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Capitolo 48.




Quando Mattia arrivò di fronte alla porta di casa Neri non si preoccupò nemmeno di suonare il campanello, ma prese direttamente a pugni la superficie di legno laccato. Aveva inchiodato la macchina proprio davanti all'ingresso della villa ed era sceso come una furia, senza chiudere lo sportello o fare attenzione a non fare troppo rumore, data la tarda ora della notte. Si era solo precipitato davanti allo zerbino. Le mani gli prudevano come non mai e non aveva idea di come avrebbe reagito una volta che si fosse trovato davanti la faccia tosta di Diego. Anzi, una vaga idea ce l'aveva: ma avrebbe sicuramente comportato l'arrivo di una volante della polizia e una barella dell'ambulanza.

«Diego, apri questa cazzo di porta!» picchiò i palmi delle mani sul legno con violenza.

Dall'altra parte della soglia non provenne alcun suono. La casa sembrava avvolta in una gigantesca bolla che la isolava da ogni rumore esterno.

«Giuro che se non apri entro dieci secondi, sfondo la porta», avvertì a gran voce, con la bocca quasi attaccata al legno.

Dopo nemmeno un minuto, il portone di casa Neri si aprì lentamente, quasi con timidezza. Dall'altra parte comparve Nadia, con lo sguardo basso e colpevole, senza dubbio a disagio.

Mattia si fece spazio attraverso la fessura che la ragazza le aveva aperto e finì di spalancare la porta con una spallata. Le prese subito il volto tra le mani, studiandola da ogni angolazione possibile. Il suo sguardo era scuro e preoccupato allo stesso tempo, ma non sembrava essere arrabbiato con lei. «Stai bene?» le domandò, senza lasciarle il tempo nemmeno di salutarlo. «Giuro che questa è la volta buona che lo faccio fuori.»

«Mattia, calmati...» lo bloccò Nadia, poggiandogli le mani sopra le sue, ancora sulle guance.

«Dove sta quel figlio di puttana? Esci fuori, Diego!»

Nadia lo strattonò per la manica della giacca, con lo sguardo serio e preoccupato. «Per favore, per favore, non fare scenate.»

Mattia spalancò la bocca, sorpreso. «Non vuoi che faccia scenate? Non devo fare scenate, mi stai dicendo? E come dovrei reagire, secondo te, quando un idiota si prende la libertà di baciare la mia ragazza? Dovrei organizzargli una festa a sorpresa? O magari dovrei dargli una pacca sulla spalla e dirgli "Congratulazioni, amico! Ci sei riuscito anche tu"?»

«Non urlare. Devi calmarti», ripeté lei, con il tono di voce basso e tremulo. «Hai tutto il diritto di essere arrabbiato, ma non qui.»

«Nadia, forse tu non capisci...» Mattia prese un respiro e si passò una mano in mezzo ai capelli castani «Sto provando a mantenere il controllo e a non incazzarmi con voi due, ma, credimi, è davvero molto difficile. Ti avevo detto di stargli alla larga. Te lo avevo detto più volte, perché sapevo che tipo di persona fosse Diego e che, in fondo, restasse un inetto inaffidabile, ma tu non mi hai dato retta e... guarda ora! Guarda che bella situazione di merda.»

Nadia gli strinse le mani con aria supplichevole. «Non voglio che litighiate... Non ti ho chiamato per questo motivo. Voglio solo che mi porti a casa.»

«Cioè, fammi capire...» Le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono, in un mix di stupore e rabbia «Lui ti bacia e io dovrei restare calmo e non fare nulla? Ma ti ha fatto il lavaggio del cervello, o ci hai preso gusto a difenderlo?»

«Non ho intenzione di difenderlo, Mattia. Lo sai bene.»

«Davvero lo so? Perché, ora come ora, la faccenda sta diventando piuttosto confusa, Nadia. Non sembri nemmeno troppo dispiaciuta per quel che è successo, o è una mia impressione anche questa?»

Lei sollevò le sopracciglia, confusa e tradita. «Ma che diavolo stai dicendo? Pensi che mi abbia fatto piacere? Non volevo che mi baciasse, e questo tu lo sai! Era ubriaco... non era in sé.»

«Lo stai difendendo ancora.»

«Non lo sto giustificando», replicò Nadia, con gli occhi sbarrati per la rabbia del momento. «Ma Diego ha dei problemi e sta facendo di tutto per peggiorare la sua condizione... Si sta sabotando, capisci? Per questo mi ha baciata.»

