Capitolo 19.
Ma come si era permessa? Venirlo a cercare nella sua facoltà per parlargli "di loro"? E con quale faccia tosta, poi. Se non se n'era resa conto, loro non erano più niente. Non c'era più alcun sentimento che li unisse. Nessunissimo.
Mattia si trovava seduto sugli spalti del campo di calcio, da solo. Quel giorno aveva gli allenamenti, in vista della prossima partita infrasettimanale. Era arrivato in anticipo rispetto agli altri, perché dopo quell'incontro-scontro con Nadia, non era più riuscito a trovare la concentrazione. Ogni cosa era passata in secondo piano: Anita, lo studio, i corsi, gli amici. Tutto.
In realtà, per quanto lo avesse infastidito, il gesto di Nadia era stato estremamente coraggioso e spavaldo. Vederla lì, ad aspettarlo in mezzo al corridoio, lo aveva fatto rimanere spiazzato, e per un attimo, incapace di reagire. Le sensazioni che aveva provato erano state varie e temporanee, più o meno le stesse di quando l'aveva vista per la prima volta alla festa al Club: stupore, rabbia, e quello strano briciolo di euforia. Troppa euforia, ripensandoci.
Anche se momentaneamente sentiva di avere una bassa tolleranza nei suoi confronti, in fondo sentiva che c'era dell'altro. Qualcosa che il suo subconscio stava cercando di far emergere lentamente, ma che la parte razionale cercava di in tutti i modi di negare. E ovviamente la causa di quella lotta intestina era lei. Era sempre stata lei. Qualsiasi problema serio avesse avuto in quegli ultimi anni era dovuto a Nadia. Quella maledettissima ragazza dagli occhi verdi.
Per quanto odiasse l'influsso che, nonostante tutto, continuava a esercitare su di lui, parlarle gli aveva risvegliato dentro sensazioni molto ambigue e preoccupanti. Come il desiderio fugace di baciarla, o di stringerla a sé per un attimo. Ma nonostante tutto, era consapevole di non dover desiderare quel genere di cose da lei, soprattutto perché stava con Anita adesso.
Mattia si alzò dagli spalti e scese i gradini fino ad arrivare al campo. Poggiò il borsone sul prato in erba, proprio accanto alla panchina degli ospiti, e rimase a fissare la porta avversaria vuota.
C'era stato qualcosa di davvero sbagliato in quell'incontro, rifletté di nuovo. Nadia non era venuta lì solo per parlargli. No, c'era stato qualcosa di più, di cui forse nemmeno lei stessa se n'era resa conto.
Era venuta per giocare con lui.
Quel sorrisetto di sfida e quell'andamento sicuro ne era la prova. Per la prima volta, era stata in grado di tenere in mano le redini della situazione, senza subire colpi. Era stata lei a decidere di parlargli. Lo aveva provocato, e lui glielo aveva concesso.
Ma se le cose stavano davvero così e lei aveva davvero voglia di giocare, chi era lui per rifiutare quella sfida?
Alla fine, si sarebbe potuto rivelare un gioco molto interessante. In fondo, ci era abituato. Le regole erano sempre le stesse: non farsi prendere sentimentalmente. Con Anita ci stava riuscendo benissimo. E avrebbe fatto lo stesso anche con Nadia.
Di lì a poco arrivarono anche gli altri compagni di squadra, e l'allenamento iniziò: i giocatori si disposero in fila indiana di fronte all'area di rigore, per andare a provare i calci piazzati e i tiri in porta.
Roberto fu il primo a tirare. Il portiere lo inquadrò per bene e si preparò al tiro, che arrivò rapido e prepotente all'incrocio dei pali. Il ragazzo esultò e il mister gli diede una pacca sulla spalla, un chiaro segno di lode.
«Prova a fare di meglio», disse Roberto a Mattia, inserendosi nuovamente nella fila.
Mattia scrollò le spalle e sorrise. «Cazzone.»
Pablo, avanti a lui, si voltò. «Qualcuno qui se la sta facendo sotto...»
