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Capitolo 10.


La sorte era una maledetta stronza. Doveva per forza essere così.

Quel pensiero era stato il protagonista indiscusso dell'ultima giornata di Mattia. Dopo la festa al club, finita nel peggiore dei modi, se n'era tornato a casa senza rendere conto a nessuno. Aveva persino lasciato Anita con le amiche. Di sicuro, qualcuno che l'avrebbe accompagnata a casa si sarebbe fatto avanti senza problemi.

Se n'era dovuto andare perché la confusione mentale di quel momento l'aveva avuta vinta sulla sua parte fredda e razionale. A casa, aveva avuto modo di rielaborare il tutto e dargli una spiegazione quantomeno logica. Perché, fino al giorno prima, non l'aveva trovata.

Okay, Nadia era tornata. Dopo due anni dal suo assurdo addio, era tornata a Roma come se nulla fosse. E per di più si era iscritta nel suo stesso Campus.

La sorte era davvero una maledetta stronza.

Il motivo per cui lo aveva fatto gli era totalmente sconosciuto. Da come aveva levato le tende l'ultima volta, senza degnarlo nemmeno di un saluto, aveva scommesso che non si sarebbe più fatta viva. Era così debole che non avrebbe retto quella città nemmeno un giorno in più.

Ma a quanto pare si sbagliava.

Quando l'aveva intravista tra la folla, durante la festa, era quasi sicuro di aver incontrato un'altra persona. Ma non c'erano errori. Era Nadia. L'avrebbe riconosciuta tra migliaia di altre ragazze. Solo che aveva qualcosa di diverso... qualcosa che storpiava il ricordo che aveva di lei. Per cominciare, gli occhi: quegli stessi occhioni verdi, brillanti e pieni di vitalità, gli erano sembrati inamovibili e duri. Non aveva tentennato a sostenere lo sguardo, come invece era solita fare. Senza dubbio, era rimasta sorpresa. Ma, d'altronde, chi non lo sarebbe stato, dopo aver incontrato un suo ex? Poi, il suo aspetto fisico. Nadia era sempre stata una ragazza splendida, ma adesso sembrava completamente fiorita. Era come se avesse acquistato tutta quella sicurezza che non aveva mai avuto prima di allora.

Mattia si passò una mano sugli occhi e chiuse le palpebre. Per essere mattina aveva già raggiunto un livello di stanchezza elevato. Quell'avvenimento inaspettato aveva sconvolto la sua quotidianità. La stessa routine per la quale aveva combattuto per mesi, in un solo istante era andata a farsi fottere per colpa di una ragazza. Per colpa di quella ragazza.

La mente vagò di nuovo al momento in cui se l'era trovata di fronte. Quel flashback era peggio di una punizione divina: lo riviveva in continuazione, come se dovesse espiare qualche colpa passata. Vedeva Nadia, dispersa in una platea di ragazze urlanti e di poco conto. E lei vedeva lui, sbigottito. Con un solo scambio di sguardi un regista avrebbe potuto scrivere la trama di un terrificante film dell'orrore. E i protagonisti erano loro: i fantasmi del proprio passato. Nadia lo aveva fissato socchiudendo leggermente gli occhi. Anche se era sorpresa, non era riuscita a nascondere del tutto quel briciolo di risentimento negli occhi. Lui lo aveva notato. Quando si erano trovati faccia a faccia, era come se in lei si fosse accesa una scintilla di puro odio. Il suo sguardo sembrava dire chiaramente "Stavolta te la farò pagare". E quella era una novità per Mattia. Vedere nei suoi occhi quell'impeto quasi letale lo aveva lasciato basito, come se non riuscisse a capacitarsi di quel cambiamento. Lei non era mai stata così fredda e astiosa. Diamine, era Nadia. Non poteva essere così.

Stanco di quegli stupidi viaggi mentali, batté i palmi delle mani sul tavolo e si alzò in piedi. Prese in mano la tracolla e si diresse verso la porta di casa per uscire.

Cosa diavolo stava facendo? Insomma, gli erano serviti due anni per dimenticarsi di quella stronza dall'aspetto angelico. Due fottuti anni per ricominciare a vivere e ricostruirsi una nuova armatura. Non poteva lasciar crollare ancora una volta il suo muro di difesa solo perché la ragazza che lo aveva abbattuto era tornata. Lui adesso era una persona diversa. Si era creato una nuova identità. Aveva una vita che tutti gli avrebbero potuto invidiare, con soldi, agi e una ragazza che i compagni potevano solo sognare. Stava bene così, senza ulteriori problemi. La sua vita, da quando Nadia se n'era andata, era tornata a essere in discesa. E, diamine, quanto gli era mancato.

Provava ancora rancore per lei. L'odio che prendeva vita dal profondo della cassa toracica adesso sembrava essersi riattivato, pompandogli sentimenti contrastanti nelle vene. Non era affatto contento di vederla lì alla L.U.S.I. In un certo senso, la sua presenza lo infastidiva, costringendolo a pensare a lei più di quanto si era ripromesso di fare. Ma, dall'altro lato della medaglia invece, in lui si era risvegliato uno stato di euforia ed eccitazione che non provava da parecchio tempo. Sentiva le mani prudere e il petto si abbassava e alzava velocemente. Era come se fosse tornato a vivere all'improvviso. Come se fino a quel momento non avesse fatto altro che sopravvivere apaticamente.

Alla fine, forse era un bene che Nadia fosse tornata a Roma. Riflettendoci meglio, il suo addio gli aveva lasciato un amaro in bocca che ancora riusciva a percepire. Una sorta di conto in sospeso protratto nel tempo, ma mai sanato.

Sorrise e afferrò le chiavi del suo amato gioiellino. Si richiuse la porta di casa alle spalle e montò in macchina, diretto verso l'università; a breve sarebbero cominciate le lezioni.

, era decisamente un bene che fosse tornata, si ripeté ancora tra sé e sé, in un misto tra eccitazione e vitalità. Adesso aveva finalmente la possibilità di vendicarsi per tutto quello che le aveva fatto passare. Per come lo aveva ridotto in così poco tempo. Aveva mille modi per farle capire quanto ancora la detestasse. Mise in moto l'automobile e con uno stridio delle ruote partì.

Le avrebbe reso la vita un inferno.

***

«Guarda un po' chi si è rifatto vivo», esclamò Pablo, di fronte all'ingresso del campus. Puntò il dito contro Mattia e gli scoccò un'occhiataccia. «Spingi tanto per organizzare le feste, e poi sei il primo che se ne va.»

Mattia sorrise senza particolare divertimento e raggiunse il gruppetto dei compagni di squadra. Batté il pugno a ognuno di loro per salutarli e si aggiustò la tracolla sulla spalla. «Basta parlare della festa, per favore.»

«A proposito», s'intromise Manuel. «Credo che sarà meglio che ti nascondi, oggi. Anita era furibonda quando ha scoperto che hai lasciato la festa senza di lei. Ci ha messi tutti sotto torchio. Credeva che te ne fossi andato con un'altra e che noi ti stessimo tenendo il gioco», rise.

Mattia sospirò e strizzò gli occhi. Probabilmente ancora non era a conoscenza del ritorno di Nadia in città. E Dio solo sapeva come sarebbe andata in escandescenza quando l'avrebbe scoperto. Sbuffò ed evitò di pensarci prematuramente. Aveva ancora la possibilità di godersi di quegli ultimi sprazzi di pace. «Allora penso proprio che andrò a rintanarmi nei bagni. Almeno lì starò al sicuro», scherzò.

Gli altri risero. «Noi adesso andiamo a lezione», dissero Pablo e Manuel, allontanandosi dal gruppetto. «Abbiamo diritto pubblico alle prime ore. Speriamo di uscirne vivi.»

«Ci vediamo a pranzo?», chiese Roberto.

«Forse. Ho già un invito da parte della biondona della festa», ammiccò Pablo con un ghigno. «Se non dovessimo vederci, ci incontriamo agli allenamenti.» Fece un cenno con la mano e s'incamminò con l'amico verso il padiglione centrale.

Mattia e Roberto invece rimasero lì. Le loro lezioni sarebbero cominciate tra un quarto d'ora, quindi avevano ancora tempo per svagarsi.

«Andiamo a prendere un caffè?» propose Mattia.

«Regolare. Ho bisogno di qualcosa che mi aiuti a carburare.»

