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Capitolo 29.


«Anita, per l'amor del cielo, potresti mostrarti più ragionevole?» sbottò Mattia, sollevando le braccia per aria. Si trovava da più di mezzora in piedi di fronte al muretto della facoltà di economia, in attesa dell'inizio delle lezioni. Davanti a lui c'era Anita, intenta a ignorarlo e a guardarsi le unghie con sufficienza. Quella mattina indossava un paio di occhiali da sole scuri, per cui il suo sguardo era piuttosto elusivo.

«Ti ho già dato la mia risposta almeno un quarto d'ora fa», replicò cantilenante lei, «ed è sempre la stessa di adesso: no.»

Il ragazzo sospirò e poggiò i palmi delle mani sul muretto, portandosi esattamente di fronte ad Anita. «Perché? Non ti ho chiesto di lanciarti da un aereo senza un paracadute! Ho solo bisogno della tua complicità.»

Anita smise di guardarsi le unghie e sollevò gli occhiali da sole sulla testa, incastrandoli alla perfezione nella chioma bionda. Il tutto mentre roteava gli occhi, fingendo un'occhiata annoiata. In realtà stava prendendo quella conversazione molto più seriamente di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. «Non mi metterò nei guai con i tuoi genitori e con mia madre, solo per coprire i tuoi inganni da quattro soldi, Mattia. È fuori discussione. Per di più se stiamo parlando di Nadia Savini.» Corrucciò le sopracciglia, contrariata. «Mi avevi promesso che l'avresti dimenticata, ma da come ti stai comportando dubito che tu sia stato sincero.»

«E tu mi avevi promesso che l'avremmo tenuta fuori da altri eventuali tiri mancini di mia madre», ribatté a tono lui, senza alzare troppo la voce. Non voleva rendere partecipi gli altri studenti della L.U.S.I dei loro problemi fuori dal comune. «Non dobbiamo stare al loro gioco, questa volta.»

«Prima o poi tua madre lo verrebbe a sapere, le voci correrebbero velocemente e la nostra storia diventerebbe lo zimbello di tutto il circondario dei Parioli. Io diventerei lo zimbello di tutti. Per non parlare poi delle ripercussioni che avrebbe questa faccenda sulle nostre società... No, niente da fare, Mattia, io me ne tiro fuori.»

«Ti ricordi quel giorno in cui hai detto di volerti ribellare ai tuoi genitori e prendere in mano le redini della tua vita?» tentò ancora Mattia, sperando di far leva sulle debolezze della ragazza. «Se mi darai ascolto ti prometto che ci riusciremo. Non sprechiamo questa occasione.»

«Mi stai chiedendo di coprirti di fronte a Cornelia, di mentirle sul tuo rapporto con Nadia. In altre parole, mi stai invitando a mettermi in ridicolo da sola. Pensi che sia così sciocca?»

«Voglio solo tenerla fuori dall'uragano Cornelia. Per il resto, può fare quello che vuole. Non ho intenzione di avvicinarmi a lei più del dovuto.»

La risata di Anita proruppe squillante. «E dovrei crederci? Non sei mai riuscito a stare lontano da Nadia, nemmeno sotto grandi giuramenti e promesse. Hai sempre trovato il modo per raggirare me, tua madre e persino i tuoi stessi amici. Quando c'è di mezzo lei, le tue parole se le porta via il vento.»

Mattia sospirò e rimase in silenzio a riflettere. Anita stava puntando i piedi, in modo da demarcare bene la sua posizione di tolleranza zero nei confronti di Nadia. Anche se era sicuro al cento per cento che fosse stufa di questo clima di terrore che avevano innalzato i loro genitori, la paura di subire le conseguenze di una possibile ribellione superavano ogni altro suo pensiero. E questo, per lui, sarebbe potuto diventare un problema. Se non avesse trovato il modo di convincere Anita a gettarsi dalla sua parte, le loro madri si sarebbero coalizzate in una fazione letale. E tutto a discapito di Nadia.

Non poteva permetterselo.

«D'accordo», sbottò allora con frustrazione, «tu cosa proponi di fare?»

Lei sorrise e guardò l'orologio. «Tra poco andare a lezione. Poi, fammi pensare... credo che farò un salto al Corso per un po' shopping terapeutico. E stasera-»

«Anita, sto parlando sul serio. Smettila di fingere che questa storia non ti interessi.»

«Ma a me non interessa! Davvero, Mattia, ho problemi più seri a cui pensare di una principessa che deve essere salvata a tutti i costi dal quel mostro chiamato realtà

«Guardami un attimo.» Mattia attirò la sua attenzione, in un ultimo, speranzoso tentativo. «Quante volte ti sei lamentata di volere più libertà, nella tua vita? Quante volte sei corsa da me in lacrime, perché i tuoi genitori ti avevano vietato di fare quello che più volevi? Ti conosco da quando eri una bambina, e non ti ho mai vista davvero felice. Quando smetterai di vivere una vita che non è davvero come vuoi tu?»

