Capitolo extra + anticipazioni
Nello stesso momento, Sala dei Convegni, [N.A. Leggetelo ascoltando la canzone]
«Disgustoso. Raccapricciante. Schifosamente smielato.»
«Andiamo, De Longhi, smettila di spruzzarti attorno l'antirepellente per i sentimenti umani e goditi qualche attimo di calma.» Diego rise sottovoce e scosse la testa, con gli occhi puntati sulla Sala dei Convegni. La musica aveva raggiunto dei toni bassissimi e anche le luci erano calate, immergendo la stanza in un'atmosfera intima. Le coppie stavano ballando al ritmo di un lento romantico. Tra di loro c'erano anche Nadia e Mattia. La coppia del secolo.
«Non so nemmeno perché sono venuta», ribatté Anita, nervosa. Stava picchiettando il piede a terra da mezzora, seduta accanto a Diego sul gradino più alto degli spalti della stanza. Vicino a loro non c'era nessuno. Erano tutti impegnati ad abbuffarsi davanti al tavolo del cibo o a ballare, illuminati da riflettori che creavano giochi di luce soffusi e dalle tonalità calde.
«Forse perché sei tu che hai organizzato questa festa?» le consigliò Diego. Indossava una giacca elegante, al di sotto della quale sfoggiava un paio di jeans trasandati, del tutto inappropriati per quel genere di serata. Ma a lui non importava affatto. Non era andato lì per accompagnare la sua ragazza alla festa, né tanto meno per rimorchiarne una e portarsela a letto. Era andato lì solo per assistere allo spettacolo, come Anita. Se ne stavano seduti lassù, in cima, a guardare la serata svolgersi tramite gli occhi degli altri. Senza avere il coraggio di scendere dagli spalti e provare a comportarsi come persone normali.
«Già. Inizio a pensare che far parte del Comitato Studentesco sia stata una scelta terribile. Non mi ha portato un bel niente.»
«Puoi sempre dare le dimissioni, no?»
Anita lo guardò di sottecchi e sorrise con mestizia. «L'ho già fatto. Da domani comincerò a essere una qualunque. Entusiasmante, vero?»
Diego sospirò e si stiracchiò la schiena sul sedile degli spalti. Poi sbadigliò, palesemente annoiato- «Forse hai fatto bene a dimetterti, lo sai? Questa festa fa schifo.»
«Provaci tu a organizzare un evento per centinaia di persone con pareri contrastanti ed esigenze diverse.»
«Però poco fa ti sei lamentata di quanto fosse disgustosa, raccapricciante e schifosamente smielata.»
Anita strinse le labbra e accusò il colpo. «Non ho dato io quelle canzoni al Dj. Nel mio cd non c'era nemmeno una canzone d'amore. Qui deve esserci lo zampino di qualche altro membro del comitato.» Ma, in ogni caso, non m'interessa più niente. Da domani saranno problemi loro. Anita ha smesso di farsi riempire la testa di stronzate inutili.»
Diego si voltò verso di lei e mostrò un'espressione compiaciuta. «Chi sei tu? E cosa ne hai fatto della vecchia Anita De Longhi? Quella stronzetta, acida e con la profondità di un foglio di carta velina?»
«L'ho mandata a farsi fottere. Non era una buona consigliera. Non lo è mai stata.»
«Quindi al suo posto hai ingaggiato una scaricatrice di porto? Tua mamma non sarebbe fiera di te, signorina De Longhi. Si chiederebbe sicuramente dove tu abbia imparato alcune parole poco consone per la tua estrazione sociale...»
«Andiamo, Diego, sei ridicolo. Mi stai dipingendo come una chierichetta.»
«Chierichetta no, ma contessina sì.»
«Non sono una contessina.»
«Ah, no? E questo vestito dove lo hai comprato? Al mercato di Porta Portese? No, perché mi era sembrato di vederne uno uguale sfoggiato nella vetrina di Fendi.»