Quando arrivarono al bar, dove passavano abitualmente le loro pause, ordinarono le solite cose e si misero seduti in uno dei tavolini all'esterno. Fuori era una bella giornata, forse una delle prime dall'aria primaverile.

Mattia si guardò intorno, guardingo, in cerca dello sguardo assassino di Anita. O di Nadia. O forse di entrambe. Accidenti, ragionando così non sarebbe andato molto lontano. Si ripeté mentalmente di lasciarsi scivolare tutto addosso. Avrebbe fatto in modo che ogni cosa tornasse al suo giusto posto.

«Insomma, come ci si sente a essere rifiutati per la prima volta?» Roberto lo scrutò mentre girava il caffè con il cucchiaino. Sembrava una pettegola in versione maschile.

Mattia alzò le sopracciglia e scosse appena la testa. Non sarebbe stato così facile evitare l'argomento. Per i ragazzi del Club, la scena che era avvenuta sabato rientrava nella categoria delle rarità e stranezze. Di solito tutte le ragazze smaniavano per giocare con lui, o anche solo per parlarci. Essere rifiutato da una di loro era quasi impensabile. Motivo per cui immaginava che la voce si fosse già sparsa tra tutti gli studenti della L.U.S.I. E questo voleva dire soltanto una cosa: di lì a poco sarebbe giunta anche alle orecchie del comitato studentesco. Ancora una volta sentì gravare sulle sue spalle il peso di Anita. «Doveva succedere prima o poi», rispose, fingendosi totalmente disinteressato. L'obiettivo era uscire da quell'argomento ostico il prima possibile.

«Dai, tutte aspettano il momento del Beer Pong per avere una chance con un giocatore della nostra squadra, specie se questo è il capitano. Ma quella ragazza, Nadia, sembrava davvero ripugnata. Assurdo!»

Mattia sollevò lo sguardo di scatto verso il compagno. «Aspetta, Nadia hai detto?»

«Sì, non si è nemmeno presentata. Ma si chiama Nadia.»

«Come... la conosci?» Mattia rimase basito. Era impossibile che potesse conoscerla. Non c'era alcun nesso tra loro due.

«Abbiamo incontrato lei e la sua amica al bar, prima della festa. È stato Pablo a dar loro l'invito», spiegò Roberto. «Perché sei così sospettoso?»

Mattia rielaborò il concetto. Nadia era in città con una sua amica. Ma chi era? Voleva indagare di più. «Curiosità. Mi era sembrata una faccia nuova.» Finse, socchiudendo leggermente gli occhi. Per mascherare la tensione dietro al suo sguardo bevve il caffè in una sorsata.

«E infatti lo è», confermò Roberto, con un sorrisone entusiasta. «Ci avevo scommesso anche io, con Pablo. Di facce nuove, la L.U.S.I ne è piena. Ma loro avevano uno sguardo così spaesato! Non sapevano nemmeno dell'esistenza del Club.»

«Com'era la sua amica?»

«Una ragazza rossiccia, dal volto paffuto. Aveva l'aria simpatica», rispose Roberto, mettendo a fuoco l'immagine delle due nuove compagne. «Comunque non credo che la tua sia solo curiosità spassionata. Non ti ho mai visto così interessato a delle tipe, prima d'ora. Nemmeno con Anita.»

Mattia rimase serio. Adesso aveva finalmente ricollegato Nadia all'amica. Doveva essere sicuramente la ragazza del suo paese, di cui tanto gli aveva parlato. E poi, conoscendola, difficilmente sarebbe venuta a vivere a Roma con una ragazza conosciuta da poco. Soprattutto in vista delle esperienze passate. Scrollò le spalle e fece finta di nulla.

«Wow, deve davvero averti colpito quel rifiuto!»

«Oh, per favore. Non me ne può importare di meno», sbottò lui. «Ancora non ha idea di chi sono.»

«Te la sei presa sul personale, eh? Cos'hai intenzione di fare?»

«Le farò solo passare la voglia di frequentare questo Campus. Non ha idea di cosa voglia dire entrare nel mio mirino.»

Roberto gli diede una pacca sulla spalla e si alzò dalla sedia. «Adesso sì che ti riconosco. Sei il solito pezzo di merda, anche con chi è appena arrivato.»

Mattia sorrise, mentre iniziarono a incamminarsi verso la loro aula. «In qualche modo dovrò anche divertirmi, no?»

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