«Oh, poverino!» la prese in giro Mattia, roteando gli occhi. «Questo sì che cambia le cose! Inizio quasi a provare una certa pena per quell'idiota, ora che me lo hai detto. Nadia, Diego potrà avere anche tutti i problemi di questo mondo, ma io non gli perdonerò mai quello che ha fatto. E adesso dimmi dove sta.»

Nadia lo fissò, apprensiva. «Promettimi che non litigherete.»

«Nadia.»

«È di là, in sala», sospirò lei, vuotando il sacco. «Sta dormendo sul divano, o è collassato... non lo so. Era davvero conciato male quando ha discusso con quella ragazza.»

Mattia prese un respiro e attraversò l'atrio con quattro lunghi passi, pesanti e carichi di tensione. Aveva lo sguardo cupo come una nube temporalesca estiva e gli occhi erano opachi, annebbiati dalla rabbia. «Farebbe meglio a sperare di essere morto sul serio», disse a denti stretti.

Nadia lo seguì, arrancando dietro di lui, verso il grande salone di casa Neri. Provò ancora una volta a farlo calmare, ma lui tirò dritto senza mai voltarsi e raggiunse la stanza nel giro di pochi secondi.

Diego era steso sul divano in una posizione scomposta e a primo impatto scomoda, con gli occhi semi aperti fissi sul soffitto, le braccia spalancate e uno sguardo vuoto. Era sveglio, ma sembrava solo il ritratto di un fantasma del suo passato. A terra c'erano altre due bottiglie di vetro, vuote ma intatte. «Sei arrivato a salvare la principessa in pericolo, alla fine», biascicò, senza guardarlo. «Complimenti per la tempestività.»

Mattia raggiunse con uno scatto il divano e tirò a terra per un braccio Diego, facendolo rovinare rumorosamente sul pavimento freddo e lucido. Lui emise un suono goffo, un rantolo strozzato, ma non si mosse da lì, incapace persino di tirarsi di su con le proprie gambe.

«Porca puttana, Silvestre...» si lamentò, con le mani sugli occhi. Sembrava come se qualcuno lo avesse appena svegliato da un sonno riparatore, piuttosto che spingerlo a terra con cattiveria.

«Pensi di cavartela davvero con così poco?» Mattia gli si avvicinò ancora e lo forzò ad alzarsi in piedi, di fronte a lui. Quando riuscì a mantenere l'equilibrio per più di tre secondi, gli sferrò un pugno dritto contro lo zigomo. Lui ricadde a terra con un tonfo, senza nemmeno provare a difendersi o a parare il colpo. Cadde a terra, sul sedere, e rise. Diego rise e Mattia s'infuriò.

«Tutto qui quello che sai fare?»

«Mattia, non dargli ascolto. Ti sta solo provocando», sussurrò Nadia a bassa voce, dietro alle spalle del ragazzo. Teneva gli occhi fissi su Diego ed era profondamente preoccupata da quello che sarebbe potuto succedere.

Mattia continuò a ignorarla e tornò alla carica, con il volto ancora più scuro di prima. Afferrò Diego per i capelli e lo resse, prima di sferrargli un calcio sul fianco, che lo lasciò senza respiro e senza espressione per qualche secondo. «Devi smetterla di provare a prenderti quello che è mio, Diego. Hai capito?»

Diego tossì e si girò su un fianco, ma Mattia lo fermò nuovamente e si abbassò alla sua altezza, restando in equilibrio sulle gambe.

«Mattia, ti prego», si lamentò Nadia. Sperò con tutta se stessa che il ragazzo le desse ascolto e si alzasse, lasciando marcire Diego nel suo oblio di alcool e solitudine. Ma non fu così.

«È stato solo un bacio, Silvestre... Quante storie», ansimò lui, ancora con il sorriso in faccia.

«Non avevi alcun diritto di farlo! Perché devi sempre rovinare tutto?» Mattia lo prese per le spalle e lo fissò in quegli occhi scuri e vuoti.

Diego resse lo sguardo e si passò la lingua sulle labbra, secche e screpolate. «Perché è l'unica cosa che so fare bene.»

Mattia gli diede un altro pugno ancora, tra la bocca e il naso, e il colpo gli fece uscire il sangue, scuro e denso. Un rivoletto gli colò dalla narice destra e raggiunse l'angolo delle labbra. Diego tossicchiò, dolorante e si passò il dorso della mano in faccia, per pulirsi. Si guardò la pelle insanguinata e sorrise.