Anita sviò la sua occhiata divertita e si concentrò sul centro della sala. In mezzo a tante altre persone sconosciute aveva intravisto Nadia e Mattia. Stavano ballando, nonostante lui fosse limitato dalle stampelle. Ogni tanto si scambiavano brevi frasi, sorridendo. Sembravano felici. Probabilmente lo erano.
«E allora? Questo non fa di me una contessina.»
«Sì invece. Sei una contessina viziata e capricciosa, Anita. Lo sei sempre stata.»
Lei si voltò di scatto e lo incenerì con lo sguardo, puntandogli l'indice sul petto. «Ma sei venuto per farmi da coscienza morale o devo la tua presenza a qualche altro assurdo motivo?»
«A casa mi annoiavo.»
«Quindi hai pensato bene di venire a infastidirmi alla mia festa.»
«Sono venuta a rendertela un po' più divertente, in realtà», rettificò lui, sfoggiando un sorriso sghembo.
«Guarda che io mi stavo divertendo già, Diego.»
«Viziata, capricciosa e pure bugiarda. Quali altri difetti nascondi, Anita De Longhi?»
«Non lo immagini neppure», sospirò lei, stanca. Adesso la musica era cambiata, anche se la melodia era ancora piuttosto lenta.
«Se non ti stai annoiando, allora perché te ne stai quassù, isolata dal resto del mondo? Potresti andare a ballare con chiunque. Potresti rubarti le attenzioni di ognuna di quelle persone lì.» Diego le indicò con un dito la folla di gente in fondo alla sala. «Invece stai seduta qui, come un uccello del malaugurio caduto in disgrazia.»
Anita gli fece un gestaccio e provò a nascondere il fiotto di nervosismo che quella frase le aveva scaturito. «Smettila di infastidirmi, Neri.»
«Perché non partecipi alla tua festa? Sei un animale sociale, tu. Adori stare al centro dell'attenzione, soprattutto se decidi di sfoggiare un abito così corto da far girare la testa persino al professore più anziano della L.U.S.I.» Diego lanciò un'occhiata lasciva al suo vestito rosso aderente e scosse la testa, pensando a chissà cosa.
«Cosa mi dici di te invece?» gli rinfacciò Anita, attaccandolo come un serpente velenoso. «Anche tu ti limiti a guardare gli altri e a provare a immaginare come ci si senta a non avere milioni di pensieri e preoccupazioni che ti frullano per la testa.»
«Io? Guarda che non sono io il sociopatico, tra i due. Potrei scendere là sotto nel giro di dieci minuti e rivoltare l'animo della serata.»
«E perché non lo fai allora? Vai, Diego. Vai a infastidire qualcun altro.»
«Non ne ho voglia. E poi mi fai un po' pena, qui da sola, avvolta nel tuo alone di pessimismo.»
Anita si coprì il volto con le mani e desiderò non aver mai organizzato quella maledetta festa. Diego era una maledizione. Appiccicoso come una piattola, tagliente come una lama arrugginita. Ti offendeva con il sorriso e ti tirava fuori a mozzichi il peggior lato di te.
«Fottiti.»
«Nemmeno questa è una parola che dovrebbe essere presente nel vocabolario di una contessina, sai?» la schernì lui. «Insomma, me lo dici o no perché ti sei vestita in maniera così provocante, se l'unico al quale farai vedere questo abito sarà il tuo armadio stasera?»
Anita sospirò con pesantezza. Iniziava a essere stufa dei suoi insulti gratuiti. «Per nessuno, d'accordo? L'ho messo perché mi andava di farlo. È così che funziona la mia vita: faccio le cose perché ne ho voglia, indipendentemente dal fatto che siano intelligenti o meno. Ti basta come spiegazione?»
«Te l'hanno mai detto che le signorine acide come te diventeranno delle donne zitelle da adulte?»
