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Capitolo 4.


Mattia uscì dall'aula magna con il notebook sottobraccio e due tomi di scienze delle finanze nell'altra mano. Per essere appena cominciata, quella mattina sembrava pesare quanto un'intera settimana di corsi.

Il secondo semestre era appena stato inaugurato, alla L.U.S.I. Alla cerimonia di apertura, nell'aula delle conferenze, erano presenti tutti gli studenti iscritti a ogni facoltà del campus, per un totale di migliaia di persone. Il rettore aveva parlato per tre ore senza fermarsi mai, elencando uno per uno i magnifici aspetti dello studiare in un'università di tale spessore, con le tecnologie più all'avanguardia e i docenti più preparati; li aveva spronati a fare del loro meglio, per raggiungere gli obiettivi più alti.

Quasi tutti gli studenti erano stati attenti, mentre guardavano con riluttanza le diapositive proiettate su un ampio schermo. Ma lui no. Si era seduto a metà stanza, un enorme anfiteatro ad altezza crescente. Lì sarebbe stato alla larga da occhi indiscreti di professori e assistenti, godendo di qualche ora di relax. Neanche i suoi amici erano riusciti a trovarlo, tra la folla. A inizio assemblea li aveva inquadrati, tutti seduti nella parte bassa a sinistra, vicino all'uscita. Si era nascosto alla bell'e meglio dietro la capigliatura spumeggiante di una ragazza davanti a lui, con ottimi risultati. Per il resto della mattinata non aveva fatto altro che sfogliare i libri che aveva acquistato nella libreria del Campus, in attesa che quella noiosa agonia finisse. Preferiva diecimila volte frequentare le lezioni. Almeno, lì, qualcosa di interessante da ascoltare c'era.

Quando il corridoio centrale si diradò di gente, Mattia si avviò con passi decisi verso l'uscita principale, già con le chiavi della macchina in mano. Appena svoltò l'angolo, si bloccò a mezza strada, indispettito: accanto alla porta, poggiata allo stipite con molta nonchalance, c'era Anita. E dalle occhiate che stava lanciando al suo orologio satinato, sembrava proprio che lo stesse aspettando con impazienza.

Mattia sospirò e riprese la marcia verso la sua destinazione, stavolta più lentamente.

Quando Anita lo vide, corse ad abbracciarlo, stendendo le braccia intorno al suo collo.

Il ragazzo ricambiò la stretta senza manifestare alcuna emozione. «Ehi», la salutò, allontanandola da sé. In quella posizione, tutti i ragazzi che passavano nel corridoio faticavano a non posarle gli occhi addosso, soprattutto quando veniva a lezione con vestiti appariscenti o gonne che lasciavano poco all'immaginazione. Non che gli desse fastidio, ma gli scocciava dover far finta che fosse così.

«Ma dove ti eri cacciato?» gli domandò. «Ti abbiamo cercato per tutta l'aula magna!»

«Ho perso tempo all'ingresso del campus, dopo che siete andati via. Mi era sembrato di aver visto un volto familiare, ma credo di essermi sbagliato. Il sonno fa brutti scherzi», spiegò lui, con una scrollata di spalle. In realtà, quella non era una bugia. Prima che cominciasse l'assemblea, proprio fuori dai cancelli dell'università, aveva adocchiato una macchina sgangherata parcheggiata di fronte, con dentro delle persone. Non aveva idea di chi fossero, ma gli era sembrato strano che qualcuno degli studenti avesse un'automobile così messa male.

«Spero non fosse una ragazza», lo fulminò Anita, assottigliando lo sguardo.

«Nessuna di mia conoscenza, puoi stare tranquilla.»

«Bene. Perché odio dover controllare ogni singola ragazza che crede di poter guardarti per più di un secondo in faccia, o in qualsiasi altra parte del tuo corpo.»

Mattia guardò in Anita in modo scettico. «Da quando in qua, tu temi la concorrenza?»

«Io non la... temo. È solo che mi dispiacerebbe vederle scappare via in lacrime, calpestate dalla mia netta superiorità.»

«Sempre modesta.»

«Sempre realista», lo corresse lei, sorridendo. Tirò fuori dalla borsetta uno specchietto rotondo e si controllò che il rossetto fosse ancora intatto e impeccabile. «Insomma, stamattina sei rimasto indietro, all'assemblea ci hai dato buca... almeno a pranzo starai con me?»

Mattia nascose una smorfia dolorante. Pranzare con Anita era sempre stressante, soprattutto quando iniziava a parlare di argomenti di alta irritabilità. «In realtà volevo passare in segreteria per prendere gli orari delle lezioni.»

«Non esiste.» La ragazza chiuse lo specchietto con una botta secca e lo ripose nell borsa. «Ci passerai dopo. Ora pretendo di passare un po' di tempo con il mio ragazzo, visto che è sempre così... sfuggente. Me lo consenti?»

