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Capitolo 18.



Aveva guardato i suoi orari con estrema precisione. Dal lunedì al venerdì. Dalle otto di mattina alle sei del pomeriggio. E aveva impiegato ben due pause per trovare finalmente quello che stava cercando: un'ora libera per entrambi, tra una lezione e l'altra.

Quella mattina, armata di un grande coraggio, Nadia si era avviata al padiglione centrale per affrontare un'altra giornata di lezioni. Aveva percorso il tragitto con Leonardo, come al solito. Tra loro era tornato tutta nella norma: lui non aveva più tirato fuori il discorso della dichiarazione e lei ne era rimasta sollevata.

Nadia non gli aveva detto nulla riguardo al suo bisogno di avere un raffronto con il suo ex ragazzo. In realtà non lo aveva detto nemmeno ad Ada. Forse perché sentiva la necessità di seguire l'istinto una volta ogni tanto, e smetterla di pensare alle possibili conseguenze. Già sapeva cosa le avrebbero detto Leonardo e la sua amica: "Non puoi essere così stupida da ricascarci", l'avrebbe rimproverata Ada, con lo sguardo da saputella premurosa; "Dovresti stargli alla larga", avrebbe invece commentato il suo vicino di casa.

Effettivamente, entrambi avevano ragione. E anche lei lo sapeva. Era perfettamente conscia del fatto che anche solo tentare di avvicinarsi di nuovo a Mattia sarebbe stato solo l'inizio di tanti problemi. Lei stessa aveva giurato di starne a un miglio di distanza. Eppure, per una maledetta volta, aveva voglia di fare quello che voleva. Anche se le avrebbe comportato milioni di problemi. E, considerata la presenza costante di Anita, sapeva benissimo quanto fosse alta la probabilità.

«Dovremmo passare un po' di tempo fuori da queste mura, una sera», le disse Leonardo, mentre riponeva i libri nella borsa. «Con Ada e Carlo, ovviamente.»

Nadia scosse la testa e cercò di concentrarsi sulle parole dell'amico. «Perché no», rispose sovrappensiero.

«Magari potremmo andare a fare un pic nic a villa Borghese.»

Nadia fissò il foglietto su cui si era appuntata l'orario di pausa delle lezioni di Mattia. Se lo rigirò tra le mani e lanciò un'occhiata all'orologio. Mancava esattamente un quarto d'ora. «Sì, è una bella idea», annuì, senza guardarlo negli occhi.

«Nadia, va tutto bene? Sembri assente, oggi.»

«Oh, io... stavo solo pensando a quante cose devo fare in giornata.»

«Sicura che sia solo questo? Hai uno sguardo piuttosto nervoso.»

Nadia accelerò il passo e si sforzò di sorridere. «È tutto okay. Ci sentiamo dopo?» gli chiese sbrigativa. Se non si fosse mossa non avrebbe fatto mai in tempo a raggiungere il padiglione dove aveva lezione Mattia.

Leonardo corrugò lo sguardo. «Non studiamo insieme?»

La ragazza scosse la testa, con un'espressione colpevole. «Perdonami, ma ho delle commissioni da sbrigare.» Fece per avviarsi verso il corridoio centrale, ma l'amico le si mise alle calcagna.

«Ti posso accompagnare, se vuoi!» le ansimò dietro, raggiungendola.

Nadia si fermò in mezzo al corridoio e per poco Leonardo non le si scaraventò addosso. Alzò il palmo della mano e lo scosse. «Davvero, sono cose... personali. Ma grazie lo stesso. Ci vediamo dopo, Leo», lo salutò e, senza aspettare una risposta, raggiunse la porta di uscita con grandi falcate.

Probabilmente il suo amico non l'avrebbe più seguita. Non era stata molto garbata con lui, ma a volte sapeva essere un po' troppo premuroso. Sperò con tutta se stessa di non aver dato eccessivamente nell'occhio. Prese un bel respiro e si riversò in mezzo agli studenti della L.U.S.I nel piazzale esterno. Guardò per l'ennesima volta il foglietto che aveva stropicciato in mano e lesse il nome del padiglione. Doveva essere quello di fronte alla segreteria didattica.

Senza dare troppo nell'occhio si avvicinò all'entrata, con le porte aperte e un grande frastuono all'interno. La facoltà di Economia sembrava una delle più popolate in assoluto. Dentro c'era un grande viavai di gente. Per un attimo rimase impacciata, senza sapere di preciso dove andare. Sapeva cosa cercava, ma non aveva idea di dove trovarla, visto che la struttura era a più piani.

L'orologio rotondo affisso di fronte all'ingresso continuò a battere i secondi, ricordandole che non aveva tutta la giornata a disposizione. Sentì l'ansia crescerle dentro, e rincorse un ragazzo che le era appena passato accanto. Lo chiamò a voce alta, ma lui sembrò non sentirla, probabilmente a causa del trambusto generale. Allora aumentò il passo e lo fermò, tirandogli la manica della camicia.