«E tu sei uno stronzo. Lo sai che fine fanno gli stronzi?»
Lui aggrottò le sopracciglia. «Immagino che se la passino bene. Insomma, guarda te... Mi sembri piuttosto in salute.»
Anita rimase in silenzio, senza una battuta pronta per ribattere. Diego la stava disintegrando solo per innescarle dentro una qualche sorta di reazione. Poggiò la schiena sulla sedia e si massaggiò le palpebre. «Che cosa vuoi da me, Diego? Davvero.»
Lui sorrise e allungò le gambe avanti a sé. «Sapere come stai.»
«Sto bene.»
«Sei sola.»
«Sto bene.»
Diego le afferrò il mento e la costrinse a voltarsi. «Bugiarda.»
«Cosa te ne frega di come sto? Non sei il mio ragazzo. Non siamo nemmeno amici, noi due.»
«Non mi hai più chiamato, dopo l'incidente di Silvestre. Non ci siamo più visti e mi hai bloccato su ogni piattaforma sociale che esista. Persino su Messenger, Anita. E Messenger non lo usavo più da quando avevo dodici anni. Che cosa ti succede?»
Anita distolse lo sguardo e strizzò gli occhi. Le veniva da piangere per la rabbia. «Dovevamo darci un taglio.»
«Ci stavamo solo svagando, lo sai. E comunque potevamo decidere di darci un taglio insieme. Invece fai sempre tutto da sola, come al tuo solito. Nel tuo mondo c'è spazio solo per te. Persino il tuo riflesso è di troppo.»
«È stato meglio così. Rapido e indolore.»
Diego sospirò e si strinse nelle spalle. «Hai ragione. Meglio starsene da soli, eh?»
«Avevo solo bisogno di troncare ogni legame.»
«Perché?» domandò lui. «Non fraintendermi, De Longhi. Non sono arrabbiato. Voglio solo capire che diavolo passa nella tua testa.»
Anita sospirò e si torturò le mani. «Perché? Sul serio non te ne accorgi?»
«Sono affetto da una forma di stupidità cronica. Illuminami.»
«Perché era tutto sbagliato», sbottò lei. «Tu venivi a letto con me mentre eri innamorato di un'altra persona e io venivo a letto con te anche se non provavo niente nei tuoi confronti. Era tutto sbagliato.»
«Quindi è per questo che hai deciso di tagliare tutti i ponti?»
«Abbiamo un carattere incompatibile, noi due, e nella testa ci ronzano problemi diversi. Continuando ad andare a letto insieme non avremmo fatto altro che crearne di nuovi. E, credimi, in questo bisogno sono arcistufa dei problemi. Adesso ho solo bisogno di soluzioni.»
Diego annuì e le poggiò una mano sulla coscia. Sorrise e non la guardò nemmeno. «Adoro la tua lingua biforcuta, ma a mentire sei davvero negata. Lo leggo in faccia, cosa nascondi.»
Anita s'irrigidì e si voltò per osservare il suo profilo. Non era arrabbiato, non provava rancore. Era serafico. Forse aveva capito tutto... il perché del tagliare i ponti con tutti, il motivo delle sue dimissioni dal comitato studentesco. Forse Diego non era affetto da una stupidità cronica, ma da una furbizia selettiva sì.
«Quindi te ne vai», disse semplicemente. Freddo, diretto. Come una stecca da biliardo che colpisce dritta la palla e la imbuca in un colpo solo. Cattivo, come al suo solito. Fiele velenoso.
Anita chinò la testa e si fissò i piedi. Non disse nulla. La risposta era scontata.
«Chi lo sa?»
«Nessuno.»
«Mattia?»
«Forse a lui lo dirò. Ma non perché speri che possa fermarmi. Ormai ho preso la mia decisione.»
Diego annuì di nuovo. «E dove andrai?»
