Capitolo 2
Gennaio 2019
«Forza muoversi! Lavorate nullafacenti!» urlò Davide contro i suoi dipendenti dall'alto del suo ufficio.
Nel suo immenso palazzo di Wall Street, Davide Bossi comandava e sbraitava come un pirata sul suo vascello.
I suoi dipendenti, le sue macchine di soldi, correvano avanti e indietro per le stanze, trattavano al cellulare e scrivevano cifre a sei zeri sui contratti dei clienti.
La sua azienda aveva un ruolo molto semplice: fare soldi facili e accontentare i clienti.
Essi a loro volta si dividevano in due categorie: i reali clienti e gli illusi clienti.
I clienti reali, che erano per lo più gente ricca, potente e proprietaria di terreni e locali, chiamavano l'azienda nella speranza che potessero creare un collegamento e stipulare contratti con gli "illusi" con lo scopo di aggirarli e convincerli a comprare una terreno a un prezzo più alto di quello che in realtà costava.
Gli "illusi" erano più che altro residenti in altre Nazioni che non conoscevano il costo di vita di New York e quindi si lanciavano su qualsiasi prezzo purché avessero un terreno nella famosa e ricca città.
La "Bossi" monopolizzava tutto il mercato immobiliare. Erano loro coloro che decidevano i prezzi degli immobili ed erano loro che disponevano dei clienti giusti per fare profitti a palate; tutte le altre aziende non potevano competere.
Davide sapeva che il suoi profitti erano basati sulla bugia, sul gioco sporco e sull'ignoranza della gente, ma a lui non importava.
Fin da piccolo, quando ancora viveva in Italia, era sempre stato uno spirito indomito, fuori controllo, intraprendete, ma intelligente e astuto. I suoi genitori erano stati benestanti e nonostante la bella vita che potevano permettersi lo incitavano sempre a trovare un modo per ricavare soldi, in qualunque modo.
Quando a scuola vendeva le sue merende e giocattoli ai compagni al doppio del prezzo, solo perché affermava che provenivano da terre lontane, essi non esitavano a collezionarle. Sua madre e suo padre l'avevano sempre protetto dagli attacchi dei genitori degli ingenui e gli permettevano di comprarsi quello che voleva con i soldi guadagnati.
La sua azienda, però, era originalmente nata con tutte le carte in regola e piano piano, scalando le gerarchie del mercato, si era fatta un nome e una reputazione. Come succede spesso nella filosofia dei ricchi, l'accontentarsi non esiste e i limiti sono pressoché inesistenti. Quando i suoi genitori morirono l'azienda dei suoi fu tramutata in un blocco di appartamenti di lusso che vendeva alle vecchie signore a costi altissimi. Fu così che cominciò la sua carriera di inganni.
Dopotutto a Wall Street era felice: aveva i soldi, aveva la casa, i colleghi, gli amici e l'unica cosa che gli mancava era ancora più denaro.
Non sapeva che ben presto tutto quello che aveva si sarebbe tramutato in cenere.
«Dite alla signora Zweller che il contratto è stato firmato e di mandare un bonifico alla nostra azienda: prenderemo una percentuale in base al costo della casa» ordinò Davide Bossi alla sua segretaria, «dite al Signor Crosby che il suo immobile è stato venduto e di mandarci la somma stabilità entro una settimana!»
«Certo, signore!» rispose questa prima di correre via.
Davide posò le mani pieni di anelli sulla poltrona del suo ufficio e ammirò il suo impero. Si sentiva soddisfatto quel giorno, aveva chiuso diversi contratti e portato a casa una cospicua somma.
Si guardò allo specchio sulla sua sua sinistra e si sistemò i riccioli castani che cadevano fino alle spalle. I suoi occhi erano un pozzo verde, penetranti, profondi, vividi, furbi. Si alzò e si sistemò il vestito di Prada che gli accentuava le forme dei pettorali e dei bicipiti, ma non eccessivamente da sembrare fatto apposta.
Ora era pronto a incontrare la sua nuova cliente.
La cassaforte aspettava impaziente di essere riempita ulteriormente e dopo essersi fatto l'occhiolino allo specchio, sorrise e con le mani in tasca e lo sguardo alto uscì dall'ufficio.
La signora Daumfires lo aveva invitato in un locale a pochi passi da Times Square.
Davide scese le scale trotterellando ed entrò velocemente nella sua limousine.
«Alfredo portami al "BridgeSqaure", grazie!» ordinò in italiano.
