Capitolo 6.
«Abbiamo dunque il piacere di presentarvi la nostra ultima creazione. Un locale che ha come criteri fondamentali il comfort e il lusso, la disponibilità e gli agi. Tutto ciò è stato ideato per i nostri clienti e per coloro che entreranno a far parte della nostra community internazionale», spiegò ad alta voce Giulio Silvestre, impettito di fronte al nastro rosso della hall dell'Hotel Étoile. Al suo fianco aveva la moglie, Cornelia, sostenitrice dei suoi progetti, nonché supporto legale nelle decisioni amministrative e burocratiche. «Tutte le risorse che sono state investite in questo progetto, il più grande luxory hotel di Roma, hanno preso vita per dare forma a un vostro sogno.»
Il pubblico applaudì il discorso del signor Silvestre con soddisfazione, e Mattia dovette fare lo stesso. Si trovava in prima fila, accanto ad Anita e qualche altro pezzo grosso che aveva contribuito all'apertura dell'Hotel. I genitori della ragazza, invece, si trovavano al seguito dei suoi, di fronte alla porta di vetro all'ingresso. Erano tutti sorridenti e fieri del proprio risultato.
«Se non avete domande, passerei la parola al mio socio d'affari, nonché caro amico... Aurelio De Longhi.» Giulio invitò il padre di Anita a prendere il microfono.
Anita gonfiò il petto e si guardò intorno, con la speranza che tutti, lì fuori, riconoscessero che fosse sua figlia.
«Buonasera a tutti. Non voglio tediarvi con le mie chiacchiere a lungo, ma ringraziarvi della vostra presenza e del vostro sostegno è il minimo. In questa giornata di festa, avremo il piacere di mostrarvi i risultati dei nostri lavori. Una volta entrati nell'Étoile, vi renderete subito conto della qualità di ogni piccolo dettaglio. Inoltre, nella sala rinfreschi, abbiamo allestito un buffet, per godere al meglio questi splendidi momenti», spiegò Aurelio, gesticolando come un vero oratore alla folla. «Perciò, io direi di procedere con il taglio del nastro.» Scese dal piccolo palco e avanzò verso l'ingresso dell'enorme palazzo. Anche la moglie e i genitori di Mattia lo seguirono, con in mano un paio di forbici sfavillanti, poggiate su un cuscinetto.
La cerimonia fu breve, dopodiché tutte le persone si riversarono all'interno del locale come formiche, curiose e impazienti di vedere con i propri occhi, quello che fino a quel momento gli era soltanto stato raccontato a parole.
Mattia e Anita rimasero indietro, per lasciare che l'ingresso si diradasse dalle persone.
«È stato emozionante», sussurrò la ragazza, con gli occhi che le brillavano.
Mattia si strinse nelle spalle, con le mani in tasca e uno sguardo poco interessato. «È stata una cerimonia come tante.»
«Non puoi dire così di questo progetto! Dovresti essere entusiasta del nostro debutto nel mondo del lavoro come società di famiglie.»
Mattia si mise di fronte alla porta scorrevole dell'ingresso e lasciò che le ante si aprissero. Dopo fece passare Anita per prima, per non mancare di cavalleria. «Fino a prova contraria, questo Hotel è un progetto dei nostri genitori, non mio e tuo. Stiamo solo facendo finta di personificare dei personaggi di spicco.»
«Dai, lo sai anche tu che tutto questo un giorno sarà nostro», ribatté lei, dopo essere entrata nel corridoio principale.
Effettivamente, la prima cosa che si notava lì dentro, era il lusso. Ogni oggetto aveva il suo valore, ed era tutto perfettamente intonato con lo stile moderno e sobrio dell'hotel. Dietro al bancone dell'accettazione erano già in postazione tre ragazze, in ghingheri e con un sorriso sfavillante in bella vista. Sembravano essere state programmate per fare quelle facce.
Quando raggiunsero la sala dei rinfreschi, il buffet era già iniziato da qualche minuto. Dei lunghi tavoli grondavano di ogni ben di Dio, e gli ospiti sembravano più che soddisfatti del servizio e dell'ambiente. A testimonianza di ciò, i genitori di entrambi i ragazzi girovagavano come trottole, andando di qua e di là a seconda delle persone da cui fossero richiesti.
«Qualcosa da bere?» chiese Mattia, diretto verso il tavolo delle bevande.
«Bollicine», rispose Anita, con gli occhi puntanti verso i suoi genitori. «Ci uniamo a loro?»