«Fuori da Roma. Ho bisogno di ricominciare da zero, capisci? Tutto quello che ho in questa città... le amicizie, il lusso, le conoscenze... sono fondate sul nulla. Sono cresciuta cibandomi di nulla e sono diventata anch'io una nullità. Questo posto non ha più niente da offrirmi.»
«E come farai con l'università?»
Lei scrollò le spalle di tutta risposta. «Economia mi ha sempre fatto schifo. Quello era il desiderio dei miei genitori. Ma non il mio.»
Diego mosse la testa su e giù e sospirò. «I tuoi daranno di matto quando lo verranno a sapere. Lo sai?»
«Sì, ma non m'interessa più. Questo posto mi sta mettendo le catene e io voglio imparare a sentirmi libera, prima che qualcuno mi chiuda dentro una gabbia», rispose, togliendo per un attimo qualsiasi freno alla lingua. Quando se ne rese conto sussultò e si ricompose, frapponendo di nuovo un muro invalicabile tra loro due. «Forza, dammi addosso anche tu. So che vuoi farlo. Dimmi pure che sono una codarda, che sto fuggendo dai problemi e che non imparerò mai a vivere sul serio.»
«No. Fai bene. È la decisione giusta.»
Anita sbatté le palpebre e mise a fuoco quelle parole. «Che cosa?» balbettò, confusa.
«È una scelta coraggiosa, la tua. E credo onestamente che sia la prima decisione non influenzata che tu prenda da quando di conosco», ribadì lui. «Non sono sicuro che sia quella più intelligente, è vero. Magari scoprirai che anche lontano da qui è tutto una merda. Magari conoscerai altri Mattia Silvestre, altre Nadia Savini e perché no, anche altri coglioni come me. Ma provarci non costa nulla. Noi staremo sempre qui, se vorrai fare ritorno a casa», le sorrise. Era assurdamente calmo, imperturbato.
Anita si mosse sulla sedia e sbatté le palpebre. Aveva la gola secca. «Dovresti provarci anche tu, sai? Hai ancora dei conti in sospeso con il tuo passato, Diego. Perché non tenti di risolverli?»
Lui rise, stavolta divertito. «Io? Ma dove vuoi che vada uno come me, De Longhi? Sono un danno umano e a differenza tua non ho così tanto coraggio da vendere. Questa città di falliti e apparenze ricalca alla perfezione la persona che sono», rispose con sufficienza. «E poi ho mia sorella qui. Non ci penso nemmeno a lasciarla sola.»
«Ma Gabriella è-»
«È parte del passato. E il passato non ritorna indietro.»
«Diego, non viviamo per collezionare rimorsi e nemmeno per chiuderci gli occhi di fronte ai problemi.» Anita scosse la testa e gli poggiò una mano sulla spalla. Era il suo modo di aiutarlo silenziosamente. «Io non sono nella posizione adatta per darti dei consigli. Dio, forse sono proprio la meno indicata per farlo... Ma se c'è una cosa di cui sono sicura, è che il passato trova sempre il modo di bussarti alla porta, se non hai chiuso la partita con lui. Tutte le questioni in sospeso devono essere risolte, in un modo o nell'altro.»
Diego si mosse nervoso. «Be', vorrà dire che stavolta il passato dovrà limitarsi a essere... passato. Gabriella Toledo ha chiuso con me tanti anni fa e adesso non si ricorderà nemmeno chi sono. La vita va avanti ed è giusto così.»
Anita si alzò in piedi e si stirò le pieghe del vestito. Sorrise, ma dentro di sé non era soddisfatta. Aveva l'aria di una che avesse appena consapevolizzato una sconfitta a tavolino. «Spero che riuscirai a viverla, una vita piena di rimpianti come la tua», gli disse con una celata cattiveria. Diego aveva scherzato con lei per tutta la serata, tirandole fuori a morsi una qualsiasi sua reazione, seppure inopportuna. Adesso toccava a lei aiutarlo.
Diego infatti rimase in silenzio e strinse i pugni, furioso.
