il cuore» continuò Davide avvicinandosi all'uomo e dandogli una pacca sulla spalla, «il signor Bujon aveva predetto le mosse della nostra rivale e mi aveva esortato a comparare nel Bronx, ma io, che come sapete ho la testa di coccio, non ho neanche preso in considerazione l'affare. Io vorrei però togliermi questo peso dal cuore! Ecco perché... »

Il silenzio totale era calato nella stanza come se tutti fossero in attesa di qualcosa di eclatante.

Bossi tirò fuori con calma un documento dalla valigia e lo posò sul tavolo.

«Ecco perché il signor Francois Bujon è licenziato!»

Tutti gli astanti rimasero sbalorditi e il signor Bujon barcollò.

Davide piegò il documento e lo posò delicatamente nel taschino dell'uomo poi ritornò lentamente  sul suo trono.

«Mi è giunta voce che il signor Bujon si è incontrato con Pamela Gremmer e ha passato informazioni sulla nostra strategia di marketing tant'è che la signora Dumfires, questa notte, tra... come posso dire senza risultare maleducato... diciamo sospiri di piacere e un altro, mi ha riferito che la nostra rivale gli ha proposto uno contratto da sette zeri, più succulento del nostro! Se non fosse stato per le mie qualità, e lascio a voi decidere a cosa mi riferisco, la nostra cliente avrebbe accettato la proposta del nostro rivale!»

Tutti nella sala risero. Francois, invece, tremava.

Gli occhi verdi pieni di odio di Davide Bossi si erano posati sulla sua vittima.

«Ora, ha mai visto il Padrino signor Bujon?»

Il francese, con uno spasmo, fece di sì con la testa.

«Ha presente la scena iconica del film giusto? Quello della mazza da baseball, un capo un po' pazzo e un socio traditore? Una scena che non è molto diversa da quella di adesso non è vero?» Davide si puntò il dito contro e indicò poi ogni elemento elencato, «un pazzo, un tavolo, un traditore e... un mazza da baseball».

Da sotto il tavolo tirò fuori una mazza marrone. Tutti sobbalzarono spaventati e il signor Bujon ballava la tarantella con le gambe.

Davide proseguì avvicinandosi e facendosi rigirare l'arma tra le mani.

«Quindi... o te ne vai di qui ora o ti prendo a mazzate!» minacciò.

Il francese si girò e se la diede a gambe fino alle scale dove dei bodyguard lo presero e lo trascinarono via.

Per terra, dove Francois prima si stagliava, c'era una chiazza gialla. Davide Bossi si girò con gli occhi dilatati al massimo e un sorriso inquietante stampato in faccia.

«E per chi oserà tradirmi ancora... » disse avvicinandosi al tavolo per poi prendere un coltello, «farà boom!»

E piantò il coltello nella mazza da baseball che si squarciò ed esplose, facendo fuoriuscire l'aria che c'era all'interno.

                                                                  

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