Mattia sospirò e strizzò gli occhi, preannunciando un'altra ora di agonia di fronte a sé. «D'accordo. Ma solo per pranzo. Ho intenzione di tornare a casa e sbrigare alcune faccende per un progetto, dopo.»

Anita sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra. «Ti adoro!»

«Già, credo che sia proprio questo il problema...», sussurrò a bassa voce lui.

Per quanto odiasse ammetterlo, da un anno a quella parte Anita era cambiata molto. La sua isteria si era placata a livelli quasi tollerabili, mentre la voglia di primeggiare su tutti... be', quella sarebbe rimasta così per sempre. Da diversi mesi erano diventati una coppia di fatto, una delle più chiacchierate del campus. Ma nonostante ciò, la relazione con Anita gli era abbastanza indifferente, nonostante avesse sempre cercato di mostrarsi entusiasta e felice in pubblico. Certo, stava con una ragazza importante e ambita, e di questo non poteva lamentarsi. Inoltre si era impegnata fino allo stremo, due anni prima, per farlo uscire dall'apatia in cui era caduto, da quando lei se n'era andata da Roma. Almeno questo glielo doveva. Aveva posato l'ascia di guerra, con cui era rimasta per tutto il periodo del liceo, e aveva iniziato ad ascoltare i suoi problemi, spronandolo a uscire e a ricominciare a vivere, dicendogli che non valeva la pena star male per una persona come quella, convincendolo che non lei non lo avrebbe abbandonato mai. Lo aveva conquistato per sfinimento, insomma. E quando la notizia del loro fidanzamento si era diffusa, arrivando fino alle orecchie dei rispettivi genitori, ne erano rimasti tutti più che meravigliati ed eccitati.

Ma lui no. Perché da quando lei se n'era andata, aveva smesso di provare sentimenti di qualsiasi tipo per le persone. Non sentiva più niente. E questo non gli dispiaceva affatto. Aveva trascorso il primo anno ricoprendosi di emozioni negative: rabbia, dolore, tristezza, frustrazione. Si era addossato le più disparate colpe per quello che era successo, al punto da non poterne proprio più, da voler resettare tutto.

Lei se n'era andata perché era stata una vigliacca. Era fuggita di fronte ai problemi, perché era troppo debole per affrontarli. Aveva addossato a lui le colpe di qualcosa che in realtà non era stata in grado di sopportare.

Avevano ragione sua madre, Anita e tutti gli altri amici: con Nadia aveva perso solo tempo. Non erano fatti per stare insieme. Anche se lei gli era sembrata la cosa più simile alla felicità che avesse mai conosciuto prima di quel momento, completarsi a vicenda li aveva resi malsani, sbagliati. Nonostante gli fosse sembrata una persona buona, fuggendo dalla sua vita come una ladra gli aveva tirato fuori i peggiori sentimenti.

La odiava.

«Spero che abbia ascoltato almeno metà di quanto ti ho detto finora», sibilò Anita, mentre prendevano posto al loro tavolo, nel solito angolo della mensa.

«Scusa, mi ero distratto con il menù», improvvisò lui, afferrando il foglietto plastificato di fronte a sé. «Lasagne al ragù o risotto alla pescatora?»

«Insalata e crostini di pane» rispose lei, senza leggere il piatto del giorno. «Preferisco mantenermi leggera per il rinfresco di stasera.»

«Quale rinfresco?»

Anita alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Per l'inaugurazione del nuovo punto vendita delle nostre società, Mattia. Santo cielo, a volte mi chiedo proprio dove tu sia con la testa.»

Giusto, il rinfresco. Da quando le società dei loro genitori si erano finalmente unite, gli affari andavano alla grande. Con un solo anno, avevano aperto più di due nuovi alberghi nella città e nei dintorni. «L'università mi stanca», si scusò, schiarendosi la voce. «Vado a prendere da mangiare.»

«Oh, no, resta», lo bloccò lei. «Ci sta pensando lei.» Indicò una ragazza con gli occhiali e il viso magro, che stava sfrecciando verso di loro con due vassoi enormi. Quando li raggiunse, aveva il fiatone.

«Il vostro pranzo.»

«Grazie, Melania. Sei un tesoro.» Sorrise lei, liquidandola con un rapido gesto della mano.

«Veramente mi chiamo Melissa...»

«Oh, hai ragione.» Anita finse un'espressione pentita e afferrò un foglio bianco nella sua borsa. «Dimenticavo... Questi sono i miei orari delle lezioni. Puoi passare in segreteria per spostare la lezione di Economia nello stesso canale del mio ragazzo? Te ne sarei grata.»

La ragazzina annuì pazientemente.

Il sorriso di Anita si estese. «Stai facendo un ottimo periodo di prova, cara. Se continuerai così, l'accesso alle feste riservate della L.U.S.I. sarà tuo.»

Melissa ringraziò la ragazza di fronte a sé con entusiasmo e si defilò, raggiungendo il tavolo delle sue amiche con saltelli poco aggraziati.