«Ehi, ma che diavolo fai?» esclamò il ragazzo, voltandosi di scatto. Aveva la tipica faccia da figlio di papà. «Questa camicia costa», puntualizzò, linciandola con lo sguardo.

Nadia non si perse in convenevoli e gli passò il biglietto. «Sai dove posso trovare quest'aula?»

Il tipo afferrò il pezzo di carta con uno strattone e ci poggiò gli occhi altezzosi sopra. «Certo, ci faccio lezione, lì. Sali le scale in fondo a destra. Ti troverai l'aula proprio di fronte.» Gli porse indietro il biglietto e senza dire altro se ne andò.

Nadia alzò un sopracciglio. Seriamente? Scosse la testa. Ormai era abituata a tutto. Si sbrigò a raggiungere la fine del corridoio e salì gli scalini due alla volta. Non era in ritardo, ma si sentiva troppo nervosa. Per non parlare del fatto che non aveva pensato nemmeno un po' a cosa fare, una volta arrivata a destinazione. E se ci fosse stata Anita con lui? O peggio, se non ci fosse stato nemmeno lui, quel giorno? Magari aveva qualche altro impegno e non era venuto a lezione.

Quei dubbi le attorcigliarono le pareti dello stomaco finché non si mise in appostamento, nascosta da una colonna appena dopo la rampa delle scale. Una posizione ottima per improvvisare una fuga.

La porta dell'aula si aprì poco dopo, e subito gli studenti si iniziarono a riversare fuori, chi raggiungendo altre aule, chi restando a parlare nel corridoio.

Nadia dovette mettersi sulle punte dei piedi per cercar di scorgere il suo obiettivo tra la folla. E quando lo vide, accanto alla porta dell'aula, stava proprio vicino alla sua ragazza. Perfetto.

Strinse gli occhi e si focalizzò sulle persone che avevano intorno: subito riconobbe Penelope e Carolina, le amiche di Anita. Stavano scherzando tra loro. Mattia le osservava inespressivo, mentre intanto lanciava occhiate fugaci all'orologio sul polso. Poi, finalmente, il gruppo delle tre ragazze si allontanò, imboccando un corridoio laterale.

Nadia restò ancora per qualche minuto nascosta dietro alla colonna, per cercare di capire le intenzioni del ragazzo. Ma lui rimase fermo accanto alla porta, con le braccia incrociate. Ogni tanto alzava la mano per salutare qualcuno e scambiare qualche chiacchiera veloce dei compagni.

Per quanto restare nascosta la facesse sentire più protetta, Nadia capì benissimo che non era venuta per quello. Quindi si sporse in fuori e si accostò al muro, aspettando il momento più adatto per avvicinarsi a lui.

Quando la vide, Mattia abbassò le braccia di scatto e spalancò gli occhi. D'istinto si guardò a destra e a sinistra, prima di fare un passo verso di lei, senza avvicinarsi però troppo. «Cosa sei venuta a fare qui?» le ringhiò, cercando di non dare troppo nell'occhio.

Nadia trattenne il respiro. Ormai le loro conversazioni si erano ridotte a blandi tentativi di litigi. «Potresti anche mostrare un velo di entusiasmo.»

«Nadia, cosa sei venuta a fare qui?» le ripeté. I suoi occhi brillavano, cupi.

«Ho bisogno di parlarti. Vengo in pace.»

Mattia rise, senza cenno di divertimento. «Oh, certo. Dopo due anni pensi di potertela cavare dicendo "Vengo in pace"?» Si avviò verso le scale, superandola. «Non ho nessuna voglia di parlare con te. Non ho niente da dirti.»

«Dovremmo parlare», insistette lei, avvicinandosi alla ringhiera delle scale. Lui si bloccò sul gradino. «Lo sai anche tu.»

«Adesso sono occupato. Devo andare a lezione.»

«Non è vero. Tu non hai lezione adesso.» Nadia gli sventolò il biglietto in faccia. «Sono venuta proprio per questo motivo.»

Il ragazzo rimase per un attimo bloccato, senza sapere cosa ribattere. «Hai preso i miei orari delle lezioni?» Sembrò rifletterci su, poi scosse la testa. «Questo non è un buon luogo per parlare. Non vorrei che ci-»

«Vedessero insieme», concluse atona Nadia. «Lo so. È sempre stato così per te.»

Mattia non rispose, né diede cenni di espressività. Iniziò a scendere le scale in silenzio, come se stesse camminando da solo. Nadia lo seguì dopo pochi passi.

I due raggiunsero una porta laterale, che li portò direttamente in una piccola aula, con dei banchi accatastati di lato e le luci spente. Il bagliore del giorno penetrava dalle doghe delle serrande, tirate giù per tre quarti.

