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Capitolo 17.


La settimana successiva trascorse senza intralci per Nadia. Nel giro di poco tempo era riuscita a rimettersi in pari con il materiale dei vari corsi, e adesso non faceva fatica a riconoscere i professori e le materie che insegnavano. Grazie a Leonardo, aveva anche iniziato a ricollegare i volti che vedeva nelle varie aule con le persone che poi incontrava in giro per il Campus. Qualche ragazzo la salutava persino, cercando di attaccare bottone. Per quel che riguardava l'argomento Mattia invece, la situazione non era variata di una virgola dopo il loro scontro nella mensa. In realtà non l'aveva più visto per i corridoi dell'univerisità, o durante le pause pranzo. Ma probabilmente i loro orari erano diversi, e lei aveva trascorso molto del suo tempo a studiare in biblioteca. Anche se trovare il coraggio di parlargli era uno degli obiettivi più importanti che si era prefissata, recuperare il semestre perso rimaneva al primo posto.

La sera prima aveva passato un'ora e mezza al telefono con suo padre, che l'aveva tartassata di domande come se non si sentissero da un anno. Era rimasto molto sulla difensiva, cercando di captare ogni singolo dettaglio che potesse stonare nel suo racconto, ma alla fine si era sciolto, rallegrandosi della tranquillità della figlia. Forse si era finalmente reso conto di quanto fosse cresciuta.

Quel pomeriggio Ada era in servizio nella clinica, quindi Nadia era sola nell'appartamento. Il programma era di rintanarsi in camera per mettere in ordine gli appunti dei vari corsi, ma il suono del campanello della sua porta cambiò definitamente i piani.

«Chi è?» urlò da sopra al letto.

«Leonardo!» rispose allegramente la voce dall'altra parte della soglia.

Nadia sorrise e si affrettò ad aprirgli. Durante quel periodo aveva passato più tempo con lui che con chiunque altro. La sua presenza era molto gradevole, e fino a quel momento non gli aveva mai fatto pesare nulla. Ancora si chiedeva come mai si ostinasse a studiare insieme, quando lei era molto più indietro rispetto al suo programma.

«Cosa ci fai qui?» gli domandò, una volta che se lo trovò faccia a faccia.

Il ragazzo sventolò un foglietto colorato davanti ai suoi occhi. «Stavo pensando che magari potremmo prenderci una giornata di pausa dallo studio. È tutta la settimana che non ci fermiamo un attimo.»

Nadia gli rubò l'opuscolo e corrucciò le sopracciglia. «L'inaugurazione di una gelateria?»

«Sì. È a pochi passi fuori dal Campus.»

«Non lo so... l'idea mi tenta, ma...»

Leonardo sfoggiò gli occhi dolci persuasivi. «Solo qualche ora. Il tempo di un gelato in santa pace.»

Nadia sospirò e tamburellò le dita sullo stipite della porta. «E va bene. Ma devo prima cambiarmi.» Indicò con lo sguardo i leggins neri con una felpa bordeaux sopra.

«Perché? Stai benissimo», rispose lui, senza nemmeno rendersene conto.

Nadia l'osservò sbattendo le palpebre, per un attimo frastornata dal suo commento spontaneo. «Sei molto gentile», lo ringraziò alla fine, sorridendo di rimando. «Allora prendo la borsa e ti raggiungo.»

Dopo dieci minuti si trovavano fuori dall'edificio. Camminarono fianco a fianco diretti verso il cancello principale del campus, fin quando arrivarono di fronte alla gelateria, poco distante da lì. Fuori c'erano a malapena tre tavoli liberi e la gente all'interno era in fila al bancone, in attesa di essere servita.

«Due volte che decidiamo di prendere qualcosa insieme, e due volte che troviamo il pienone.» Si lamentò il ragazzo, puntando i tavoli liberi.

«Guarda il lato positivo: stavolta non dovrebbero essere riservati all'élite di Roma», replicò ironica Nadia.

Leonardo fece un cenno di assenso e si fece spazio tra i tavoli, diretto verso quelli centrali ancora liberi.

Non appena si misero seduti, un cameriere in divisa e cappellino li raggiunse con due grandi menù plastificati alla mano. «Salve, ragazzi. Benvenuti al Grattachecca. Volete il servizio al tavolo?»