«Finitela», brontolò Mattia, continuando a fissare la rete. Adesso stava tirando un loro compagno di squadra, un difensore spilungone. Non era bravo nei calci di rigore, e infatti la mandò sul fondo del campo. Il prossimo era Manuel, ottimo centrocampista. Dopo un'attenta mira, sparò un piatto rasoterra che centrò la rete, lasciando spiazzato il portiere.
«Ottimo», si complimentò il mister. Con il fischietto spronò il prossimo.
«Ci sei sabato?» domandò Pablo, avanzando nella fila.
«Al Club?» replicò Mattia.
Il compagno annuì. «Se stavolta non ci darai buca a metà serata volevamo organizzare qualcosa di veramente stratosferico.»
«Roba che l'alcool uscirà persino dai rubinetti del bagno», mormorò Roberto, sporgendosi sulla spalla di Mattia.
Altro tiro, altro goal. «Scattare!» urlò il mister.
«Credo che il rettore non sarà così tanto felice di questa cosa», commentò Mattia, scuotendo appena la testa.
«E chi ha detto che lo verrà a sapere?» rispose Pablo.
«E poi abbiamo pensato di incrementare la sicurezza. Verranno anche le riserve della squadra di basket», aggiunse l'altro. «Non dovremmo avere problemi a gestire la baraonda.»
«Lo dite ogni sabato. Inizio a non fidarmi più delle vostre parole.»
«E noi dovremmo fidarci di te, allora? Sabato sei scappato nel pieno del Beer Pong, amico!» brontolò ancora Roberto.
«Ehi, voi! Sì, voi, attaccanti dei miei stivali», mugugnò il mister, indicando il gruppetto. «La partita non si vincerà da sola, la prossima settimana. Se non ve ne siete accorti, non state al club degli scacchi, quindi muovete il culo e concentratevi!»
«Sì, mister», risposero in coro i tre, appena un po' pentiti. Ovviamente era tutta scena.
I successivi tre tiri furono i loro. La palla finì in rete tutte e tre le volte senza problemi.
«D'accordo, passiamo alle rimesse.» L'allenatore trasportò la squadra al lato del campo e li divise in vari gruppetti.
Pablo, Roberto e Manuel si affiancarono a Mattia, che sospirò e si voltò verso di loro con il pallone in mano.
«Si può sapere cosa volete da me oggi?» mormorò a bassa voce.
«Silvestre», iniziò Manuel.
«Ci devi promettere che verrai alla festa», continuò Pablo.
Mattia alzò gli occhi al cielo. «Sapete che questa cosa è ridicola? Questa di divedervi le battute, intendo. Sembrate degli attori falliti di musical... Inquietante.»
I tre continuarono a fissarlo senza dire niente.
«Oh, andiamo», sbottò Mattia, guardandoli a uno a uno. Dovevano essere davvero impazziti. «Da quando in qua è diventato fondamentale che io-»
«Silvestre!» tuonò il mister, portandosi il fischietto alla bocca. «Se non fosse che questa squadra cadrebbe a pezzi senza di voi, giuro che vi ci manderei sul serio, al club di scacchi!» Fischiò per cinque secondi consecutivi e tutti si portarono le mani sulle orecchie.
«Scusi, mister», mormorò a denti stretti Mattia, additando i compagni con il dito. «È colpa vostra», mimò con la bocca e i tre compagni scrollarono le spalle con nonchalance.
Quando tornarono a palleggiare tra di loro, nell'ultimo quarto d'ora di allenamento, erano tutti stanchi e senza fiato. Il mister li aveva fatti faticare come se avessero dovuto partecipare ai mondiali di calcio il giorno dopo.
«Quindi, hai preso una decisione?» tentò ancora Pablo. Passò il pallone raso terra al compagno, che lo stoppò con il piede e alzò lo sguardo su di lui.
«Scherzi, vero?» ribatté Mattia.
Con uno slalom tra i birilli fluorescenti arrivò anche Manuel, che si fermò a pochi passi da lui senza smettere di palleggiare con la coscia e con il piede. «Dai, non tiriamola per le lunghe. Cosa vuoi in cambio della tua presenza alla festa?»
Mattia alzò gli occhi al cielo e si fermò, portandosi una mano alla fronte. «Siamo passati alla corruzione?»
«Vuoi forse più ragazze?» propose Pablo. Calciò il pallone verso la porta e segnò.