Mattia annuì, di malavoglia. Per quanto desiderasse starsene per conto proprio, aveva promesso alla madre di apparire al loro fianco con Anita, per rimarcare pubblicamente la loro relazione e per far emergere il lato consolidato delle famiglie. Prese velocemente i due calici di cristallo e uno lo porse alla ragazza. Poi si avvicinarono al circoletto al centro della sala. I genitori di Anita stavano intrattenendo una conversazione con un uomo di una certa età, mentre Cornelia e Giulio erano impegnati a mostrare molti dei quadri famosi appesi alle pareti della stanza.
«Oh, finalmente!» prese subito parola Emma, la madre di Anita, non appena i ragazzi si unirono al gruppo. «I nostri due diamanti ci hanno degnato di attenzioni», scherzò, portandoli al centro della scena. «Signori, questi sono gli eredi di tutti i nostri progetti: mia figlia, Anita, e il suo splendido fidanzato, Mattia.»
Anita tese immediatamente la mano verso l'uomo con cui i suoi genitori stavano conversando, e accennò un piccolo saluto con il capo.
Il tipo le baciò il palmo della mano con eleganza. «Che ragazza deliziosa, Emma. Proprio come te. Mentre questo ragazzo, invece...»
«Mattia Silvestre. Credo che conosca già i miei genitori, quindi non mi dilungherò a spiegarle il nostro albero genealogico», replicò il ragazzo, con un sorrisetto strafottente. Aveva promesso ai genitori di comportarsi bene, ma davvero odiava quell'atmosfera carica di ipocrisia. Anita gli diede un piccolo pizzico sull'avambraccio, una richiesta silenziosa di controllarsi.
«Ma certo. Ho conosciuto diversi Silvestre, e, devo dire, erano tutti accomunati da questo caratterino infervorato. È una sorta di marchio di fabbrica», rispose l'uomo, in maniera tranquilla. «Immagino che facciate fuoco e fiamme, voi due» scherzò poi, facendo l'occhiolino ai ragazzi.
Anita finse di arrossire, mentre Mattia rimase impassibile.
«Insomma, signor Visconti, cosa gliene pare del nostro gioiellino in pieno centro urbano?» domandò Emma, poggiando il braccio sulla spalla dell'uomo.
«Credo proprio che scriverò un articolo di lancio degno dei migliori giornali di turismo», rispose questo, senza però distogliere lo sguardo dagli occhi di Mattia, ancora fissi nei suoi.
Cornelia e Giulio si unirono velocemente alla cerchia. «Signor Visconti, è un piacere vederla», esordì la donna.
«Mi scuso per l'atteggiamento di mio figlio», prese parola il padre, notando lo sguardo teso di Mattia. «È un ragazzo. Non ha ancora capito come... esprimersi in pubblico.»
«Si figuri. Mi piacciono le persone schiette, e sono convinto che vostro figlio abbia la stoffa per diventare un vero leader, in futuro. Non è così, Mattia?» L'uomo sorrise, riportando di nuovo l'attenzione sul ragazzo.
Per un attimo Mattia pensò di rispondere bruscamente anche a quella domanda. Ma gli occhi di tutti, puntati su di lui e colmi di apprensione, glielo proibirono severamente. Forse era meglio non causare problemi il giorno dell'inaugurazione del loro Hotel. «Lo spero, signore», rispose, abbassando la testa. Sentì Anita rilassarsi accanto a lui, e in quattro e quattr'otto i genitori li esclusero dalla conversazione, portando il signor Visconti a visitare il resto dell'albergo.
Quando rimasero soli, Anita gli si mise di fronte, furiosa. «Cosa diavolo ti è saltato in mente?»
Mattia si passò una mano sugli occhi e scolò il bicchiere di Champagne in un solo sorso, prima di poggiarlo su un carrello vuoto. «Non lo so, d'accordo? Sono stufo di questo posto e di questa gente.» Prese un altro bicchiere pieno e bevve anche quello. Qualche donna, nella sala, si voltò a guardarlo.
«Non dare spettacolo», lo ammonì la ragazza, con un sorriso sulle labbra poco convincente.
«Dovevamo soltanto partecipare al taglio del nastro, non a tutta la fottuta cena», ringhiò, additandole l'indice sul petto.
Anita lo prese sotto braccio, trascinandolo all'ingresso dell'hotel. «Se stai cercando di rovinare questa serata, sappi che non te lo permetterò. Se ti sentisse tua madre...»
«Sarebbe per l'ennesima volta scontenta di me. Wow, che novità.»