L'autista acconsentì con la testa e schiacciò l'acceleratore.
Osservando le immense e trafficate strade di New York a Bossi venne voglia di prendere la sua moto e sfrecciare tra le migliaia di macchine. Era però di buon auspicio, nonché decoroso, presentarsi in limousine ai primi incontri con i nuovi clienti.
Si immaginava, tuttavia, l'eccitante impressione che avrebbe creato scendendo dalla sua Ducati rossa, sfoderando la sua chioma riccia e il suo sorriso a trentadue denti.
Il locale non era uno dei più eleganti di New York ma Davide sapeva però che aveva una grande potenzialità di divertimento. Solitamente non avrebbe accettato un invito di lavoro in un locale del genere, ma questa volta aveva voglia di cambiare, di provare e divertirsi.
Appena arrivati scese dalla limousine e si scrocchiò la schiena. Ordinò alle sue due guardie del corpo di rimanere fuori e poi entrò nel locale.
Le luci abbaglianti in un primo momento lo disorientarono, ma si riprese velocemente e sorrise per poi dirigersi verso un tavolo da gioco, pronto a fare affari.
La donna che si palesò davanti a lui assomigliava a una dea. La candita pelle del viso contrastava con i profondi occhi diamante che sembravano incastonati in quella sagoma divina.
Le labbra erano grandi e morbide. Come una cascata i capelli biondi arrivavano fino alle spalle per poi allungarsi per tutta la schiena in una ambigua treccia che sembrava una corda dorata.
Bossi mostrò il suo sorriso più smagliante.
«Signora Daumfires, è un piacere conoscerla» disse guardando la donna da capo a piedi.
Ella vestiva un abito unico, lungo, rosso che risaltava le sue notevoli forme e lasciava scoperta la gamba destra. In mano aveva una borsetta rosa, piena.
«Fabolous!» disse l'uomo inchinandosi e baciandole la candida mano.
«Oh... thank you!» rispose ella con un forte accento britannico.
«Le piace il Blackjack, signor Bossi?» chiese la donna dolcemente.
Davide fece finta di pensarci su poi rispose che preferiva il Poker.
«La posso invitare a bere qualcosa?»
«Questo di certo non posso rifiutare!»
La donna si muoveva tra la folla come una regina, la coda ondeggiava e incantava ogni uomo al suo passaggio.
Davide sorrise compiaciuto. Quella donna era decisamente attraente.
Il locale era diviso in tre sezioni: i tavoli da gioco, la pista da ballo e il bancone.
I due si accostarono al bancone e si guardarono intensamente negli occhi.
«Mi piacciono gli uomini con stile!» disse la signora toccandogli il vestito.
«Mi piacciono le donne che sanno accentuare il proprio fisico» rispose Bossi, prontamente.
La donna rise, poi si girò verso il barman.
«Un cognac, my dear!» poi si girò verso Davide, «sa, mi piace parlare di affari davanti ad un cognac, si unisce?»
Davide fece segno al barman di farne due.
I due si studiarono come due animali prima di attaccarsi.
«La vedo nervoso signor Bossi, cosa ha? La turba starmi accanto?»
«Quando lavoro sono sempre nervoso, signorina. Tuttavia, a dire il vero, oggi sono più rilassato del solito!»
Quando il drink arrivò la donna tirò fuori una bustina con della polvere bianca dentro.
«Io invece sono agitata e allora ho bisogno della medicina, vuole?»
Davide fece segno di no.
«È di cattivo auspicio rifiutare del divertimento prima di una trattativa!» gli bisbigliò all'orecchio.
«Non vorrei tirarmi addosso il malocchio allora!» accettò ridendo.
La donna sorrise e fece una corta linea bianca davanti a Davide e a sé, poi si accosto al tavolo e quando rialzò la testa bevve d'un sorso il cognac.
L'uomo la guardò sbalordito.
«Colombia» disse poi la donna, «bellissimo Paese la Colombia! Senza di loro qui non avremmo niente di così... prelibato!»
«Su questo posso ritenermi d'accordo!» esclamò Davide prima di assumere anche lui la sostanza. Poi sorseggiò lentamente il suo drink.
«Ora possiamo parlare di affari signor Bossi!»
Davide allargò le braccia.
«Shall we?» tentò di dire con l'accento Britannico, ma con scarso successo.
La signora Daumfires rise timidamente.
«Io posseggo un regno... » cominciò la donna.
«Anche io, modestamente!» rispose lui.
«Io posseggo terre, immobili, ville tra cui molte a New York, altre altrove. Quello che io sono interessata a vendere è un attico vicino all'Empire... parliamo di circa duecento metri quadri, signor Bossi! Ora, il prezzo normale sarebbe di circa sei milioni, ma se volessi questo prezzo non mi sarei rivolto alla vostra azienda, giusto?»
Davide la guardò a lungo negli occhi.
«Dice bene!»
La donna tirò fuori una sigaretta e l'accesse.
«Io voglio che voi lo vendiate a otto milioni circa... io vi darò trecentomila di base e il sei percento sulla vendita dell'immobile» la donna tamburellò con le lunghe unghie sul bancone e poi concluse, «che ne dice?»
Davide sorrise, passò una mano sui capelli e poi rispose.
«Possiamo fare di meglio».
La signora parve sorpresa e smise di ticchettare sul bancone e proseguì nel farlo sulla coscia dell'uomo.
«Ne siamo sicuri?» disse.
Il signor Bossi provò una scarica di adrenalina che gli procurò uno spasmo.
«Vedo che la Colombia sta facendo effetto!» osservò compiaciuta, continuando a strusciare le unghie sul pantalone.
Davide sorrise, aveva tutto sotto controllo.
«Ho una proposta ben più intrigante. Deve capire, signora Daumfires, che di persone disposte a tirare fuori quella somma di denaro, sul mercato, ce ne sono poche... tuttavia, apportando qualche modifica all'appartamento potremmo aumentare il prezzo a otto milioni e cinquecento mila. Per fare ciò, noi chiediamo a lei quattrocento mila e il dieci percento sulla vendita... e penso di essere stato gentile».
La donna si ammutolì per qualche minuto.
«Otto... otto percento ed è fatta!» e allungò la mano per stringere quella dell'imprenditore.
«Quanti anni ha lei signorina? Se posso permettermi».
«Non si chiede mai l'età di una signora, non lo sa questo?»
«Insisto...»
La signora Daumfires sorrise.
«Ventotto, ventotto anni!»
Davide allora strinse forte la mano della cliente.
«Ventotto anni di astuzia, complimenti!»
I due sorrisero poi scoppiarono a ridere all'unisono.
L'effetto dell'alcol mischiato alle sostanze aveva raggiunto l'apice e Davide vedeva tutto distorto.
Insieme alla signora Daumfires si lanciò sulla pista da ballo e si scatenò fino alle due di notte.
La donna ballava come un dea, si muoveva sinuosamente, e come un serpente andava su e giù, tant'è che a Bossi sembrò di vedere, dalla gamba scoperta, delle squame.
«Che belle squame che ha, signorina» balbettò.
Lei si girò e rise isterica.
«Perché invece a lei stanno andando a fuoco le labbra?»
Davide si spaventò e se le sue pupille non fossero già dilatate al massimo si sarebbero dilatate.
«Oh cazzo, dove?» disse contorcendosi e tirandosi botte sulle labbra.
La dea rise poi, avvicinandosi e prendendo il collo dell'uomo, esclamò:«Aspetta che ti aiuto a spegnerlo!» E posò le sue labbra su quelle di Davide.
Il bacio durò per poco e quando la donna si staccò aveva le labbra colorate di rosso sangue. Si passò un dito sulla bocca e poi se lo leccò.
«Penso di averti staccato la lingua» rise la signora Daumfires riprendendo a ballare.
Anche l'uomo rise e poi cadde a terra, svenuto.
Davide Bossi si risvegliò su un sedile di una Lamborghini decappottabile, con il vento che gli scompigliava tutti i capelli.
Urlò spaventato.
Accanto a lui c'era la signora Daumfires, con il vestito rosso che minacciava di volare via e i capelli sospesi nell'aria. La donna parve a Davide una stella cometa.
«Dove stiamo andando?» biascicò.
«All'appartamento, dove sennò?» e ululò al vento.
Davide non ricordava molto dell'appartamento, cosa che gli sarebbe servito per cercare il giusto acquirente, ma quel che rammentava erano le calde gambe della signora Daumfires sulle sue, mentre col bacino ondeggiava su di lui. La lunga coda che si arrotolava intorno alla sua coscia. Ricordava le unghie della donna tra i suoi capelli, il suo corpo che strisciava sui suoi pettorali e poi più nulla, tutto era buio, non vedeva più niente ma sentiva, e quello gli bastava.
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