«O vuoi che non venga la tua, di ragazza?» proseguì Manuel.
Stavano tutti continuando a lavorare tranne Mattia, che invece li guardava indispettito.
«Voglio solo che la smettiate.»
Roberto prese parola da un metro di distanza, mentre era intento a fare degli scambi con un altro compagno di squadra. «So io con cosa corromperlo!» disse con un ghigno, alzando il tono di voce per farsi sentire dagli amici. «Lui non vuole altre ragazze o Anita, alla festa. Quelle sono troppo scontate. Sarà sufficiente invitare-»
Mattia gli puntò l'indice contro. «Non ti azzardare.»
«Verrai alla festa, allora?»
«Okay», si lasciò andare alla fine, fulminando Roberto, «a patto che non ci siano sorprese tra gli invitati... Sai cosa intendo.» Vedere Nadia a una delle loro feste per la seconda volta non lo avrebbe fatto stare meglio. Quindi, per il momento sarebbe stato meglio evitarla.
Manuel e Pablo batterono il cinque. «Ottima strategia, Rob! La famosa ragazza del rifiuto colpisce e affonda ancora Silvestre!»
«Vedete come s'incazza quando lo tocchi nei punti dolenti?» fece notare Roberto con un sorriso. «Secondo me dovremmo invitarla ancora. Pagherei oro per rivedere lo sguardo perso e terrorizzato del nostro capitano.» Sgranò gli occhi, imitando l'espressione sorpresa di Mattia alla festa.
Mattia calciò via il pallone, allontanandolo. Si avvicinò a Roberto e incrociò le braccia al petto, cercando di contenersi. Era un buon amico, ma in quel momento avrebbe tanto desiderato tirargli un pugno in faccia. «E io pagherei oro per farti stare zitto. Ma credo che se ti faccia ingoiare questo pallone il risultato sarà lo stesso. Non trovi?»
Il compagno fece per rispondere, ma sollevò le sopracciglia e alzò lo sguardo dietro alle spalle di Mattia. «Oh-oh.»
Il suono del fischietto entrò nella testa di Mattia con l'intenzione di voler superare il limite di decibel sopportabili dall'uomo. Il ragazzo strizzò gli occhi e per un attimo sentì tutto ovattato.
«SILVESTRE!» gridò a squarciagola l'allenatore.
«Sì, mister?»
«Mi hai davvero stancato oggi.»
«Scusi, mister», rispose a testa china Mattia.
L'allenatore si rivolse agli altri compagni di squadra. «Per oggi abbiamo finito. Ci vediamo la prossima settimana», borbottò. «Silvestre, tu resta. Visto che hai tanta voglia di chiacchierare e poca di lavorare, ti farai venti minuti di corsa del campo, da solo.»
Pablo, Roberto e Manuel risero sotto i baffi.
«Ma, mister, anche loro stavano parlando!» ribatté furioso il ragazzo, additando i suoi amici.
«Venti minuti, più dieci di addominali e flessioni», aggiunse l'uomo con un sorriso malvagio. «E più ti lamenti, più aggiungerò esercizi, Silvestre.»
«Questo non è giusto.»
«Venti minuti, più dieci di addominali e flessioni, più lo spogliatoio da pulire.»
Mattia sgranò gli occhi e rimase in silenzio. Spostò lo sguardo sui suoi amici, che si stavano sbellicando dal ridere accanto a loro e gli mostrò il dito medio. «Ve la farò pagare», disse loro a mezza bocca.
Il mister arrivò alle sue spalle e gli passò il braccio dietro al collo, in un gesto tanto amichevole, quanto minaccioso. «Silvestre, vuoi anche lavare la mia macchina, per caso?» Gli fischiò di nuovo nelle orecchie. «Inizia a correre!»
«Sì, mister.» Mattia sospirò e iniziò la lunga marcia nel campo sportivo.
Sarebbe stata una terribile e infinita ora.
Angolo dell'autrice.
Capitolo postato in anticipo, solo per voi. Enjoy!
Lasciatemi qui sotto i vostri commenti sul capitolo e accendente una stellina se vi è piaciuto :)
Alla prossima!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro