Capitolo 23.
Mattia rimase fermo a fissarla da qualche metro di distanza, avvolto nella penombra della luna.
Dopo averla cercata in lungo e in largo nel Club, finalmente era riuscito a trovarla. E dove, se non nel posto che più le si addiceva? Era ovvio che stesse in giardino, al riparo dagli sguardi indiscreti e lontana dalla troppa confusione. Ci sarebbe dovuto arrivare molto prima. Era così scontato.
Il perché si trovasse lì era un altro conto. Se avesse dovuto rispondere seriamente a quella domanda, probabilmente avrebbe anche dovuto spiegare come mai si fosse intromesso negli affari di Nadia, o perché avesse insistito a far servire quel cocktail strizza-budella al suo amichetto così puritano.
Comunque aveva raggiunto l'obiettivo, seppure in maniera poco nobile. Nadia si trovava da sola e il ragazzo aveva lasciato la festa, proprio come si sarebbe aspettato da un tipo come lui.
Effettivamente si era comportato da bastardo, ma del lato morale della faccenda non gli importava granché. Quello che contava era che lui se ne fosse andato via.
Nadia si voltò a rallentatore verso Mattia e strinse le mani sulla pietra. «Vattene», gli ordinò con tono gelido.
«Perché dovrei? Questa è anche un po' casa mia.» Mattia scrollò le spalle e sorrise, senza avanzare di un millimetro. «Tu, piuttosto, cosa ci fai qui, da sola?»
«Non ho intenzione di parlare con te. Ricordi quando mi hai detto di starti lontana? Ecco, lo sto facendo.»
«Sbaglio o qualcuno qui sta tirando fuori gli artigli?»
Nadia a quel punto scattò in piedi e gli puntò il dito contro. «Va' via!»
«Devo ammettere che non mi sarei aspettato di trovarti qui stasera», continuò però il ragazzo, senza abbassare lo sguardo. «Pensavo che dopo l'ultima esperienza avresti preferito startene a casa. E invece guarda un po', ti ho trovata proprio al Club, in compagnia di quello sfigato.»
«Non chiamarlo così.»
«Hai ragione», sorrise Mattia. «In compagnia di quell'illuso.»
Nadia schiuse le labbra, senza parole.
«Andiamo, so che lo pensi anche tu. Dalle mie parti una persona infelice e senza vita sociale che corre dietro a una ragazza molto più carina di lui, è definita proprio in questo modo.»
«Non permetterti di giudicarlo, Mattia.» Nadia avanzò di un passo, furiosa. «Non dovresti neppure aprire bocca, tu! Se adesso mi trovo in questa situazione, la colpa è solo tua.»
«Sì, può essere.»
«Se non gli avessi fatto bere quella porcheria adesso Leonardo starebbe ancora qui!»
«Questo è vero, ma non gli ho detto io di andarsene. Quella è stata una sua decisione, che tra l'altro non approvo granché.»
«Adesso non fare quello che si permette di puntare il dito contro gli altri. Eri perfettamente consapevole delle conseguenze del tuo gesto. Sapevi che lui non era il tipo da feste, e che non avrebbe retto quel drink.»
«Ovviamente», annuì lui, soddisfatto. Provocarla era così divertente.
«Sei un idiota.»
«Così mi ferisci, Nadia.» Mattia finse una smorfia addolorata. «Spero che riusciremo a tornare amici come un tempo.»
«Io voglio solo che te ne vada immediatamente da qui.» Con il dito Nadia gli fece cenno di andarsene, indicando la facciata illuminata della casa. «Perché non torni dai tuoi amici o dalla tua ragazza? Hai già provveduto a rovinarmi la serata, quindi non vedo il motivo per cui tu debba trattenerti oltre.»
Mattia sollevò le spalle. «Anita non c'è, stasera», ribatté, «ed ero piuttosto annoiato.»
«Perciò ti sei sentito in dovere di intrometterti nei miei affari?»
«Probabilmente è così. Sei un ottimo diversivo per la noia.»
«Be', io non ho intenzione di stare al tuo gioco. Se non te ne vai, allora me ne andrò io.»
«Dimmi prima una cosa.» Mattia s'interpose tra i gradini per non farla passare. «Cosa ci trovi in quel damerino?»
Nadia si bloccò con il respiro a metà, sia a causa della domanda ostica, sia per l'aumentata vicinanza con il ragazzo. Rimase in silenzio a fissarlo.
«Lo trovi carino?» continuò allora lui. «Ma chi vogliamo prendere in giro? Potresti ambire a molto di più. Forse lo trovi intelligente? O è solo pena, la tua? Rivedi in lui quello che eri e pensi di poterlo salvare?»