«Quando la finirai di vivere così, Diego? Di commiserarti e di rendere la tua esistenza... inutile?» Mattia si alzò in piedi e tirò su con sé anche il ragazzo, spingendolo di nuovo sul divano. «Gabriella non c'è più e Nadia è fuori dalle tue mire. Vedi di rifarti una vita.»

«Ti ho già detto che Savini non m'interessa. È tua, puoi tenertela.»

«E allora perché cazzo l'hai baciata?» replicò Mattia, esasperato.

«Perché è ubriaco. È ubriaco e non capisce niente», s'intromise Nadia, avanzando verso di loro di qualche passo e incrociando le braccia al petto.

«Ecco la bocca della verità...» Diego ridacchiò e reclinò la testa sul cuscino del divano.

«Non finisco di spaccarti la faccia solo perché sei un coglione grondante di alcool. Forse è già una punizione abbastanza dura che resti qui, da solo, a ingoiare il tuo sangue amaro», lo ammonì Mattia, sorridendo. «Noi ce ne andiamo.»

Nadia fissò ancora Diego, abbandonato a se stesso e chiuso di nuovo a riccio. Provò a sentirsi in colpa nei suoi confronti, ma non ci riuscì. Stavolta aveva davvero superato il limite.

«Non guardarmi così, Savini... Sono abituato a ricevere questi trattamenti. Domani starò meglio, vedrai», scherzò. Il labbro gli si era già gonfiato e aveva assunto una tonalità violacea.

Lei scosse la testa e sospirò. «Mi fai pena.»

«È normale. Anche io mi faccio pena da solo.»

Mattia borbottò qualcosa a bassa voce e cinse la vita di Nadia con un braccio. «Andiamocene. Sono stufo di sentirlo parlare.»

Nadia annuì, ma poi si bloccò, con gli occhi sgranati. «Aspetta un attimo... Lidia! Non posso lasciare Lidia con lui in queste condizioni.»

«Cos'hai intenzione di fare? Non possiamo portarla via da casa sua.»

Diego mugolò qualcosa tra sé e sé e aprì gli occhi di scatto. «Tu non la tocchi, mia sorella. Lei resta con me... Sto bene. L'ho sempre fatta stare bene.»

«Così la fai stare bene? Sbronzandoti da fare schifo? Sei un irresponsabile», lo zittì Mattia, puntandogli il dito contro.

«Non ti permettere, Silvestre... Non torcerei un capello a mia sorella, e Savini lo sa. Diglielo, forza.» Diego fissò Nadia, speranzoso e improvvisamente spaventato.

Lei resse lo sguardo e annuì. «È vero.»

«Ecco, lo vedi? Tappati la bocca, prima di sparare stronzate.»

«Ma... non sei nelle condizioni per badare a lei, ora», continuò Nadia, sovrastando la voce farfugliante del ragazzo.

«Che stai dicendo, Savini?» esclamò lui. Provò a rimettersi in piedi per dimostrare l'indimostrabile, ma barcollò indietro e ricadde sui cuscini.

«Idiota...» mormorò Mattia, facendo un giro su se stesso e unendo le mani dietro alla nuca. «Che facciamo, ora?»

«Non potete portarmi via Lidia! Lei resterà a casa sua, con me!» gridò Diego, con gli occhi spalancati e arrossati.

«Ha ragione. Non possiamo portarla via», convenne Nadia. Mise la mano in tasca e afferrò il cellulare «Ma possiamo avvertire qualcuno.»

«Non chiamare mio padre.»

Ma lei non lo ascoltò e digitò il numero della signora Neri.

«Cazzo, Nadia, metti via quel telefono!»

«Non pensi che sia un po' troppo tardi?» lo ammutolì Mattia, con uno sguardo di ghiaccio.

Il telefono inoltrò la chiamata e Nadia rimase in attesa, voltando le spalle ai due ragazzi. Sperò che la donna rispondesse nonostante la tarda ora. Fortunatamente lo fece.

«Nadia?» rispose la voce dall'altra parte, insonnolita e preoccupata. «Cosa... Che succede?»

«Eloise, mi dispiace disturbarti a quest'ora, ma ho un problema.»

«Lidia... È qualcosa che ha a che fare con lei?»

«Lei sta bene. Il problema è con-»

«Diego...» concluse con un sospiro Eloise. «Cos'ha combinato stavolta? Ha fatto di nuovo qualche danno? Senti, Nadia, se devi ripagare una cauzione per qualche sua stupidaggine ci sono dei soldi nel cassetto della scrivania nella sala da lettura. Usali senza farti problemi.»

Nadia scosse la testa. «Non... non si tratta di soldi, Eloise. Diego è tornato a casa ubriaco. Ecco, è stato a una festa e ha bevuto un po'.»

Dall'altra parte del telefono si sentì un borbottio confuso, poi un rumore di una mano poggiata sul microfono. «No, è tutto okay, tesoro. Sto parlando con una collega di lavoro», disse Eloise in sottofondo. «Scusa, era mio marito. Voleva sapere con chi stessi al telefono, ma non gli ho detto di Diego. Sarebbe andato su tutte le furie. Insomma, quanto è grave la situazione?»

Nadia guardò di sottecchi Diego, collassato sul divano e perso nel suo mondo parallelo. «Non si regge in piedi. Lidia sta dormendo, ma è tardi e io devo tornare a casa, Eloise, solo che non mi sento sicura di lasciarla nelle mani di Diego.»

«No, certamente, certamente. Devi andare a casa, Nadia. Hai fatto anche troppo», convenne la donna «Quel ragazzo... Riesce sempre a fare qualcosa di irresponsabile! Come sta? Ha bevuto parecchio?»

«Si è dato da fare, ma sono sicura che con un sonno riparatore tornerà in sé, anche se con una bella emicrania.»

«Io non so più cosa fare con lui... Davvero, sono esasperata.» Eloise sbuffò e Nadia fu sicura che stesse scuotendo la testa. «Ascolta, Nadia. Torna a casa e non ti preoccupare di Lidia. Ha il sonno più pesante di un elefante e non si accorgerà che te ne sei andata. Io convincerò Marco a tornare a casa in anticipo... Ovviamente mi cucirò sulla bocca sul fatto che suo figlio si sia dato all'alcolismo. Non vorrei che Lidia si trovasse da un giorno all'altro a essere figlia unica.»

Nadia sorrise, stupita dall'ironia della donna anche in un momento così delicato. «Eloise, ancora una cosa», disse poi, schiarendosi la voce. «La casa è un disastro... Se tornerete qui prima del previsto, il signor Neri ci metterà un attimo a capire cosa sia successo.»

«Non preoccuparti di questo, tesoro. Adesso farò una chiamata a Concita: è l'unica domestica ad avere un contratto con delle reperibilità notturne per emergenze straordinarie. Mi fido di quella donna quanto di mia madre», le spiegò con un sospiro. «Le dirò di venire subito e tenere d'occhio Lidia e Diego finché non faremo ritorno. E per quanto riguarda la confusione, beh, porgerò le mie scuse a Miriam e cercherò di farla ragionare. Mio Dio, inizio a pensare che tra qualche anno si ammutineranno contro di noi, se Diego non si darà una calmata... Comunque sei stata davvero premurosa a chiamarmi, Nadia.»

«Era un dovere.»

La donna la ringraziò ancora e la salutò, ricordandole ancora una volta di filare subito dritta a casa e di non preoccuparsi per la bambina. Nadia annuì e le augurò buonanotte, per poi chiudere la conversazione.

«Stronza», sibilò Diego. «Fottuta stronza.»

Lei lo ignorò e si voltò verso Mattia. «Tra poco arriverà una domestica per la notte, quindi possiamo andare.»

«Le hai detto tutto, eh? Adesso sarai contenta» continuò Diego, snocciolando parole con lentezza.

«Ho dovuto farlo, okay?» Nadia si voltò verso di lui, infuriata. «Se tu non ti fossi ubriacato come un idiota, niente di tutto questo sarebbe successo. Quindi prenditi le tue responsabilità, sempre che tu sappia il significato di questa parola.»

«Mio padre mi farà il culo...» Lui si portò le mani sul volto e le strusciò sulla pelle, a tratti livida e gonfia.

«Dovrebbe farlo seriamente», convenne Mattia. «Anzi, se gli servirà una mano digli che potrà contare su di me.»

«Eloise sarà discreta e cercherà di coprirti», replicò Nadia, fissando Diego con uno sguardo serio. «Non vuole altre complicazioni, quindi cerca di rimetterti in sesto per domani, altrimenti passerà dei guai anche lei.»