«Dove siamo?» Nadia si guardò intorno. L'odore della polvere le entrò nel naso, costringendola a strizzare gli occhi.

«In un'aula dismessa», rispose lui. Si appoggiò con i fianchi alla cattedra impolverata e rimase in attesa. «Qui nessuno potrà disturbarti. Quindi, parla pure.»

Nadia aggrottò le sopracciglia, per un attimo spiazzata. Non si sarebbe aspettata di ottenere il suo consenso così facilmente. «Cos'hai intenzione di fare, Mattia?» Si concentrò per formulare la domanda. «Adesso che hai appurato che studio alla L.U.S.I come te, cosa progetti di fare? Vuoi ancora divertirti alle mie spalle, o giocare a fare i dispetti? Dimmi che intenzioni hai. Sono venuta per questo.»

Mattia la fissò imperscrutabile. «Che t'importa di quello che vorrò fare? Siamo due persone libere. Potresti anche starmi appiccicata tutto il giorno dalla mattina alla sera, ma non cambierebbe le cose. Continui a essere un binario morto.»

Nadia finse che quelle parole non la ferirono, e mantenne l'espressione dura. «M'interessa eccome, se questo implica che ci sia io di mezzo.»

«Da quando sei diventata così egocentrica? Hai mai pensato che il mondo non possa girare solo attorno a te? Che anche le altre persone oltre a te possano essere andate avanti con la loro vita?»

La ragazza strinse i pugni. Quel suo atteggiamento odioso la mandava su tutte le furie. «Ti detesto.»

Mattia batté le mani, vagamente divertito. «Finalmente! Non vedevo l'ora che arrivassi a questa inevitabile conclusione! Perché anche io non aspettavo altro.»

Nadia si sforzò per non cacciare un urlo di frustrazione. Quell'incontro non stava andando come si era aspettata, e Mattia la stava indirettamente incanalando in una situazione di non ritorno. Doveva concentrarsi e non lasciarsi vincere dalla rabbia. In questo momento, dentro di lei, si stava verificando una battaglia all'ultimo sangue: nervosismo e rancore stavano avendo la meglio sulla sua parte calma e pacata. Ma sotto sotto c'era anche altro. Qualcosa che cercava di nascondere.

«Il tuo atteggiamento non è dei migliori per intavolare una conversazione civile», gli fece notare alla fine.

«E chi ti fa pensare che io voglia intavolare una conversazione civile con te, Nadia?» replicò lui, con uno sguardo glaciale. «Insomma, non vedo perché dovrei. D'altronde sei tu quella che m'ha lasciato da solo come un idiota, senza nemmeno degnarti di dirmi ciao. Quando te ne sei andata, dove stava la civiltà di cui tanto parli?»

Nadia abbassò lo sguardo, sentendosi colpita in pieno. Anche da un metro di distanza riusciva a percepire quanto Mattia ancora la odiasse per il suo addio mancato. «Non mi avete dato scelta.»

Il ragazzo batté i palmi delle mani sulla cattedra, provocando un rumore secco assordante. «Dio, ancora con queste stronzate! Pensavo che tutto questo tempo ti avesse fatto riflettere un po' su come sono andate le cose due anni fa.» Si staccò dal banco e le si avvicinò pericolosamente, girandole intorno. «Eppure mi sembravi cambiata, non appena ti ho vista alla festa. Sembravi più decisa e consapevole... Ma invece non hai ancora capito niente.»

Nadia deglutì. Quella vicinanza faceva sempre un certo effetto. Lo cercò con lo sguardo. «Capito cosa? Che tu e Anita siete la coppia perfetta? O che io e te eravamo soltanto una barchetta controcorrente in un mare in tempesta?»

«Ti dà fastidio che io e Anita stiamo insieme?»

«Volevo solo parlare con te per fare chiarezza», spiegò lei ad alta voce. «Ma adesso sento solo una cosa, chiara e lampante: io ti odio

Mattia smise all'improvviso di girarle intorno. «Ne sei sicura?» Con un dito le tirò su il mento, e la costrinse a guardarla. «Perché ti conosco ancora un po', sai? Sarai anche più decisa, adesso, ma i tuoi occhi non sembrano convinti quanto le tue parole.»

Nadia cercò di sviare lo sguardo. Si sentiva sotto pressione, come se Mattia stesse cercando di farle un esame della coscienza gratuito. «Ne sono sicura.»

Mattia le lasciò andare il volto. «Forse hai ragione. Nemmeno tu hai più tutto questo influsso su di me.»

A quel punto fu la ragazza a sorridere. «Ne sei sicuro?» gli chiese, imitando il suo tono beffardo di prima. Fece un passo avanti e gli si mise faccia a faccia, con mani sui fianchi e il volto inclinato di qualche grado. Lo squadrò con attenzione, facendo vacillare per un attimo le sue difese.