«Vuoi spiegarmi a cosa ho appena assistito?» Mattia incrociò le braccia al petto e inarcò il sopracciglio, beffardo.

«Oh, lei è mia aiutante. Sai, tra corsi da seguire, esami da preparare, cene a cui partecipare, e gli impegni nel comitato degli studenti, mi sono presa la briga di cercarmi qualcuno che mi alleggerisse il peso.»

«Anche quello del vassoio

«Ma l'hai vista? Poverina, sta facendo di tutto per entrare nel nostro giro. Mi pulirebbe anche le scarpe, se glielo chiedessi!» L'occhiata fulminante di Mattia fu eloquente. «Non che sia intenzionata a farlo, è chiaro. Al massimo quando fuori piove.»

«Non posso crederci. Hai assunto una... tirapiedi

«Oh, andiamo, Mattia. È stata Melania a chiedermelo. Era disposta a tutto, pur di entrare nel nostro giro.»

«Melissa», la corresse lui, spiluccando nel piatto. «E, per curiosità, ci entrerà mai?»

«Ah, mon dieu, no! A certi privilegi devi essere portato. E lei non lo sarà mai.»

Mattia scosse la testa e lasciò cadere l'argomento. Sperare che Anita diventasse umana, era come alzarsi un giorno e vederla fare una raccolta fondi per i senzatetto. Praticamente impossibile. Fortunatamente non gli dava fastidio la sua insensibilità, da quando anche lui aveva spento quel briciolo di sentimenti che aveva. Anzi, aveva constatato che agire come un robot fosse decisamente più semplice.

Per essere efficienti, bisognava essere freddi. Per essere freddi, i sentimenti non servivano. L'umanità rendeva solo deboli. I sentimenti erano una debolezza. Spegnendoli, si diventava indistruttibili.

Per questo, tra lui e Anita le cose andavano bene. Nessuno dei due pensava con il cuore: lei non l'aveva mai fatto, lui aveva smesso di farlo da qualche anno. E andava tutto meravigliosamente.

«Insomma, cosa volevi dirmi?», le domandò, dopo l'ennesima forchettata di lasagne.

«Sei il primo a cui lo rivelo, Mattia. Ma già da domani, voglio che la notizia si diffonda in tutto il social della L.U.S.I» Anita spostò il vassoio nella metà del tavolo vuoto e si spinse con i gomiti in avanti. «La mia richiesta di organizzare la festa di primavera nella sala dei ricevimenti è stata accettata. Dobbiamo solo fare gli inviti e preoccuparci della musica. È ora che questo campus torni ad avere un po' di vitalità, oltre alle solite e noiose lezioni.»

«Ora che sei stata eletta presidentessa del collegio studentesco hai intenzione di trasformare la L.U.S.I. in un'università piena di feste e manifestazioni sportive?»

«Guarda che sto pensando anche alla vostra squadra di calcio.»

«Non c'è bisogno, Anita. C'è già abbastanza affluenza, durante le partite della nostra squadra. E poi giochiamo in modo ricreativo, nulla di spettacolare.»

«Quindi mascotte a forma di aquila?»

Mattia alzò gli occhi al cielo e sospirò, prima di alzarsi dal tavolo. «Credo che sia proprio arrivato il momento di andare. Inizi a delirare.»

Anche la ragazza si alzò, diretta verso l'uscita. «Mi passi a prendere prima di cena?»

«Alle sette in punto.»

«Ah, tesoro... Metti un completo blu, per il rinfresco. Voglio che siamo intonati, e che la gente pensi che sia frutto di una casualità dettata dalla nostra affinità di coppia. Ora vado, a dopo.» Gli schioccò un altro bacio in bocca, attirandolo a sé di fronte a tutta la mensa, poi lasciò l'occhio di bue al centro del suo palcoscenico.

Era incredibile come non potesse fare a meno di trovarsi sotto i riflettori ogniqualvolta ne avesse la possibilità, rifletté Mattia mentre indossava la giacca di pelle. E quando uscì, sentì le occhiate di almeno la metà dei commensali gravare su di lui. 

Angolo dell'autrice.

Ecco finalmente il nuovo capitolo (e scusate il ritardo). Stavo pensando di aggiungere a fine capitolo dei piccoli trafiletti in cui aprire delle discussioni sulla storia e interagire di più con voi... anche per avere un riscontro e per sapere cosa ne pensate del lavoro!

Quindi, finalmente è arrivato il capitolo dal punto di vista di Mattia. E sicuramente, da come l'abbiamo lasciato due anni prima, è cambiato un tantino, soprattutto per quel che riguarda la sua relazione con Anita. Ve lo aspettavate o questa news vi ha lasciato sconvolti? 

Fatemi sapere le vostre reazioni e quello che pensate possa succedere più in là! (p.s., prossimo aggiornamento, prossima settimana).  

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