Lui mugolò parole di protesta e si sdraiò di fianco sul divano, dando le spalle ai due ragazzi.

«Adesso andiamo. Ho davvero bisogno di farmi una doccia calda e di dormire. Dio, se voglio dormire! Voglio gettarmi sul letto e riaprire gli occhi tra minimo due giorni!»

«Ti porto a casa, allora.» Mattia la spinse fuori dalla stanza e lanciò un'ultima occhiata torva a Diego, addormentato sul divano, prima di chiudere la porta del salone.

Quando furono fuori dall'abitazione, Nadia tirò un lungo sospiro di stanchezza e di sollievo. Quella serata era stata infinita e le conseguenze le pesavano addosso come un macigno legato alle spalle.

Mattia raggiunse la macchina in silenzio e con uno sguardo cupo, a tratti illeggibile. Passò accanto al box di rimessa delle auto e si fermò di scatto quando vide la moto di Diego parcheggiata sotto alla tettoia di legno. Senza pensarci due volte, la raggiunse con quattro falcate.

Nadia sbarrò gli occhi e scosse la testa, correndogli incontro. «Oh, no, Mattia!» provò a gridargli da dietro, sventolando la mano per aria come una forsennata. «Non farlo!»

Ma Mattia lo fece. Spinse la moto con le braccia, fino a farla cadere sulla fiancata destra. La carrozzeria produsse uno tonfo rumoroso, e un pezzo sferico di metallo si staccò, rotolando a terra e arrivando fino all'innesto del prato all'inglese.

«Questo è per quello che ti ha fatto», mormorò a denti stretti, con un sorriso sulle labbra. «Da adesso in poi funzionerà così: se lui fa del male alle persone a cui tengo, io demolirò quel poco che gli interessa nella vita.»

«Mattia, quelli saranno migliaia di euro di danni!» strepitò Nadia, indicando la moto sdraiata a terra.

«Non è un mio problema.» Lui si strinse nelle spalle e si avvicinò alla ragazza. «Adesso andiamo, prima che decida di distruggergli anche tutte le aiuole.»

Nadia scosse la testa, fece per raggiungere lo sportello dell'auto dalla parte del passeggero, quando Mattia l'afferrò piano per il polso, attirandola a sé. Le scansò con un dito un capello biondo, incastrato tra le ciglia dell'occhio e le poggiò una mano dietro la nuca.

«Mi dispiace di essere stato brusco, prima. Non volevo fare allusioni strane su te e Diego, lo sai, vero?» le mormorò a bassa voce, come se fosse una confessione vergognosa da fare. «Ero solo infuriato dall'idea che quel bacio ti avesse... non so, suscitato qualcosa. Quell'idiota ha sempre avuto il maledetto potere di rovinare tutto al solo schiocco delle dita, e per un attimo ho temuto che riuscisse a portarti via da me.»

Nadia trattenne un sorriso e gli fermò la mano sulla sua guancia, poggiandoci il palmo sopra. «Mattia, non può portarsi via qualcuno che non è mai stato suo. Qualsiasi cosa ci sia stata tra me e lui, è successa per errore. Diego non prova niente per me e io sono innamorata di un'altra persona. Non avrei mai permesso a un bacio estorto di rovinare quello che c'è tra noi.» Si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio meditato sulle labbra. «Io amo te. Questo non potrà mai rovinarlo nessuno.»

Mattia sorrise e l'abbracciò, scuotendo la testa. «Doveva solo provarci, a portarti via da me...» rifletté, divertito. «Sali in macchina, su. Ti porto a casa.»


Angolo dell'autrice.

Scusate l'assenza in entrambe le storie, ragazze, ma ho avuto un piccolo incidente al dito e sono costretta a portare la stecca per non so quanti giorni ancora. E visto che scrivere così è davvero complicato, ci metterò più del previsto :/

Questo capitolo è dedicato interamente al triangolo che si è venuto a creare nel corso dei due libri tra Nadia, Diego e Mattia. Per molto tempo vi ho fatto credere che potesse esserci qualcosa di profondo nel legame tra ognuno di loro, e, credo che in questo capitolo abbia chiarito parecchi interrogativi. Le Nattia saranno felici, a questo punto, ma attente a non gioire troppo!

Per quanto riguarda Diego e tutte le sue seguaci... state tranquille. Non lo abbandonerò alla deriva. E' un personaggio troppo importante, e tutta la sua frustrazione avrà fine. Un giorno. Forse. 

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