Il ragazzo sollevò le sopracciglia colpito e sbatté le palpebre, posando per un secondo di troppo lo sguardo sulle labbra della compagna, tese in un sorriso. Rimase in silenzio, incuriosito e allo stesso tempo infastidito da quella reazione inaspettata.

«Perché a me non sembra che io ti sia così tanto indifferente, nonostante tutto.» Nadia continuò a farsi avanti, fino a ridurre la loro distanza a poco meno di qualche centimetro. Se avesse pensato logicamente, si sarebbe resa conto subito di quanto in quel momento si trovassero vicini. E di quanto fosse pericolosa quella vicinanza. Cercò di concentrarsi solo sull'effetto che voleva provocare in lui, senza tener conto di ciò che invece stava sentendo lei. C'era un filo sottile tra provocare e cascare nella sua trappola. E doveva stare molto attenta a non cadere nella fossa che aveva scavato con le sue stesse mani.

Mattia sembrò totalmente perso e smise di guardarsi intorno, nel tentativo di sviare quegli occhi verdi magnetici. Adesso era concentrato solo sulle sue labbra, e non poté fare a meno di pensare a quanto gli sarebbe piaciuto anche solo sfiorarle di nuovo. Sentì il cuore aumentare il battito, e ne rimase quasi sorpreso. Non si sentiva così più o meno da quando... da quando se n'era andata. Ma la rabbia non riuscì a prendere il sopravvento. Quella ragazza stava cercando di fargli qualcosa, e probabilmente, se non avesse ripreso il controllo di sé, ci sarebbe anche riuscita, confondendo ancora di più le cose tra loro. Si avvicinò al suo volto e portò le labbra vicino al suo orecchio. «Pensi di poter vincere al mio stesso gioco?» le mormorò.

Nadia trattenne il respiro, colta dall'effetto piacevole del suo fiato caldo sul lobo. Sentì le dita di Mattia infilarsi tra i suoi capelli e spostarle una ciocca proprio dietro all'orecchio. Lo sentì sospirare pensieroso, mentre con il polpastrello le delineava il contorno del viso.

«La tua ragazza non sarebbe felice di quello che stai facendo», mormorò Nadia, trovando la forza di riuscire a spicciare quella frase.

«Sta' tranquilla, Nadia, ché quello che sta accadendo in questa stanza, morirà in questa stanza.»

«Che c'è? Mattia Silvestre ha paura della sua ragazza?» lo prese in giro Nadia con una mezza risata.

Ma Mattia continuò a sorridere, come se avesse in mano la partita e fosse consapevole di ciò. «Lo dicevo soltanto per te. Anita pende dalle mie labbra, e posso gestirla come voglio. Ma tu no... Perciò dovresti temerla. Non credo che si farebbe problemi a metterti nei guai come due anni fa.»

«So difendermi, adesso.»

«Buon per te. Perché io non alzerei nemmeno un dito per farlo.» Mattia la guardò di sbieco. In un attimo si ricompose e prese le distanze da lei, restandole però faccia a faccia. Anche il volto tornò a essere la solita maschera inespressiva. «Fatti dare un consiglio», le disse a bassa voce, inchiodandola con gli occhi. «Sta' lontana da me.» E prima che la ragazza potesse aprire bocca per rispondere, uscì fuori dall'aula velocemente, come se non riuscisse più a sopportare la tensione che si era creata tra loro.

Non appena se ne fu andato, il campo gravitazionale che si era alzato nella stanza cessò di esistere, e Nadia si trovò a doversi reggere sulla cattedra con un braccio per perdere l'equilibrio.

Si passò una mano sulla fronte, stupita da come la situazione fosse degenerata con una sola conversazione. Se prima era entrata in quell'aula con l'intento di chiarire un dubbio, adesso ne sarebbe uscita con un turbinio nella testa di altri mille, e una grande, grandissima domanda: come accidenti avrebbe fatto a stare alla larga da lui?

Angolo dell'autrice.

Per questo capitolo esigo tanti vostri pareri! Voglio leggere i vostri commenti uno a uno, per sapere quali sono state le vostre reazioni a questo primo vero confronto tra Nadia e Mattia...

Spazio curiosità.

Ogni tanto mi vengono in mente delle domande curiose e di poca importanza, ma una in particolare ve la vorrei porre: se aveste la possibilità di chiedere al vostro scrittore preferito (o anche di Wattapad) di scrivere una storia proprio come la vorreste voi, nella trama e nei personaggi, cosa gli chiedereste? So che è una domanda buffa, ma sono davvero curiosa di sapere quali storie vorrebbe far nascere la vostra testolina :] Valuterò attentamente le vostre proposte, e chissà, magari un giorno...

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