«Non sai di cosa parli.»
«Oh, lo so eccome, invece. Ho visto con i miei occhi che quel povero illuso ha un debole per te. Ma io, a differenza sua, so capire i segnali che gli mandi. Ci metterà un po' a rendersi conto che non è corrisposto.»
Nadia prese il coraggio di ribattere e puntò lo sguardo freddo dritto nel suo. «Wow, complimenti. Devo dire che hai sviluppato delle ottime doti da psicanalista, in questi anni. Ma adesso dimmi cosa ti interessa della mia vita privata, Mattia.»
«Non è abbastanza evidente?» lui sospirò e scosse la testa.
«Dovrebbe esserlo?» Per un attimo la voce di Nadia tentennò, mostrando un accenno d'insicurezza.
«Davvero pensavi di tornare a Roma in punta di piedi? Credevi sul serio che ti avrei lasciata in pace a lungo?» rispose Mattia, sostenendo lo sguardo. «Come potrei farlo, se ti vedo e ancora mi passano davanti agli occhi le immagini della tua casa vuota, sprangata? Dimmi come potrei, Nadia, se ogni volta che ti incontro, sento ancora quel maledetto bruciore al petto che tu mi hai causato?» ringhiò.
Nadia sussultò e fece un passo indietro. Non seppe se prendere come un'offesa o una sollevazione il fatto di essere ancora nei suoi pensieri, in un modo o nell'altro. Per un momento gli parve di vedere il solito Mattia, colpito dai frequenti attacchi di bipolarismo cronico. Nonostante i dubbi, decise di forzare la sua parte più emotiva, lasciando dirigere l'azione al lato più razionale di sé. Decise quindi di colpirlo nel punto più vulnerabile e scoperto.
«Te la sei cavata egregiamente senza di me. Anzi, da quanto ho potuto notare hai conquistato ancora più fama e popolarità, da qualsiasi punto di vista: l'università, il lavoro, l'amore», mormorò, con un velo di tristezza. «Quindi non venirmi a parlare di dolore. Tu l'hai superato senza problemi.»
«Che c'è, Nadia? Non riesci a mandare giù il fatto che adesso io stia con un'altra persona?» la rimbeccò Mattia ridendo.
«Disse colui che ha messo k.o. il mio accompagnatore...» La ragazza sollevò un sopracciglio «Perché non mi lasci vivere in pace? Se sei così felicemente fidanzato, perché continui a punzecchiarmi? Ti diverti? O hai bisogno di un capro espiatorio per le tue colpe?»
«Ho smesso di essere felicemente fidanzato per colpa di una stronza dal viso angelico.»
La risposta di Mattia arrivò come un fulmine scrosciante per la ragazza. Per un momento il cuore si fermò, per cercare di dare un senso a quell'affermazione.
«Mi stai veramente dando la colpa della tua relazione fallimentare con Anita?»
«Andiamo, Nadia, ti facevo più intelligente di così. Pensi davvero che mi interessi qualcosa di Anita? Che sia innamorato di lei?»
«Sono affari vostri quello che siete insieme. Ma credo che voi due siate molto più simili di quanto facciate finta di essere. Congratulazioni, formate davvero una bella coppia.»
«Per questo dovresti ringraziare le nostre famiglie. Loro hanno spinto affinché ci mettessimo insieme», spiegò Mattia, abbassando lo sguardo sul prato. Per un momento la sua espressione sicura e sprezzante s'incrinò.
«Non avevo dubbi sul fatto che tua madre avesse finalmente raggiunto i suoi piani, dopo che me ne sono andata. Ero soltanto io l'ostacolo da sormontare, a quanto pare.»
«Ma tu le hai reso il gioco facile.»
Nadia alzò gli occhi al cielo. «Cos'altro avrei dovuto fare? Ero disperata! Mio padre era disperato!»
«Avresti dovuto parlare con me, Nadia!» urlò a quel punto Mattia, lasciando di stucco la ragazza. «Avremmo potuto risolvere la situazione insieme! Tu avresti dovuto credermi.»
«Mi hai tradita con Anita», gli fece presente lei con un sorriso sarcastico. «Vi siete baciati davanti ai miei occhi.»
«Anita mi ha soltanto colto di sorpresa. Non c'era nulla di premeditato da parte mia», replicò lui, scuondo la testa in un sorriso freddo. «Non è nemmeno colpa sua, sai?»
Nadia sollevò le sopracciglia e scoppiò a ridere. «Ah, certo. Adesso uscirà anche fuori che è colpa mia, se quella stronza ha baciato il mio ragazzo.»