Anita strinse gli occhi, ferita, e si lasciò sfuggire un gemito sottovoce. «Perché mi stai facendo questo? Abbiamo una vita così semplice, se solo prendessimo le cose così come vengono! Perché dobbiamo complicare tutto?»

«Lo sai anche te che potresti essere migliore di così, se solo lasciassi perdere per una volta i dettami dei tuoi genitori. Sicuramente potresti conoscere qualcuno che sia interessato alla vera Anita, quella che tieni nascosta a tutti.»

«La vera Anita non vale un centesimo, Mattia. Per questo è imprigionata chissà dove», replicò aspramente lei, con un velo di amarezza un po' troppo accentuata sulle ultime parole. «La vera Anita sarebbe una sfigata, senza amici, potere e popolarità. Sarebbe una studentessa qualunque.»

«E ti dispiacerebbe essere una qualunque per una volta?»

Anita sussultò e rimase in silenzio.

«Vedi qual è il problema? Stai ragionando con la testa di tua madre, e non con la tua. Finché sarà così, non andremo da nessuna parte.» Mattia esalò un respiro pesante e si scansò dalla ragazza. «Questo discorso è stato inutile. Dimentica quello che ti ho chiesto, Anita. È evidente che tu non si pronta a certe scelte.»

La voce di Anita tentennò. «Io... non voglio mettermi nei guai.»

«Avrai un'esistenza infelice fin quando lascerai che gli altri decidano al posto tuo. Notizia flash: viviamo solo una volta. Non ti conviene sprecarla solo per essere un burattino di qualcuno.»

Anita strizzò le palpebre in un'espressione combattuta, trattenendo Mattia per un braccio. «Aspetta, non andare. Cosa vuoi che faccia per aiutarti?» domandò a bassa voce, come se si vergognasse.

Mattia restò con il fiato sospeso e aprì la bocca, per poi richiuderla l'attimo dopo. Si era quasi aspettato di dover controbattere all'ennesimo tentativo di testardaggine di Anita. E invece... era riuscito a far leva nel suo punto più scoperto: la minaccia di restare sola.

«Hai cambiato idea? E cosa ti ha spinta a rivoluzionare il tuo modo di pensare?»

Anita roteò gli occhi e giocò con gli anelli sulle dita, per allentare la tensione. «Dimmi cosa vuoi che faccia, e io... ecco, ci proverò. Nei limiti del possibile, ovviamente.»

Mattia sorrise. «Voglio solo che tu mantenga il silenzio su Nadia con i nostri genitori. Anche se lei frequenta il campus, per loro dovrà essere come se non fosse mai tornata a Roma. Pensi di poterlo fare?»

Anita arricciò le labbra e annuì lentamente, metabolizzando gli ordini di Mattia.

«È una promessa, Anita.» Lui le strinse, a sugellare il patto di omertà.

«Se mai dovessero scoprirci, sappi che ti trascinerò a fondo con me, Mattia.»

«Se mai dovessero scoprirci, mi prenderò completamente la colpa. Puoi fidarti di me.»

Anita lasciò cadere la mano e portò la borsa sulla spalla, stringendola per il manico in pelle. «Adesso vado a lezione. Le altre mi hanno tenuto un posto. Ci vediamo in aula.» Gli sorrise e fece per andarsene.

«Aspetta un attimo...» Mattia la raggiunse qualche passo più in là e la bloccò. Con la mano le scansò una ciocca di capelli dal volto, poi le lasciò un bacio sulle labbra, quasi all'angolo della bocca. «Grazie.»

Anita sorrise e arrossì quel poco che bastava a farla sembrare più umana di quello che dava a vedere di solito, poi lo salutò con la mano e se ne andò, con milioni di pensieri e domande che le frullavano nella testa. Quando entrò nella facoltà di Economia, il cellulare le iniziò a squillare nella borsa.

«Dannazione, un attimo!» brontolò, mentre apriva la cerniera della borsa e tastava l'interno alla rierca del telefono. Quando riuscì a trovarlo, lo prese in mano e fissò il touch screen illuminato. Per un momento il cuore smise di pomparle il sangue nelle vene: la madre di Mattia la stava chiamando.

Anita si mordicchiò l'interno delle guance, indecisa se risponderle o no. Avrebbe tanto voluto non farlo, ma sapeva quanto Cornelia potesse essere petulante. Alcune donne non sapevano proprio accettare un rifiuto... Nemmeno quello di una chiamata. Deglutì nervosamente e trascinò il dito sul tastino verde.