«Per non parlare dei rimorsi, poi... Quelli, l'anima, te la fottono proprio.»
«Sei una stronza, De Longhi. Te l'hanno detto mai?»
Lei si strinse nelle spalle e si abbassò alla sua altezza. Stava ancora seduto, ma adesso aveva assunto una posa più rigida. Gli toccò il volto con fare comprensivo e gli lasciò un ultimo, leggero bacio all'angolo della bocca. «Hai detto che Gabriella Toledo ha chiuso con te tanti anni fa», gli sussurrò. Il suo fiato era caldo e ingannatore, come ogni altra parte del suo corpo. «Ma sei sicuro che Diego Neri abbia davvero chiuso con lei?»
Lui strabuzzò gli occhi e rimase completamente ammutolito. Anita rise soddisfatta e si tirò di nuovo in piedi. «Sei stato un piacevole passatempo, Diego, lo ammetto. Ti ricorderò sempre come il più stupido ragazzo accecato dall'amore che abbia mai conosciuto... Perché quello era amore, sì, e lo sai anche tu. Ma nonostante ciò gli hai permesso di andar via! Che idiota, vero?» Alzò la voce a mano a mano che si allontanava da lui. Lo stava schernendo e la cosa le piaceva da morire. Scoppiò a ridere di fronte alla porta d'uscita della sala convegni e lo salutò con la mano. «Addio, Diego Neri!»
Anita corse fuori, con le lacrime agli occhi per il divertimento e per la paura. Aveva appena chiuso definitivamente con il suo passato. Adesso aveva solo un futuro limpido e incerto ad aspettarla.
Sorrise e gridò, entusiasta, terrorizzata. Era libera. Per la prima volta.
Era libera.
Diego rimase ancora per qualche attimo perplesso, mentre vedeva la porta richiudersi davanti a lui. Anita se n'era andata. Se n'era andata sul serio.
Alla fine lo aveva fatto: aveva ceduto il suo trono ed era scesa da quel piedistallo che per anni l'aveva resa un mero soprammobile di valore da invidiare e apprezzare da lontano. Si era lasciata tutto indietro per poter imparare a essere un po' più se stessa.
«Addio, stronza...»
Sospirò e si accasciò sulla sedia. La festa si stava ancora svolgendo imperturbata. Le persone continuavano a divertirsi e Nadia e Mattia erano sempre laggiù, a comportarsi come due perfetti innamorati. Anche lui se ne stava ancora lì, a osservare dall'alto l'ennesima festa priva di valore a cui aveva preso parte in quegli ultimi anni. L'ennesima festa priva di valore. Già, perché l'ultima ad averne avuto uno, era stata proprio quella ai tempi del Machiavelli. La stessa festa in cui commise quel maledetto passo falso che gli avrebbe fatto perdere il suo passato, presente e futuro: Gabriella.
Anita De Longhi aveva chiuso con il suo passato, ma per farlo aveva appena riportato a galla quello di Diego, riaprendogli una ferita che non era mai del tutto riuscita a guarire.
Perché le ferite d'amore erano come dei morsi: lasciavano delle brutte cicatrici. E le cicatrici marchiavano la pelle con dei segni destinati a non scomparire mai. Le cicatrici d'amore non guarivano, non scomparivano, ma restavano vive nel profondo, pulsanti, come carne viva.
Le cicatrici d'amore erano indelebili.
FINE.
Angolo dell'autrice.
E' stata un'avventura fantastica. Nadia e Mattia mi mancheranno. Le loro storie ci hanno fatto commuovere e anche un po' arrabbiare, ma alla fine ci hanno raccontato tutto quello che potevano. Adesso lasciamoli vivere un po' da soli e crescere insieme.
La Saga NON FINISCE QUI! Ci sono alcuni personaggi *cof cof* che hanno da raccontarci ancora qualcosa... Avete idea di chi siano?
Un bacione, A.
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