«Il signor Visconti è venuto appositamente per valutare e recensire i servizi che l'Étoile fornisce. Se scriverà un articolo negativo, sarà solo colpa tua», lo rimproverò la ragazza, mentre faceva avanti e indietro per la Hall con i tacchi.
Mattia l'afferrò per il braccio e la fece fermare. «Voglio andarmene di qui. Ora. Questa gente fa uscire il peggio di me.»
«I nostri genitori non saranno d'accordo.»
«Che si fottano. Siamo stati presenti per metà della serata. È sabato, e ho altri impegni oltre a questa inutile perdita di tempo.»
Anita lo guardò in modo sarcastico. «Per esempio?»
Prima che Mattia potesse rispondere, il cellulare prese a squillare nella sua tasca. Lo afferrò e visualizzò il nome della chiamata: Pablo. Fece cenno ad Anita di attendere e si allontanò di qualche passo. «Che succede?» gli chiese.
«Guarda che ti siamo aspettando tutti, al Club» rispose dall'altra parte il ragazzo. «È quasi mezzanotte, cazzo! Dove siete tu e Anita? Senza di voi la gente è meno spronata a venire alla festa.»
«C'è una festa al Club? Stasera?» rispose Mattia, come se fosse caduto dalle nuvole. Per la prima volta nella serata, si sentì interessato all'argomento.
«Non dirmi che Roberto non ti ha detto niente!» brontolò, prima di urlare a qualcuno dall'altra parte "Sei un coglione". «Scusami. Comunque ti aspettiamo. Vedi di non darci buca.»
«Mi piacerebbe, Pablo, ma siamo bloccati all'inaugurazione dell'Étoile. Non so se faremo in tempo.» Si voltò verso Anita, che lo stava aspettando con le braccia conserte.
«Ehi, il Club è il Club, Silvestre. Sei tu il fuoriclasse della squadra. Non possiamo stare senza il capitano.»
Mattia rimase in silenzio a rimuginare. Non ne poteva davvero più di quello strazio, e aveva cercato fino a quel momento un motivo plausibile per evadere. Non amava particolarmente le feste, ma quelle organizzate dall'associazione sportiva della L.U.S.I erano tutta un'altra cosa. Musica, cibo e alcool erano racchiuse dentro la loro sede, e le ragazze si facevano in quattro pur di ricevere gli inviti. Era una festa In, e in più, aveva anche il consenso del rettorato, cosa che gli conferiva un velo di protezione. Effettivamente, una festa era proprio quello di cui aveva bisogno. «Sarò lì tra mezzora», acconsentì alla fine. Poi riagganciò.
«Che succede?» domandò Anita, raggiungendolo. L'espressione scaltra sul volto del ragazzo non la rincuorava affatto. Stava tramando qualcosa.
«Prendi la tua roba. Ce ne andiamo. E mentre siamo in macchina magari mi spieghi anche percghé non mi hai detto niente della festa organizzata nel campus, visto che sai sempre tutto.»
La ragazza trattenne il respiro, colpita nel punto vivo del discorso. «L'inaugurazione era più importante di una delle solite feste universitarie. Almeno, lo pensavo.»
«Be', pensavi male. Ho appena confermato la nostra presenza tra mezzora, quindi, se vuoi, puoi venire ora con me. Altrimenti dovrai arrangiarti», l'avvisò, con uno sguardo cupo.
Anita corrucciò le sopracciglia, dubbiosa. «Cosa diciamo ai nostri genitori? Si aspetteranno sicuramente che restiamo fino alla fine. Non possiamo prendere le nostre cose e andare semplicemente-»
Mattia l'attirò a sé, dandole un bacio trasportato e inaspettato. La ragazza trattenne il respiro e chiuse gli occhi. «Adesso ti ho convinta?» le chiese poi, dopo essersi allontanato. Il suo sguardo era esattamente come prima, imperscrutabile e freddo.
Anita riprese fiato con un lungo respiro. «Sei uno stronzo», mormorò, le guance più rosse del solito. «Avverto i miei e ti raggiungo di fuori, va bene?»
Mattia fece emergere il primo sorriso sincero, che mantenne finché Anita non lasciò la Hall.
Effettivamente, dopo diversi anni, si era reso conto di avere molte più cose in comune con quella ragazza di quanto pensasse. E ottenere sempre qualsiasi cosa desiderasse, era una di quelle.
Rise tra sé e sé e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Mentre usciva dall'Hotel, inoltrò a tutti gli amici più stretti lo stesso messaggio: "Ci vediamo tra poco al Club. Che la festa abbia inizio, aquile".
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