«La colpa è dei nostri genitori. Sono loro che ci inculcano idee e propositi sbagliati. Sono loro che vorrebbero che ci sposassimo e mettessimo una firma in un maledetto contratto che ci unirebbe a vita. E sai perché? Per affari! È sempre e solo per affari», sputò fuori con violenza. «Se fossimo due ragazzi normali, io e Anita non ci saremmo mai fidanzati.»
Nadia strinse gli occhi. Anche se quel discorso era sensato, il significato che avevano assunto quelle parole la infastidiva lo stesso. Cosa voleva cercare di fare Mattia? Ottenere il suo consenso? Espiare una colpa per ottenere la sua benedizione?
«Cosa vuoi da me?» gli domandò stanca. «Abbiamo fatto i nostri errori in passato, è vero. Io non ti ho creduto e sono stata impulsiva, ma avevo dei validi motivi per comportarmi così. Adesso è cambiato tutto quanto. Siamo cresciuti, tra di noi non c'è più niente e tu... tu stai con una persona del tuo rango.»
«Non ne sono felice.»
«Il tuo futuro è già deciso, Mattia, e io sono stanca di essere la forzatura nel sistema, la falla nel vostro piccolo mondo perfetto», mormorò, con la voce stranamente rotta. Chiuse per un momento gli occhi per trattenere un singhiozzò, poi li riaprì lentamente.
Nel frattempo Mattia era avanzato verso di lei in silenzio, diminuendo la distanza tra i loro corpi. Adesso erano molto vicini, così tanto da sentire i propri respiri caldi.
«Non provare a piangere.» Le passò il pollice sullo zigomo con lentezza, quasi intimorito da quel tocco ormai estraneo.
Nadia sussultò impercettibilmente, ferita da quella vicinanza così dolorosa, e socchiuse di nuovo le palpebre. Era come se si trovasse di fronte a una parte perduta di sé: le sarebbe bastato così poco per farla di nuovo sua... solo un piccolo passo, per far finta che le cose potessero tornare indietro nel tempo, o avanzare in un futuro diverso da quel presente così cattivo. Ma poi capì che alcuni giochi non sarebbero mai cambiati. Alcuni sistemi non si sarebbero mai potuti rivoltare. La realtà non concedeva eccezioni.
Aprì di scatto gli occhi e sbatté le ciglia per ritrovare la lucidità, poi fece un passo indietro, lasciando che la mano di Mattia gli ricadesse lungo il fianco.
«Io... devo andare», balbettò con un filo di voce. Tenne lo sguardo basso mentre passò accanto al ragazzo, sperando che non riuscisse a studiare il suo stato d'animo in quel momento. Ma Mattia l'afferrò per il polso e le lanciò uno sguardo interrogativo.
«Dove?» chiese, inclinando appena un po' il volto.
«A casa.»
«E come?» Ancora una volta la domanda sembrò colma di preoccupazione.
Nadia si sciolse dalla presa del ragazzo e sorrise con ironia. «A piedi. Sai, qualcuno ha pensato bene di mettere fuorigioco la persona con la quale mi sono presentata. Buonanotte, Mattia.»
Lui alzò la mano nel tentativo di fermarla e le corse incontro, improvvisamente nervoso. «Non è il caso che tu vada in giro da sola, a quest'ora.»
«Grazie dell'informazione, ma correrò il rischio.» E detto questo, la ragazza si allontanò dal prato, raggiungendo il marciapiede principale e lasciando la festa.
Mattia rimase impietrito sul posto.
Incredibile. L'aveva davvero rifiutato per la seconda volta di seguito?
Si guardò intorno con circospezione e vide che qualcuno stava sghignazzando di nascosto. Sbuffò scocciato. Probabilmente anche quella notizia avrebbe fatto il giro del Campus in un batter d'occhio. Ma per il momento non era la sua preoccupazione maggiore: quella prioritaria era molto più incalzante, e se n'era appena andata dalla festa.
Si avviò con passi decisi verso l'ingresso del Club, superando un ragazzo smilzo che si stava sganasciando dalle risate.
«Nemmeno stavolta è andata in porto, eh?» ridacchiò, forse spinto dall'alcool o dal coraggio. «A quanto pare anche il capitano più carismatico riceve i due di picche.»
Mattia si fermò con un piede sul gradino e l'altro sul portico. Si voltò appena per riuscire a fulminare il tipo, ma si ricordò mentalmente che non doveva perdere tempo.
«Ne vuoi davvero parlare, Bertelli?» gli sibilò con un sorriso cattivo. «Non riusciresti a trovare una ragazza nemmeno se ti mettessero una busta in testa.»