Leonardo prese i menù e ne passò uno alla ragazza seduta accanto a sé. «Sì, grazie.»

«Bene, tra poco manderò un mio collega per le ordinazioni», rispose il tipo, per poi allontanarsi verso altri clienti.

Nadia sbirciò il menù e rimase folgorata dall'immagine di una coppa di gelato con la frutta. «Okay, credo di aver deciso già. Deve essere mia.»

Leonardo fece capolino sul suo foglio di carta per scoprire a cosa si riferisse e alla fine optò per la stessa scelta.

Nel giro di qualche minuto, come promesso, arrivò il secondo cameriere. «Siete pronti per ordinare?»

Nadia, ancora con la testa immersa nel menù, sbarrò gli occhi e inclinò leggermente la testa. Con una lentezza micidiale tirò giù il foglio plastificato e guardò di fronte a sé. «Bruno?» mormorò tra sé e sé. In piedi, davanti al loro tavolo, c'era uno dei migliori amici di Diego, nonché una delle persone più umane che avesse mai conosciuto al Machiavelli.

Anche il ragazzo rimase sorpreso. Di scatto sollevò all'insù le sopracciglia e si grattò il capo con la matita degli ordini. «Non ci posso credere!» esclamò. «Nadia?»

Lei annuì con un sorriso. Non sapeva perché, ma era francamente felice di averlo incontrato di nuovo. Si sentiva ancora in debito nei suoi confronti.

Bruno si guardò intorno per vedere se ci fosse il capo in zona, poi poggiò il taccuino sul tavolo e tornò a fissare la ragazza. «Cosa ci fai qui? Non qui in gelateria, ma a Roma», specificò.

«Sono tornata per studiare. E tu invece? Cosa ci fai qui? Qui in gelateria, intendo.»

«Ci lavoro.»

Quella notizia sorprese Nadia più del dovuto. «Quindi tu non studi alla L.U.S.I?» domandò, come se fosse una cosa ovvia da chiedere. Fino a quel momento tutte le persone che frequentavano il Campus avevano studiato al Machiavelli.

Il ragazzo scrollò le spalle e riprese il taccuino in mano. «No, ero stufo di studiare. L'università non fa per me, nonostante le ambizioni dei miei genitori», spiegò. «Adesso siete pronti a ordinare?»

Leonardo guardò interrogativo Nadia, senza capire il nesso tra loro due. Lei gli fece cenno di rimandare le spiegazioni a dopo e riferirono gli ordini a Bruno, che annotò tutto sul foglio di carta.

«Torno tra poco con i gelati», li informò. «E, Nadia, mi ha fatto piacere rivederti. Adesso sono a lavoro e non posso parlare, ma mi piacerebbe incontrarci di nuovo. Sono davvero curioso di sapere cosa è cambiato in questi due anni, al punto da farti tornare a esplorare acque a dir poco conosciute.» Le fece l'occhiolino e si allontanò dal loro tavolo.

Leonardo spostò meccanicamente lo sguardo su Nadia. La sua espressione era interrogativa, ma non sembrava particolarmente contento. «E questo come lo conosci?»

«Veniva anche lui al liceo con me», rispose con un grande sorriso lei. «Non credevo di trovarlo qui. È stata davvero una sorpresa piacevole.»

«E io che pensavo di dover fare da Cicerone a una nuova studentessa», borbottò Leonardo, appuntandosi gli occhiali sul naso. «Sei arrivata da qualche settimana e già conosci mezza città. Dovrai farmi tu da guida.»

«Sono solo vecchie conoscenze», replicò Nadia, senza però concentrarsi particolarmente sulla conversazione con il suo vicino di appartamento. La sua mente era fissa al pensiero di Bruno. Senza dubbio quello era stato l'incontro più piacevole avuto finora.

<Be', non credi sia arrivato il momento di spiegarmi come la tua vita sia intrecciata ai figli di papà del Machiavelli? Sai, dopo lo scontro in mensa, non ho fatto altro che pensarci, Nadia.» Il ragazzo fece una pausa e si mise a giocare nervosamente con il dispenser di tovaglioli. «Tu e Mattia Silvestre... Se me lo avesse raccontato qualcun altro, non ci avrei mai creduto.»