«Ciao, Cornelia. Adesso sono impegnata, ho una lezione che comincia a breve... Possiamo sentirci dopo?» tentò subito, sperando di rimandare la telefonata a un'ora lontana. Non aveva idea del motivo per cui l'avesse chiamata, ma di una cosa era certa: non era minimamente interessata a scoprirlo.

«Ecco, cara, a dire la verità sono piuttosto preoccupata per mio figlio, e visto che mi fido ciecamente di te, ho pensato di chiedere il tuo aiuto. So quanto siete attaccati l'uno all'altro, e senza dubbio potrai aiutarmi», le spiegò, senza dare cenno di voler tagliar corto quella conversazione. «Non so se Mattia te ne ha già parlato, ma in questi giorni stiamo un po' sul piede di guerra per via del ritorno di quella vecchia compagna del Machiavelli. Ne sei a conoscenza?»

Anita sentì la pelle congelarsi. «A grandi linee.»

«Quello che io ed Emma temiamo, tesoro, è che Mattia... come posso dire, perda la retta via. Quella ragazzina ha sempre avuto un certo influsso negativo su di lui, e noi non vorremmo che tenti ancora una volta di cambiarlo. Ci andrebbero di mezzo tutti, capisci? Noi, voi, le nostre società...»

«Signora Silvestre, io capisco la sua preoccupazione, ma, davvero, non credo che ci sia bisogno di-»

«Lasciami parlare, Anita», la interruppe bruscamente Cornelia. «Nadia Savini frequenta la L.U.S.I, seppure non mi capaciti di come l'abbiano potuta ammettere in un'università così prestigiosa. Questo vuol dire che si troverà spesso in mezzo ai piedi, e posso già scommettere che diventerà la distrazione principale di mio figlio. Tutto ciò, ovviamente, è inammissibile. Mattia mi ha assicurato che si sarebbe tenuto alla larga da lei, e credimi, Anita, non è per cattiveria, ma ha già tradito così tante volte la mia fiducia, al punto di perdere la credibilità... Non voglio farmi prendere in giro da mio figlio, e non voglio neppure che lui prenda in giro te. Per questo, ho bisogno del tuo aiuto.»

Anita accusò il colpo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma non pensava che l'avrebbe fatto così presto. «Cosa... cosa vuole che faccia?»

«Passarmi informazioni. Tutte quelle che hai, dal primo momento in cui Nadia Savini ha messo piede al campus.»

La ragazza sospirò e si passò la mano libera sul volto, fino a coprirsi gli occhi. «Signora Silvestre, sto tutto il giorno assieme a suo figlio, e posso assicurarle che non ha mai posato gli occhi su Nadia Savini. Me ne accorgerei, altrimenti», mentì. Nel suo piccolo, sperò che quella frase avesse potuto essere davvero sincera.

«Oh, non essere ingenua. Ti stupiresti se sapessi quanto è diventato furbo Mattia ultimamente. Forse può farla a te, ma io ho molta più esperienza di lui in questi giochini di ruolo. Controllalo e te ne renderai conto.» Cornelia rise a bassa voce, e in quella risata non ci fu nulla di tranquillizzante. «Se lo farai, ne trarrai qualsiasi beneficio tu voglia e sarai costantemente sotto la mia protezione, più di quanto tu non lo sia già. Ma, mentimi, e ti farò rimpiangere di aver stretto un patto con me», disse infine, con un tono così glaciale da poter congelare all'istante l'Africa intera.

Se Anita non si fosse appoggiata con la schiena al muro, dopo quella frase avrebbero perso il contatto dei piedi con il pavimento. Rimase zitta, a riflettere selle parole pronunciate da Cornelia, con il cuore che le martellava nel petto.

"Quando smetterai di vivere una vita che non è davvero come vuoi tu?", le ricordò la voce di Mattia, fluttuando tra i suoi pensieri contrastanti.

"Mentimi, e ti farò rimpiangere di aver stretto un patto con me", si aggiunse anche la voce di Cornelia, tagliente e minacciosa.

"È una promessa, Anita", aggiunse Mattia, con lo stesso tono serio e carico di aspettative che aveva usato nella realtà.

Le voci si mescolarono tra loro, in un trambusto assordante, che trasformò i suoi pensieri in una matassa ingarbugliata di parole disconnesse tra loro. Scosse la testa, e lasciò che la calma tornasse ad albergare nella sua mente.

«Sì, lo prometto...» mormorò alla fine con un filo di voce, fissando un punto indefinito del pavimento di linoleum.

E, in quel momento, Anita non seppe se quella risposta fosse rivolta a Cornelia, o a suo figlio. 

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