Il piccolo pubblico presente si espresse con un "Oh" generale, mentre il compagno rimase in silenzio, paonazzo per la rabbia e per la vergogna.
Mattia sollevò le spalle ed entrò nel Club, dove la festa stava quasi volgendo al termine. Per fortuna riuscì a trovare subito Riccardo, e lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. «Le chiavi» gli ordinò, avanzando con impazienza la mano.
Il ragazzo ci rifletté su. «Hai bevuto ed è ancora presto. Perché dovrei dartele?»
«Ho bevuto tre ore fa e solo una birra. Non fare l'autoritario con me», ribatté lui sospirando. «Dai, che ho fretta.»
Roberto ci pensò ancora, indeciso se aprire la scatola magica, ma poi mugugnò un "d'accordo" e gliele porse. «Cos'è successo? Anita si è rotta un'unghia?»
«Affari miei, amico. Ci sono fin troppe voci in giro su di me. Cerchiamo di non alimentarle» gli fece un cenno di saluto e corse di nuovo fuori dal Club.
Da lì raggiunse la sua macchina, parcheggiata nella parte posteriore e più controllata dell'edificio. Si mise seduto sul sedile e accese il motore rapidamente, per poi partire con un rombo.
Sapeva perfettamente dove si trovasse il dormitorio di Nadia, e sapeva anche quale strada avrebbe fatto per tornarci. Doveva soltanto ripercorrerla in macchina e assicurarsi che filasse tutto liscio.
«Non sono preoccupato per lei», disse ad alta voce, stringendo le nocche sul volante. «Voglio solo avere la coscienza a posto.»
Continuò a guidare ispezionando ogni antro e vicoletto buio, ma senza trovare niente. Erano passati solo dieci minuti, ed era veramente poco tempo per essere già arrivata ai dormitori.
Alla fine intravide qualcuno, proprio tra i parcheggi della facoltà di Matematica e l'ingresso del boschetto. Camminava sul marciapiede, ma aveva una bottiglia di vetro in mano e la ondeggiava pericolosamente, reggendosi di tanto in tanto sul cofano dell'unica macchina parcheggiata.
Mattia abbassò il finestrino e fermò la macchina. Il ragazzo stava parlando a qualcuno a pochi passi da lui, ma nascosto nell'ombra degli alberi.
«Ti sto offrendo un passaggio!» biascicò, mentre si avviava barcollante verso il boschetto «Dai, piccola, divertiamoci un po'...»
«Ti ho già detto che non lo voglio», rispose una voce femminile, che Mattia riconobbe all'istante. Era quella di Nadia.
«Ah, tu sei una di quelle ragazze che vuole essere pregata? Sei fortunata, splendore. Per te sarei disposto a farlo.»
La voce di Nadia tentennò. «Voglio solo che mi lasci in pace.»
«No, no, così non va. Riproviamo di nuovo.» Il ragazzo scosse la testa, agitando la bottiglia nella mano. «Ti prego, accetta il mio cazzo di passaggio, prima che ti convinca con la forza.»
A quel punto Mattia aprì la portiera dell'auto e raggiunse con quattro falcate il boschetto, lo sguardo nero e gli occhi infuriati. Non sapeva bene con chi essere più arrabbiato, se con Nadia per non avergli dato ascolto, o con quell'idiota petulante.
«Nadia, sali in macchina», le ordinò gelido.
Nadia sgranò gli occhi spaventati e gli corse incontro con la testa china per la paura e la vergogna.
Il tipo si voltò di scatto, sorpreso per l'intromissione di Mattia. Poggiò la birra a terra e alzò le mani. «Non sapevo che fosse la tua tipa, amico. Non ho fatto niente.»
«Perché non te ne vai?»
Il ragazzo annuì e gli passò accanto, diretto verso la sua macchina. «Però non dovresti far girare la tua tipa da sola di notte, per di più vestita in quel modo. Ci sono molti malintenzionati in giro.»
Mattia strinse le nocche. «Sei fortunato che non abbia voglia di litigare, stasera, altrimenti ti avrei già messo le mani addosso. Adesso vedi di smammare, prima che cambi idea.»
Il tipo borbottò qualcosa a bassa voce e montò in auto, per poi dileguarsi in un attimo.
«Ti avevo detto di salire in macchina», ripeté Mattia alla ragazza al suo fianco, senza però guardarla. Era ancora furente e non aveva idea di come avrebbe potuto reagire di fronte a lei.
Nadia si schiarì la voce. «Posso... Posso ancora andare a-»
«Sali. In. Macchina», sillabò lui, mettendola a tacere con secchezza. «Hai ancora il coraggio di ribattere!»