A Nadia si strinse lo stomaco al solo sentirlo nominare. Se avesse saputo prima che uscire a prendere un gelato significava parlare di Mattia e Anita, allora avrebbe preferito di gran lunga restare a casa a studiare.

Prese un respiro carico di pazienza. In fondo era giusto anche dargli delle spiegazioni. Fino a quel momento Leonardo aveva fatto di tutto per non intromettersi nella sua vita, scavando in un passato che lei stessa aveva cercato di rinnegare, ma si vedeva da un miglio che era incuriosito. Quindi si fece forza e gli raccontò tutto, dal principio alla fine.

«È una storia terribile», commentò alla fine il ragazzo, dopo aver ascoltato il flusso di pensieri di Nadia.

Era passata circa un'ora dal loro arrivo, e le coppe di gelato ormai erano vuote. Nadia aveva parlato per buona parte del tempo, guardando negli occhi il compagno e gettando lo sguardo a terra quando aveva dovuto ricordare cose dolorose. Lui l'aveva ascoltata con attenzione, senza trattenere commenti di sdegno e sorpresa di tanto in tanto. Non gli aveva tenuto nascosto nessun dettaglio, perché era piuttosto sicura di potersi fidare di lui.

«Non posso credere che quei due abbiano fatto tutto solo per far licenziare tuo padre e prendersi gioco di te», sbottò Leonardo. «Che teste di cazzo.»

Nadia sorrise sardonica. «Nemmeno io volevo crederci, inizialmente. La verità è che da Anita me lo aspettavo. Ma non da Mattia. Lui non avrebbe dovuto farlo.»

Leonardo la guardò di sottecchi e si schiarì la voce. «Tu... ecco, eri innamorata di lui?»

Nadia strinse la base della coppa di vetro, in un misto di ansia e nervosismo. «Lui mi piaceva, e anche molto. Però è stato il mio primo ragazzo e... non so se quello fosse davvero amore», rispose, ignorando la vocina che dentro di sé le stava consigliando di rispondere "Sì, ero innamorata di lui".

«Mi piacerebbe esserti d'aiuto, ma nemmeno io sono molto esperto in materia...» borbottò il compagno, avvampando leggermente sulle guance. «Non ho mai avuto una fidanzata.»

Adesso fu Nadia a stupirsi. «Mai?»

«Non sono interessato alle storielle di poco conto. Vorrei trovare quella giusta», le rivelò, guardandola negli occhi con uno sguardo acceso.

«Hai ragione», annuì Nadia. «E ti consiglio di fare molta attenzione se non vuoi cadere nei miei stessi errori. Ma adesso basta parlare del mio passato. Voglio sapere qualcosa di più di te.»

«La mia vita non è così interessante. Sono cresciuto a Roma sud fin da bambino. Ho frequentato sempre le scuole pubbliche nel quartiere di Ostiense, quindi non ho la stessa disponibilità economica dei tuoi vecchi compagni di liceo dei Parioli. Sai, io sono il terzogenito di una famiglia piuttosto comune, e di conseguenza, posso permettermi questa università solo grazie al mio rendimento», le spiegò, con un sottile velo di amarezza.

«Cosa fanno i tuoi fratelli?»

«Lavorano. Il primo ha già messo su famiglia, mentre il secondo si sta mobilitando per trasferirsi all'estero, come mediatore linguistico. Sono i pupilli dei miei genitori. Non come me.»

«Perché dici così? Dovresti essere fiero di essere entrato in questo Campus.»

«Per studiare lettere?» Scosse la testa e sorrise laconico. «Secondo i miei genitori sto solo sprecando tempo. I miei fratelli hanno saputo scegliere obiettivi più mirati al lavoro, e adesso hanno tutti ottenuto i loro risultati.»

«Io credo che dobbiamo sempre scegliere quello che ci fa sentire vivi, senza rendere conto a nessuno. Non sono gli altri a dover scegliere per noi, né devono sottrarci questa possibilità. Abbiamo diciannove anni, Leonardo. Siamo noi gli artefici del nostro futuro.»

Il ragazzo sorrise. «Anche Carlo la pensa così.»

«Siete molto attaccati, è vero?» domandò Nadia, rivedendo in loro la sua amicizia con Ada.