Nadia entrò nell'auto e fissò il cruscotto. «Me la sarei cavata benissimo anche senza di te.»
«Sì, e io mi chiamo Barack Obama.»
Nadia incrociò le braccia al petto e spostò lo sguardo fuori dal finestrino, ignorando il ragazzo per tutto il resto del viaggio. Non gliel'avrebbe mai data vinta, nonostante il suo intervento l'avesse tolta da una serie di guai.
L'auto entrò in una piccola rotatoria e svoltò nella via della sua palazzina, appena fuori dal Campus.
«Qual è il tuo edificio?» Ruppe il silenzio Mattia, dopo essersi schiarito la voce.
Nadia indicò il secondo edificio sulla destra.
Lui annuì e condusse la macchina fino al marciapiedi di fronte all'ingresso. «Posso fidarmi a lasciarti salire nella tua stanza da sola, o rischi di incontrare altri idioti senza cervello per le scale?» le domandò, slacciando la cintura.
Anche Nadia fece lo stesso e strinse la borsa tra le mani. «Nessun problema», balbettò. «Sei stato... mmm, gentile. Ma questo non cambia niente.»
«Io lo chiamerei un salvataggio in tutto e per tutto», ribatté lui, scoccandole un'occhiata sbieca. «E sono molto offeso, Nadia. Pretendo almeno un grazie, da parte tua.»
La ragazza resse lo sguardo con coraggio. Era come ipnotizzata dal suo volto, dai suoi occhi, dalle sue labbra. Quell'effetto che avevano le ombre notturne su di lui, rischiarate dalla luce giallognola dei lampioni, la mandava in tilt, costringendola a fissarlo come un'ebete.
Spostò in continuazione lo sguardo dagli occhi alle labbra, senza riuscire a spiccicare parola. In un attimo le passarono nella mente le immagini di tutti i loro baci, dai più incerti a quelli più decisi. In qualche secondo le passò davanti la loro storia. E poi le si inculcò nella testa la visione di Anita. Anita che lo toccava, che gli strusciava addosso. Anita che baciava l'unica persona che avesse mai considerato sua.
Un fiotto di rabbia le arrivò dritto al cervello, mandandole completamente fuori uso le sinapsi. Con un movimento impetuoso annullò le distanze con Mattia e poggiò le labbra sulle sue con decisione. Chiuse gli occhi e si concentrò solo sui brividi che le si arrampicarono sulle braccia, poi sul collo e su ogni centimetro della pelle. Per quanto odiasse ammetterlo, quel contatto breve e fugace la fece tornare indietro nel tempo, quando le cose andavano ancora bene tra loro. Quando nessuno si era ancora intromesso nella loro storia.
Dopo un momento di incertezza Mattia ricambiò il bacio con tutte le forze, attirandola ancora più a sé. Le strinse il volto tra le mani e poi poggiò la fronte sulla sua, prima di tirarsi indietro, con lo sguardo confuso e sorpreso. «Questo era il tuo modo per ringraziarmi?» domandò, corrugando la fronte.
Nadia sorrise, soddisfatta di averlo spiazzato. Con la mano aprì lo sportello dell'auto e si preparò a uscire fuori. «Forse», rispose, «ma preferisco pensarla più una piccola vendetta personale.»
Mattia sollevò le sopracciglia e sospirò pesantemente, appoggiando la testa sul volante. «Non posso crederci. Tu mi hai... usato?»
«Oh, no, assolutamente. Ho solo voluto provare cosa si sentisse a baciare il ragazzo di qualcun'altra. Giusto per invertire i ruoli, una volta tanto.»
«Che stronza», sibilò lui. Non ci mise cattiveria, ma fu solo una constatazione spassionata.
Nadia scese dall'auto e lo fissò dal finestrino aperto. «Questo non cambierà niente tra noi», ripeté, stavolta con la voce intrisa di serietà e tristezza.
Poi se ne andò, lasciando da solo un Mattia stordito e vittima delle sue perplessità.
Angolo dell'autrice.
Aggiornamento in anticipo e mooolto corposo. Come ho già scritto nell'altra storia, domani parto per una settimana, quindi non potrò postare nulla. Spero vi godiate i capitoli che ho pubblicato oggi di entrambe le storie... e mi aspetto molte reazioni, dopo che avrete letto questo in particolare.
Cosa ne pensate di questo capitolo totalmente Nattia? Fatemi sapere se ve lo aspettavate, e cosa ne pensate! Leggerò tutti i vostri commenti!
Il prossimo aggiornamento arriverà durante il weekend successivo. Bacioni :)
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