«Sì... Ci siamo conosciuti alle scuole medie, durante la lezione di informatica. A quel tempo era già fissato con i computer e con i programmi», rise. «Mi ricordo che durante la prima verifica mi aiutò a progettare dei grafici. Il professore fu molto contento di me, e mi mise un bel nove. Per ricambiare il favore, qualche settimana dopo, aiutai Carlo a studiare per l'interrogazione di letteratura. Credo che in quel giorno siamo diventati amici.»

«Le amicizie che nascono da bambini sono le più forti e sincere», convenne Nadia.

Leonardo fece uno scatto con la schiena in avanti, portandosi più vicino alla ragazza. Poggiò la mano sopra al suo polso e iniziò a disegnare dei motivi circolari con il polpastrello del pollice. Nadia lo fissò, senza ritrarsi.

«Sai cosa penso, Nadia?»

Lei fece cenno di no con il capo, incapace di parlare.

«Ho sempre creduto che nella vita alcune cose avvenissero grazie al destino», spiegò, senza però guardarla negli occhi. «Ma nonostante questa mia ferma convinzione, non ne avevo mai avuto la conferma. Almeno, non fino a poco tempo fa.»

Nadia irrigidì il braccio. «Perché, cosa... cosa lo ha fatto cambiare?» trovò il coraggio di chiedere.

«Il tuo arrivo, Nadia», rispose lui. Scansò la mano e rimase a guardarla.

Nadia si guardò intorno per rifuggire il suo sguardo. Si sentiva a disagio in quel momento, anche se non voleva farglielo notare. Non che lui avesse qualcosa di sbagliato, certamente. Era un ragazzo dolcissimo, con una premura nei confronti degli altri unica. Ma quello non era il momento giusto per approfondire la cosa. O forse era lei ad avere qualcosa che non andasse. In qualsiasi caso aveva bisogno di tempo.

E poi c'era Mattia... non che significasse molto, ma la sua presenza aveva fatto riemergere la maggior parte dei suoi problemi.

«Leonardo...», si schiarì la voce, imbarazzata. «Apprezzo il tuo pensiero, ma credo che dovremmo rallentare un po'. Ci conosciamo da così poco tempo.»

Lui tirò subito indietro le braccia e si tinse di rosso fino alle orecchie. «Ovviamente! Io... non volevo essere opprimente, perdonami», si scusò.

Adesso fu Nadia ad allungarsi per toccare il suo braccio. «Non ti ho detto che non voglio frequentarti. Anzi, sono convinta che siamo molto più simili di quanto pensiamo», gli mormorò con un sorriso.

Leonardo si passò la mano sui capelli biondi e annuì, con le sopracciglia ancora contratte. «Davvero, Nadia, scusa se ti ho messa in imbarazzo. A volte credo che dovrebbero darmi un trofeo per la stupidità.» Si alzò in piedi e si mise in ordine la maglia. «Vado a pagare il conto.»

Anche Nadia si tirò su dalla sedia. «Non ce n'è bisogno.»

«Andiamo, posso permettermi di offrirti un gelato. Soprattutto dopo che sono stato io a proportelo.»

Nadia rifletté in silenzio, ma alla fine annuì con un sospiro. Lo seguì fino alla cassa, e, durante tutto il tragitto di ritorno verso il Campus non fece altro che pensare alla sua tentata dichiarazione. Si sentiva come se avesse una spada di Damocle appesa sopra la testa, pronta a cadere da un momento all'altro. Doveva stare più attenta con lui se non voleva far propendere la loro relazione in un punto di non ritorno. E per farlo, era necessario che facesse chiarezza una volta per tutte con il suo passato.

Doveva parlare con Mattia.


Angolo dell'autrice. 

TA-DAN! Ed ecco uno dei personaggio più amati e incompresi del primo libro... Bruno Conti! Anche lui è tornato, per puro caso, a incrociarsi con la vita di Nadia, e chissà quale ruolo avrà in questa storia... Presto potrebbe nascere una nuovissima Ship :P 

Dall'altro lato abbiamo una Nadia indecisa, sempre più pressata dalle avances di Leonardo. Adesso che lui sa tutti gli avvenimenti del suo passato, sarà ancora convinto di avere qualche chance con l'ex ragazza di Silvestre?  E Nadia riuscirà a trovare una soluzione ai suoi sentimenti poco chiari verso Mattia?

Votate e commentate il capitolo, e grazie per essere ancora qui, a leggere questa storia :)  

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